Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, Italia

Il Museo Archeologico Nazionale di Ferrara è ospitato nel palazzo Costabili, inaugurato nel 1935. La struttura espone vari reperti provenienti dagli scavi della città etrusca di Spina, che fiorirono tra il VI e il III secolo a.C. È notevole per il complesso funerario, composto da oltre 4000 tombe, da cui proviene una delle più grandi collezioni al mondo di vasi a figure rosse greche.

Il museo si trova all’interno di Palazzo Costabili, un edificio del XVI secolo chiamato “di Ludovico il Moro”, ed è stato riportato al suo antico splendore grazie al restauro dell’opera architettonica di Biagio Rossetti e agli affreschi di Garofalo e Dosso Dossi.

La struttura originale si completa con le nuove impostazioni del Museo, arricchite al piano terra da multiproiezioni, film e touch-screen che accompagnano i visitatori in un tour sensoriale.

Al primo piano la visita continua attraverso le sale della necropoli, le sale che espongono i piatti per servire pesce, crateri, gioielli e uno spazio sensoriale, offrendo un’opportunità unica di toccare oggetti originali circondati da affreschi, stucchi e un camino barocco. La visita termina con la sala delle piroghe e il neo giardino rinascimentale.

Storia
Secondo un’ipotetica tradizione, il duca di Milano Ludovico il Moro, per sfuggire alle incombenti minacce che incombevano sulla sua persona, avrebbe deciso di costruire una sontuosa residenza nella tranquilla capitale estense, la città di origine di sua moglie Beatrice d ‘ Este, e affidò l’ambasciatore della città milanese alla corte di Este con il compito di costruire questo edificio. In realtà sembra che la commissione sia partita esclusivamente dall’eredità degli Sforza con gli Este, l’ambasciatore Antonio Costabili.

I lavori furono affidati al grande architetto Biagio Rossetti che iniziò la costruzione dell’abitazione nel 1495 mentre i lavori terminarono già nel 1504. Il palazzo fu costruito sull’antica via della Ghiara, così chiamata per via dei residui sabbiosi lasciati da uno dei rami del Po che un tempo scorreva in quella zona, e rappresenta le storiche alleanze politiche che a quel tempo esistevano tra Ferrara e Milano, evidenziate soprattutto dai rapporti di Ludovico il Moro con la famiglia Este, sia come marito di Beatrice d’Este che come zio di Anna Maria Sforza, prima moglie di Alfonso I d’Este.

Successivamente il palazzo divenne proprietà della famiglia Costabili che, estinta nel XVI secolo, diede vita a una serie di passaggi di proprietà della residenza che decretò il suo decadimento mentre solo nel 1920, su iniziativa del direttore generale di Antichità e Belle Arts Corrado Ricci, lo stato acquistò la proprietà dagli ultimi proprietari quando le sue condizioni stavano crollando. Nel 1929 il Ministero della Pubblica Istruzione decise di assegnare la proprietà al sito dei reperti archeologici rinvenuti nella necropoli di Spina. I lavori di restauro, iniziati nel 1932, hanno comportato il consolidamento della struttura e il suo adattamento a un museo, compresi i rifacimenti di stile e l’eliminazione di molte decorazioni barocche, come era prassi del tempo.

Architettura
Palazzo Costabili, detto anche palazzo di Ludovico il Moro, si trova a Ferrara, sul crinale dell’Addizione di Borso, in via XX Settembre 122. Ospita il Museo Archeologico Nazionale di Ferrara.

Sebbene incompiuto, è uno dei più grandi capolavori dell’architetto Biagio Rossetti.

Il cortile d’onore, sebbene incompleto su due lati, è probabilmente l’aspetto più significativo dello splendore della casa: un doppio ordine di archi produce un ritmo costante, con il portico e la loggia superiore.

I due ordini di archi sono coronati da un’elegante cornice in terracotta e da decorazioni in marmo che rendono il tutto più armonioso.

Le finestre del primo piano erano originariamente aperte e murate in gruppi di due, creando un gioco di spazi pieni e vuoti che possono ancora essere parzialmente apprezzati sulla facciata dell’edificio in via Porta d’Amore. Il restauro degli anni Trenta del Novecento ha aperto tutte le finestre per ottenere un portico in stile Bramante, al quale è stata attribuita la pianta dell’edificio. Oggi un gioco di tende suggerisce al visitatore l’aspetto antico del cortile.

Il Museo
Il museo archeologico si trova a Palazzo Costabili, noto come Ludovico il Moro; al piano principale vi è una grande sala affrescata con mappe geografiche che aiutano a visualizzare il territorio nei diversi periodi storici, mentre al piano terra è visibile la Sala del Tesoro. Il museo ospita i reperti della città etrusca di Spina.

