Architettura rinascimentale italiana

L’architettura del Rinascimento è quella fase dell’architettura europea, e in particolare italiana, che si sviluppò all’inizio del XV secolo a Firenze, soprattutto grazie all’opera di alcuni artisti e intellettuali come Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti.

Tra i fattori politici e culturali che hanno influenzato questa nuova direzione delle arti ci sono senza dubbio l’affermazione delle signorie e lo sviluppo dell’Umanesimo, con il conseguente gusto antiquario e filologico, che in architettura si traduce nello studio delle belle forme di edifici antichi , cioè, Romani.

Sebbene il movimento sia temporalmente ben definito, al suo interno è possibile identificare diversi momenti stilistici, che i critici identificano nel “primo Rinascimento”, appartenente al XV secolo, nel “Rinascimento classico” e nel Manierismo, quest’ultimo coincidente sia con il sedicesimo secolo. Se il primo Rinascimento segna una svolta rispetto all’architettura gotica, le seconde fasi sono poste in continuità con la precedente, seppur arricchita da numerosi motivi volumetrici e decorativi.

Caratteristiche dell’architettura rinascimentale
Il termine Rinascimento era già usato dai trattati dell’epoca per evidenziare la riscoperta dell’architettura romana, che nel XV secolo sopravvisse a numerose vestigia. Indice principale di questa riscoperta è stata la ripresa degli ordini classici, l’uso di forme geometriche elementari per la definizione delle piante, la ricerca di articolazioni ortogonali e simmetriche, nonché l’uso della proporzione armonica nelle singole parti dell’edificio .

L’uso delle volte a pianta quadrata (ad esempio nello Spedale degli Innocenti) e delle volte a botte (come nella copertura della basilica di Sant’Andrea a Mantova di Leon Battista Alberti) è stato privilegiato, senza l’uso di costole e del gotico contrafforti. Tuttavia, la sensibilità degli artisti del Rinascimento non solo si esaurì nella riscoperta dell’architettura romana: infatti, i primi architetti toscani abbracciarono lo stile romano riferendosi essenzialmente al primo Rinascimento romanico, visto ad esempio nelle chiare forme del Battistero di San Giovanni e Basilica di San Miniato al Monte, la cui eredità classica aveva in qualche modo influenzato lo stile gotico fiorentino.

Inoltre, lo storico dell’arte Bruno Zevi definì il Rinascimento come una riflessione matematica sulle metriche romaniche e gotiche, evidenziando la ricerca di architetti del quindicesimo e sedicesimo secolo di una metrica spaziale basata su relazioni matematiche elementari. In altre parole, la grande conquista del Rinascimento, rispetto al passato, era quella di aver creato negli spazi interni ciò che gli antichi Greci avevano creato per l’esterno dei loro templi, dando vita ad ambienti governati da leggi immediatamente percettibili e facilmente misurabili dall’osservatore.

Lo studio della prospettiva di Filippo Brunelleschi ha sicuramente svolto un ruolo decisivo in questo; Brunelleschi ha introdotto una visione interna totalizzante, elevando la prospettiva a una struttura spaziale globale.

Il palazzo e la villa
I nuovi edifici costruiti intorno alla metà del Quattrocento dovevano conciliare le esigenze della vita degli abitanti con il rinnovamento del volto urbano della città, avvicinandosi, allo stesso tempo, ai prototipi dell’antichità. Tuttavia, a differenza di alcuni templi, nel XV secolo nessun antico palazzo era sopravvissuto intatto, così che la conoscenza dei piani fu contrastata dalla mancanza di modelli relativi all’articolazione delle facciate. Neppure Vitruvio e gli altri autori del periodo romano avevano dato indicazioni precise, concentrando le loro attenzioni soprattutto sul layout del piano e non sul sollevato.

L’introduzione del cortile al centro dell’edificio, derivata dai modelli planimetrici del passato, divenne quindi l’elemento principale che caratterizzava il nuovo layout vecchio stile. Questo tipo comprendeva un complesso di edifici chiuso attorno a un cortile, con piccole aperture al piano terra e finestre regolari, di dimensioni maggiori, nei registri superiori.

