Il Duomo di Firenze, formalmente Cattedrale Metropolitana di Santa Maria del Fiore, è la principale chiesa fiorentina, simbolo della città e una delle più famose d’Italia. Il complesso della cattedrale, in piazza del Duomo, comprende il Battistero e il Campanile di Giotto. Questi tre edifici fanno parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO che copre il centro storico di Firenze e sono una delle principali attrazioni turistiche della Toscana.

Il Duomo di Firenze si staglia alto sulla città con la sua magnifica cupola rinascimentale progettata da Filippo Brunelleschi, con il battistero proprio di fronte. La cattedrale intitolata a Santa Maria del Fiore è una vasta struttura gotica edificata sul sito della chiesa di Santa Reparata del VII secolo, i cui resti sono visibili nella cripta. Il Duomo di Firenze fu iniziato nel 1296 in stile gotico su progetto di Arnolfo di Cambio e fu strutturalmente completato nel 1436, con la cupola progettata da Filippo Brunelleschi. L’esterno della basilica è rivestito con pannelli in marmo policromo in varie tonalità di verde e rosa, bordati di bianco, e presenta un’elaborata facciata in stile neogotico del XIX secolo di Emilio De Fabris.

La basilica è nota in passato per la cupola più grande del mondo. Rimane la più grande cupola in mattoni mai costruita. La Cattedrale in grado di ospitare 30.000 fedeli, quando fu completata nel XV secolo era la chiesa più grande del mondo. Tra le caratteristiche significative dell’edificio ci sono le sue vetrate; la sua ornata facciata in marmo verde, rosso e bianco; la sua collezione di dipinti e statue di maestri rinascimentali.

Il Duomo di Santa Maria del Fiore si distingue per le sue dimensioni monumentali. La chiesa ha una lunghezza di 153 metri e una larghezza di 38 metri. L’altezza degli archi nelle navate laterali è di 23 metri e l’altezza della cupola è di 114,5 metri. Per la lunga durata della sua esecuzione, dalla fondazione al completamento ottocentesco, si riscontrano notevoli differenze stilistiche tra le sue parti, ma la facciata neogotica realizzata in marmo rosso, bianco e verde forma un insieme armonioso insieme alla facciata giottesca campanile e il Battistero.

Nel 1418 i problemi tecnici della costruzione di una volta al di sopra delle enormi dimensioni della cupola erano risolti. La capacità degli artisti fiorentini di trovare soluzioni tecniche ed estetiche per la realizzazione di questa cupola fu la prima significativa affermazione dell’architettura rinascimentale. La cupola dell’edificio appartiene alla tradizione gotica, in quanto era costruita con una costruzione a costoloni e una forma ad arco acuto, ma l’introduzione di un tamburo, che rendeva la cupola più prominente, divenne caratteristica della cupola rinascimentale. Avendo quasi eguagliato la campata del Pantheon di Roma in pietra, Brunelleschi fu salutato come l’uomo che “rinnovava le opere murarie romane”.

Le tre porte bronzee, ornate con scene della vita della Madonna, risalgono ad un periodo compreso tra il 1899 e il 1903. I mosaici nelle lunette sopra i portali sono opera di Niccolò Barabino. Il frontone sopra il portale centrale contiene un rilievo di Tito Sarrocchi. Sulla sommità della facciata si aprono una serie di nicchie con al centro i dodici Apostoli e la Madonna col Bambino. Tra il rosone e il timpano si trova una galleria con busti di grandi artisti fiorentini.

La Cattedrale ha pianta basilicale, a tre navate, divise da grandi pilastri compositi, e volte a sesto acuto. La pianta del Duomo è costituita da un corpo basilicale a tre navate saldato ad un’enorme rotonda a triconca che sorregge l’immensa cupola del Brunelleschi, la più grande cupola in muratura mai realizzata. L’interno è piuttosto semplice e austero, con pavimento in marmi policromi disegnato da Baccio d’Agnolo. Un balcone su mensoloni percorre tutto il perimetro della chiesa.

È visibile la superficie più ampia mai decorata con affreschi: 3600 mq, eseguiti tra il 1572 – 1579 da Giorgio Vasari e Federico Zuccari. Alla base della lanterna in marmo si trova una terrazza panoramica con vista sulla città posta a 91 metri da terra. La facciata del Duomo in marmo policromo è di epoca moderna, risale al 1887 di Emilio de Fabris, ed è un importante esempio di stile neogotico in Italia.

