Sala di Arturo Martini, Museo del Novecento

Gli anni Venti e Trenta, spostandosi tra il movimento Novecento e l’arte astratta, si sviluppano attraverso una sequenza di “isole” di mostre personali dedicate a Giorgio de Chirico, Giorgio Morandi, Arturo Martini e Fausto Melotti. A Marino Marini è dedicata una sala adeguata, volta a descrivere la ricca e variegata produzione dell’artista.

Biografia
Arturo Martini (1889-1947) fu uno dei principali scultori italiani tra la prima e la seconda guerra mondiale. Si è mosso tra un classicismo molto vigoroso (quasi antico romano) e il modernismo. Era associato alla scultura pubblica nell’Italia fascista, ma in seguito rinunciò del tutto al suo medium.

I primi anni
Era nato in una famiglia svantaggiata, il terzo dei quattro figli di Antonio, un cuoco professionista, e Maria Della Valle, una cameriera originaria di Brisighella.

Espulso da scuola nel 1901, a causa di ripetuti fallimenti, divenne apprendista presso una bottega orafa di Treviso e subito dopo frequentò la scuola di ceramica (collaborò in particolare con la fornace da guerra Gregorj) dove apprese la pratica della modellistica artigianale.

Affascinato da questa tecnica, inizia a frequentare lo studio dello scultore Antonio Carlini a Treviso e contemporaneamente frequenta il primo anno (1906-07) dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Riesce a escogitare un nuovo tipo calcografico di tecnica di incisione che lui stesso chiama cheramografia.

Le sue prime opere conosciute risalgono a questo periodo: il Ritratto di Fanny Nado Martini, in terracotta (1905) e il Busto del pittore Pinelli, che rimandano alla scultura di fine Ottocento.

Nel 1908 a Venezia partecipa alla prima edizione delle mostre di Ca ‘Pesaro con la piccola scultura Il Palloncino.

Le sue invenzioni e la sua immaginazione plastica gli permetteranno presto di acquisire fama e notorietà a livello internazionale, assumendo un ruolo predominante nel panorama artistico europeo di cui era ben consapevole.

Il debutto in Europa e la rivista “Valori Plastici”
Interessato ai movimenti artistici europei, frequenta la scuola Adolf von Hildebrand di Monaco nel 1909. Nel 1912 si trasferisce per alcuni mesi a Parigi dove approfondisce la sua conoscenza del cubismo e dell’avanguardia e dove espone al Salon d’Automne .

Partecipa alla Mostra Internazionale Futurista Libera, che si tiene a Roma, tra l’aprile maggio 1914 con il Ritratto di Omero Soppelsa, considerato un omaggio al futurismo. Negli stessi anni collabora con la rivista futurista L’Eroica, dedicata ai temi dell’arte, della letteratura e dell’intaglio in legno.

Futurismo
Martini sembra essere stato un attivo sostenitore del movimento futurista tra il 1914 e il 1918. Sicuramente corrispondeva con Umberto Boccioni e produceva un opuscolo modernista nel 1918. I suoi primi lavori mostrano una tendenza arcaica, bidimensionalità ed effetti policromi

Interrompe forzatamente la sua attività a causa della guerra, alla quale partecipa.

Si avvicina quindi alla grafica astratta e nascono i primi schizzi del suo libro d’artista Contemplazioni. Invece del testo, il libro presenta una sequenza di segni geometrici.

Nell’aprile 1920 sposò Brigida Pessano, di Vado Ligure, dove si stabilì per alcuni anni. Maria Antonietta (1921) e Antonio (1928) sono nati dal loro matrimonio. Questo è il periodo in cui realizza The Dead Lover, Fecundity e The Sleeper.

Collabora, tra il 1918 e il 22, con Mario Broglio alla rivista Valori Plastici, unendosi all’omonimo movimento artistico. Grazie a questa esperienza riscopre la scultura antica, superando così il naturalismo ottocentesco a cui era ancora legato. Tra le opere importanti di questo periodo ricordiamo La Maternità (1925) e Il Bevitore (1926), quest’ultima è un’opera in terracotta conservata nella Pinacoteca di Brera.