Il rivestimento parietale, nel primo Rinascimento, è costituito da bugnati e semipilastri; ad esempio, nel primo caso, legato alla tradizione di Palazzo Vecchio e del Bargello, è il Palazzo Medici Riccardi di Michelozzo, mentre il secondo è attribuibile alla prospettiva di Palazzo Rucellai, progettato da Leon Battista Alberti.

Un caso particolare è rappresentato dai palazzi veneziani, la cui costruzione è stata prima di tutto condizionata dalla scarsa superficie dei lotti disponibili. Ciò ha portato alla formazione di edifici a blocco unico senza un cortile centrale aperto. I palazzi furono influenzati dal modello tardo-gotico di Palazzo Ducale e furono dotati di eleganti facciate traforate, a cominciare da Ca ‘d’Oro, all’inizio del XV secolo, fino ad arrivare agli ultimi edifici Corner Spinelli e Vendramin Calergi.

A Roma, Bramante (Palazzo Caprini) e Raffaello proposero nuovi modelli in cui erano abbinati bugnati al piano terra e scandagliavano la facciata con ordini in rilievo. Il Palazzo Farnese a Roma, progettato da Antonio da Sangallo il Giovane e Michelangelo, fu un’ulteriore evoluzione, che darà vita a un modello molto duraturo, caratterizzato dal rifiuto del bugnato e degli ordini a favore di una facciata liscia attraversata da orizzontale muri (marcapiano, marcadavanzali), sui quali si ergono finestre di edicola, con alternanze timpanitriangolari e curvilinee, che al piano terra diventano inginocchiate. Nel pieno Rinascimento, influenzato da Vitruvio, si prestò maggiore attenzione alla simmetria, oltre che alle facciate e al cortile interno, anche alla configurazione planimetrica, come nel caso di Palazzo Valmarana, costruito da Andrea Palladio intorno al 1565.

Nelle residenze di campagna, la centralizzazione della casa è diventata un principio fondamentale. Un primo esempio è la villa medicea di Poggio a Caiano, costruita su progetto di Giuliano da Sangallo verso la fine del XV secolo. Qui, la disposizione delle sale interne, distribuite trasversalmente attorno ad una sala centrale, segue sostanzialmente ciò che fu illustrato da Leon Battista Alberti nel trattato De re aedificatoria, nel volume dedicato alle “case signorili”. Un’altra peculiarità della villa è l’inserimento di un frontone classico sulla facciata, che anticipa le soluzioni palladiane del secolo successivo.

In effetti, la scena cinquecentesca è dominata dalle ville che il Palladio creò in Veneto; tra queste, un’intensa fortuna ebbe il progetto della cosiddetta Rotonda (villa Almerico Capra), che fu imitata da diversi artisti appartenenti alla corrente del Palladianesimo internazionale.

La Chiesa
La predilezione per le forme geometriche elementari e per l’armonia tra le parti ha portato alla costruzione di numerose chiese a pianta centrale. Tra il 1420 e il 1436, Filippo Brunelleschi innalzò la cupola della cattedrale fiorentina, il più grande organismo del piano centrale dell’epoca del Pantheon; allo stesso architetto si trovano diversi edifici centralizzati, come la Sagrestia Vecchia, la Cappella dei Pazzi e la Rotonda di Santa Maria degli Angeli. In questo percorso, ad esempio, la basilica di Santa Maria delle Carceri a Prato, di Giuliano da Sangallo, e alcuni progetti teorici di Leonardo da Vinci.

Il tempio rotondo del Bramante nella chiesa di San Pietro in Montorio a Roma esprime un nuovo concetto nella tipologia dei complessi con un piano centrale, mostrando una maggiore derivazione dai modelli dell’antichità. Anche in Bramante è il progetto originale per la basilica di San Pietro in Vaticano, un imponente complesso con una croce greca, dominato nel mezzo da una colossale cupola emisferica. Da esso, e dalla sua versione di Michelangelo discese per esempio Santa Maria di Carignano a Genova di Galeazzo Alessi, il Gesù Nuovo a Napoli e la chiesa del Monastero dell’Escorial a Madrid.

