Sale storiche, Museo d’arte contemporanea Castello di Rivoli

Il Castello di Rivoli è un edificio storico situato a Rivoli, a circa 15 km a ovest di Torino, in Piemonte. In passato era una residenza sabauda, ​​mentre oggi è uno dei musei di arte contemporanea.

Storia
Una costruzione primitiva risale, con ogni probabilità, al IX secolo, posta a guardia del piccolo rilievo collinare alle spalle del centro storico di Rivoli; un primo documento scritto risale al 1159, con un diploma con cui l’imperatore Federico I Barbarossa cedette i territori indirizzati ai vescovi di Torino. Tuttavia, alla fine del XII secolo, i Savoia ne presero possesso, come posizione strategica tra Torino e la Val di Susa.

Fu poi Amedeo IV di Savoia, intorno al 1245, a costruire una vera struttura fortificata. Nel XV secolo, la Sacra Sindone passò di qui, per la prima volta in Piemonte. Già in possesso della famiglia Savoia dal 1457, la sacra reliquia veniva spesso spostata per proteggerla dalle guerre e dai beni rubati. La duchessa Jolanda ne ordinò una breve ostentazione, prima dell’ostensione a Pinerolo, durante la Pasqua del 1478, e il ritorno del lenzuolo a Chambéry.

La costruzione del castello
Con il trattato di Cateau-Cambrésis del 1559, fu stabilito che il duca Emanuele Filiberto I di Savoia non poteva vivere a Torino fino a quando non avesse avuto un erede maschio. È proprio per questo motivo che la fortificazione originale fu modificata e ampliata come residenza temporanea per il duca. Il progetto di espansione fu affidato ad Ascanio Vitozzi, tuttavia, nel 1562, il duca Testa di Ferro ebbe l’erede tanto atteso (Carlo Emanuele I), ed entrò a Torino.

Il progetto Vitozzo fu ripreso e parzialmente modificato, pochi decenni dopo, da Carlo ed Amedeo di Castellamonte, e si disse che i lavori fossero completati nel 1644. L’intero complesso fu concepito con una pianta rettangolare, poi sviluppato in altezza, a partire da un pavimento sopraelevato rispetto alla base, a sua volta dominato da altri due piani. Nello stesso periodo fu costruita la cosiddetta manica lunga. È un edificio inferiore staccato dal castello, collegato solo da una passerella molto stretta e lunga 120 metri in direzione sud-ovest-ovest. La Manica serviva come luogo di rappresentanza, una galleria d’arte Savoia, stalle e alloggi per i servitori.

All’inizio del 18 ° secolo, sia il castello che il Canale furono incendiati e saccheggiati dai francesi, a causa della guerra di successione spagnola. Dopo l’assedio del 1706, Vittorio Amedeo II di Savoia riacquistò il possesso dei territori e ordinò la ristrutturazione del danno subito, affidando prima le opere a Michelangelo Garove, che allargò la “Manica lunga”, quindi, dopo la loro morte, ad Antonio Bertola . Quest’ultimo seguì i cantieri per altri tre anni, fino a quando Filippo Juvarra intervenne nel 1716; infatti, il famoso architetto aveva in mente un grande progetto, ma i lavori non furono completati. Furono terminate solo le estensioni delle due ali orientali simmetriche, ma rimase una facciata incompiuta. Nel 1730, Vittorio Amedeo II visse qui la sua follia: nonostante avesse abdicato in favore di suo figlio,
Per l’occasione, l’edificio è stato nuovamente modificato: sono state aggiunte delle grate alle finestre e l’accesso alla manica lunga è stato chiuso. Nel 1794, alcune modifiche furono apportate da Carlo Randoni, per un uso almeno parziale della residenza.

Nel 1863, poi, il castello fu affittato dall’amministrazione comunale di Rivoli, trasformandolo in una caserma militare, per la somma di 2.000 lire al mese. Nel 1883 fu quindi acquistato direttamente dal Comune di Rivoli, per la somma di 100.000 lire. La biblioteca civica fu trasferita qui e alcuni mobili furono conservati dalla famiglia Savoia, mentre il resto dell’edificio rimase caserma.

La seconda guerra mondiale distrusse gran parte degli edifici: i primi interventi architettonici del dopoguerra furono realizzati con la semplice intenzione di non far crollare definitivamente la struttura.

Nel 1946 il castello fu utilizzato come casinò comunale. Il visitatore frequente alla roulette era Vittorio De Sica. Il casinò ha chiuso dopo alcuni mesi.