Il museo ospita reperti di alta qualità della città etrusca di Spina, emporio commerciale di primaria importanza, che fiorì dal VI al III secolo a.C. Gli oggetti sono divisi per attrezzatura o raggruppati in base alla sepoltura di origine. Di particolare fascino sono i grandi vasi del simposio attico, sui quali è possibile leggere scene della vita quotidiana, storie mitologiche o relative alla guerra di Troia. Appaiono opere degli artigiani più abili dell’epoca e, accanto a oggetti di grande ricchezza, come i diademi d’oro, ce ne sono altri di uso più comune, tra cui piatti, ciotole, contenitori di olio, ossa e noci. Di produzione etrusca sono invece presenti altri reperti, soprattutto in bronzo, tra cui candelabri e bellissime modanature, treppiedi, supporti. Nota le ceramiche dell’Alto Adriatico, prodotte localmente quando cessarono gli scambi con la Grecia.

Si parte dal piano terra, per poi proseguire fino al piano nobile: dall’abitato alla necropoli, per restituire un’immagine diversa dell’insediamento greco-etrusco trovato in Valle Trebba e Valle Pega. Conosciuta soprattutto per la sua necropoli e il ricco materiale trovato in oltre quattromila tombe, ora scopriamo anche la “città dei vivi”: un porto fiorente e multiculturale sulla costa adriatica. Questo attraverso i reperti provenienti dagli spazi urbani. PEZZI frutto degli scavi condotti tra gli anni sessanta e ottanta, poi ripresi nel 2007: esposti nel ’93 e mai usati da allora, conservati fino ad ora nei depositi del museo. Le quattro sale dedicate alla città di Spina sono caratterizzate da un percorso multisensoriale, istituito da Vps a Roma, con il consiglio di Maurizio Di Paulo.

Nella prima sala, la musica evocativa del Mediterraneo e le immagini che scorrono sulle pareti tratte da dipinti vascolari con figure rosse sono benvenute. Gli aspetti urbani, architettonici e sociali sono illustrati: al centro, il ciottolo gromatico che ha segnato il confine. La seconda sala, con gli affreschi delle storie di Giuseppe di Garofalo e Dosso Dossi, è dedicata a culti e miti, la terza, decorata con Sibille e Profeti, si concentra su popoli e scritture: entrambe sono integrate con i video dell’Accademia di Bologna di Belle arti. La quarta sala, della “Cappelletta”, ospita una delle due biblioteche virtuali e rappresenta il trait-d’union con il piano superiore. La sala studio chiude il corso: un vero e proprio salotto dotato di sussidi didattici.

Esposizione
L’itinerario espositivo è organizzato su due piani. Al piano terra si trovano le sale dedicate alla città di Spina e le attività praticate lì. Sezioni speciali sono dedicate alla vita religiosa e alla variegata popolazione della città, vista attraverso prove epigrafiche. Sempre al piano terra si trovano le due barche monossili (comunemente denominate “piroghe”) recuperate nel 1948 a Valle Isola e risalenti alla tarda epoca romana (III-IV secolo a.C.).

Al piano principale, una selezione degli abiti più significativi delle numerose tombe trovate nella necropoli sono esposte con criteri cronologici. Tra i pezzi più pregiati vi sono le splendide ceramiche attiche a figure rosse (crateri, kylikes, anfore, hydria) prodotte da importanti artisti ateniesi del V e IV secolo a.C. I dipinti rappresentano scene mitologiche e vita quotidiana e testimoniano la diffusione del greco arte nella zona etrusca. Altre ceramiche, principalmente del IV e III secolo a.C., provengono dalla Magna Grecia e dalla Sicilia. Di produzione etrusca sono principalmente oggetti in bronzo, come candelabri, treppiedi, supporti. Da notare le ceramiche dell’Alto Adriatico, prodotte localmente quando cessarono i contatti con la Grecia.

I gioielli in oro, argento, ambra e pietre semipreziose meritano una menzione speciale, a testimonianza dell’abilità tecnica raggiunta dagli artigiani del Po e dell’Etruria centro-italiana.

Stanza del tesoro
Negli interni, di cui rimane ben poco, la sala più rappresentativa e più importante è la cosiddetta Sala del Tesoro, probabilmente intesa come sala da musica o biblioteca, archivio o persino un thesaurus, o piuttosto un luogo di raccolta di opere di arte e oggetti. prezioso. La sala fu decorata tra il 1503 e il 1506 da Benvenuto Tisi da Garofalo, uno dei pittori più rappresentativi della scuola ferrarese attivi alla corte estense nel tardo Rinascimento.