Architettura
Santa Maria del Fiore colpisce per le sue dimensioni monumentali e per il suo aspetto di monumento unitario, soprattutto all’esterno, grazie all’utilizzo degli stessi materiali: marmo bianco di Carrara, verde di Prato, rosso di Maremma e pianelle di terracotta.

La chiesa fu consacrata non appena fu collocata la cupola anche se la facciata (fronte della chiesa) era ormai terminata solo a metà. Considerato solo una decorazione, rimase incompiuto fino al XIX secolo. Ad un esame più attento, ciascuna delle parti rivela notevoli differenze stilistiche, dovute al lunghissimo periodo di esecuzione, dalla fondazione al completamento ottocentesco.

L’interno, al contrario, è piuttosto spoglio e semplice. I pavimenti a mosaico sono sicuramente la sua principale attrazione all’interno. L’opera d’arte più grande all’interno della cattedrale sono gli affreschi del Giudizio Universale di Giorgio Vasari (1572-9): furono progettati dal Vasari ma dipinti principalmente dal suo allievo meno talentuoso Federico Zuccari nel 1579. Ci sono anche 3 affreschi lungo la navata sinistra della cattedrale .

Esterno

La Cattedrale oggi è il risultato di 170 anni di lavoro. La costruzione della cattedrale era iniziata nel 1296 su progetto di Arnolfo di Cambio e si concluse nel 1469 con la collocazione della sfera di rame del Verrochio sopra la lanterna. Il progetto, subì numerose modifiche, le più evidenti delle quali sono visibili sui lati esterni dell’edificio, a nord e a sud, dove le prime quattro finestre sono più basse, più strette e più vicine di quelle ad est, cui corrispondono però , all’ampliamento operato dal capomaestro a partire dalla metà del XIV secolo. Ma la facciata era ancora incompiuta e tale sarebbe rimasta fino al XIX secolo.

Le cappelle radiali ad est furono completate all’inizio del XV secolo e la gigantesca cupola, progettata da Filippo Brunelleschi, fu costruita in soli 16 anni, dal 1418 al 1434, “structura si grande, svettante sopra e cieli, si estende a coprire tutto Popoli toscani con la sua ombra”, come scrisse all’epoca Leon Battista Alberti. La lanterna, disegnata dal Brunelleschi, fu realizzata dopo la morte dell’artista (1446) e la sfera di rame dorato con la croce, contenente reliquie sacre, opera di Andrea del Verrocchio, fu collocato nel 1466.

La facciata della cattedrale fu lasciata incompiuta, essendo presente solo la parziale costruzione decorativa risalente ad Arnolfo di Cambio. Già nel 1491 Lorenzo il Magnifico aveva promosso un concorso per il completamento, ma non fu trovata alcuna realizzazione. Nel 1587, sotto Francesco I de’ Medici, la parte decorativa esistente fu distrutta su proposta di Bernardo Buontalenti, che avanzò un suo progetto più “moderno”, però mai realizzato. Nei secoli successivi il duomo si dotò di facciate effimere in occasione di importanti celebrazioni, e fu solo nel 1871 che, dopo un concorso internazionale, accese discussioni e aspri dibattiti, iniziò la costruzione di una vera e propria facciata, su progetto di Emilio De Fabris che, alla sua morte,

Il tema iconografico della decorazione riprende sia il ciclo mariano dell’antica facciata arnolfiana sia quello del campanile con il tema del cristianesimo come motore del mondo. Nelle nicchie dei contrafforti si trovano, da sinistra, le statue del cardinale Valeriani, del vescovo Agostino Tinacci, di papa Eugenio IV che dedicò la chiesa nel 1436 e di sant’Antonino Pierozzi, vescovo di Firenze. Nel timpano della cuspide centrale la Gloria di Maria di Augusto Passaglia e nel loggione la Madonna col Bambino e i Dodici Apostoli. Alla base del coronamento, oltre il rosone, i riquadri con i busti dei grandi artisti del passato e al centro del timpano un tondo con l’Eterno Padre, sempre del Passaglia.