La pianta longitudinale non è stata accantonata. Nella prima metà del XV secolo, Brunelleschi progettò le chiese fiorentine di San Lorenzo e Santo Spirito, utilizzando, in entrambi i casi, uno schema a croce latina. Anche lo sviluppo della Basilica di Sant’Andrea a Mantova, di Leon Battista Alberti e delle chiese veneziane del Redentore e di San Giorgio Maggiore, di Andrea Palladio, è longitudinale. Invece, a Venezia l’architettura ecclesiastica era condizionata dalle forme della basilica di San Marco: per esempio, il piano longitudinale di San Salvador è composto da tre baie indipendenti coperte da quattro cupole minori, secondo uno schema che può essere ricondotto a bizantina Modelli.

Le facciate riscoprono i motivi dell’antichità, come pronao, frontoni e archi trionfali. Tra i primi esempi ci sono le facciate di Santa Maria del Popolo a Roma e Santa Maria Novella, quest’ultima sempre disegnata dall’Alberti. Altrimenti, il Palladio innalzava alcune altezze unendo insieme due facciate derivate dai templi classici, poste rispettivamente per chiudere la navata centrale e prima quelle laterali.

La Biblioteca
La soluzione a tre navate con volta, adottata per la Malatestiana di Cesena e quella di San Marco a Firenze, divenne un modello per la successiva costruzione di rinomate biblioteche monastiche italiane; per citarne alcune, sono le biblioteche del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano (1469), di San Domenico a Perugia (1474) e del monastero benedettino di San Giovanni a Parma (1523). Il successo di questa forma continuò fino al momento in cui l’evoluzione dei canoni rinascimentali impose, nei primi decenni del Cinquecento, una soluzione che privilegiava l’unità dello spazio e la diffusione uniforme dell’illuminazione, con conseguente rinuncia alla distribuzione nei corridoi (Biblioteca Laurenziana di Michelangelo a Firenze).

La città
Nel periodo medievale l’urbanistica aveva un approccio molto pragmatico; invece, nel Rinascimento assume un carattere scientifico-teorico, sforzandosi di unire i bisogni umani, quelli difensivi (vedi la voce sulle fortificazioni moderne), l’estetica, la simbologia e il nobile centralismo.

Dal XV secolo, in Italia e gradualmente in tutta Europa sono state progettate numerose città fortificate con piante regolari e bastioni triangolari. La pianta stellare, derivata dalle strutture centralizzate del Rinascimento, è presente nel progetto di Sforzinda, la città ideale descritta da Filarete nel suo trattato sull’architettura. La figura di base è una stella con otto punti inscritti in un cerchio centrale; dal centro dell’abitato ci sono sedici strade, unite da una tangenziale intermedia, mentre la piazza principale è ancora legata alla tradizione medievale, con il castello e la chiesa che si fronteggiano in uno spazio rettangolare.

Nel 1480, Francesco di Giorgio Martini presentò un progetto per una città ideale collocata simmetricamente attorno ad un canale rettilineo; il complesso è dovuto ad un ottagono allungato, con due imponenti bastioni utilizzati per difendere la città. In ogni parte della città c’è una piazza rettangolare, chiusa da ogni lato e senza alcuna vista diretta del fiume. Poche città fortificate secondo il modello sforzindo sono state costruite in senso stretto (a forma di stella ecc.): Tra queste vale la pena menzionare la città di Palmanova, della fine del XVI secolo.

Una fusione tra la visione utopica del Rinascimento e uno schema più funzionale è registrata ad Amsterdam solo all’inizio del diciassettesimo secolo, quando attorno alla città vecchia vennero costruiti una serie di canali poligonali, attorno ai quali sorsero case strette e magazzini, protetti da un muro fortificato lungo circa otto chilometri.

Gli artisti e le opere paradigmatiche

Il primo Rinascimento

Filippo Brunelleschi e architettura lineare
La svolta, che segna il passaggio dall’architettura gotica a quella rinascimentale, coincide con la costruzione della cupola del Duomo di Firenze. Eppure l’opera non può essere considerata veramente rinascimentale, poiché alla base della sua concezione sono presenti gran parte di quei principi costruttivi ereditati dal secolo precedente.

La cupola ottagonale doveva completare la cattedrale fiorentina, la cui ricostruzione iniziò nel 1296 sotto Arnolfo di Cambio; tuttavia, l’impossibilità di avere costoloni robusti e travi di legno in grado di sostenere l’enorme peso della volta durante la fase di costruzione, ha impedito il completamento dei lavori per lungo tempo.