La struttura fu quindi lasciata in stato di abbandono almeno fino al 1979. In quell’anno fu riaperto il cantiere, affidato all’architetto Andrea Bruno, con l’obiettivo di ridare vita al castello e alla città. L’intero complesso è stato rinnovato tra il 1980 e il 1984, sebbene gran parte degli arredi e degli affreschi dell’antico splendore sabaudo non siano stati recuperati. Nel 1984 fu inaugurato il Museo di Arte Contemporanea del castello di Rivoli, con la prima mostra, Ouverture. Nel 1994 fu infine restaurato e congiungendosi nella piazza all’esterno del belvedere, con vista su Torino.

Sale espositive

Sala 8
State Room o Cage Room, precedentemente anticamera degli appartamenti del re Victor Amadeus II.
Questo spazio è la stanza più grande dell’appartamento di Vittorio Amadeus II. La decorazione iniziò nel 1723 e fu intrapresa da un pittore romano, Filippo Minei, specializzato in grottesche; è stato commissionato direttamente da Filippo Juvarra. L’architetto anticipò la somma necessaria per il viaggio dell’artista, vitto e alloggio per assicurare la sua presenza precoce a Torino. Il suo lavoro terminò il 22 maggio 1724, quando fu pagato 3900 lire e dato il passaggio gratuito a Roma. Minei lavorò sia nel Palazzo Reale (Palazzo Reale) che nella Villa della Regina (Villa della Regina), ma qui dipinse un’opera con la caccia come tema, decorata con “una grottesche ed arabeschi”.

I templi classicizzanti offrono riparo alle cacciatrici, mentre tutt’attorno sono appese gabbie contenenti uccelli di varie specie, circondate da animali, figure fantastiche e scene di caccia tra animali. Al centro del soffitto, Diana-Selene viaggia attraverso il cielo in un carro trainato da cervi e portando la luna piena, preceduto da Crepuscolo e seguito da Sera. Tutto intorno ci sono altre figure mitologiche associate a Selene, un altro nome per la dea della caccia. La stanza ha alcuni architravi decorati con edifici in rovina e un certo numero di personaggi, dipinti da Giovanni Francesco Fariano, Pietro Gambone e Domenico Olivero, che hanno anche dipinto alle porte immagini di “paesi” (paesaggi), oggi perduti. Le decorazioni con cornici adornate con motivi vegetali e terminanti in un nodo, realizzate per contenere ritratti, risalgono alla fine del XVIII secolo.

Stanza 9
Stanza dei trofei
La prima anticamera dell’appartamento del re, in cui Filippo Minei lavorò tra il 1723 e il 24, contenente un soffitto ancora decorato con motivi grotteschi, scene di battaglia e vari personaggi con trofei e bandiere, mentre Marte il guerriero e la Gloria appaiono sui due lati. I cammei mostrano i fiumi Po e Dora, insieme a citazioni di opere eccellenti come Cleopatra e l’Ermafrodita Borghese, o motivi dipinti da Carracci nella Galleria Farnese. Sulle pareti c’era un ricco tessuto damascato, ora perduto ma noto attraverso le prove delle pedine di pagamento.

Un raffinato camino in marmo policromo completa la stanza. Il motivo della vittoria alata appare anche nel passaggio alla stanza successiva, e ci sono altri motivi con grottesche, animali fantastici e sfingi lungo le mura massicce.

Stanza 11
Camera dei Putti addormentati
Una delle sale più ricche del Castello in termini di storia è la King’s Room, la prima di tutto l’appartamento decorato nel 1720 per ospitare il sovrano. La volta, che raffigura idealmente un baldacchino, è abbellita da incredibili foglie d’oro 4050 e animata dalle adoratissime piccole putti di Juvrra e dalle virtù classicamente vestite. Il pittore Niccolò Malatto fu espressamente invitato da Genova a decorare la stanza, ma un grave problema di salute e la sua successiva morte lasciarono l’incarico incompleto.

I lavori furono terminati nello stesso anno da Pietro Antonio Pozzo, Michele Antonio Milocco e Pietro Gambone. Anche le pareti erano, ai tempi di Juvarra, disegnate con questo tipo di decorazione. Gli ornamenti murali risalgono alla fine del 1700 e l’opera del pittore Ludovico Chioffre per l’architetto Carlo Randone a cui sono attribuite le decorazioni di oggi sulle pareti, lo zoccolo, la porta esterna e il trumeau sopra il focolare in marmo multicolore, con un motivo a grisaglia. Realizzò anche affreschi sulla finestra, imitando stucchi, mescolando teste e volute. A quel tempo l’appartamento era utilizzato dalla duchessa di Aosta, Maria Teresa Habsburg-Este. Entrambe le porte dorate con ovali sopra,

Stanza 12
Atrio o Sala di Bacco e Arianna
La stanza, adibita a atrio, si trova al centro dei due appartamenti reali. La decorazione fu completata tra il 1718 e il 1722 in conformità con le istruzioni di Filippo Juvarra, con il soffitto dipinto raffigurante l’incontro di Bacco e Arianna eseguito da un pittore toscano chiamato Sebastiano Galeotti.

