Museo d’arte contemporanea Castello di Rivoli, Torino, Italia

Il Museo di Arte Contemporanea del Castello di Rivoli è un museo italiano dedicato all’arte contemporanea. Si trova nella residenza sabauda del castello di Rivoli, a Rivoli, in provincia di Torino.

L’attività del museo è stata inaugurata il 18 dicembre 1984 con la mostra Ouverture, curata dall’allora direttore Rudi Fuchs. La mostra comprendeva opere create da esponenti di arte concettuale, minimalismo, Land Art, arte povera e transavanguardia, ed è stata concepita come il modello ideale per una collezione permanente da istituire comunque solo più tardi, a partire dagli anni ’90.

Storia
Grazie alla sua posizione strategica vicino alla Via Gallica, la collina di Rivoli è stata abitata dagli umani almeno fin dai tempi dei romani. Un edificio fortificato, il “Castrum Riuollum”, viene menzionato per la prima volta nel 1159. La prima illustrazione, risalente al 1609, mostra una torre centrale circondata da costruzioni di varie dimensioni, mentre lungo i piedi un giardino ammorbidisce l’aspetto militare del complesso. Di proprietà dei vescovi di Torino, il Castello divenne parte del dominio sabaudo nel 1247 e rimase tale fino al 1883, anno in cui fu venduto al Comune di Rivoli. Nel 1350 fu scelto come cornice per il matrimonio di Bianca di Savoia con Galeazzo Visconti. Quando Emanuele Filiberto scelse Torino come nuova capitale del ducato, si stabilì a Rivoli con la sua corte; il suo erede, Carlo Emanuele, nacque al Castello il 12 gennaio 1559,

Il nuovo duca, Carlo Emanuele I, affidò agli architetti Castellamonte Francesco Paciotto e Domenico Ponsello – padre e figlio – di trasformare il maniero medievale in una residenza per il tempo libero, come illustrato sulle due assi del Theatrum Sabaudiae (Teatro Savoia), una celebrazione attraverso immagini della città, delle fortezze, delle residenze e di tutte le bellezze del ducato. Qui vediamo per la prima volta la Manica Lunga, un edificio progettato per ospitare la pinacoteca di Carlo Emanuele I, unita al castello da quattro alte torri, e la chiesa dedicata a San Carlo Borromeo, che in realtà non fu mai costruita. I lavori furono completati nel 1670. A questo punto il Castello aveva già ospitato eventi importanti, come le celebrazioni per il compleanno di Cristina di Francia, la seconda Madama Reale, tenutasi il 10 febbraio 1645.

Vedendo l’edificio bruciare da Torino, il giovane duca Vittorio Amedeo II si promise che avrebbe ricostruito e reso ancora più bella la residenza che è sempre stata così legata alla storia della sua famiglia e che amava moltissimo. In effetti, fu da Rivoli che annunciò la sua ascesa al trono nel 1730. Dopo vent’anni di guerra, era tempo di rinascere Rivoli e furono consultati gli architetti del sontuoso palazzo di Luigi XIV a Versailles. I primi progetti furono di Michelangelo Garove, che progettò lo Stradone del Re, oggi Corso Francia, una strada spettacolare che conduce al nuovo palazzo. L’edificio fu ampliato e le torri danneggiate furono demolite; quelli nella parte anteriore furono sostituiti da un sistema di doppie scale, nello stile di Leonardo da Vinci, che ancora conduce dal piano terra all’ultimo piano,

Fu con Filippo Juvarra, arrivato a Torino nel 1715, che il grande progetto del palazzo iniziò a prendere forma, partendo dall’opera di Garove, che nel frattempo era morto. Il palazzo sarebbe diventato un nuovo simbolo del potere assoluto di Vittorio Amedeo II – era stato anche incoronato re di Sicilia. Questo doveva essere un posto che potesse competere con altre residenze reali in tutta Europa, sebbene il sogno fosse rimasto incompiuto. Può essere apprezzato nella sua interezza solo grazie a un magnifico modello in legno di Ugliengo e ai dipinti dei più importanti pittori di vedute dell’epoca.

