Per gotico a Milano intendiamo l’esperienza artistica della città tra la seconda metà del XIII secolo e la prima metà del XV secolo. Lo stile gotico, inizialmente introdotto nel territorio milanese da monaci cistercensi, fu il principale linguaggio artistico del vasto mecenatismo e programma autocompiacimento dei Visconti, signori di Milano, il cui dominio sulla città è solitamente associato al periodo gotico milanese.

Panoramica storica
Come data convenzionale dell’inizio dell’esperienza gotica nel territorio della signoria di Milano, l’ascesa al potere della famiglia Visconti è spesso indicata nel 1282. La penetrazione delle nuove tendenze artistiche nelle Alpi venne più tardi che nell’Italia centrale, dove il gotico cistercense aveva già prodotto l’Abbazia di Fossanova (1187) e l’Abbazia di Casamari (1203) quasi un secolo prima. Questo ritardo nell’introduzione del linguaggio gotico a Milano può essere spiegato dalla forte e radicata presenza dell’architettura romanica, anche in virtù del legame tra questa architettura e l’Impero, che non fu superato solo dal nuovo corso politico della signoria viscontina .

La data, tuttavia, è solo indicativa perché il primo esempio di gotico apparve a Milano dai monaci cistercensi nella prima metà del XIII secolo: nel 1221 l’abbazia di Chiaravalle fu consacrata dal vescovo Enrico Settala. Allo stesso tempo, tuttavia, lo stile gotico non si diffuse sensibilmente sul territorio, tuttavia, con stili fortemente influenzati dal romanico, fino all’opera di Azzone Visconti tra il 1329 e il 1339, che introdusse alla sua corte artisti pisani e fiorentini.

Il fitto programma di sostegno alle arti inaugurato da Azzone Visconti fu portato avanti dal suo successore Bernabò Visconti, ma soprattutto da Gian Galeazzo: sotto la sua signoria fu inaugurato il più grande cantiere gotico italiano per la costruzione della nuova cattedrale cittadina. Per questo lavoro, monumentale e grandioso nella mente del duca, furono chiamati a Milano architetti e artisti di tutta Europa: il continuo confronto tra lavoratori locali e stranieri contribuì a portare lo stile gotico lombardo a maturità, prima ancora ancorato al forte patrimonio romanico, creando una sintesi tra architettura gotica italiana ed europea.

Dopo una battuta d’arresto dovuta a un turbolento periodo politico dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti, lo splendore artistico milanese riprese vigore sotto Filippo Maria Visconti che nella prima metà del Quattrocento trasformò la corte milanese in uno dei maggiori centri dell’umanesimo italiano , chiamando al suo servizio personalità come Francesco Filelfo, Pier Candido Decembrio, Gasparino Barzizza e Antonio da Rho. Negli ultimi anni della dominazione viscontiana, simile a quello che accadde a Firenze, ci furono poi i primi accenni della nuova arte rinascimentale con l’opera di Masolino da Panicale a Castiglione Olona.

La conclusione dell’esperienza gotica è quindi indicativamente fatta coincidere con il crollo della signoria viscontea nel 1447, con uno stile tardogotico che sarebbe stato innestato su esperienze del primo centro italiano del Rinascimento per dare vita al Rinascimento lombardo.

Architettura religiosa

L’introduzione del gotico: le abbazie
A Milano, come in altri luoghi, la lingua gotica fu introdotta dai monaci cistercensi di Francia: il primo esempio di gotico a Milano è l’abbazia di Chiaravalle, costruita dalla prima metà del XIII secolo dai monaci dell’abbazia di Clairvaux. La descrizione deve tener conto della particolare complessità della sua storia, che vede gli interventi sulla chiesa dalla sua fondazione fino al XVIII secolo: ad esempio la facciata gotica rimane solo l’ordine superiore in terracotta decorata da un oculo e una bifora racchiusa nel profilo del tetto a capanna decorato con archi pensili.

La chiesa, costruita nel rispetto delle indicazioni architettoniche per le chiese cistercensi fornite da San Bernardo, può essere definita per la sua struttura e parte della decorazione come compromesso tra l’architettura lombarda del XIII secolo e il gotico cistercense, o il primo edificio a rompere la tradizione Romanico e introdurre, anche con forme molto mitigate dalla tradizione lombarda, le forme gotiche.