Nel 1925 viene invitato ad esporre in una sala della III Biennale romana; l’anno successivo, dopo precedenti rifiuti, partecipò per la prima volta alla Biennale di Venezia. Nello stesso anno espone alla prima mostra del XX secolo, un movimento di cui sarà presente anche alla seconda edizione del 1929 con la scultura Il figliol prodigo (1926). Nel novembre del 1927 inaugurò una mostra di ceramica a Milano alla Galleria di Pesaro.

La maturità artistica
In quest’ultimo periodo definisce la sua arte che si traduce in un punto d’incontro ideale tra antico e moderno. Nel 1928 creò grandi opere come La Pisana, Il Bevitore e la monumentale (quattro metri) Tomba di Ippolito Nievo.

Nel 1929 fu chiamato alla sedia di plastica decorativa dell’ISIA di Monza e vi rimase fino all’anno successivo: la sua Leda con il cigno, scultura in gesso, rimase per arricchire la collezione dei Musei Civici di Monza.

Nel 1930 fondò un “forno da studio” nello stabilimento Ilva Refrattari di Vado Ligure, dove può modellare e cucinare stoviglie senza spostarlo. Crea così una serie di grandi opere, come The Shepherd e The Sitting Boy (1930), The Dream (1931), Moonlight and Winter Sports (1931-32), opere in cui l’allusione al movimento che sembra irrigidirsi in il modulo.

Nel 1931 ricevette un premio di centomila lire alla Prima Quadrennale di Roma, una somma che gli permise di risolvere temporaneamente i vari problemi economici che lo avevano sempre tormentato. Nel 1932 ha una stanza personale alla Biennale di Venezia, da cui ottenne un grande successo.

Nel 1933 si stabilì a Milano e tenne una personale alla Galleria d’Arte Moderna. In questo periodo ha sperimentato l’uso di nuove tecniche espressive come legno, pietra, argilla e bronzo, è stato visto regolarmente partecipare a importanti mostre nazionali: alla Biennale di Venezia (1934-36-38), alla Triennale di Milano ( 1933-36-40) e la Quadriennale di Roma (1935-39).

Durante questo periodo realizzò numerose sculture monumentali tra cui il gigantesco intonaco che Mosè salvò dall’acqua, alto sei metri, esposto alla Triennale di Milano nel 1933; La sete (1934), in pietra, dove riemerge il ricordo dei calchi di Pompei; il bronzo di Atena (1935), alto cinque metri; La morte di Bligny sarebbe iniziata (1936), ispirata al discorso di Mussolini contro le sanzioni economiche imposte all’Italia dopo l’occupazione dell’Etiopia nel 1935; Il leone di Giuda (1936), dedicato alla vittoria sull’Etiopia; Corporate Justice, destinato al Palazzo di Giustizia di Milano; Il gruppo Sforza (1938-39), opera destinata all’ospedale Niguarda Ca ‘Granda di Milano.

Il dipinto
Negli anni 1939 e 1940 iniziò a dipingere. Nel 1940 espose con successo le sue opere alla Galleria Barbaroux. Scrive, nel febbraio del 1940, in alcune lettere indirizzate a Carlo Anti, rettore dell’Università di Padova: sarò assolutamente un pittore, la mia conversione non è un capriccio, ma è grande e forte come quella di Van Gogh e ancora io Sono felice, la pittura mi diverte e mi fa sperare che la scultura non mi dia più

Tra il 1940 e il 1942 realizzò alcuni rilievi per il Palazzo dell’Arengario di Milano: Il Tito Livio e La donna che nuota sott’acqua. In queste opere si muove verso una sempre maggiore libertà espressiva, convinto della necessità di superare la statuaria e quella scultura “se vuole vivere, deve morire in astrazione”. Riprenderà questo tema nei suoi discorsi sulla scultura.

Gli ultimi anni
Dal 1942 al 1944 fu a Venezia dove insegnò scultura all’Accademia di belle arti. Nell’estate del 1945 fu sospeso dall’insegnamento per unirsi al fascismo. Riguardo a questa scelta, aveva scritto: Dato che stavo morendo di fame con Giolittismo, credevo in questo movimento, cioè nel fascismo.