Filippo Brunelleschi, che si era esercitato come orafo e ha lavorato come scultore, cominciò a interessarsi alla questione già nel 1404, quando fu chiamato per la prima volta a riflettere sulla costruzione della cattedrale, ma fu solo nel 1417 che ha dedicato molti dei suoi studi per risolvere il problema. L’analisi dell’architettura romana e la conoscenza diretta delle tecniche di costruzione gotiche permisero a Brunelleschi di completare, tra il 1420 e il 1436, la più grande cupola in muratura mai costruita.

La struttura a cupola è costituita da una serie di nervature ogivali verticali, unite trasversalmente da otto nervature orizzontali; per alleggerire il peso della muratura, l’intero organismo è formato da due cappucci sovrapposti, che sono stati eseguiti orizzontalmente, cerchio dopo cerchio, secondo una tecnica presa dall’osservazione delle rovine romane.

Nel 1446 iniziarono i lavori sulla lanterna, per la quale Brunelleschi aveva vinto un concorso dieci anni prima. L’opera, completata dopo la morte dell’architetto, è in qualche modo ispirata a quella del vicino Battistero di San Giovanni, ma ha un aspetto decisamente più classico: le costole della cupola sono collegate al corpo ottagonale della torre per mezzo di un sorta di contrafforti volanti sormontati da pergamene. Brunelleschi deve anche le piccole esedre costruite tra il 1439 e il 1445 alla base del tamburo.

La prima opera interamente rinascimentale è tuttavia lo Spedale degli Innocenti di Firenze, progettato dallo stesso Brunelleschi e iniziato nel 1419. La facciata, che assomiglia vagamente a quella dello Spedale di Sant’Antonio di Lastra a Signa, è composta da un leggero colonnato sul livello inferiore, con colonne corinzie che sostengono, con archi arrotondati, il piano superiore, dove aprono finestre sormontate da timpani. La necessità di garantire un’adeguata illuminazione degli ambienti del piano terra ha comportato la riduzione delle strutture portanti della loggia, secondo un modulo di span basato sul cubo e l’uso delle volte. Se i timpani del registro superiore mostrano una derivazione dal repertorio romano (ma anche dal Battistero di San Giovanni), le proporzioni snelle delle colonne e degli archi sono molto distanti da quelle del Colosseo, anche se distintamente differenti dagli archi gotici; le loro origini si possono far risalire ai modelli rinascimentali di San Miniato al Monte, al Battistero di San Giovanni stesso o alla chiesa dei Santi Apostoli, che, nel medioevo, aveva già accettato alcuni personaggi attribuibili all’epoca romana .

Lo schema adottato nel portico dello Spedale degli Innocenti si ripete anche lungo le navate della basilica fiorentina di San Lorenzo, eseguita sotto la direzione di Brunelleschi contemporaneamente all’annessa Sagrestia Vecchia. La pianta di San Lorenzo deriva dai modelli medievali di Santa Croce e Santa Maria Novella; è una croce latina, a tre navate e con cappelle laterali poco profonde, che termina in un coro quadrato fiancheggiato da altre cappelle disposte secondo l’uso gotico. Ancora una volta, i colonnati delle navate sostengono una teoria delle volte, che, essendo priva di nervature sulle diagonali, esalta la leggerezza della struttura portante e migliora la visione prospettica dell’insieme.

Direttamente collegata a San Lorenzo è la Basilica di Santo Spirito, progettata dal Brunelleschi tra il 1428 e il 1432. Qui la pianta è ancora una croce latina, ma il classicismo, basato su una stretta relazione tra le parti, diventa più avanzato. Le cappelle laterali assumono una forma semicircolare e si estendono uniformemente fino a quando il coro della chiesa è chiuso, cancellando così ogni traccia gotica. La sinuosa struttura interna avrebbe dovuto essere mostrata anche all’esterno, ma dopo la morte dell’architetto era nascosta all’interno di pareti rettilinee.

