Romagna Rinascimentale

In Romagna l’arrivo del Rinascimento ha prodotto alcune importanti declinazioni artistiche nel panorama italiano. Il centro più importante era Rimini, che ebbe una breve ma intensa stagione artistica con la signoria di Sigismondo Pandolfo Malatesta, derivata dall’esempio di Urbino di Federico da Montefeltro, ma con le sue stesse caratteristiche.

Dall’esempio di Rimini derivano le fioriture nelle città vicine come Cesena e Forlì. In quest’ultimo caso le numerose idee del nord Italia prosperano in una scuola autonoma, l’unica nella regione.

Rimini
La stagione rinascimentale di Rimini fu per molti versi simile a quella di Urbino di Federico da Montefeltro, dipendendo esclusivamente dalle iniziative del suo signore, Sigismondo Pandolfo Malatesta (dal 1432 al 1468), che per i suoi ambiziosi e importanti progetti chiamò artisti di altre regioni di grande importanza, alcuni dei quali (Leon Battista Alberti, Piero della Francesca), erano anche attivi a Urbino. I personaggi autocompiacimento dei Malatesta erano, tuttavia, più accentuati e, sia per la brevità che per la diversa statura intellettuale del suo protagonista, il Rinascimento a Rimini non riuscì a dare origine a una cultura dotata di una propria, precisa, fisionomia, tanto sicché alla morte di Sigismondo le fabbriche rimasero interrotte e non vi furono ulteriori sviluppi artistici.

Le opere di Sigismondo Pandolfo Malatesta su Rimini non facevano parte di un progetto urbano unitario, ma si limitavano a dominare la città, segnalando inequivocabilmente la presenza del potere: la residenza fortificata di Castel Sismondo e il Tempio Malatestiano, un mausoleo dinastico. La glorificazione del committente fu il culmine dell’affresco di Piero della Francesca Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a San Sigismondo (datato 1451), dove la cornice religiosa si intreccia con aspetti politici e dinastici, come nei tratti di San Sigismondo che nascondono quelli dell’imperatore Sigismondo di Lussemburgo, che nel 1433 investì Malatesta come cavaliere e legittimò la sua successione dinastica, ratificando la sua presa del potere.

Cesena
La signoria dei fratelli Malatesta di Cesena portò una vivace stagione rinascimentale, fino al 1465, alla morte di Malatesta Novello, e poi proseguì brevemente durante il regno di Cesare Borgia. Di quella stagione la Biblioteca Malatestiana rimane soprattutto un’opera intatta e straordinaria simile all’influenza albertiana, che può essere intuita dall’armonia delle proporzioni della sala. Allo stesso tempo, la qualità della luce può evocare i capolavori di Piero della Francesca, la cui presenza nella città è stata ripetutamente ipotizzata. Tuttavia, l’autore è Matteo Nuti da Fano, citato nell’iscrizione del 1452, al cui fianco lavorava Cristoforo di San Giovanni in Persiceto, che firma la porta d’ingresso, e lo scultore Agostino di Duccio, anch’egli attivo a Rimini. Degna di menzione è anche la visita di Leonardo da Vinci, nel 1502 per volere di Cesare Borgia, che fa rilievi alla Rocca e fornisce il progetto per il porto di Cesenatico.

Forlì
Ridotto da una vivace scena artistica nel XIV secolo, Forlì fu immediatamente in prima linea nel nuovo stile con Ansuino da Forlì che lavorò al fianco di Mantegna nella Cappella Ovetari di Padova. Forse era un maestro di Melozzo che, ispirato anche da Piero della Francesca, creò scene di colori chiari, inondati di luce, e dalla lucida costruzione prospettica, che non temeva gli scorci più audaci fatti fino ad allora in Italia. su che nemmeno i fiorentini padroneggiavano.

Acclamato a Roma ea Loreto, rimane poco nella sua città. Al contrario, l’opera di Marco Palmezzano, l’altro grande architetto di Forlì, è più diffusa sul posto, che ha inventato il suo stile disegnando su una vasta gamma di influenze disponibili.

Faenza
Faenza è stato probabilmente il più importante centro europeo per la produzione di maioliche, dove sono state sperimentate le tecniche più avanzate per poi acquisire anche gli altri centri di produzione sparsi nella penisola.

Nella seconda metà del Quattrocento si affermò la produzione di graffita e maioliche dipinte, sia su temi simbolici sensibili alle istanze neoplatoniche, sia con il genere amatoriale o la rappresentazione di volti virili e femminili con delicata purezza formale. Nel XVI secolo, i laboratori di Faenza raggiunsero la loro indipendenza linguistica, insieme ad un’alta qualità tecnica, con l’affermazione degli ornamenti caratteristici del pieno Rinascimento. I dipinti grotteschi su superfici blu (tipo di cappello) e la rappresentazione di temi tratti dalla mitologia e dall’Antico e dal Nuovo Testamento, il cosiddetto stile storico, si diffondono.

Poco più della metà del XVI secolo nella produzione di Faenza ci fu un cambio di orizzonte stilistico e formale, basato sulla riscoperta e l’esaltazione del bianco, con i cosiddetti “bianchi di Faenza” con un colore denso lattiginoso.