Le pareti sono decorate con raffinati stucchi da una squadra di Lugano sotto Somasso. Mostrano i simboli del potere: una corona, uno staff di comando e scettro, mentre le due nicchie con busti di marmo di Bernardino Falconi si trovavano precedentemente nel Palazzo Reale ma erano volute qui da Juvarra. Mostrano Maria Giovanna di Savoia-Nemours, seconda Madama Reale, come Diana, e suo marito Carlo Emanuele II, come Adone, o Amore. Completano la decorazione nella stanza le nicchie finali, chiamate buffetti, adornate con grottesche, putti e fiori. Questi furono dipinti da Francesco Fariano tra il 1729 e il 1730. Grazie ad un disegno autografo di Filippo Juvarra, sappiamo che gli scaffali dorati erano usati per esporre la porcellana.

Lo splendido pavimento con marmi di tre colori diversi – nero di Como, bianco di Busca, grigio di Valdieri – è originale; l’insolito effetto tridimensionale fu creato da Carlo Berardo nel 1725. Attualmente mancano tre pezzi significativi ancora presenti nella stanza nel 1846: un piedistallo di marmo verde con tre piccoli putti che sostengono il busto della regina Maria Teresa d’Austria, oggi al Castello di Racconigi. Il secondo è un “quadro in marmo a rilievo” che mostra Anna Cristina Ludovica, principessa del Piemonte. L’ultimo è il famoso “tavolo da punch” in marmo giallo, che secondo la tradizione fu danneggiato da un colpo lanciato da Vittorio Amadeo II in un momento di rabbia.

Stanza 13
Room of Stemmi o Room of Valets à pieds
L’unica stanza sopravvissuta di quello che doveva essere stato l’appartamento della regina, Anne-Marie d’Orléans, conserva ancora frammenti della decorazione di Juvarra, emersa durante il restauro da Andrea Bruno, e composta da un boiserie dipinto contenente motivi floreali stilizzati, e delle baie delle finestre con decorazioni a rocaille, che un tempo includevano campi interni decorati con foglie d’oro, per la maggior parte oggi perdute. Il soffitto reca lo stemma della famiglia Savoia, di Torino, Rivoli e Roma sui quattro lati. Fu dipinto nel XIX secolo.

Sul pavimento, il restauro degli anni ’80 includeva un pannello di vetro per rivelare il pozzo medievale, che costituiva la principale fonte d’acqua del Castello fino al XVIII secolo.

Stanza 14
Stucco Room, prima anticamera nell’appartamento del re.
Il suo nome deriva dalla decorazione a stucco realizzata da Pietro Somasso di Lugano, che lavorò nello stesso periodo nella Grande Galleria di Venaria Reale. Fu eseguito secondo le istruzioni di Filippo Juvarra tra il 1718 e il 1720 demolendo i soffitti e le pareti di due piccole anticamere e un corridoio. Ghirlande, fiori, conchiglie e squame caratterizzano la decorazione, attorno all’architettura civile e religiosa romana, stessa disposta attorno alle iniziali di Vittorio Amadeo II al centro del soffitto, incorniciata – nelle parole di Chiara Passanti – da “una collezione di tese tende, fluttuando nel vento ”. La decorazione ha lo scopo di celebrare la figura del re, il primo nella famiglia Savoia, e lo fa in modo vistoso, come in un tempio.

Alla fine del XVIII secolo, i trofei in legno e le decorazioni raffiguranti putti guerrieri nei fanali d’angolo furono aggiunti da Angelo Vacca e Giovanni Comandù. L’attuale piano, posato durante il restauro di Andrea Bruno, adotta il progetto originale di Juvarra, redatto il 24 giugno 1721 e mai eseguito. L’architetto aveva previsto l’uso del marmo verde di Susa, Bianco di Foresto e marmo grigio Frabosa. Questi materiali non possono più essere trovati oggi poiché le cave sono chiuse e sono state quindi sostituite con altre pietre, il più vicino possibile ai piani originali.

Nel camino della fine del XVIII secolo, una piastra in ghisa reca le braccia e il monogramma ducali di Vittorio Amadeo II. In un inventario risalente al 1846, si afferma che questa stanza era utilizzata per la scherma.