Le prime opere per superare la transizione tra romanico e gotico furono le opere per il chiostro meridionale della chiesa, con archi a sesto acuto in mattoni sostenuti da colonne accoppiato in pietra. Tuttavia, l’intervento architettonico più importante del gotico e che più caratterizza l’abbazia è stata la costruzione della torre: la torre ha una forma ottagonale e poggia sul presbiterio con una pianta quadrata a cui è collegata attraverso l’uso di pennacchi con archi decrescenti . La torre ottagonale è composta da tre ordini verticali che si restringono verso l’alto: la torre è decorata con un’alternanza di bifore, singole e quadrate, in cui si alternano decorazioni in terracotta e marmo bianco per creare un contrasto di colori.

All’interno, tra le decorazioni pittoriche più interessanti, possiamo citare i frammenti di affreschi trecenteschi degli Evangelisti nello spazio della cupola e le sedici figure di Santi, l’autore identificato come Primo Maestro di Chiaravalle. Nella parte inferiore della cupola sono le Storie della Vergine, una raffinata ed elegante composizione di gusto Giotto attribuita a Stefano Fiorentino e basata sulla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze.

Fondata nel 1176, gran parte dell’Abbazia di Viboldone fu costruita tra la fine del XIII e il XIV secolo. La facciata in terracotta, completata nel 1348, ha una struttura a capanna delimitata da archi pensili ed è divisa verticalmente in tre partizioni definite da contrafforti. Il portale presenta una ricca decorazione marmorea con sculture della Madonna col Bambino tra i santi della scuola di Sampling affiancato da due edicole a parete e due strette finestre a bifora con cornici in cotto cuspidato; la decorazione dell’ordine superiore è composta da una finestra circolare e da tre bifore, le cui due parti sono puramente decorative in quanto non danno sui corridoi inferiori. L’interno è diviso in tre navate con volta a crociera

Accanto alla metà del XIII secolo è quindi la decorazione pittorica interna: l’opera più antica è l’affresco della Madonna col Bambino e dei santi nell’abside di un anonimo maestro longobardo con influenze toscane. Sempre sulle pareti dell’abside si trova il Giudizio di Giusto di Menabuoi in cui è ripreso lo schema del Giudizio di Giotto nella cappella degli Scrovegni. Infine possiamo citare le Storie della vita di Cristo di un anonimo pittore lombardo in cui l’accuratezza naturalistica della Lombardia è influenzata dall’uso del chiaroscuro di Giusto dei Menabuoi, e la Madonna in trono tra i santi di Michelino da Besozzo.

Benché al di fuori del territorio comunale, l’abbazia di Morimondo è senza dubbio legata alla città, che, come per le abbazie appena citate, nacque nella prima metà del XII secolo grazie all’arrivo dei monaci cistercensi dalla Francia. Anche in questo caso ci troviamo, nelle parti originali della chiesa, di fronte a uno stile gotico molto primitivo, riconoscibile ad esempio nelle proporzioni slanciate rispetto a quelle dell’arte romanica. La facciata è in mattoni a vista con bifore e rosoni, realizzati in modo molto semplice come dettato dalle regole dell’architettura cistercense.

Il periodo visconteo
All’inizio del XIV secolo, il signore Azzone Visconti inaugurò un vero programma di mecenatismo che ebbe il suo fulcro nell’architettura gotica. Tra le prime conquiste possiamo citare la chiesa di San Gottardo in Corte, costruita come cappella ducale dedicata al santo patrono della gotta che avrebbe colpito Azzone, per quanto molto rimaneggiato in apparenza nel Settecento. Il campanile ottagonale e l’abside semiottagonale sono conservati dall’aspetto esterno originale: la decorazione è fatta alternando elementi in cotto, già tipici dell’architettura romanica lombarda, e elementi in marmo bianco. Un elemento di spicco del complesso è il campanile ottagonale attribuito a Francesco Pegorari da Cremona: l’uso della terracotta è prevalente nei piani inferiori del campanile per lasciare spazio al marmo bianco nella parte superiore fino al coronamento, probabilmente preso da la torre dell’abbazia di Chiaravalle e in cima alla torre di Cremona.