Tra la Sagrestia Vecchia e la Cappella dei Pazzi esiste un legame altrettanto forte, due sistemi a pianta centrale che Brunelleschi concepì prima di dedicarsi a Santa Maria degli Angeli (incompleto). La Sagrestia Vecchia di San Lorenzo è costituita da una vasca cubica, coperta da una cupola emisferica e affiancata da una sorta di coro che prende la forma, su scala ridotta, dello spazio principale. Una conformazione simile si può trovare nella Cappella dei Pazzi, vicino a Santa Croce, dove la figura della pianta è comunque un rettangolo. Nonostante questo, l’ambiente interno è ricondotto al quadrato dalla formazione di profondi archi laterali su cui è posta la cupola su pennacchi. In entrambi i casi, le decorazioni sono affidate a elementi in pietra serena, collocati cromaticamente in contrasto con il candore delle superfici, in uno stile che rifiuta ogni contaminazione con la pittura e la scultura (tranne il contributo della terracotta smaltata di Luca della Robbia) e quella critica ha definito “lineare”.

La Rotonda di Santa Maria degli Angeli, iniziata nel 1434 e rimasta incompiuta nel 1437, doveva essere stata la prima vera costruzione centrale del XV secolo. Derivato direttamente dal tempio di Minerva Medica, presenta un piano ottagonale con cappelle radiali. L’idea è completamente nuova rispetto alla Sagrestia Vecchia e alla Cappella dei Pazzi: mentre le due opere più antiche sono state progettate in termini di superfici piane collegate tra loro, senza alcun gioco di plastica, Santa Maria degli Angeli è stata concepita come una massa massiccia scavata all’interno di .

Leon Battista Alberti
L’Alberti, quasi trent’anni più giovane di Filippo Brunelleschi, nacque a Genova da una famiglia fiorentina in esilio; umanista e profondo conoscitore del latino, andò presto a Firenze, dove conobbe i più importanti artisti del primo Rinascimento, come Brunelleschi, Donatello e Masaccio, per poter scrivere un trattato sulla pittura. Studiò Vitruvio e le antiche rovine romane; questa conoscenza lo portò a iniziare, nel 1443, il suo trattato sull’architettura: il De re aedificatoria. Non sorprende quindi che il prospetto di Palazzo Rucellai scaturisca dall’osservazione del Colosseo, con tre ordini di semipilastri appoggiati al muro che riproducono la successione degli ordini classici (dorico, ionico, corinzio, nel caso romano). In realtà, i pilastri al piano terra non sono né dorici né toscani, mentre quelli ai livelli superiori possono essere fatti risalire al periodo corinzio.

Nello stesso periodo ha lavorato alla ricostruzione della chiesa di San Francesco, a Rimini, conosciuta come Tempio Malatestiano. Ispirato dagli archi di Costantino a Roma e da Augusto a Rimini, Alberti applicò il tema dell’arco trionfale alla facciata. Il progetto non è stato eseguito interamente; la chiesa avrebbe dovuto essere coronata da una grande cupola, non eseguita, e le opere furono interrotte quando la parte superiore della facciata era stata appena sbozzata. Nel collegamento tra la navata e quelle inferiori, Alberti avrebbe applicato due volute, in una soluzione non lontana da quella che l’architetto stesso aveva usato per il completamento della facciata di Santa Maria Novella, a Firenze. Nonostante le complesse vicende costruttive, la prospettiva di Alberti per il Tempio Malatestiano influenzò profondamente Mauro Codussi (chiese di San Zaccaria e San Michele in Isola, a Venezia), che fu tra i protagonisti del Rinascimento veneziano.

Dal 1460 Alberti si occupò della costruzione di due chiese mantovane: San Sebastiano e Sant’Andrea. Nel primo ha introdotto una croce greca, presa dalla tradizione paleocristiana e alcune tombe romane; tuttavia, l’edificio non è stato completato secondo il disegno albertiano e l’attuale facciata è profondamente alterata. Assunse maggiore importanza il cantiere di Sant’Andrea, la cui facciata principale era protetta da un arco trionfale sormontato da un timpano. L’interno perde ogni riferimento all’architettura del Brunelleschi e del primo cristianesimo: lo spazio è articolato da potenti arcate laterali, dove si trovano le cappelle, volta a botte coperta, in una configurazione simile a quelle proposte negli edifici termali e nelle basiliche romane .