Il sontuoso, spettacolare edificio di Juvarra – senza la Manica Lunga, che intendeva demolire – doveva comprendere un imponente corpus centrale circondato da due ali identiche, coronate da balaustre e statue in pieno stile Juvarra. All’interno, raffinati appartamenti sono stati decorati da pittori di tutta Italia, con arredi preziosi che purtroppo sono andati persi. Alla fine, l’elegante atrio e l’imponente sala da ballo al primo piano non furono mai costruiti, a causa dei costi di costruzione eccessivi nel 1734, così come i tragici eventi legati alla prigione qui di Vittorio Amedeo II nel 1731. Oggi vediamo il punto in cui i lavori si sono fermati nell’imponente ingresso a cielo aperto, dove la base attende ancora le sue colonne, che sono rimaste nelle cave della Valle di Susa. La scala è solo alcuni gradini di muratura incompiuta.

Nel 1793, i lavori ripresero a Rivoli, ma l’Età dell’Oro era passata. Il Castello fu ereditato dal secondo figlio di Vittorio Amedeo III, Vittorio Emanuele Duca d’Aosta, e da sua moglie Maria Teresa d’Austria-Este, e il lavoro riprese con un nuovo architetto, Carlo Randoni, che desiderava riprendere da dove Juvarra aveva interrotto . Appuntamento a questo periodo è l’appartamento al secondo piano, con il suo aspetto totalmente rinnovato ispirato allo stile inglese, in linea con le nuove idee portate in Piemonte da alcuni aristocratici illuminati, che favorirono i contatti con gli artigiani che arrivavano a Rivoli. A questo periodo risale anche la scala, di cui praticamente non rimane nulla; i suoi gradini, lungo la parete dell’atrio interno, furono demoliti durante il restauro tra il 1979 e il 1984.

Durante il periodo napoleonico, il Castello fu chiuso, così come la maggior parte delle altre residenze. Molti dei suoi arredi non erano più presenti, anche se alcuni furono portati a Torino. L’imperatore decise di consegnare il complesso al maresciallo Ney, principe di Mosca e capo comandante della Legione d’Onore. I lavori di restauro furono ripresi da Randoni, ma da allora il Castello di Rivoli aveva perso la sua importanza. Per coprire i costi, è stato frazionato e affittato dal Comune. La decisione di collegare il Castello con la Manica Lunga risale a quegli anni.

Dopo cinque secoli, nel 1883, al prezzo di 100.000 lire, il Castello passò dalla famiglia Savoia alla città di Rivoli, e fu poi affittato all’esercito; i soldati, che fino al 1909 occuparono l’edificio, lo devastarono e lo danneggiarono. Nel 1909 e nel 1911 l’antico splendore del castello fece un breve ritorno, grazie a due mostre, ma altri saccheggi e occupazione militare seguirono durante la seconda guerra mondiale, ora dai soldati tedeschi. I bombardamenti di guerra lasciarono ferite profonde, che furono provvisoriamente riparate nel 1948, con i primi lavori di emergenza eseguiti dal Genio Civile.

Nel 1961, con il Centenario dell’Unità d’Italia, al Castello di Rivoli, che fino a quel momento era stata una presenza silenziosa e imbarazzante per molti anni, fu assegnato un importo significativo di finanziamenti – 1 miliardo e 120 milioni di lire – sebbene questo non fosse abbastanza per salvare l’intera costruzione. Quasi 300 sfollati vivevano nella Manica Lunga, insieme a varie piccole imprese: una segheria nel cortile, un negozio di alimentari, una officina meccanica e una stalla.

I lavori iniziali smantellarono le strutture nell’atrio costruito durante l’occupazione militare e la decorazione in terracotta sull’opera incompiuta di Juvarra fu infine portata alla luce e pulita. Nel 1969, fu fatta una proposta per aprire un casinò nell’edificio, come era già avvenuto per due mesi nel 1945, ma non venne mai in mente l’idea. C’era tuttavia una nuova speranza per Rivoli. Iniziarono ad arrivare i finanziamenti e l’architetto Andrea Bruno, il cui nome è legato alla rinascita del complesso, fornì i primi progetti. Quasi tutte le porte e le finestre esterne erano scomparse, gli stucchi e i dipinti erano stati danneggiati dalla pioggia e dall’umidità, gli arazzi erano stati distrutti, la lavorazione del legno era marcita. I primi crolli avvennero nel 1978, con la grande volta che si sgretolava nella grande sala al secondo piano. Dopo numerosi avvertimenti, la Regione Piemonte, decise di intervenire e al complesso fu affidato un prestito prolungato di 29 anni, in modo da dare al Castello uno scopo pubblico e culturale. In aiuto di Rivoli fu il Marchese Panza di Biumo, un importante collezionista di arte contemporanea, alla ricerca di un luogo dove poter installare una parte della sua collezione.