Le tre grandi porte bronzee di Augusto Passaglia (quella centrale principale e quella laterale sinistra) e di Giuseppe Cassioli (quella di destra) risalgono al periodo dal 1899 al 1903 e sono decorate con scene della vita della Madonna . Quella di Cassioli in particolare è stata un’opera molto dolorosa: avendo subito molestie, disgrazie e miserie durante i lunghi anni di lavoro, lasciandoci il suo autoritratto in una delle teste della porta destra, ha voluto raffigurarsi con un serpente intorno il collo nell’atto di soffocarlo.

Le lunette musive sopra le porte furono disegnate da Nicolò Barabino e raffigurano: La Carità tra i fondatori delle istituzioni filantropiche fiorentine (a sinistra), Cristo in trono con Maria e San Giovanni Battista (al centro) e artigiani, mercanti e umanisti fiorentini rendono omaggio alla Vergine (Giusto). Nel frontone del portale centrale vi è un bassorilievo di Tito Sarrocchi con Maria in trono con scettro di fiori; il coronamento è a doppia falda ed è costituito da un ballatoio con balaustra traforata.

Il duomo di Firenze è costruito come una basilica, con un’ampia navata centrale di quattro campate quadrate, con una navata laterale su entrambi i lati. Il presbiterio ei transetti sono di identica pianta poligonale, separati da due cappelle poligonali minori. L’intero piano forma una croce latina. La navata centrale e le navate laterali sono separate da ampi archi ogivali gotici poggianti su pilastri compositi.

Le dimensioni dell’edificio sono enormi: superficie edificabile 8.300 m2 (89.340 piedi quadrati), lunghezza 153 m (502 piedi), larghezza 38 m (125 piedi), larghezza all’incrocio 90 m (300 piedi). L’altezza degli archi nei corridoi è di 23 m (75 piedi). L’altezza della cupola è di 114,5 m (375,7 piedi). Ha la quinta cupola più alta del mondo.

Cupola
Dopo cento anni di costruzione e all’inizio del XV secolo, alla struttura mancava ancora la cupola. Le caratteristiche di base della cupola erano state progettate da Arnolfo di Cambio nel 1296. Il suo modello in mattoni, alto 4,6 m (15,1 piedi), lungo 9,2 m (30,2 piedi), si trovava in una navata laterale dell’edificio incompiuto, ed era lungo stato sacrosanto. Richiedeva una cupola ottagonale più alta e più ampia di qualsiasi altra mai costruita, senza contrafforti esterni per impedirle di allargarsi e cadere sotto il suo stesso peso.

L’impegno a rifiutare i tradizionali contrafforti gotici era stato preso quando il modello di Neri di Fioravanti fu scelto da Giovanni di Lapo Ghini rispetto a uno concorrente di Giovanni di Lapo Ghini. Quella scelta architettonica, nel 1367, fu uno dei primi eventi del Rinascimento italiano, segnando una rottura con lo stile gotico medievale e un ritorno alla classica cupola mediterranea. Gli architetti italiani consideravano gli archi rampanti gotici come brutti ripieghi. Inoltre a Firenze era vietato l’uso dei contrafforti, in quanto lo stile era prediletto dai tradizionali nemici del centro Italia a nord.

Il modello di Neri raffigurava una massiccia cupola interna, aperta nella parte superiore per far entrare la luce, come il Pantheon di Roma, in parte sorretta dalla cupola interna, ma racchiusa in un guscio esterno più sottile, per tenere fuori le intemperie. Doveva stare su un tamburo ottagonale senza contrafforti. La cupola di Neri avrebbe bisogno di una difesa interna contro la diffusione (stress da cerchio), ma nessuna era stata ancora progettata. La costruzione di una tale cupola in muratura poneva molti problemi tecnici. Brunelleschi guardava alla grande cupola del Pantheon a Roma per trovare soluzioni. La cupola del Pantheon è un unico guscio di cemento, la cui formula era stata dimenticata da tempo. Il Pantheon aveva impiegato il centraggio strutturale per sostenere la cupola di cemento durante la polimerizzazione. Questa non potrebbe essere la soluzione nel caso di una cupola di queste dimensioni e metterebbe fuori uso la chiesa.