L’influenza di Alberti nel campo dell’architettura civile è evidente negli edifici di Pienza, dove papa Pio II (nato Enea Silvio Piccolomini) iniziò, sotto la direzione di Bernardo Rossellino, una delle prime riorganizzazioni architettoniche e urbane della storia del Rinascimento (vedi la sezione Pianificazione urbana di Pienza). Al centro dell’abitato c’è una piazza trapezoidale dominata sul lato principale dalla cattedrale (ancora gotica); il Palazzo Piccolomini sorge alla sua destra, mentre sugli altri lati si trovano il Palazzo Vescovile e il Municipio. Il Palazzo Piccolomini segue il modello del già citato Palazzo Rucellai, ma con alcune differenze, soprattutto sul retro, dove una loggia su tre ordini aperta sul giardino e sullo sconfinato paesaggio delle colline toscane fu costruita secondo lo stesso pontefice. Il tribunale interno aderisce allo schema adottato da Michelozzo nel suo Palazzo Medici, presentando così finestre troppo vicine agli angoli.

La seconda metà del XV secolo
Un’ulteriore evoluzione del conflitto angolare si può osservare nel Palazzo Ducale di Urbino, il cui autore fu probabilmente Luciano Laurana; qui, i lati del cortile (1465 – 1479 circa) poggiano su pilastri a “L”, fiancheggiati da semicolonne dalle quali partono gli archi del portico. Invece, il fronte principale del complesso è costituito da due torri circolari e da una serie di logge sovrapposte.

Troviamo questo motivo nell’arco che Alfonso d’Aragona volle erigere sulla facciata del Mastio Angioino a Napoli. L’opera, ancora attribuita a Laurana, ebbe una notevole influenza sull’architettura napoletana dell’epoca, tanto che Giuliano da Maiano progettò nuovamente la Porta Capuana usando il tema dell’arco trionfale. Nella città di Napoli, il Palazzo Como è ancora attribuito a Giuliano, e soprattutto la scomparsa di Villa di Poggioreale, la cui configurazione planimetrica, basata su una piazza con una torre su ogni angolo, era un paradigma per numerose ville, non solo in Italia.

Un’altra figura importante degli ultimi decenni del XV secolo fu Francesco di Giorgio Martini, che fu ispirato da Alberti e Vitruvio nella stesura del suo trattato di architettura e ingegneria militare. Tra i pochi edifici a lui attribuiti, merita di essere menzionata la chiesa di Santa Maria del Calcinaio, nei pressi di Cortona, commissionata nel 1484. È caratterizzato da una perfetta corrispondenza tra l’interno e l’esterno; inoltre, la pianta a croce latina è un’applicazione diretta delle proporzioni antropomorfiche esposte da Francesco di Giorgio nel suo trattato.

Il Rinascimento classico

Dal Bramante a Michelangelo
Se il primo Rinascimento era fondamentalmente toscano, il Rinascimento classico divenne essenzialmente romano grazie all’opera di Bramante, Raffaello e Michelangelo.

Tra questi il ​​più antico era il Bramante, che prima di trasferirsi a Roma si era formato come pittore e aveva lavorato a Milano. L’architettura lombarda, fino alla metà del XV secolo, era ancora influenzata dallo stile gotico, ma l’arrivo di artisti come Michelozzo, Filarete e Leonardo da Vinci aveva portato ad una graduale svolta. Ad esempio, tra il 1461 e il 1470, Filarete aveva realizzato il progetto dell’Ospedale Maggiore di Milano, un vasto edificio con cortili regolari, in cui c’erano ancora alcuni dettagli medievali; giudizi analoghi possono essere formulati per alcune opere di Giovanni Antonio Amadeo, o della Cappella Colleoni di Bergamo e della Certosa di Pavia, dove l’architetto aveva lavorato verso la fine del XV secolo.

Bramante era venuto a Milano intorno al 1477, dedicandosi quindi al coro di Santa Maria presso San Satiro (che gli mostra il pieno padrone della lingua prospettica quattrocentesca) e innalzando la Tribuna di Santa Maria delle Grazie (1492). Quest’ultimo ha un piano centrale e ripropone, su scala diversa, i motivi della Sagrestia Vecchia di Filippo Brunelleschi; tuttavia, l’eccessivo sviluppo in altezza e l’esuberanza decorativa del gusto lombardo, quest’ultimo presumibilmente imputabile ai lavoratori che realizzarono i lavori dopo la partenza dell’architetto per Roma, contrastava con la razionalità del sistema del Brunelleschi.