L’interno, come descritto dalle cronache dell’epoca di Galvano Fiamma, fu completamente affrescato da Giotto, chiamato a Milano da Azzone Visconti, e dalla sua scuola: rimane solo la Crocifissione attribuita da alcuni resti del ciclo pittorico. direttamente al maestro toscano, mentre secondo un’altra ipotesi alcuni personaggi della pittura, come il realismo e l’attenzione ai dettagli, suggerirebbero un anonimo, seppure straordinario, maestro della sfera giottesca con influenze lombarde.

La chiesa di San Cristoforo sul Naviglio è composta dall’unione di due edifici risalenti rispettivamente alla fine del XII secolo e alla fine del XIV secolo. La facciata, anch’essa divisa in due, presenta sulla sinistra un portale a sesto acuto in laterizio con un rosone inscritto nell’arco, secondo alcune interpretazioni in chiave lombarda del portale laterale della chiesa di Santa Maria della Spina a Pisa, mentre sulla destra c’è un portale con una cima a punta, meno decorato ma con proporzioni più sottili e fiancheggiato da due finestre con archi a sesto acuto. Su entrambi i lati della facciata ci sono resti di affreschi. All’interno, il lato destro della chiesa ha una sala di forma rettangolare con tetto in legno e abside semicircolare, mentre la parte sinistra presenta una copertura a forma di croce con finestre a luce singola sul muro che forniscono illuminazione. Tra i frammenti di affreschi visibili nella chiesa possiamo citare la Crocifissione degli Zavattari.

La chiesa di San Lorenzo in Monluè risale alla seconda metà del 12 ° secolo. E ‘stato costruito dall’ordine degli Umiliati in uno stile molto semplice, probabilmente preso in prestito dall’architettura cistercense. La facciata è molto snella in mattoni a vista, il portale molto semplice ha un arco a tutto sesto sormontato da un finto protiro fiancheggiato da due strette monofore. Il campanile della chiesa, a pianta quadrata, è composto da quattro ordini orizzontali: il piano superiore è decorato con bifore con archi poggianti su colonne di pietra. L’interno, molto semplice, a navata unica, aveva in origine un tetto a capriate in legno: sulle pareti resti di affreschi sul tema degli elementi vegatali, tipici della pittura lombarda del primo Trecento.

La chiesa di San Marco fu fondata alla fine del XII secolo dai monaci agostiniani, tuttavia i pesanti interventi subiti dalla chiesa sin dal XVI secolo ne hanno ampiamente stravolto l’aspetto, recuperati in minima parte all’esterno con il restauro ottocentesco di Carlo Maciachini. Dell’odierna struttura originaria oggi possiamo vedere la struttura a linee tratteggiate scandita verticalmente da contrafforti: originali sono anche il rosone in terracotta e il portale in marmo bianco sormontato da tre statue di Santi Agostino, Marco e Ambrogio. Il campanile quadrangolare in mattoni risale agli inizi del XIV secolo e incorpora uno dei tipici modelli architettonici dell’area milanese del periodo già utilizzato ad esempio nell’Abbazia di Mirasole e nel Arengario di Monza.

Della decorazione pittorica originale rimangono visibili alcuni frammenti di affresco della cappella absidale di sinistra dedicata alla Vergine Maria, cioè la Madonna con Bambino in trono e santi risalenti alla fine del XIII secolo, influenzata dallo stile bizantino ma anche dagli affreschi della basilica San Francesco d’Assisi e il successivo affresco della Maddalena e un santo cavaliere, le cui somiglianze stilistiche con il cantiere dell’Abbazia di Chiaravalle portano all’opera del cosiddetto Primo Maestro di Chiaravalle. All’interno della chiesa ci sono anche molte importanti opere scultoree risalenti al periodo gotico, tra cui il Monumento funebre a Lanfranco Settala e l’Arche Aliprandi, trattato nella sezione sculture.