Per l’altezza e l’ampiezza della cupola progettata da Neri, che inizia a 52 m (171 piedi) dal pavimento e si estende per 44 m (144 piedi), non c’era abbastanza legname in Toscana per costruire le impalcature e le casseforme. Brunelleschi scelse di seguire tale disegno e impiegò una doppia conchiglia, fatta di arenaria e marmo. Brunelleschi avrebbe dovuto costruire la cupola in mattoni, per la sua leggerezza rispetto alla pietra e per essere più facile da formare, e senza nulla sotto durante la costruzione. Per illustrare la sua proposta di progetto strutturale, costruì con l’aiuto di Donatello e Nanni di Banco un modello in legno e mattoni, modello che è tuttora esposto al Museo dell’Opera del Duomo. Il modello serviva da guida per gli artigiani, ma era volutamente incompleto, in modo da garantire il controllo del Brunelleschi sulla costruzione.

Le soluzioni di Brunelleschi furono geniali. Il problema della diffusione è stato risolto da un insieme di quattro catene orizzontali interne in pietra e ferro, che fungevano da cerchi a botte, incastonate all’interno della cupola interna: una in alto, una in basso, con le restanti due uniformemente distanziate tra loro. Una quinta catena, di legno, era posta tra la prima e la seconda catena di pietra. Poiché la cupola era ottagonale anziché rotonda, una semplice catena, stringendo la cupola come un cerchio di botte, avrebbe esercitato tutta la sua pressione sugli otto angoli della cupola. Le catene dovevano essere ottagoni rigidi, abbastanza rigidi da mantenere la loro forma, in modo da non deformare la cupola mentre la tenevano insieme.

Ciascuna delle catene di pietra del Brunelleschi era costruita come un binario ottagonale con binari paralleli e traverse, tutte realizzate con travi di arenaria di 43 cm (17 pollici) di diametro e lunghe non più di 2,3 m (7,5 piedi). Le rotaie erano collegate da un capo all’altro con giunzioni di ferro smaltate al piombo. Le traverse e le rotaie sono state intagliate insieme e quindi ricoperte con i mattoni e la malta della cupola interna. Le traverse della catena inferiore sono visibili sporgenti dal tamburo alla base della cupola. Gli altri sono nascosti. Brunelleschi includeva anche “nervature” verticali poste agli angoli dell’ottagono, che curvavano verso il punto centrale. Le nervature, profonde 4 m (13 piedi), sono supportate da 16 nervature nascoste che si irradiano dal centro. Le nervature avevano feritoie per accogliere travi che sostenevano piattaforme,

Una cupola circolare in muratura può essere costruita senza supporti, chiamata centratura, perché ogni corso di mattoni è un arco orizzontale che resiste alla compressione. A Firenze, la cupola interna ottagonale era abbastanza spessa da consentire di incastonarvi un cerchio immaginario ad ogni livello, una caratteristica che alla fine avrebbe sostenuto la cupola, ma non poteva tenere i mattoni in posizione mentre la malta era ancora bagnata. Brunelleschi utilizzò un motivo a spina di pesce per trasferire il peso dei mattoni appena posati sulle nervature verticali più vicine della cupola non circolare.

La cupola esterna non era abbastanza spessa da contenere cerchi orizzontali incorporati, essendo spessa solo 60 cm (2 piedi) alla base e 30 cm (1 piede) nella parte superiore. Per creare tali cerchi, Brunelleschi ha ispessito la cupola esterna all’interno dei suoi angoli a nove diverse elevazioni, creando nove anelli in muratura, che possono essere osservati oggi dallo spazio tra le due cupole. Per contrastare lo stress del telaio, la cupola esterna si basa interamente sul suo fissaggio alla cupola interna e non ha catene incorporate.

Una moderna comprensione delle leggi fisiche e degli strumenti matematici per calcolare le sollecitazioni erano secoli nel futuro. Brunelleschi, come tutti i costruttori di cattedrali, dovette fare affidamento sull’intuizione e su tutto ciò che poteva imparare dai modelli in grande scala che costruiva. Per sollevare 37.000 tonnellate di materiale, inclusi oltre 4 milioni di mattoni, ha inventato macchine di sollevamento e lewisson per il sollevamento di grandi pietre. Queste macchine appositamente progettate e le sue innovazioni strutturali furono il principale contributo di Brunelleschi all’architettura.

Facciata
La facciata originaria, progettata da Arnolfo di Cambio e solitamente attribuita a Giotto, fu in realtà iniziata vent’anni dopo la morte di Giotto. Un disegno a penna e inchiostro della metà del XV secolo di questa cosiddetta facciata di Giotto è visibile nel Codex Rustici, e nel disegno di Bernardino Poccetti del 1587, entrambi esposti nel Museo dell’Opera del Duomo.