Stanza 15
Sala dei Continenti, seconda anticamera dell’appartamento del re
Questa stanza è l’unica al primo piano ad essere stata decorata alla fine del XVIII secolo, con opere di Rocco e Antonio Maria Torricelli e Giovanni Comandù, mentre il design delle cornici in stucco è di Carlo Randoni, che prese in prestito dal Stile Juvarra della stanza seguente. Agli angoli del soffitto, “le quattro parti del mondo” sono dei fratelli Torricelli, che erano anche responsabili del carro del Sole al centro del soffitto e delle allegorie dei fiumi Po e Doria, dipinte a sangue.

Lungo i due lati lunghi della stanza, ci sono sei cornici in stucco che avrebbero dovuto contenere venti opere di Comandù, che iniziò a dipingerne due ma poi le cancellò: “Ordinatomi il fu Sig.Intendente (Viotti) nella sud. Camera di dipingere in bassorilievo li sei venti, ed è formato da cartoni, ovvero disegni in grande prima a Torino, di allora avendone dipinti due li ha scancellare perché arricchiva di troppo la camera ”(“ Dopo essere stato ordinato dal Sovrintendente (Viotti) in la suddetta stanza per dipingere i sei venti in bassorilievo, e dopo aver disegnato i cartoni animati, o disegni a grandezza naturale prima a Torino, e dopo averne dipinti due, li ha poi cancellati perché arricchivano eccessivamente la stanza ”). Per quest’opera, tuttavia, l’artista reclamò la lire 85 per sette giorni di lavoro. In un inventario del 1846,

Sala 18
A causa dell’interruzione dei lavori di costruzione alla fine del 18 ° secolo, questa vasta sala, di oltre 236 m2, non ha decorazioni ma il suo soffitto a costoloni è certamente un importante esempio delle abilità costruttive dei lavoratori dirette da Carlo Randoni, costruito come è con costole di legno.

La rimozione del pavimento al terzo piano, danneggiato durante la seconda guerra mondiale, e lo svuotamento degli extrados hanno permesso di evidenziare tutta la struttura: sia quella al secondo piano che quella normalmente nascosta al terzo.
Andrea Bruno ha costruito un passaggio.

Stanza 22
Sala di Sorgere del Giorno, ex camera da letto della Duchessa d’Aosta, o Sala della primavera o Salone Grande
La camera da letto di Maria Teresa d’Austria-Este, duchessa di Aosta. Il soffitto presenta la scena dipinta nel 1793 dai fratelli Rocco e Antonio Maria Torricelli, che qui rivelarono tutta la loro abilità nel dipingere il padiglione centrale suggerendo un’apertura su un cielo blu in cui appaiono i protagonisti della scena: Aurora che si lascia alle spalle la notte, mostrata da un vecchio tremante circondato da venti freddi e da un putto con una torcia in mano. Appare anche Lucifero, insieme alla stella del mattino e probabilmente a Espero, stella della sera. Le grosse cariatidi imitazione nella cornice sono state dipinte da Angelo Vacca.

La decorazione in legno dipinto e dorato fu realizzata nel 1793-94 da Bozzelli, Gritella e Fumario nello stile tipicamente classicizzante dell’epoca. Le figure monocromatiche sopra le porte mostrano le Arti e le Scienze e sono attribuite ai fratelli Torricelli, mentre gli architravi, tornati nelle loro posizioni originali nel 2004, mostrano le stagioni, il giorno e la notte, nella personificazione dei bambini che ricordano gli dei classici. Queste tele possono essere attribuite a Guglielmo Lévera, probabilmente assistito da Pietro Cuniberti.

Un tessuto azzurro alle pareti si abbina a quello del letto della duchessa, che era posto di fronte al camino. Raffinato il comignolo in marmo bianco di Pont Canavese, realizzato da Giuseppe Marsaglia; includeva inserti in bronzo dorato di Simone Duguet ma questi non sopravvivono più.