Quando il Bramante si trasferì a Roma, nel 1499, il suo stile, influenzato dalle antiche vestigia della città, cambiò radicalmente, assumendo un carattere più austero, ritrovato nelle prime opere, come il Chiostro di Santa Maria della Pace e il Tempietto di San Pietro a Montorio. Il chiostro, pur derivando dalla chiesa milanese di Sant’Ambrogio, presenta, al piano terra, pilastri con pilastri e archi a tutto sesto che rimandano al Teatro di Marcello, mentre al piano superiore si trova una loggia architravata sostenuta da agili colonne ioniche . Invece, il Tempio di San Pietro in Montorio, costruito nel 1502, è il “primo monumumento del Rinascimento in contrasto con il primo Rinascimento, ed è un vero monumento, cioè una realizzazione plastica che è strettamente architettonica”. Fu costruito nel luogo in cui, secondo la tradizione, San Pietro era stato crocifisso; il piccolo edificio fu quindi concepito come una sorta di martiri paleocristiano e progettato sul modello dei templi peripteri con il piano centrale dell’antichità. Il progetto originale, non completato, prevedeva la formazione di un cortile porticato circolare, tutto intorno al tempio, con una serie di nicchie e cappelle create lungo il perimetro del colonnato.

Questi modelli includono le chiese di Sant’Eligio degli Orefici a Roma, San Biagio a Montepulciano e Santa Maria della Consolazione a Todi. Il primo, a cui il nome Raffaello è spesso collegato, fu probabilmente iniziato da Bramante nel 1509 con l’aiuto del primo, data la somiglianza del soggetto con la Scuola di Atene. Strettamente legata a San Pietro è la chiesa di San Biagio, progettata da Antonio da Sangallo il Vecchio e cresciuta dal 1518. Due campanili avrebbero dovuto salire sui lati della facciata, ma solo il primo fu completato e il secondo fu solo iniziato. Anche in questo caso la pianta è una croce greca, leggermente allungata vicino all’abside. Ancora più semplice è l’ambientazione del Tempio della Consolazione, il cui piano è molto simile a un disegno di Leonardo da Vinci; l’edificio fu costruito sotto la direzione di Cola da Caprarola, ma la paternità del progetto fu attribuita, non senza incertezze, al Bramante. Ma l’influenza del San Pietro Bramantesco può essere percepita anche in organismi minori, come la cappella Chigi, situata nella chiesa romana di Santa Maria del Popolo. Disegnato da Raffaello, rappresenta una piccola variante del nucleo centrale della basilica vaticana.

Una mediazione tra gli schemi centralizzati e quelli longitudinali appare nel disegno di Antonio da Sangallo il Giovane per il completamento della basilica vaticana. Sangallo, nominato da papa Paolo III come capo architetto della fabbrica, innestò, di fronte a un sistema centralizzato, un avancorpo fiancheggiato da due campanili molto alti che incorniciavano la cupola a doppio tamburo. Il disegno, tradotto in un grandioso modello in legno (1539), non fu materializzato. Nel 1546 Michelangelo Buonarroti si occupò della gestione delle opere e, volendo enfatizzare maggiormente l’impatto della cupola, tornò al piano centrale, cancellando comunque la perfetta simmetria studiata da Bramante. Secondo la presunta ricostruzione del suo progetto di Étienne Dupérac in una serie di incisioni, Michelangelo concepì una croce centrata su un deambulatorio quadrato, semplificando così la concezione dello spazio interno; in questo modo il fulcro del nuovo progetto sarebbe stata la cupola, ispirata nella concezione del doppio cappuccio a quella progettata da Filippo Brunelleschi per la cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore. Tuttavia, gli eventi legati alla costruzione della basilica trovarono una soluzione solo nel XVII secolo, in epoca barocca, quando Carlo Madernohe cambiò la pianta michelangiolesca in uno spazio longitudinale.