Questa facciata fu opera collettiva di diversi artisti, tra i quali Andrea Orcagna e Taddeo Gaddi. Questa originaria facciata fu completata solo nella sua parte inferiore e poi lasciata incompiuta. Fu smantellato nel 1587–1588 dall’architetto di corte medicea Bernardo Buontalenti, su ordine del granduca Francesco I de’ Medici, in quanto appariva totalmente fuori moda in epoca rinascimentale. Alcune delle sculture originali sono esposte nel Museo dell’Opera del Duomo, dietro la cattedrale. Altri sono ora al Museo di Berlino e al Louvre.

La competizione per una nuova facciata si è trasformata in un enorme scandalo di corruzione. Il modello ligneo della facciata del Buontalenti è esposto al Museo dell’Opera del Duomo. Qualche nuovo disegno era stato proposto negli anni successivi, ma i modelli (di Giovanni Antonio Dosio, Giovanni de’ Medici con Alessandro Pieroni e Giambologna) non furono accettati. La facciata fu poi lasciata nuda fino al XIX secolo.

Portale principale di Augusto Passaglia
Nel 1864 un concorso indetto per la progettazione di una nuova facciata fu vinto da Emilio De Fabris (1808–1883) nel 1871. I lavori iniziarono nel 1876 e furono completati nel 1887. Questa facciata neogotica in marmo bianco, verde e rosso forma un armonioso entità con la cattedrale, il campanile di Giotto e il Battistero. L’intera facciata è dedicata alla Madre di Cristo.

Fianco meridionale
Le pareti sono rivestite esternamente da una sontuosa decorazione in marmi policromi di Campiglia, poi Carrara (marmo bianco), Prato (serpentina verde), Siena e Monsummano (rosso). Le fasce marmoree riprendevano sia la decorazione del Battistero che quella del Campanile.

Il lato meridionale (a destra della facciata, lato campanile), fu il primo ad essere rialzato, fino alle prime due campate. Qui una lapide ricorda la fondazione del 1296. Le finestre della prima campata, identiche alle corrispondenti del lato settentrionale, sono tre, cieche, con frontoni ornati sormontati da edicole con statue, alcune delle quali sono calchi degli originali. Ciascuna corrisponde alle tre campate originariamente previste nel progetto di Arnolfo, di forma rettangolare, che avrebbero dato origine ad un maggiore affollamento di pilastri e quindi un aspetto più gotico.

Sotto la seconda di queste finestre, in corrispondenza di un rilievo con l’Annunciazione, è datata 1310, poco prima della morte di Arnolfo. La seconda campata mostra un’altra finestra ed un primo portale detto “Porta del campanile”: nella lunetta ha una Madonna col Bambino e nel timpano della cuspide un Cristo benedicente, opere della cerchia di Andrea Pisano. Sopra le edicole sono attribuite a Niccolò di Luca Spinelli le statue dell’Angelo annunziante e della Vergine annunciata.

Nelle due campate successive, tra possenti contrafforti, è presente un’unica bifora, che risale a dopo il 1357 e mostra i ritmi più rilassati del gotico fiorentino. Segue la Porta dei Canonici, presso il bivio della tribuna, in stile gotico fiorito con fini intagli marmorei di Lorenzo di Giovanni d’Ambrogio e Piero di Giovanni Tedesco; la lunetta (Madonna con bambino, 1396) è attribuita a Niccolò di Pietro Lamberti oa Lorenzo di Niccolò, mentre gli angeli sono del Lamberti (1401-1403).

Le finestre superiori della navata centrale sono invece occhi circolari, caratteristica dettata dalla volontà di non alzare troppo la navata principale e garantire comunque una buona illuminazione. Inoltre, le aperture circolari erano meno problematiche dal punto di vista strutturale. Le esigenze statiche rendevano indispensabile l’utilizzo di archi rampanti per scaricare parte del peso delle volte della navata centrale sulle pareti esterne. Questi espedienti alla fine decisero di nasconderli rialzando le pareti laterali con un solaio con rettangoli di pietra verde appena incorniciati di bianco: la soluzione univa la volontà di imitare il solaio del Battistero con una colorazione scura che rendesse meno evidente l’espediente.