Alla fine della sua carriera artistica ricevette l’incarico per la statua dell’eroe virgiliano Palinuro (1946) per l’Università di Padova; creò anche il monumento funebre dedicato a un partigiano caduto, il monumento al partigiano Masaccio (1947). Infine, progetta un’appendice al libretto La scultura lingua morta, comunicando i suoi pensieri allo scrittore Antonio Pinghelli, che li pubblicherà postumo, nel 1948, con il titolo Trucco di Michelangelo.

Muore a Milano il 22 marzo 1947, affetto da paralisi cerebrale. Tra i suoi studenti c’è l’artista Maria Lai.

La mostra
Arturo Martini fu uno degli scultori più importanti che lavorarono nella prima metà del 20 ° secolo, e le sue opere ebbero una profonda influenza modernizzante sulle arti plastiche negli anni ’30. Nel corso della sua carriera, l’artista ha prodotto sia opere monumentali che sculture destinate a una nuova generazione di collezionisti.

Le stelle (1932)
Busto di ragazzo (1921)
Gli amanti (Il bosco) (1932)
Le collegiali (1927)
Questi collezionisti erano il pubblico previsto per i pezzi di terracotta e ceramica in cui Martini narra episodi: racconti autonomi o irrisolti come Le collegiali (The Schoolgirls, 1927) e Gli Amanti (The Lovers, 1932).

Le opere monumentali
Come figura sulla scena artistica nazionale, Martini ha preso parte alle principali mostre degli anni Trenta, dalla Biennale di Venezia alla Quadriennale di Roma, dove ha vinto il primo premio per la scultura nel 1931. A questi spettacoli, ha presentato opere più grandi con un di maggiore impatto, pezzi in pietra basati sullo studio di sculture antiche come “La sete” (Sete), del 1934, che faceva parte di una serie di opere ispirate alle scoperte di Pompei.

I morti di Bligny trasalirebbero (1935)
Torso di giovanetto (1929)
Storie di Milano
Ha creato decorazioni per molti edifici pubblici negli anni Trenta, inclusi gli alti rilievi raffiguranti le Storie di Milano (Storie di Milano, 1942-1947) per l’Arengario, ora sede del Museo del Novecento.

Museo del Novecento a Milano
Il Museo del Novecento a Milano è una mostra permanente di opere d’arte del XX secolo ospitate nel Palazzo dell’Arengario e nell’adiacente Palazzo Reale di Milano. Il museo ha assorbito le collezioni del precedente Museo Civico di Arte Contemporanea (CIMAC) che si trovava al secondo piano del Palazzo Reale e che fu chiuso nel 1998.

Il Museo del Novecento, situato all’interno del Palazzo dell’Arengario in Piazza del Duomo, ospita una collezione di oltre quattromila opere che catalizzano lo sviluppo dell’arte italiana del XX secolo.

Il Museo del Novecento è stato istituito il 6 dicembre 2010 con l’obiettivo di diffondere la conoscenza dell’arte del 20 ° secolo e di offrire una visione più completa delle collezioni che la città di Milano ha ereditato nel tempo. Oltre alla sua principale attività espositiva, il Museo è attivo nella conservazione, ricerca e promozione del patrimonio artistico e culturale italiano del 20 ° secolo con l’obiettivo finale di raggiungere un pubblico sempre più vasto.

A parte una stanza singola che ospita opere di artisti stranieri tra cui Braque, Kandinsky, Klee, Léger, Matisse, Mondrian e Picasso, la maggior parte delle opere esposte nel museo sono di artisti italiani. Una sezione importante è dedicata ai futuristi italiani, con opere di Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Fortunato Depero, Luigi Russolo, Gino Severini, Mario Sironi e Ardengo Soffici. Anche la grande tela di Giuseppe Pellizza da Volpedo Il Quarto Stato (1902) è esposta in una sala a sé stante.

Altre sezioni del museo sono dedicate a singoli artisti come Giorgio de Chirico, Lucio Fontana e Morandi. Ci sono anche sezioni dedicate ai movimenti artistici del XX secolo, tra cui Astrattismo, Arte Povera, Novecento Italiano, Postimpressionismo e Realismo, e generi come il paesaggio e l’arte monumentale.