Stanza 24
Gabinetto delle stampe, o del Finto legno, gabinetto dei boesaggi (gabinetto delle stampe o dei piatti, o gabinetto di legno d’imitazione, gabinetto dei boisages), ex appartamento dei Duchi di Aosta, originariamente la camera da letto della Duchessa d’Aosta, il suo studio.
Questa stanza è caratterizzata da decorazioni a tempera che mostrano pannelli finti in legno che si estendono fino al soffitto, dove è presente un motivo ottagonale contenente personaggi mitologici e con un motivo geometrico a stella al centro, circondato da pentagoni con otto medaglioni e coppie di divinità. Giove e Giunone, Apollo e Diana, Mercurio e Minerva, Marte e Venere. I ballerini alla maniera pompeiana reggono una catena di perle legate con un nodo savoiardo e con le iniziali della coppia di sposi, Vittorio Emanuele e Maria Teresa d’Austria. Sin dal 23 luglio 1792, quando è stato collocato lì per la prima volta, ci sono state stampe sulle pareti; questi furono probabilmente rimossi durante l’occupazione napoleonica e sostituiti durante la Restaurazione da tele ispirate agli stessi soggetti attribuiti a Luigi Vacca. Attualmente, è conservato solo un singolo architrave molto danneggiato, raffigurante “Una regina con due bambini e un vaso di fiori”, rimesso a posto nel 2004. La decorazione della stanza è stata intrapresa dai fratelli Torricelli, Rocco e Antonio Maria, probabilmente in collaborazione con Pietro Palmieri, che era lui stesso un maestro della decorazione illusionistica; fu lui a dipingere gli architravi originali.

L’ispirazione per questa stanza venne sicuramente dall’esempio simile di Palazzo Grosso a Riva Presso Chieri, dove lavoravano anche i Torricelli. La stanza era arredata con sei “cadreghe” (poltrone), sei “taboretti” (sgabelli) e due grandi divani in “palissandro e viola per imitare l’impiallacciatura”. La sala fu utilizzata dal comune di Rivoli come biblioteca civica.

Stanza 25
La stanza del velo
Appartamento dei duchi di Aosta, noto come il bagno, Gabinetto per la libreria, Gabinetto dei divertimenti, Gabinetto delle garze. Stanzetta dell’appartamento della duchessa di Aosta, il suo nome deriva dalla volta blu decorata con un affresco che riproduce un velo, realizzato dai fratelli Torricelli. A La decorazione che corre immediatamente sotto è molto raffinata e introduce temi preziosi come collane di perle alternate a orecchie. Tutte le pareti sono state coperte da una carta a strisce blu argento oggi completamente scomparse, fornite, come le altre del Castello, dal librai torinese Carlo Maria Toscanelli nel 1794. Dalle fonti è stato previsto di organizzare in questa atmosfera “quattro sedie, due taboretti, e anche un letto che segue la moda turca ”, anche se“ non sarà troppo praticabile per essere lo spazio molto stretto ”.

Stanza 26
La Sala dei Falconieri, Appartamento dei duchi di Aosta, Gabinetto di fiori, animali e putti
Nel 1792 è stato citato come “Gabinetto di toeletta, con piccola alcova annessa” ricoperto “Tessuto ottomano con un padiglione sopra”. L’arazzo del basino turco di colore giunchiglia con linee di lilla, circondato da piccole linee di argento bianco ”, che purtroppo abbiamo perso. La sala, che oggi ospita le opere dell’artista Lothar Baumgarten, ha la volta pesantemente ridipinta, con un soggetto di “fiori, animali e putti”, che scendono in una scena arcadica con edifici classici, e un palazzo, che ricorda il Castello nel piano juvarriano, realizzato tra il 1793 e il 1794 dal pittore Vacca Angel, specialista nella pittura di animali. Il battiscopa è caratterizzato da piccoli cani, gatti e animali da cortile. Gli overedoors ospitano i medaglioni dipinti attribuiti a Angelo Vacca senior sostituiti al loro posto nel 2004. Formano un piccolo ciclo avente come soggetto amore e mito. All’interno dei medaglioni, ci sono dipinti in grisaglia, incorniciati da fiori e giochi architettonici, rovine che raccontano la storia di Giove e Ganimede, Diana ed Endimion, Venere e Adone. La decorazione rispetta l’attenzione del duca di Aosta per il gusto decorativo inglese di cui l’Adamo è stato sostenitore.

Stanza 27
Stanza cinese
Come in altre residenze sabaude, anche Rivoli aveva un salotto cinese, progettato nel 1793 da Carlo Randoni, che ne progettò anche i mobili, come dimostra un disegno conservato presso l’Archivio di Stato a Torino. La stanza collega l’appartamento della Duchessa d’Aosta a quello del Principe di Piemonte e offre una decorazione interamente “in stile cinese”.

Il dipinto sul soffitto e le parti in legno sono di Francesco Rebaudengo a imitazione di un padiglione con un tetto di tela che si apre al cielo per rivelare draghi volanti. Ai lati, scene di vita cinese, adattate dalla carta da parati utilizzata nel Castello di Racconigi, dove il pittore lavorava nelle sale cinesi dei principi di Carignano. Alle pareti vi sono colonne scolpite da artisti della cerchia di Bonzanigo: Giovanni Antonio Gritella, Giovanni Fumario e Giuseppe Gianotti, che producevano i cestini di fiori, non più presenti, e le cornici incoronate da piccole teste cinesi con caratteristici cappelli a punta; tra le colonne, si presume che esistessero sfondi cinesi o specchi.