La chiesa di Santa Maria del Carmine, sebbene fondata alla fine del XIV secolo, non presenta elementi significativi dell’architettura gotica ad eccezione della pianta: la facciata è infatti il ​​risultato di un restauro neo-gotico ottocentesco mentre gli interni erano principalmente decorati tra il XV e il XVII secolo. La pianta è a croce latina a tre navate, una forma ripresa dalla Certosa di Pavia dallo stesso architetto Bernardo da Venezia. Dalla lettura della pianta è evidente la costruzione della regola costruttiva “ad quadratum”, che usa un quadrato come elemento base per la definizione delle proporzioni: la navata principale è costituita da tre quadrati, oltre al transetto, mentre il navate e cappelle laterali hanno l’area di un quarto del quadrato elementare.

Nella Basilica di Sant’Eustorgio si trova la cappella viscontea, iniziata nel 1297 da Matteo Visconti. Della decorazione pittorica originale solo le figure dei quattro Evangelisti rimangono in buone condizioni, mentre ci sono tracce di affreschi successivi come il Trionfo di San Tommaso, San Giorgio liberando la principessa e sette Santi, attribuiti al cosiddetto Maestro di Lentate , autore del ciclo di affreschi nell’oratorio di Santo Stefano di Lentate. Infine, la cappella contiene l’Arca di Matteo e Valentina Visconti. Sempre a Sant’Eustorgio è possibile ammirare nella cappella Torriani alcuni affreschi tardogotici risalenti al 1440 di Evangelisti e Santi attribuiti alla cerchia di Zavattari.

La cappella viscontiana fu però lasciata da parte da Barnabò Visconti, che trasferì la cappella di famiglia nella demolita chiesa di San Giovanni in Conca oggi: l’architettura esterna e la disposizione interna furono tratte dall’architettura delle abbazie dell’epoca, come la facciata è tradotto prima della demolizione con rosone e monofora sul modello dell’abbazia di Viboldone. Tra i resti della decorazione pittorica presa prima della demolizione della chiesa sono annunziati l’Angelo e la Vergine annunciati da un pittore anonimo dei primi del ‘300 con influenze veneziane. Storie di San Giovanni Evangelista sono invece l’influenza più marcatamente toscana, conservata nelle collezioni del castello Sforzesco, in cui i colori vivaci sono usati con accenni di costruzione prospettica; attribuito ad un anonimo maestro della cerchia di Giusto dei Menabuoi.

Nella Basilica di San Calimero si trova l’affresco della Madonna col Bambino di Leonardo da Besozzo, una pittura tardo-gotica del XV secolo raffigurante personaggi ispirati agli affreschi dei Giochi Borromeo nel Palazzo Borromeo e alla sua opera in chiesa di San Giovanni a Carbonara a Napoli. Leonardo, figlio di Michelino da Besozzo, collaborò con il padre alla realizzazione della Madonna dell’Idea custodita nel Duomo di Milano.

Va notato che delle numerose chiese costruite in stile gotico tra il XII e il XV secolo, solo pochi esempi sopravvivono oggi, mentre la maggior parte fu completamente trasformata tra il XVI e il XVII secolo durante l’opera dei cardinali Borromeo o demolita con soppressioni giuseppine nel diciottesimo secolo. Tra le demolizioni effettuate in quest’ultimo periodo possiamo citare la chiesa di Santa Maria di Brera: la facciata fu progettata da Giovanni di Balduccio e contemplava un fronte in una cappella costruita con marmo bianco e nero per formare fasce di colore alternate, mentre la suddivisione interna in tre navate era accentuato all’esterno con alcuni contrafforti. Il portale aveva un arco a tutto sesto con uno stelo coronato da una cuspide contenente una piccola rosa; la decorazione fu poi completata da bifore e tre bifore e vari gruppi di statue compreso il gruppo del gimberg. Solo poche tracce rimangono all’interno della galleria d’arte di Brera, comprese alcune baie laterali della chiesa dove sono attribuiti affreschi di Santi e Profeti a Giusto dei Menabuoi. La chiesa aveva un interno a tre navate diviso da colonne con capitelli zoomorfi tipici della scultura lombarda della fine del XIII secolo.