Nell’agosto 1979 iniziarono i lavori di restauro del solo Castello, che sarebbe durato fino al 1984, quando aprì le sue porte come Museo di Arte Contemporanea. Questo lavoro ha tenuto conto del suo intero passato, rispettando la sua architettura, ma con aggiunte moderne come l’ascensore, la scala sospesa, la piattaforma sulla volta della fine del 1700 e l’area panoramica al terzo piano. Dal 1984 al 1986, Andrea Bruno ha iniziato a lavorare alla Manica Lunga, ma purtroppo la mancanza di fondi ha chiuso il sito, che è stato riaperto solo nel 1996. Fu nel febbraio 2000 che l’edificio, nato per ospitare la galleria di immagini di Carlo Emanuele I, ha ritrovato il suo antico splendore. La struttura è stata mantenuta con l’inclusione della copertura in acciaio a forma di scafo rovesciata della volta e le scale in acciaio e vetro che si uniscono alla struttura del 17 ° secolo. Le grandi finestre illuminano le sale della caffetteria, che è diventata anche un tesoro di opere della collezione e di altri servizi museali. Anche la contemporaneità della piccola sezione parallela che ospita il ristorante a una stella Michelin Combal.Zero dialoga con il passato, così come tutti gli elementi del Castello di Rivoli.

Il Museo

The Modern and Contemporary Art Project – CRT
Nel 1991 è stata fondata la Fondazione CRT che nel 2001 ha dato vita al Progetto di arte moderna e contemporanea – CRT, grazie al quale sono stati stanziati importanti fondi per l’acquisizione di opere destinate ad aumentare le collezioni permanenti della GAM – Galleria civica moderna e contemporanea l’arte di Torino e il Museo di Arte Contemporanea del castello di Rivoli. Il Castello di Rivoli, precedentemente sede della delizia dei Savoia, è stato per trent’anni il più importante museo di arte contemporanea in Italia. La collaborazione tra la direzione artistica e i più grandi artisti di oggi significa che le opere esposte sono state progettate proprio per le varie sale del Museo. Così due importanti gruppi di opere storiche di Arte Povera e Transavanguardia italiana entrano a far parte della collezione del museo.

Dal 2001 la Galleria Civica e il museo collaborano tra loro in vista della complementarità. Mentre GAM concentra la sua collezione su opere che vanno dai due decenni degli anni ’50 e ’60, il museo ha una collezione di opere che vanno dalla fine degli anni ’60 agli anni 2000.

Collezione permanente
La collezione permanente comprende, ad esempio, due opere del 1997 di Maurizio Cattelan: il controverso e provocatorio ventesimo secolo, che evoca una tensione frustrata rispetto al potenziale (anche in riferimento all’insensatezza delle guerre del diciannovesimo secolo, che debilitano l’uomo di allontanandolo dalla propria evoluzione), rappresentato emblematicamente da un cavallo, un simbolo di forza, imbalsamato e impiccato, e il inquietante Charlie non naviga. Il tema delle emozioni suscitate dalla guerra ricorre nelle collezioni, così come nell’opera di Rebecca Horn “Cutting Through the Past”, e in altri.

Le opere dei numerosi artisti nazionali e internazionali presenti (come Emilio Vedova, Giulio Paolini, Thomas Hirschhorn, Dennis Oppenheim, Helmut Newton, Sadie Benning, Stan Vanderbeek, Fluxus, James Lee Byars, Pia Stadtbäumer, Massimo Bartolini, Nam June Paik, Yvonne Rainer, Wolfgang Tillmans e molti altri) sono inseriti nelle sale in una sorta di dialogo con l’architettura delle sale storiche del Castello.