Lo schermo di fuoco in legno con una scena orientale è ancora presente; mostra un nobile, un servitore che fornisce ombra con un ombrello e un altro intento a preparare il tè, oltre a un pappagallo su un trespolo. La stanza è stata gravemente danneggiata sia per il soffitto che per le pareti, ma ha il pavimento in legno originale. Questo tipo di pavimento è stato utilizzato praticamente in ogni stanza di questo piano.

Stanza 28
Sala delle udienze o Sala delle corone, Appartamento del Principe di Piemonte
In questa stanza possiamo vedere decorazioni realizzate in due diversi momenti della vita del Castello. La volta, mai affrescata, è delimitata da un involucro in stucco e datata 1717, opera di Carl Papa, molto apprezzata da Juvarra “stiamo per persona capace e esperimentata”. La decorazione presenta conchiglie e ciuffi, corone sopra le iniziali di Vittorio Amedeo II, un colletto con nodi e rose Savoia. Il fregio della decorazione della Stanza del Pubblico ricorda i modelli di Juvarra nel Libro dei disegni ornati di Candelabri. Queste sale sono le prime in cui l’architetto messinese lavora una volta arrivato a Rivoli. Le decorazioni sottostanti, risalenti alla fine del 1700, hanno trofei di foglie e fiori. Alle pareti i resti della carta da parati, mentre la decorazione lignea degli esterni dei due trumeau è conservata in modo frammentario, mostrando, nel primo caso il re sigla e nel secondo l’erma e le decorazioni vegetali. Alle pareti c’erano dipinti raffiguranti paesaggi di caccia, rovine classiche, marine, scene di campagna realizzate da Angela Maria Palanca e Francesco Antoniani. Questi dipinti erano cartoni per arazzi realizzati per la fabbricazione di arazzi di Torino nati nel 1737, seguendo il modello dei Gobelin uno di Parigi, seguendo gli ordini di Carlo Emanuele III.

Stanza 29
Sala dello stucco, Sala della sfilata, Anticamera dell’appartamento del Principe di Piemonte
Prima anticamera dell’appartamento, è stata realizzata all’inizio del 1700 per il Principe di Piemonte, Vittorio Amedeo Filippo, primo figlio di Vittorio Amedeo II, morto a soli 16 anni, nel 1715. La decorazione è in stucco, sempre opera del Somasso e ai quattro angoli le iniziali del Duca circondate da un Ouroboros e sormontate dalle trombe della vittoria e dalle corone, con un festone con foglie di quercia che decora tutta la parte più alta delle pareti. Nella stanza non ci sono altre tracce di decorazione.

Stanza 30
Gabinetto delle quattro parti del mondo, Appartamento del Principe di Piemonte, Sala di Pigmalione, Secondo gabinetto di HRH
La seconda anticamera dell’appartamento del Principe di Piemonte, il primo figlio di Vittorio Amadeus II, ha un dipinto sul soffitto, restaurato negli ultimi anni ma visibilmente danneggiato da infiltrazioni d’acqua. Di Giovanni Battista Van Loo, raffigura il mito di Pigmalione, re di Cipro e Galatea; è abbastanza visibile nelle fotografie degli anni ’30. Una parte importante della stanza è il fregio in stucco di Carlo Papa del 1717, con un ricco repertorio simbolico, alternato a festoni e ghirlande. Rappresenta le Quattro parti del mondo, con la corona del Principe di Piemonte ai lati, insieme al colletto dell’Ordine della Santissima Annunziata, mentre i simboli dei quattro continenti appaiono negli angoli.

Stanza 31
Gabinetto delle quattro stagioni
Camera da letto del Principe di Piemonte, questa stanza ha un soffitto affrescato da Giovanni Battista Van Loo nel 1719. Il pittore francese fu chiamato appositamente da Roma da Filippo Juvarra per dipingere Apollo circondato da Tempo, Abbondanza e Flora. Le stagioni appaiono sui quattro lati. Lo fregio in stucco di Pietro Filippo Somasso, datato 1717, presenta gli attributi degli dei dell’Olimpo: Zeus, Nettuno, Mercurio e Vulcano, insieme ad alcuni dettagli degli abiti delle stagioni. Rianimato, l’affresco fu dipinto dopo quello nella stanza precedente, che ora è quasi completamente perduto.