La Cattedrale
Le vicissitudini del Duomo di Milano, capolavoro del gotico internazionale, furono complesse dalla fondazione della Fabbrica nel 1386 e sarebbero continuate per molti secoli a venire: solo l’abside, le sagrestie e parte del transetto sono originali con il resto del la chiesa successivamente ha effettuato più o meno aderendo al progetto originale. Una spinta molto forte nella chiave per la costruzione di una magnifica fabbrica è stata fatta da Gian Galeazzo Visconti, incoronato recentemente dall’imperatore, che ha finanziato parte del lavoro e lavorato per la raccolta di altri fondi tra la popolazione e chiamato architetti da tutta l’Europa , in particolare dalla Francia, dalla Germania e dalle Fiandre.

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Il progetto iniziale, ora perduto, era probabilmente di un architetto alsaziano, ma dopo alcuni anni l’architetto fu sostituito per lasciare il posto a un periodo di continui cambiamenti di architetti e progetti: nel giro di pochi anni furono chiamati al cantiere del cattedrale, tra gli altri, il francese Nicolas de Bonaventure, gli italiani Antonio di Vincenzo e Gabriele Stornaloco, e i tedeschi Giovanni da Fernach e Heinrich Parler. Tra le ragioni principali dei vari contrasti c’era la scelta delle proporzioni per la facciata, che sarebbe stata inscritta in una piazza (costruzione “ad quadratum”) o in un triangolo (costruzione “ad triangolum”).

La diatriba può essere sintetizzata con i sostenitori italiani della forma “ad triangolum”, che avrebbe infine trionfato portando alla costruzione di una chiesa inferiore dalle proporzioni più tozze, e i maestri tedeschi e francesi in favore di un “quadratum” modulo che avrebbe permesso una facciata più alta e slanciata. Un dibattito analogo ebbe luogo con l’architetto parigino Giovanni da Mignot, anch’egli ricercato dopo poco tempo, sulle proporzioni e sulla staticità delle volte: questi dibattiti, che andavano ben oltre le normali rievocazioni campanili, erano principalmente legati la resistenza della tradizione italiana ancora legata all’architettura romanica e al conseguente ritardo con cui il territorio milanese ha riconosciuto le novità del gotico europeo.

Il primo distaccamento della cattedrale rispetto alle precedenti chiese milanesi era la struttura perimetrale, che a differenza delle altre chiese, che prevedevano un’eventuale copertura della struttura in mattoni con materiali più nobili, è composta esclusivamente da blocchi di marmo di Candoglia: la struttura portante presenta il sistema di contrafforti – arco rampante tipico dell’architettura gotica, con le pareti perimetrali esterne decorate da un enorme numero di statue e peduncoli. La decorazione statuaria esterna è presentata, in relazione alle commissioni del periodo gotico, come un campione di scultura europea con opere eseguite da lavoratori locali, borgognoni, boemi, tedeschi e francesi: in particolare gli ultimi due gruppi sono attribuibili al novanta- sei giganti che adornano i doccioni della struttura. Jacopino da Tradate e Matteo Raverti sono tra i principali artisti lombardi che si prendono cura della fitta foresta di statue esterne.

Due delle opere esemplari dei due principali scultori italiani attivi sul cantiere sono il San Bartolomeo Apostolo di Jacopino da Tradate e il Santo Vescovo del Raverti: nel primo caso si utilizzano ampi drappeggi e particolare attenzione ai dettagli, per esempio nella resa della barba, senza però dare eccessiva espressione al volto, che invece avviene nella statua di Raverti, che restituisce un santo sofferente dalle guance incavate derivante da attenti studi e modellistica.

L’abside è, per le ragioni temporali sopramenzionate, la parte più aderente agli stili del gotico internazionale: le tre finestre ad arco a punta sono profondamente decorate con il tema centrale di Raza Viscontea, o il radioso simbolo solare della famiglia, progettato di Michelino da Besozzo: le vetrate sono decorate, con il ciclo con le storie dell’Antico Testamento nella finestra nord, l’Apocalisse nella finestra centrale e con gli episodi del Nuovo Testamento nelle finestre meridionali, di Stefano da Pandino e Franceschino Zavattari. Più in generale, a partire dal primo Quattrocento, la cattedrale può essere considerata uno dei maggiori laboratori europei di vetrate artistiche, in cui i maggiori pittori lombardi delle varie epoche avrebbero partecipato fino alla sua conclusione.

