Rinascimento a Cesena

Il rinascimento a Cesena fu fatto coincidere con la signoria dei fratelli Malatesta: dal 1378, l’anno successivo al terribile Sacco dei Brettoni, fino al 1465, alla morte dei Malatesta Novello; e poi continuare brevemente durante il regno di Cesare Borgia.

Contesto storico e culturale
Nel febbraio del 1377 Cesena fu coinvolto nonostante la sua stessa sorte nella guerra promossa dalla Repubblica di Firenze contro lo Stato Pontificio (la cosiddetta “Guerra degli Otto Santi”, 1375 – 1378). Il cardinale Roberto di Ginevra, futuro anti-papa Clemente VII, scatena un violento massacro in città, per impedire al Cesena di schierarsi dalla parte dei fiorentini. Il massacro è condotto dalle milizie mercenarie bretoni (fedeli a Papa Gregorio XI), guidate dal condottiero inglese Giovanni Acuto, che lo radono al suolo. I cronisti dell’epoca riportano 4.000 morti e altrettanti deportati tra la popolazione civile. Roberto di Ginevra è soprannominato nelle cronache locali “Boia di Cesena”. L’evento segna una chiara rottura con il passato: la storia di Cesena è ora divisa tra “prima” e “dopo” il sacco dei bretoni.

L’anno dopo il tremendo Sacco dei Bretoni, il nuovo papa Urbano VI assegna infine quello che resta della città al signore di Rimini Galeotto I Malatesta, nel Vicariato: la signoria dei Malatesta inizia per Cesena, quale sarà il momento di maggior splendore nella storia di Cesena. Nel 1385 Andrea Malatesta, che liscia le pendici del Colle Garampo e prende la cosiddetta Piazza Inferiore (al giorno d’oggi il Popolo), si svolge a Galeotto (dove sono iniziati i lavori per la nuova fortezza e la nuova cattedrale) .. È quindi il turno di Carlo e, nel 1429, di Domenico Malatesta Novello. Appassionato bibliofilo, defunto mecenate, costretto a rinunciare alla prima vita militare (la prima fonte di ricchezza per la famiglia), conferisce alla città la splendida Biblioteca Malatestiana.

Alla morte di Novello (1465), il Cesena ritorna sotto il dominio pontificio, ma già nel 1500 la Romagna conosce un nuovo maestro: è Cesare Borgia, detto “il San Valentino” (celebrato da Niccolò Machiavelli nel suo Principe) che costituisce un piccolo ma potente ducato. La città, elevata al rango di capitale (Ravenna è infatti un possedimento veneziano), è visitata da Leonardo da Vinci che fa rilievi alla fortezza e fornisce il progetto per il porto di Cesenatico. Una volta caduto l’effimero ducato, Cesena torna definitivamente alla Chiesa e ad una dimensione locale dominata economicamente dall’agricoltura.

Architettura, urbanistica, scultura
Dopo il terribile inverno del Sacco dei Bretoni del 1377, Cesena subì sotto il governo malatestiano un momento di grande fioritura politica, economica e culturale, soprattutto sotto il dominio di Malatesta Novello. A partire dal 1447 avviene una sorta di renovatio urbis e vengono avviati importanti interventi urbani come l’erezione di opere difensive ma anche quella di edifici monumentali come l’Ospedale del Santissimo Crocifisso e la Chiesa di Santa Caterina, o la Chiesa e il Convento dell’Osservanza, oggi scomparso o visibilmente trasformato. Invece, sicuramente, la testimonianza più importante dell’architettura civile, ancora conservata, è la Biblioteca Malatestiana (una delle migliori in Italia, secondo il famoso umanista Flavio Biondo) ottenuta all’interno del monastero dei frati francescani.

Biblioteca Malatestiana
Sostanzialmente, la Biblioteca Malatestiana, un’opera straordinaria simile al Tempio Malatestiano di Rimini, rimase intatta. Per quanto riguarda quest’ultimo, anche per Cesena è stata individuata l’influenza dell’insegnamento di Leon Battista Alberti, che può essere compresa nell’armonia delle proporzioni della sala. Allo stesso tempo, la qualità della luce può evocare i capolavori di Piero della Francesca, la cui presenza nella città è stata ripetutamente ipotizzata. L’autore è comunque Matteo Nuti da Fano, citato nell’iscrizione del 1452, al cui fianco lavorarono Cristoforo da San Giovanni in Persiceto, che firma la bella porta (15 agosto 1454), e lo scultore Agostino di Duccio.

Alla Biblioteca c’è un bassorilievo raffigurante San Giorgio che uccide il drago, affiancato da due stemmi e un’iscrizione in caratteri gotici che ricorda la presa di Porta Vercellina a Milano da parte di Andrea Malatesta. Opere variamente attribuite (a Ottaviano di Duccio, a Jacopo della Quercia, a Nanni di Bartolo e, più recentemente, a uno scultore veneziano), faceva parte del complesso di sculture che originariamente ornava la facciata meridionale della Torre del Castello distrutto di San Giorgio non lontano dalla città, un’altra importante testimonianza di fervore artistico agli inizi del XV secolo.

Cattedrale di San Giovanni Battista
La chiesa tra il 1443 e il 1456 fu dotata di un campanile progettato dal maestro Maso di Pietro della Val Lugano e per volontà del vescovo Antonio Malatesta da Fossombrone; quest’ultimo era una figura centrale nello sviluppo della cattedrale e la sua attuale apparizione generale è dovuta alla sua sistemazione.

Alla sua morte, lo scultore fiorentino Ottaviano di Antonio di Duccio scolpì il suo arco funerario e iniziò un florido periodo per l’arte della chiesa, che vide famosi scultori come i fratelli veneziani Lorenzo e Giovanni Battista Bregno che, dal 1494 al 1505, sotto l’arco, addolcito dai fregi delle colonne, scolpì una pregevole opera rinascimentale: l’Altare del Corpus Domini, raffigurante il Cristo, San Giovanni Battista, San Giovanni Evangelista, l’Arcangelo Gabriele, l’arcidiacono Carlo Verardi (il commissario di il lavoro) e suo nipote Camillo (un cavaliere papale).

A cavallo tra il 1400 e il 1500, fu completata la parte superiore della facciata, progettata da Mario Codussi. Alla fine del XVI secolo il vescovo Gualandini revisionò la struttura generale della Cattedrale e dedicò il piccolo dipinto di Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo alla Madonna del Popolo.