Stanza 32
Sala da concerto
Una grande stanza che un tempo collegava l’appartamento della Duchessa a quella del Duca, nonché alle stanze della principessa Maria Beatrice. I recenti restauri hanno le cornici in legno che un tempo contenevano specchi e dipinti, decorati con cascate di fiori e volti femminili, appartengono al periodo in cui Juvarra lavorava qui.

Nel gennaio del 27913, Carlo Randoni eseguì il “Progetto della decorazione per la sala delle celebrazioni al piano superiore, conforme allo stile delle ricche sculture dei Trumeaux e degli stucchi che D. Filippo Juvarra aveva già fatto fare in detta Stanza ”, aggiungendo i trofei delle armi sopra le porte. Queste parti in legno sono state dipinte per abbinarsi al soffitto in toni di “grigio”, “nero”, “giallo canarino” e “verde”. L’architetto era anche responsabile della progettazione del soffitto, gravemente danneggiato a causa di infiltrazioni d’acqua e dipinto dai fratelli Torricelli. Sui quattro lati, compaiono quattro ovali in cui sono dipinti i busti dei primi conti sabaudi, Beroldo il Sassone, Umberto I, Oddone di Savoia-Moriana e Amadeus 1. Oggi sono visibili solo Beroldo e Oddone,

Stanza 33
Sala di Carlo Emanuele I
Il nome deriva dalla nascita nel 1562 di Carlo Emanuele I, figlio del duca Emmanuel Philibert e Margherita di Francia, duchessa di Berry. Il soffitto, le cui parti dipinte sono in gran parte perdute, presentava un motivo con rose di Guglielmo Lévera, un pittore specializzato in prospettiva, mentre al centro, Giovenale Bongiovanni aveva dipinto una scena che era ancora visibile nel 1936, che egli stesso descrisse come “ La fama mostra alla gloria le virtù eroiche dei principi reali accompagnate da magnificenza, valore e generosità ”.

Negli angoli si possono vedere le iniziali del duca sormontate dalla corona, tutte realizzate in stucco all’inizio del XVIII secolo. La decorazione neoclassica è stata realizzata in conformità con i disegni di Carlo Randoni, che ha progettato pilastri ionici accoppiati lungo le pareti e un grande camino in stucco con trofei, braccia, putti e il motto di Savoia: FERT La decorazione a stucco sul soffitto e sulle pareti è di lo studio di Giovanni Marmori e risalgono al 1794.

Ai lati sono due console progettate dallo stesso Randoni e realizzate dal falegname Giuseppe Marsaglia. L’attuale piano, in seminato veneziano, è una fedele copia in termini di materiali e colori di quello realizzato nel 1793 da un artigiano veneziano chiamato Leopoldo Avoni.

La stanza fu gravemente danneggiata e restaurata secondo un piano dell’architetto duca d’Aosta, così come il pavimento, in parte perduto.

Camera delle udienze o Sala dei Putti, precedentemente l’appartamento dei Duchi di Aosta, Camera delle udienze della Principessa Beatrice
La camera da letto della principessa Maria Beatrice, la figlia maggiore dei duchi di Aosta, ha un soffitto decorato con gruppi di putti che guardano sopra una balaustra, intenti a suonare giochi o strumenti. Dipinti da Giovenale Bongiovanni di Monregale, sono datati 1793-94. Sui due lati corti, ci sono due pannelli con i simboli dei genitori reali della principessa, circondati da altri putti: il leone della Val d’Aosta e l’aquila a due teste degli Asburgo. La sala si completa con la presenza di architravi e dipinti per trumeaux appartenenti allo stesso periodo, anche di Giovenale Bongiovanni; questi sono stati restituiti al loro sito originale nel 2004. Studi recenti hanno dimostrato che queste opere sono di notevole qualità; come protagonisti, hanno giovani fanciulle vestite da contadini, insieme a bambini e giovani amanti, in un’iconografia tipica del gusto arcadico del XVIII secolo. Le pareti presentano alcuni frammenti di carta da parati con motivi floreali risalenti allo stesso periodo.

Una delle finestre della stanza dà su un balcone in ferro battuto del 18 ° secolo con il monogramma di Vittorio Amadeo II, risalente al 1711 e il 1713, vale a dire gli anni in cui Michelangelo Garove lavorò a Rivoli.

Cappella e Sagrestia
Con una piccola anticamera utilizzata come prie-dieu da Maria Teresa d’Austria-Este, la cappella, costruita in uno spazio risalente agli inizi del XVIII secolo, contiene dipinti di Giovanni Comandù e Pietro Cuniberti, datati 1793-94, mentre il decorazioni in marmo finto, cornici in stucco dorato e sculture in legno sono attribuibili a Giuseppe Ghigo.