L’interno presenta una pianta a croce latina con la sala divisa in cinque navate, con un transetto leggermente aggettante diviso in tre navate e un abside semiottagonale. Le volte a crociera sono sostenute da pilastri in polistile con capitelli decorati con santi collocati in nicchie da Giovannino de ‘Grassi.

Il portale della sagrestia meridionale, scolpito nel 1392 da Giovanni da Fernach con le decorazioni delle Storie della Vergine, è un perfetto esempio di gotico internazionale tedesco. Sopra un sobrio architrave di Giovannino de ‘Grassi ornato di tessere quadrilobate con teste di profeti, c’è la decorazione più esuberante, con il tema delle Storie della Vergine, inserito in un arco ogivale fiancheggiato da due pinnacoli e che termina in alto con una crocifissione. L’estradosso della lunetta presenta la tradizionale decorazione gotica con grandi foglie arricciate. Tra le decorazioni originali, all’interno della sacrestia si trova il bacino con un podio con cuspide, anch’esso di Giovannino de Grassi. Una decorazione simile si trova nell’ingresso della sacrestia settentrionale, oltre la quale ci si trova nell’unica stanza della cattedrale dove si può ammirare il pavimento originale della chiesa, risalente ai primi del XV secolo, creato da Marco Solari, insieme a resti di decorazioni in terracotta contemporanea.

Architettura civile e militare
Tra i primi interventi che sancirono la diffusione del gotico a Milano, possiamo menzionare gli interventi di Matteo e Azzone Visconti nel Broletto Nuovo, l’attuale piazza dei Mercanti, che è stata a lungo la sede del potere della città.

Il primo edificio ad essere ricostruito fu la loggia Osii nel 1316: la facciata è in marmo bianco e nero, una scelta che rompeva con l’uso tradizionale della terracotta a vista anche se già utilizzata nella chiesa di Santa Maria di Brera, ed è ambientata due ordini orizzontali originariamente arcate. Il piano terra ha archi a tutto sesto sostenuti da colonne in pietra ottagonale, questa configurazione si ripete al piano superiore con l’uso di archi di uguale larghezza ma a punta, mentre vi è un parapetto decorato con stemmi Visconti. L’edificio è infine coronato da un’alta cornicheria, con nicchie con volta a botte in cui si trovano statue tutt’attorno: tra i soggetti citiamo la Madonne con il Bambino e vari Santi tra cui Sant’Ambrogio e San Giacomo.

A partire dal 1433 fu costruita la casa dei Panigarola, molto ristrutturata nel corso degli anni, la cui struttura originaria rimane gli archi a sesto acuto con i bordi in terracotta al piano terra, sostenuti da colonne con capitelli decorati con foglie, mentre al piano superiore vi è un finestra in terracotta non originale ma che riprende il progetto originale con la tipica decorazione dell’architettura lombarda del primo Quattrocento.

Un altro intervento della piazza, ormai completamente smarrito in quanto sostituito dall’edificio della Scuola Palatina, fu il portico dei banchieri, costruito a partire dal 1336 con una struttura porticata simile a quella della loggia degli Osii.

Tra i pochi palazzi gotici privati ​​conservati nella città possiamo citare Palazzo Borromeo costruito alla fine del XV secolo. Parte della struttura originaria è la facciata in mattoni a vista con il portale ad arco a sesto decorato con bugne in marmo di Candoglia e marmo rosso di Verona racchiuso da un fregio con cordonature. Il cortile d’onore è porticato su tre lati con archi a sesto acuto sostenuti da colonne ottagonali con capitelli decoarati con foglie. Sul lato non arcade, ci sono sei soffitti a mattoni a punta singola, mentre sulle pareti ci sono tracce di affreschi con motivi araldici dei mecenati dell’edificio. All’interno vi sono tracce di affreschi tardogotici dei Giochi Borromeo, attribuiti da alcuni a Pisanello. Una volta presenti nel palazzo e successivamente rimossi vari frammenti di affreschi, tra cui la collezione di melograni attribuita a Michelino da Besozzo, oggi conservata nella rocca di Angera. Un’ipotesi alternativa altrettanto valida attribuisce comunque la realizzazione del complesso dei Giochi Borromeo ad un autore chiamato Maestro dei Giochi Borromeo: questa attribuzione diversa da Pisanello o da Michelino è stata conferita seguendo l’analisi di un San Giovanni dolente riscoperto, frammento degli affreschi di Palazzo Borromeo con riferimenti stilistici a Cristo nella Pietà di Masolino mentre mostra influenze della scuola lombarda.