Collezione Cerruti
Il Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli è il primo museo d’arte contemporanea al mondo a incorporare una collezione enciclopedica di arte del passato.

Nel luglio 2017, il nostro Museo ha firmato un importante accordo con la Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’arte per salvaguardare, ricercare, valorizzare e mostrare la straordinaria, ma pressoché sconosciuta, Collezione Cerruti.

Per la prima volta, è possibile per il pubblico scoprire l’eredità inestimabile di Francesco Federico Cerruti (Genova, 1922 – Torino, 2015), un imprenditore segreto e riservato e appassionato collezionista scomparso nel 2015 all’età di 93 anni.

Dagli anni ’50 fino alla sua morte nel 2015, Francesco Federico Cerruti raccolse circa 300 opere di scultura e pittura, che vanno dal Medioevo ad oggi, oltre a circa 200 libri rari e antichi con rilegature di libri squisiti, e oltre 300 arredi tra cui tappeti e scrivanie di rinomati ebanisti. Cerruti ha assemblato una collezione principalmente europea – molto forte nell’arte italiana – che offre un viaggio nella storia dell’arte, dall’arredamento all’arte storica, dal Rinascimento ad oggi. È una collezione privata di immensa qualità, come pochissime in Europa e nel mondo, tra cui opere straordinarie che vanno da Bernardo Daddi, Pontormo e Ribera a Renoir, Modigliani, Kandinsky, Giacometti, Picasso, Klee, Severini, Boccioni, Balla e Magritte , così come Bacon, Burri, Fontana, Warhol, De Dominicis e Paolini.

Manica Lunga
La Manica Lunga fu costruita per il duca Carlo Emanuele I nella prima metà del XVII secolo dagli architetti Castellamonte, Amedeo e suo figlio Carlo. Questo lungo e stretto edificio, a quel tempo collegato al Castello, era utilizzato per ospitare la collezione di quadri del Duca.

Come tutti gli edifici del complesso, la Manica Lunga fu danneggiata dalle truppe francesi del generale Catinat nel 1693. Nei nuovi piani dell’architetto Filippo Juvarra per il complesso, realizzati all’inizio del XVIII secolo, doveva essere distrutto e sostituito da un edificio simmetrico con un grande atrio e una sala da ballo al primo piano. Tuttavia, a causa dei costi di costruzione eccessivi, il piano non è stato realizzato e la Manica Lunga è stata utilizzata come spazio di servizio. Nel 1883, quando la famiglia Savoia vendette il castello alla città, fu utilizzato come caserma. Dopo la seconda guerra mondiale, divenne una residenza per gli sfollati. Queste utilizzazioni hanno portato a modifiche della struttura, con la costruzione di nuovi spazi per servizi igienici, come si può vedere nelle fotografie che documentano il degrado e l’abbandono dell’edificio.

Il restauro della Manica Lunga è iniziato nel 1986 e si è concluso nel 2000 con l’apertura dello spazio espositivo al terzo piano. Fu così recuperata la vocazione originale dell’edificio. Andrea Bruno, l’architetto al centro del restauro, ha posto le scale e un ascensore all’esterno dell’edificio, realizzato con materiali trasparenti che consentono di vedere la struttura lunga 147 metri e larga 6 metri. Il tetto in metallo, un’aggiunta completamente nuova, è caratterizzato da nervature ripetitive, formando un tappo centrale per l’intera lunghezza dell’edificio. La luce naturale è stata notevolmente aumentata grazie alle ampie finestre e all’eliminazione delle soffitte e delle strutture realizzate in tempi più recenti e non pertinenti al periodo di Castellamonte.

esterni
In cima all’anfiteatro a forma di morena che domina Rivoli e Avigliana, il caratteristico Castello di Rivoli è uno dei simboli più importanti della dinastia Savoia. È parte integrante di un progetto architettonico che dalla fine del XVI secolo ha portato alla realizzazione della cosiddetta “Corona di Delizie” – simboli e celebrazioni di potere assoluto. Il complesso comprende due strutture di epoche diverse: il Castello con il suo aspetto settecentesco, e la Manica Lunga opposta, costruita nel XVII secolo e progettata come la galleria di dipinti del duca Carlo Emanuele I. I due edifici sono separati da un atrio, uno spazio all’aperto dominato dalle mura incompiute del Castello e della Manica Lunga. Al centro ci sono le colonne e i pilastri dell’imponente progetto architettonico di Fillipo Juvarra.