Sull’altare, che non è più in posizione, sappiamo che c’era un dipinto di Girolamo Giovenone, ora conservato nella Galleria Sabauda. La piccola sacrestia adiacente offre alcune decorazioni molto semplici, con motivi di vasi e ghirlande sulle pareti.

Grazie al registro documentario dell’Archivio Storico del Comune di Rivoli, sappiamo che nel 1846 la cappella aveva “Tre grandi porte con vetri divisi in tre, con chambranles, pannelli laterali e soffitti superiori con cornici dorate e dipinti e sculture su il boiserie che forma tre prie-dieux ”. C’era un “altare scolpito, dorato e scolpito, una seduta in bardella di noce naturale, pietra sacrata (altare), 3 carte d’altare con un Crocifisso decorato con legno intagliato e dorato”. Sopra l’altare, c’era un ancone “con una tela dipinta a olio che mostra la Sacra Famiglia con una cornice con grandi decorazioni culturali e dorate”, qui attribuita a Gaudenzio Ferrari, ma in realtà da Girolamo Giovenone. Questa pala d’altare, oggi nella Galleria Sabauda, ​​fu presentata nel 1937 alla Città di Torino per l’esposizione del barocco piemontese dello stesso anno.

Villa Melano
Sotto il castello esisteva un’antica costruzione conventuale dell’Ordine dei Frati Cappuccini risalente al XII secolo; a causa dell’occupazione napoleonica di Torino all’inizio del XIX secolo, la struttura del convento fu successivamente convertita in una dimora signorile, di cui l’ultimo proprietario fu Mario Mario Melano, morto nel 1926. La villa fu quindi lasciata in uno stato di abbandono, diventando un luogo di leggende e misteri. È stato quindi parzialmente demolito nel 2011 per creare un hotel, tuttavia non ancora costruito.

rinnovamento
I primi lavori di ristrutturazione del Castello di Rivoli furono eseguiti dal giovane architetto torinese Andrea Bruno in occasione del centenario dell’Unità d’Italia nel 1961. Sfortunatamente, a quel tempo il budget era sufficiente per riparare i danni strutturali. Alcuni anni dopo, nel 1967, Bruno procedette alla demolizione delle parti in decomposizione dell’atrio costruito all’inizio del XX secolo. Nel 1978 l’edificio era in pessime condizioni: infiltrazioni d’acqua avevano danneggiato pareti, soffitti, affreschi e stucchi, provocando i primi crolli. Ciò ha portato la Regione Piemonte a impegnarsi a prendersi cura dell’edificio per 30 anni, ripristinandolo e aprendolo al pubblico. I lavori iniziarono nel 1979 e terminarono con l’inaugurazione del Museo il 18 dicembre 1984.

Bruno decise di conservare le tracce storiche sopravvissute, dando importanza a tutti i momenti della vita del Castello, a partire dal cantiere di Juvarra, passando per l’opera di Carlo Randoni alla fine del XVIII secolo, fino agli interventi fatti dai militari nel XX secolo . Bruno evitò falsificazioni e completamenti, rispettando l’architettura originale, che divenne una vera immagine della storia dell’edificio e delle vicissitudini della struttura. Conservava le decorazioni interne ed esterne, gli stucchi e i dipinti danneggiati dalle devastazioni del tempo e dalla disattenzione degli uomini.

Per dare ai visitatori un’idea della residenza sabauda, ​​Bruno restaurò due stanze, una al primo piano realizzata durante il periodo di Juvarra e la seconda nell’appartamento del Duca d’Aosta. Migliorò l’atrio incompiuto, installò il panorama che sporge dal grande muro di mattoni del castello e concepì la grande scala sospesa, così come il passaggio sopra la grande volta della stanza 18, mettendo in dialogo passato e presente. Alcune stanze non hanno decorazioni, mentre altre sono riccamente decorate con dettagli che richiamano gli splendori della dinastia e momenti importanti della storia di Rivoli.

Qualche tempo dopo, iniziarono i lavori sulla Manica Lunga, che doveva tornare ad essere uno spazio per mostre. Qui, le scale e l’ascensore sono esterni e sono stati realizzati in acciaio e vetro per consentire ai visitatori di osservare l’intera struttura incompiuta. Bruno ha utilizzato materiali moderni per le nuove strutture, diventando un pioniere della reversibilità e sottolineando nuovamente il rapporto tra presente e passato. A Rivoli, l’edificio storico e le forme contemporanee interagiscono insieme, mentre gli affreschi dialogano con il lavoro degli artisti di oggi.