Delle numerose torri del tempo, che furono costruite insieme ai palazzi nobiliari, sono arrivate solo la torre Gorani e la torre dei Morigi.

Dalle descrizioni storiche di Palazzo Reale, all’epoca broletto Nuovo e poi Palazzo Ducale, si può ricordare l’opera di Giotto, chiamato in aula da Azzone Visconti. Tra le varie opere descritte dai cronisti dell’epoca possiamo citare l’affresco degli uomini illustri a tema mitologico, modellato sulla sua opera nella sala Baroni del Maschio Angioino di Napoli, decorata con oro e smalti tipici della pittura gotica francese:

«Queste figure di smalti dorati e blu si distinguono per una di tale bellezza e tale perfezione artistica che non può essere trovata in nessun’altra parte del mondo»

Tra gli esempi di architettura civile, sebbene per l’uso del potere religioso, dobbiamo infine menzionare il palazzo arcivescovile. Per quanto riguarda il vicino palazzo, le modifiche dei vari periodi hanno quasi completamente cancellato la costruzione originaria commissionata da Ottone Visconti e Giovanni Visconti, arcivescovi di Milano: tra i pochi resti gotici ci sono alcune bifore in mattoni sulla facciata verso la cattedrale e su il lato ovest. Frammenti di affreschi della scuola giottesca sono emersi durante alcuni lavori di restauro post-seconda guerra mondiale. I frammenti di affreschi sopravvissuti per caso alla ricostruzione della chiesa di Santa Maria Podone sono ancora conservati nell’arcivescovado., Riscoperto e rimosso nel XX secolo, raffigurante una processione dei Tre Saggi, la cui attribuzione a Michelino da Besozzo o il suo laboratorio non era possibile a causa della natura frammentaria dell’opera, anche se con disegni che si possono ricondurre a modellare e firmare quelli del Libretto degli Anacoreti dello stesso Michelino.

Insieme allo sviluppo delle mura cittadine, i Visconti furono responsabili della costruzione del castello di Porta Giovia, sulle cui rovine sarebbe sorto il castello Sforzesco. La fortificazione fu iniziata nel 1368 da Galeazzo II Visconti, mentre Gian Galeazzo aggiunse una cittadella esterna fortificata non collegata al nucleo centrale, che era comunque collegato, insieme alla costruzione della Ghirlanda (una seconda cinta muraria esterna collegata al nucleo centrale di il castello) da Filippo Maria Visconti a partire dal 1420. Dell’antico castello Visconteo, aggredito durante il periodo dell’Aurea Repubblica Ambrosiana e completamente ricostruito dalla dinastia di Forza, non rimane traccia se non il basamento in serizzo del castello Sforzesco.

Scultura
Il passaggio dal romanico al gotico segnò l’abbandono della scultura come essenza funzionale esclusivamente alla decorazione architettonica a favore di opere autonome per le quali potrebbe valere un’analisi separata dal contesto architettonico. La scultura gotica milanese può quindi essere divisa in due filoni principali, ovviamente mai completamente separati e con contaminazioni reciproche: da una parte la scuola toscana di Giovanni di Balduccio con la sua bottega, e dall’altra i Maestri Campionesi, nome con cui è indicato un gruppo di scultori provenienti da famiglie originarie di Campione d’Italia dallo stile difficile da distinguere e spesso lavorato in collaborazione, anche se per i maggiori interpreti della scuola è talvolta possibile indicare con precisione l’autore.

Tra i più antichi monumenti scultorei gotici di Milano abbiamo il monumento funebre Ottone Visconti di un non identificato Maestro Campionese, risalente alla fine del XIII secolo e conservato nel Duomo di Milano. Il monumento è realizzato in marmo rosso di Verona con la struttura del sarcofago con pendenze inclinate, chiaro riferimento ai monumenti funerari romani in porfido: il monumento, sostenuto da due colonne aggiunte alla fine del XIV secolo, presenta la figura dell’arcivescovo sdraiato su la patta frontale Questa soluzione trova ampi precedenti nella statuaria francese dell’epoca, ma soprattutto nel monumento funebre del cardinale De Braye di Arnolfo di Cambio presso la chiesa di San Domenico di Orvieto. Il sarcofago fu il modello di ispirazione per l’Arca di Berardo Maggi, anch’essa della Scuola Nazionale, conservata nell’antica cattedrale di Brescia.