Andrea Palladio
Alcune architetture di Andrea Palladio pongono fine al classicismo del XVI secolo. Nato a Padova nel 1508, Palladio è diventato il più importante designer della Repubblica di Venezia, dove ha costruito ville, palazzi e chiese in uno stile molto personale, basato sull’uso di un ricco repertorio classico che ha oscurato l’autorità romana nel campo dell’architettura. Ha pubblicato il trattato I quattro libri di architettura (1570) e le sue fabbriche hanno ispirato edifici anche nei secoli successivi, fino al XIX secolo (Palladianesimo).

Della sua vasta produzione è utile ricordare prima di tutto il restauro del Palazzo della Ragione di Vicenza, oggi noto come Basilica Palladiana. L’edificio fu completato nel 1460 e nel 1494 fu aggiunto un portico esterno, simile a quello del Palazzo della Ragione di Padova. In seguito al parziale crollo del lato sud-ovest, i più importanti architetti della regione furono consultati per il suo restauro, fino a quando il progetto di Andrea Palladio fu definitivamente approvato nel 1546, che si limitò al rifacimento della loggia esterna, lasciando invariato il nucleo preesistente. La soluzione proposta da Palladio, implementata dal 1549, è una struttura in grado di tenere conto degli allineamenti necessari con le aperture e le lacune originali; il sistema si basa su due ordini di serliane, composti da archi a luce costante fiancheggiati da aperture rettangolari laterali di larghezza variabile e quindi in grado di assorbire le differenze di larghezza delle baie, ereditate da precedenti siti di lavoro.

Vicino alla Basilica Vicentina c’è un’altra opera che Palladio fece sorgere nella stessa città nel 1550: il Palazzo Chiericati. La facciata è protetta da due colonnati sovrapposti, collegati all’edificio per mezzo di archi laterali a forma di tondo; nella concezione originale del complesso edilizio, la parte centrale della loggia superiore doveva essere vuota, ma nell’edificio era chiusa con una sottile membrana, lasciando solo i vuoti per le finestre del timpano. L’invenzione palladiana è in presenza di una sorta di avancorsa, ottenuta raddoppiando, in direzione trasversale e longitudinale, le colonne laterali della parte centrale.

Per quanto riguarda le ville, la produzione dell’architetto veneziano proviene da una residenza progettata dal suo protettore, Gian Giorgio Trissino. Analizzando le numerose residenze di campagna progettate dal Palladio, lo storico Ackermann ha individuato tre tipi di ville: quelle prive di portici e disadorne, risalenti ai primi anni (ad esempio le ville Pojana, Forni Cerato e Godi); those with a two-storey high block, adorned with a two-part portico enclosed by a pediment (like the Pisani and Cornaro villas); finally, those consisting of a central building surrounded by wings for agricultural purposes (such as the Barbaro villas, Badoer and Emo).

Certainly, regardless of the classification, the most significant Palladian achievement is the Villa Almerico Capra, built in Vicenza in the second half of the sixteenth century. It is a building with a square plan, perfectly symmetrical and inscribed in a circle. It was among the first profane constructions of the modern era to have as its front a front of a classical temple; in fact, each of the four elevations is equipped with a pronaos with an exastyle loggia on a high podium, so as to make the villa assume the shape of a Greek cross.

In the last years of his life Palladio dedicated himself to the design of two large Venetian churches: the Basilica of San Giorgio Maggiore and the Church of the Redeemer. To these works are added the design for the facade of San Francesco della Vigna and the church, then extensively remodeled, of the Zitelle. The characteristics of these religious buildings are the so-called “double temple” facades, which offer a solution to the double problem of adapting an ancient basilica to a place of Christian worship and connecting the side aisles to the higher central one. As previously noted, in the early Renaissance some solutions were indicated byLeon Battista Alberti in the basilicas of Sant’Andrea and Santa Maria Novella. Later, in the project of Santa Maria near San Satiro, Bramante proposed to merge the aisles by means of two tympanums, according to a scheme that is still very different from that designed by Palladio; the latter carried out a greater fusion between the parts, placing the front of a first classical temple in front of the central nave and a second temple, of a lower height, in front of the side aisles. This pattern is particularly evident in the churches of San Giorgio Maggiore (1565) and San Francesco della Vigna (1562); instead, in the Redeemer the high height of the central nave and the presence of buttresses along the sides determined the presence of an attic on the top of the façade.