L’atrio conserva lo stato delle opere realizzate durante il periodo juvarriano al momento della loro interruzione. L’architetto del restauro, Andrea Bruno, sebbene consapevole del progetto architettonico originale grazie a un dipinto realizzato da Marco Ricci e Massimo Teodoro Michela nel 18 ° secolo, decise di non completarlo. Sul lato nord del Castello, dominano i robusti pilastri concepiti da Juvarra, mentre sul pavimento in porfido, le lastre di marmo e pietra segnano le posizioni dei montanti e le direzioni delle campate che non sono mai state realizzate. L’imponente cinta muraria del Castello ha supporti per decorazioni non finite, nicchie destinate a statue e grandi aperture che evocano i grandi spazi progettati dall’architetto siciliano. Nella parte superiore è un suggestivo panorama fatto di cristallo e acciaio, un inserimento contemporaneo di Bruno. Dall’altro lato c’è la Manica Lunga, progettata dai fratelli Castellamonte, che Juvarra intendeva distruggere per ospitare una nuova ala delle stesse dimensioni di quella esistente. È stato al centro della campagna di restauro dal 1986, come si può vedere da una data iscritta sul muro. Oggi le grandi finestre di Bruno riempiono il buco lasciato dall’interruzione della demolizione.

rinnovamento
I primi lavori di ristrutturazione del Castello di Rivoli furono eseguiti dal giovane architetto torinese Andrea Bruno in occasione del centenario dell’Unità d’Italia nel 1961. Sfortunatamente, a quel tempo il budget era sufficiente per riparare i danni strutturali. Alcuni anni dopo, nel 1967, Bruno procedette alla demolizione delle parti in decomposizione dell’atrio costruito all’inizio del XX secolo. Nel 1978 l’edificio era in pessime condizioni: infiltrazioni d’acqua avevano danneggiato pareti, soffitti, affreschi e stucchi, provocando i primi crolli. Ciò ha portato la Regione Piemonte a impegnarsi a prendersi cura dell’edificio per 30 anni, ripristinandolo e aprendolo al pubblico. I lavori iniziarono nel 1979 e terminarono con l’inaugurazione del Museo il 18 dicembre 1984. Bruno decise di conservare le tracce storiche sopravvissute, dando importanza a tutti i momenti della vita del Castello, a partire dal cantiere di Juvarra, passando per l’opera di Carlo Randoni alla fine del XVIII secolo, fino agli interventi dei militari nel XX secolo. Bruno evitò falsificazioni e completamenti, rispettando l’architettura originale, che divenne una vera immagine della storia dell’edificio e delle vicissitudini della struttura. Conservava le decorazioni interne ed esterne, gli stucchi e i dipinti danneggiati dalle devastazioni del tempo e dalla disattenzione degli uomini.

Per dare ai visitatori un’idea della residenza sabauda, ​​Bruno restaurò due stanze, una al primo piano realizzata durante il periodo di Juvarra e la seconda nell’appartamento del Duca d’Aosta. Migliorò l’atrio incompiuto, installò il panorama che sporge dal grande muro di mattoni del castello e concepì la grande scala sospesa, così come il passaggio sopra la grande volta della stanza 18, mettendo in dialogo passato e presente. Alcune stanze non hanno decorazioni, mentre altre sono riccamente decorate con dettagli che richiamano gli splendori della dinastia e momenti importanti della storia di Rivoli. Qualche tempo dopo, iniziarono i lavori sulla Manica Lunga, che doveva tornare ad essere uno spazio per mostre. Qui, le scale e l’ascensore sono esterni, e sono stati realizzati in acciaio e vetro per consentire ai visitatori di osservare l’intera struttura incompiuta. Bruno ha utilizzato materiali moderni per le nuove strutture, diventando un pioniere della reversibilità e sottolineando nuovamente il rapporto tra presente e passato. A Rivoli, l’edificio storico e le forme contemporanee interagiscono insieme, mentre gli affreschi dialogano con il lavoro degli artisti di oggi.