Questo attico è generalmente (ed erroneamente) indicato a riprova del fatto che i muri esterni furono iniziati secondo un progetto arnolfiano e poi rialzati dal Talenti. La prova definitiva della falsità di tale presupposto fu data dal ritrovamento che le grosse lesene che caratterizzano il muro delle navate laterali a partire da ovest erano inizialmente previste anche per la navata principale (sono ancora visibili nei solai) che sappiamo fu progettato e in parte eretto da Talenti.

Fianco settentrionale
Il fianco settentrionale ha lo stesso carattere del fianco meridionale. Nelle campate di Arnolfo si trova la Porta di Balla o dei Cornacchini, della fine del Trecento, che prende il nome da un’antica porta cittadina nella cinta muraria altomedievale. Due leoni portacolonne sorreggono colonne tortili, culminanti con pinnacoli su cui si trovano due statuette di angeli. Nella lunetta una Madonna col Bambino. Una leggenda popolare narra che all’inizio del Quattrocento un certo Anselmo, che abitava in via del Cocomero (oggi via Ricasoli), proprio davanti alle case dei Cornacchini, sognò di essere sbranato dal leone che, stranamente, del sogno, era proprio quella della porta. Ma quando, quasi alla sfida dell’innocua bestia decorativa, volle metterle una mano in bocca,

In corrispondenza di via dei Servi si apre la famosa Porta della Mandorla, così chiamata per l’elemento contenuto nella guglia gotica con l’altorilievo dell’Assunta, di Nanni di Banco (1414-1421). L’ultimo eseguito mostra un’ambientazione ancora gotica, riferibile alla prima fase costruttiva (1391-1397), mostra rilievi di Giovanni d’Ambrogio, Jacopo di Piero Guidi, Piero di Giovanni Tedesco e Niccolò di Pietro Lamberti (archivolto), a a cui si aggiunsero poi Antonio e Nanni di Banco nel 1406 – 1408. Famosa è la piccola figura di Ercole scolpita nello stipite, attribuita a Nanni di Banco e uno dei primi revival classicisti documentati a Firenze. Sui pinnacoli c’erano due Prophetin di Donatello e Nanni di Banco oggi al Museo dell’Opera.

Zona absidale
La zona absidale della cattedrale è costituita da una cupola ottagonale e tre absidi. Lungo i punti cardinali sono disposte le tre absidi, o tribune, prismatiche a semicupole con suggestivi contrafforti a forma di archi rampanti posti sulle pareti divisorie delle tribune stesse. Le eleganti finestre sui lati sud ed est sono attribuite a Lorenzo Ghiberti.

Più in alto, in corrispondenza delle sagrestie e della scala di accesso alla cupola, si trovano le “tribune morte”, a pianta semicircolare, progettate dal Brunelleschi. Al di sopra corre una galleria continua su mensoloni con parapetto traforato quadrilobato. Sotto di essa sporgono gargoyle a forma di teste zoomorfe. Il David di Michelangelo era originariamente scolpito per uno dei contrafforti della tribuna nord ma, una volta completato, fu collocato in piazza dei Priori, in modo che fosse più facilmente visibile; altre statue avrebbero dovuto decorare l’intera area absidale.

Portale principale
Le tre grandi porte in bronzo sono datate dal 1899 al 1903. Sono adornate con scene della vita della Madonna. I mosaici delle lunette sopra le porte sono opera di Niccolò Barabino. Rappresentano (da sinistra a destra): la carità tra i fondatori delle istituzioni filantropiche fiorentine; Cristo in trono con Maria e Giovanni Battista; e artigiani, mercanti e umanisti fiorentini. Il frontone sopra il portale centrale contiene un mezzo rilievo di Tito Sarrocchi di Maria in trono che regge uno scettro fiorito. Giuseppe Cassioli scolpì la porta di destra.

Sulla sommità della facciata è una serie di nicchie con i dodici Apostoli con, al centro, la Madonna con Bambino. Tra il rosone e il timpano si trova una galleria con busti di grandi artisti fiorentini.

Interno

L’interno gotico è vasto e dà un’impressione di vuoto. La relativa nudità della chiesa corrisponde all’austerità della vita religiosa, come predicava Girolamo Savonarola. Passando all’interno della Cattedrale, si rimane colpiti dalla vastità degli spazi e dalla sobrietà degli arredi.