Il soffitto è decorato sulla base della Camera degli Sposi a Mantegna, situata nel Castello di San Giorgioin Mantova, e presenta un finto balcone dal quale si affacciano personaggi diversi, molti con strumenti musicali, che testimoniano il loro amore per la musica, arte e poesia; oltre il balcone, nel cielo azzurro, si erge il soffitto di un gazebo decorato con rami pieni di frutta. Al centro del gazebo c’è un rosone in legno intagliato e un’architettura finta che funge da copertura per la struttura. Tutto intorno corre un fregio decorato con grottesche con medaglioni raffiguranti scene mitologiche dell’antica Roma. La connessione pittorica tra il soffitto e le pareti fu realizzata nel 1517 con le lunette in cui è dipinto il mito di Eros e Anteros, opera dell’umanista Celio Calcagnini.

Sala delle mappe
Questa sala si trova al piano principale dell’edificio, dedicata alla necropoli etrusca di Spina, ed è stata decorata nel 1935 come conclusione dei lavori di restauro che hanno portato all’apertura del Museo Archeologico Nazionale. La decisione di dedicare la conclusione dell’itinerario museale alla riproduzione di antiche carte geografiche è stata presa dal primo direttore del museo, Salvatore Aurigemma, che ha voluto attirare l’attenzione dello spettatore sia sul territorio del delta del Po che sulle valli del Comacchio, ovvero l’area in cui i reperti della città di Spina vennero alla luce in seguito alla bonifica di Valle Trebba negli anni ’20.

Questo desiderio di decorare la stanza si basa anche sullo spirito del tempo, in particolare sul recupero della storia passata e in particolare dell’antica Roma imperiale, che nell’era fascista servì a giustificare gli interventi e le azioni dello Stato. La revisione delle grandi mappe geografiche, anche se superata dalla moderna cartografia, inizia con due mappe dell’Italia: una con i territori in cui vivevano gli Etruschi durante il loro periodo di massima espansione (5 ° secolo), mentre l’altra mostra la divisione in regioni durante l’era dell’imperatore Augusto (1 ° secolo). Una rappresentazione di spicco, posta lungo il muro che domina la loggia, è coperta da una porzione della Tavola Peutingeriana, una copia medievale di una mappa romana che mostra le rotte militari dell’Impero Romano, che raffigura il percorso del Po da Piacenza alla sua foce e con l’Italia centrale fino a Roma. Il ciclo cartografico termina con le mappe del delta del Po e delle valli di Comacchio, utili al visitatore per inquadrare meglio l’area di origine della città etrusca di Spina.

I versi dell’ode alla città di Ferrara, composta da Giosuè Carducci nel 1895, furono trascritti attorno alla stanza sul fregio della cornice.

La Hall of Gold Jewellery
La sala espone quasi cento gioielli in oro, argento, ambra e pasta di vetro trovati nelle tombe di Spina e databili tra il V e il IV secolo a.C. C. La raffinata cornice comprende una collezione di preziosi reperti, in parte attribuibili all’artigianato etrusco, in parte legati a gioielli magno-greci simili: diademi d’oro, fibule, pendenti e vari altri gioielli che accompagnano l’uomo nei momenti salienti della sua esistenza, da dalla nascita all’età adulta, fino all’accaparramento oltre la morte.

Molto interessante è la collezione di oggetti in ambra, un materiale che secondo la tradizione era indossato dalle donne della Pianura Padana per le loro qualità terapeutiche e spesso combinato con l’oro in un intreccio di potere e regalità. Una parte della mostra è dedicata al mondo dei profumi, che ha connotato lo status symbol delle classi privilegiate: balsamari in pasta di vetro, pyx in marmo e spatole per attingere alle essenze. Attraverso la mostra di questi nuovi e affascinanti reperti, il visitatore sarà in grado di disegnare un quadro vivace e più completo della storia di Spina e dei suoi abitanti.

Gran parte della collezione di gioielli e manufatti sarà esposta per la prima volta. È un complemento adatto all’esposizione di mobili tombali della necropoli di Spina.

