Grand Manner

Grand Manner (o Grand Style, maniera magnifica) si riferisce a uno stile estetico idealizzato derivato dall’arte classica e alla moderna “arte classica” del Rinascimento. Originariamente applicato alla pittura storica, considerato il più alto nella gerarchia dei generi, il Grand Manner è stato successivamente applicato anche alla ritrattistica, con ritratti raffigurati a grandezza naturale e a figura intera, in un ambiente che trasmetteva la nobiltà e lo stato d’élite del soggetti. Le metafore comuni includevano l’introduzione dell’architettura classica, il significato di coltivazione e sofisticazione e il background pastorale, il che implicava un carattere virtuoso di sincerità senza pretese non contaminato dal possesso di grandi ricchezze e proprietà.

La Grande maniera è l’estetica associata al pittore francese Nicolas Poussin, che, negli anni ’40, definisce il suo modo di dipingere. Secondo lui, la pittura doveva fare appello alle facoltà intellettuali e mostrare le più nobili azioni umane basate sui principi della ragione e dell’ordine. Questa espressione italiana, attaccata alla gerarchia dei generi, e allo sviluppo sia del classicismo, della pittura barocca e del neoclassicismo, fiorì particolarmente in Inghilterra durante il diciottesimo secolo.

Gran modo usato ampiamente dal XVIII secolo per descrivere quello che era considerato il più alto stile dell’arte nella teoria accademica – uno stile basato su un approccio idealizzato e classico. La grande maniera veniva usata rigorosamente per la pittura storica, ma Reynolds la adattò molto bene alla ritrattistica, inventando il ritratto di alta arte.

Nel diciottesimo secolo, gli artisti e gli intenditori inglesi usavano il termine per descrivere dipinti che incorporavano metafore visive per suggerire qualità nobili. Fu Sir Joshua Reynolds a dare la parola al termine attraverso i suoi Discourses on Art, una serie di conferenze presentate alla Royal Academy dal 1769 al 1790, in cui sosteneva che i pittori dovevano percepire i loro soggetti attraverso la generalizzazione e l’idealizzazione, piuttosto che con il copia attenta della natura. Reynolds non usa mai realmente la frase, riferendosi invece al “grande stile” o al “grande stile”, in riferimento alla pittura storica.

Generi generosi:
Le quattro modalità principali sono:

Phrygian: adattato a scene violente, a rappresentazioni di battaglie;
Lydian: rappresentare le tragedie;
Ionio: scene di giubilo, gioia, celebrazione;
hypolidian: scene religiose.
Con il suo sistema, Poussin introduce una nuova retorica dell’immagine, che probabilmente deve molto al celebre trattato di Leonardo da Vinci, Trattato della pittura che ha anche illustrato per un’edizione pubblicata nel 1651.

Origine e neo-stoicismo
Nicolas Poussin vive principalmente a Roma dal 1624. Frequenta un ambiente molto internazionale con artisti e francesi come fiamminghi, lorenesi e tedeschi. Rifiuta totalmente il caravagismo. La sua fama continua a crescere. È proprio per segnare la sua rottura con il manierismo che ha prevalso nell’arte francese fino all’inizio del diciassettesimo secolo che ha formalizzato il proprio approccio alla pittura nei primi anni ’40. In una lettera indirizzata il 28 aprile 1639 a Paul Fréart de Chantelou, che aveva conosciuto a Roma, Poussin spiega la sua “teoria dei modi”, a partire dalla teoria classica tra i greci per la quale la musica è capace di esprimere emozioni diverse, che possiamo leggere un dipinto, che il dipinto è il testo di una storia, i cui personaggi (la scrittura) sono segni che sono sia formali che espressivi. I “segni formali” sono la disposizione o la distribuzione nello spazio di rappresentazione; i “segni espressivi” sono espressioni, gesti, sguardi, movimenti, che sono i segni esatti degli affetti.

Questa lettura del dipinto le cui regole non poggiano su quelle della sintassi ma su quelle della figurazione, Poussin le sviluppa grazie alle sue letture dei testi risultanti dalla scuola neo-stoica, ad esempio il De Constantia (1584) e il Politicorum sive civilis doctrinae (1589) di Juste Lipse che attinge a Seneca o Tacito, un modo di pensare il mondo secondo i valori della cristianità.

Impatto e sviluppo
Questo ideale estetico avrà nel XVIII secolo un notevole impatto sullo sviluppo della scuola di pittura inglese. Il ritratto, spesso in tutta la sua lunghezza, è qui il luogo dell’espressione preferita della grande maniera insieme a Joshua Reynolds, artista che incorpora nei suoi dipinti metafore visive per suggerire le nobili qualità delle persone rappresentate.

Questo metodo chiama la grande maniera, diventa efficace nella sua pittura negli anni ’40.

Quanto il grande stile esca dai suoi professori a concepire e rappresentare i loro soggetti in modo poetico, non limitato a meri fatti di fatto, può essere visto nelle vignette di Raffaelle. In tutti i quadri in cui il pittore ha rappresentato gli apostoli, li ha disegnati con grande nobiltà; ha dato loro tutta la dignità di cui la figura umana è capace di ricevere, ma ci è stato espressamente detto nella Scrittura che non avevano un aspetto così rispettabile; e di San Paolo in particolare, ci viene detto da solo, che la sua presenza corporea era cattiva. Si dice che Alessandro fosse di bassa statura: un pittore non dovrebbe rappresentarlo. Agesilao era basso, zoppo e di aspetto mediocre. Nessuno di questi difetti dovrebbe apparire in un pezzo di cui è l’eroe. In conformità al costume, chiamo questa parte della pittura di storia dell’arte; dovrebbe essere definito poetico, come in realtà lo è.

Il termine Grand Way è stato dato in valuta da Sir Joshua Reynolds e ampiamente discusso nei suoi Discorsi sull’Arte – quindici conferenze consegnate agli studenti della Royal Academy tra il 1769 e il 1790. Reynolds sosteneva che i pittori non dovevano copiare pedissequamente la natura ma cercare una forma generalizzata e ideale. Questo “dà quello che è chiamato il grande stile all’invenzione, alla composizione, all’espressione e persino alla colorazione e al drappeggio” (Quarto discorso). In pratica significava attingere allo stile dell’arte antica greca e romana (classica) e ai maestri del Rinascimento italiano come Raffaello.

Se la scultura romana e la pittura del Rinascimento italiano fornivano i gesti per il genere, fu la ritrattistica di corte di Peter Paul Rubens e Anthony van Dyck a esemplificare lo stile di ritratto urbano praticato da Reynolds, Thomas Gainsborough e Pompeo Batoni, e poi nel XIX e XX secolo di Sir Thomas Lawrence, John Singer Sargent e Augustus John. Alla fine del diciannovesimo secolo la retorica del Grand Manner fu adottata non solo dai nuovi ricchi, ma anche da ambiziosi seni della classe media. Quando è particolarmente ostentato nella presentazione, in genere nei lavori a figura intera, questo è stato indicato anche come il ritratto spavaldo.