L’opera principale di Giovanni di Balduccio e della sua bottega è sicuramente l’Arca di San Pietro Martire, conservata nella cappella Portinari nella Basilica di Sant’Eustorgio. La tomba marmorea di Carrara, con proporzioni monumentali e un complesso contenuto iconografico, poggia su otto pilastri in marmo rosso di Verona su cui si trovano altrettante statue delle Virtù, i lati del sarcofago sono decorati con otto bassorilievi degli Episodi di la vita di San Pietro Martiri separati da statue di Santi e Dottori della Chiesa. Il coperchio è a forma piramidale, le cui pendici sono decorate con rilievi di Santi, incoronate da un tabernacolo con cuspidi che contiene le statue della Vergine con i Santi Domenico e Pietro Martire.

La composizione introduce nella zona lombarda il monumento funebre a un complesso isolato, cioè del monumento visibile e decorato su tutti e quattro i lati: l’Arca di sant’Agostino, altro dei più famosi monumenti scultorei del gotico lombardo, fu nella sua decorazione tripartita segnata da statue di santi coronate da un tabernacolo certamente ispirato al capolavoro dei Balduccini, seppur in forme ancora più monumentali.

Il capolavoro di Bernabò Visconti di Bonino da Campione è il capolavoro e la massima espressione della scultura dei Maestri di Campione, originariamente situata nei pressi della chiesa di San Giovanni in Conca. The monument, made from a single block of Carrara marble, consists of a sarcophagus supported by twelve columns of various shapes and sizes: as in the previous work, all four sides of the monument are visible and decorated with reliefs, respectively with ‘ Coronation of the Virgin, the Evangelists, the Crucifixion with saints and the Pietà with saints. The sarcophagus is surmounted by the imposing equestrian statue of Bernabò, once painted, flanked by allegories of the Fortress and Wisdom .

Bonino and his workshop, despite having received the influences of the Milanese work of Giovanni di Balduccio, show a continuation of the Lombard naturalistic tradition in the work, giving prominence to details and minor decorations, while the main character is portrayed in a deliberately solemn and hieratic, far from the intensity and finesse of the Tuscan Balduccian tradition .

In the Basilica of Sant’Eustorgio there is the funeral monument of Stephen and Valentina Visconti, an imposing composition where the sarcophagus is inserted in a niche with a cusp supported by twisted columns, attributed to Bonino da Campione for the care of details and decorative motifs . Also in the basilica there is the Ark of the Three Kings, a marble triptych with compartments and the Ancona of the Passion with Scenes from the life of Christ with cusps in the form of a convex ogival shape .

Other interesting fourteenth century sculptural monuments are the Arca di Martino Aliprandi, the Ark of Salvarino Aliprandi and the Arca di Rebaldo Aliprandi, preserved in the church of San Marco, sculptural works with a high attention to the details of Lombard naturalism attributed to unspecified Masters Campionesi . Also in the same church is the Funeral Monument of Lanfranco Settala, a late fourteenth-century monument of the influence of Giovanni di Balduccio in the Milan area .

As for the fifteenth-century late-Gothic sculpture, one can mention the Pietro Torelli funeral monument attributed to Jacopino da Tradate located in the chapel of the same name in Sant’Eustorgio. The sarcophagus rests on six elegant twisted columns, supported by three lions: the chest marked by five niches incorporates the type of funeral monument to Marco Carelli of the same Jacopino at the cathedral of Milan, in both cases with niches ending in cusp. Above the sarcophagus is the late lying and a canopy crowned by a funeral curtain ruled by Angeli, structure taken from the funerary monument by Azzone Viscontiin San Gottardo, crowned by a kiosk with the blessing God the Father inside. The composition, thanks to the softness of the garments and the curtain, is detached from the hieratic and solemn statuary production of the early Lombard Gothic period .

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