Le botteghe orafe di Spina, risalenti principalmente alla fine del V secolo a.C., testimoniano un periodo di affluenza generalizzata in questo porto etrusco. Dimostrano anche la maestria artigianale dei suoi orafi. Oro, argento, ambra, pietre semipreziose e pasta di vetro vetroso sono stati i materiali maggiormente utilizzati. Nell’oscurità delle tombe riflettevano il potere dei loro proprietari e la pompa e la cerimonia che circondavano il loro uso nel rituale quotidiano o in occasioni speciali. A differenza del gran numero di vasi attici del 5 ° e 4 ° secolo a.C. in mostra, i manufatti in oro erano un elemento eccezionale di mobili per tomba a Spina e quasi esclusivamente trovati accanto alle donne. Le scoperte includono amuleti realizzati con una varietà di materiali e ninnoli d’oro che erano stati accuratamente nascosti nelle tombe. Realizzati quasi sicuramente da artigiani locali con metodi tradizionali, i gioielli Spina testimoniano tuttavia il talento creativo dei loro produttori e la loro capacità di adattarsi e creare nuove mode. In effetti gli artigiani Spina avevano quella combinazione di abilità tecniche e artistiche che sono sempre state la chiave del successo nel mondo dei beni di lusso.

Percorso cieco
Con immagini e testo in rilievo, audioguide con lettori MP3 e braille. Inoltre, il pubblico ha ora l’opportunità di gestire un servizio di simposio riassemblato su uno sportello appositamente progettato.

Il giardino
Il giardino formale degli spazi esterni dell’edificio assume una notevole importanza, il risultato dei restauri subiti nel 2010. Tuttavia, il giardino oggi visitabile non è quello originale poiché è una ricostruzione nello stile di un tipico Rinascimento giardino realizzato negli anni ’30. L’originale “giardino di rappresentanza” era situato ad est dell’edificio, lungo l’antica via della Ghiara, di cui non rimane traccia oggi poiché nel tempo è stato diviso più volte e destinato a diversi proprietari.

Il desiderio di ricreare un tipico giardino rinascimentale è nato negli anni ’30, nello stesso periodo in cui è stato inaugurato il Museo Archeologico Nazionale, sebbene sia il risultato di una ricostruzione puramente immaginaria e non basata su alcuna documentazione storica. Il giardino, che fino all’inizio del XX secolo era adibito a orto, era diviso in ampie piazze, mantenendo gli stessi percorsi esistenti e delineando le aiuole; inoltre, come voleva la pratica del tempo, la parte meridionale era decorata con ligustri di ligustro, una pianta non diffusa nei giardini cinquecenteschi. Negli anni ’50, fu aggiunto il labirinto, la galleria di rose, i giochi verdi all’interno delle piazze e altre specie di alberi, finendo per perdere l’unità formale con cui è stato concepito.

I lavori di restauro del 2009-2010, grazie agli studi effettuati sul terreno, hanno permesso di mantenere pressoché invariato il sistema del giardino e hanno anche permesso di ricostruire l’antica costituzione delle essenze degli alberi. In particolare, l’archeologia dei paesaggi ha ricostruito un ambiente molto vasto, utilizzato quasi interamente come orto e dotato di alberi rari ma ricco della tipica vegetazione di un terreno umido, così come alberi da frutto, prati incolti e un’alta concentrazione di cereali, in particolare orzo e grano; le indagini di scavo archeologico hanno invece messo in evidenza i livelli del terreno prima della costruzione dell’edificio insieme ai resti di un muro che attraversava il giardino e che fu demolito all’inizio del XVIII secolo.

Le indagini paleobotaniche e palinologiche hanno quindi restituito un quadro più dettagliato delle composizioni arboricole della zona nel corso dei secoli e hanno permesso un restauro più accurato del giardino, che è stato promosso e finanziato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. L’intervento è consistito in un restauro conservativo di quello esistente: sono stati mantenuti i percorsi e le aree verdi, le scatole e le siepi in bosso, così come il labirinto e il pergolato di rose, mentre il cedro deodara e il cedro del Libano sono collocati in nella zona meridionale hanno subito un intervento di pulizia delle parti asciutte e un aumento delle corone. Anche i quattro tassi sono stati riposizionati nei rispettivi quadrati, oltre il pozzo, in modo da non interferire con la vista prospettica del portico; alcune essenze arboricole sono state sostituite anche con due piante di melograno, già presenti nel giardino e rappresentate anche nella Sala del Tesoro da Garofalo. Infine, il muro circostante era coperto di piante rampicanti fiorite come rose, ortensie, clematis armandii e viti americane.

Lo splendido giardino neorinascimentale di Palazzo Costabili in via XX Settembre, le geometrie delle siepi intersecate dai sentieri, il magico labirinto verde, i romantici bersagli delle rose, le monumentali essenze arboricole che delimitano il giardino di mezzogiorno accoglieranno i visitatori alla ricerca di un angolo di natura e pace tra i tesori di arte, architettura e archeologia che caratterizzano questo angolo di città.