La ricca policromia esterna che collega la mole del monumento alla scala ridotta degli edifici circostanti, qui si trasforma in una semplicità che sottolinea, invece, le dimensioni titaniche della chiesa (la più grande d’Europa all’epoca del suo completamento nel ‘400: lungo 153 metri, largo 90 metri alla croce e alto 90 metri dal pavimento all’apertura della lanterna). Molte decorazioni della chiesa sono andate perdute nel tempo, o sono state trasferite al Museo dell’Opera del Duomo, come i magnifici pulpiti cantoriali (le tribune dei coristi) di Luca della Robbia e di Donatello.

L’aspetto quasi spoglio dell’interno di Santa Maria del Fiore corrisponde all’austero ideale spirituale della Firenze medievale e del primo Rinascimento; suggerisce architettonicamente la spiritualità dei grandi riformatori della vita religiosa fiorentina, da San Giovanni Gualberto a Sant’Antonino e Fra Girolamo Savonarola. La matrice formale, quindi, è duplice: da un lato, la forza ruvida delle chiese romaniche e dall’altro l’elegante essenzialità delle chiese “mendicanti”, Santa Croce in particolare, progettata dallo stesso Arnolfo. L’arricchimento della Cattedrale con sontuosi pavimenti in marmi colorati e con nicchie a “tempio” appartiene a un secondo momento della storia della Cattedrale, sotto il patrocinio dei Granduchi nel XVI secolo.

Santa Maria del Fiore fu edificata a spese del Comune, come “chiesa di Stato”, e le opere d’arte lungo le due navate laterali fanno parte di un programma civico in onore di “uomini illustri” della vita fiorentina. In programma: i monumenti equestri affrescati ai condottieri Giovanni Acuto (di Paolo Uccello, 1436) e Niccolò da Tolentino (di Andrea del Castagno, 1456) 9 e 8; e il dipinto di Domenico di Michelino raffigurante Dante, del 1465 10, ritratti in rilievo in onore di Giotto 3, Brunelleschi 2, Marsilio Ficino 4, e Antonio Squarcialupi, organista del Duomo 7, tutte opere del ‘400 e primi del ‘500 Del XIX secolo, invece, sono i ritratti di Arnolfo ed Emilio De Fabris, 6 e 5.

Oltre all’iconografia civica, c’è anche un programma religioso che si sviluppa nelle aree del Duomo adibite al culto. Due grandi immagini, poste ai poli opposti del percorso processionale, ne suggeriscono il significato: un mosaico sopra il portone d’ingresso principale (di Gaddo Gaddi all’inizio del XIV secolo) e la finestra rotonda sopra l’altare maggiore (l’unico degli otto “occhi” del tamburo che si vedono subito entrando in Duomo, opera di Donatello tra il 1434 e il 1437). Entrambi raffigurano l’Incoronazione della Vergine, cioè l’elevazione di Maria alla sua gloria dopo la sua morte.

Un incrocio di significati civici e religiosi nella Cattedrale, tutti ruotanti intorno all’idea della dignità dell’essere umano, della sua grandezza e dell’elevazione che gli è concessa da Dio. Si celebra la dignità storica, definita dal giusto uso dei talenti al servizio della comunità – e nel mosaico e nella vetrata (come in altre componenti dell’iconografia propriamente religiosa) si celebra la grandezza spirituale dell’uomo, destinato a trascendere storia umana per “regnare con Cristo”: vocazione universale anticipata nell’Incoronazione di Maria.

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Il colossale orologio sopra il portone d’ingresso suggerisce, tra l’altro, questo radicamento nella storia. Eseguito (nella parte dipinta) da Paolo Uccello nel 1443, è un orologio “liturgico” che – come l’ordine dei festeggiamenti della Chiesa – calcola le 24 ore del giorno a partire dal tramonto del giorno precedente. Infine, le quattro teste dei profeti negli angoli suggeriscono che questo “tempo presente” della Chiesa guarda verso un altro tempo: un futuro in cui il senso del presente si rivelerà nella sua pienezza.

Controfacciata
Al centro della controfacciata l’orologio corsivo ha teste di evangelisti, affrescato agli angoli da Paolo Uccello (1443). L’orologio, di uso liturgico, è uno degli ultimi ad utilizzare la cosiddetta hora italica, una giornata divisa in 24 “ore” di durata variabile a seconda della stagione, che inizia al suono dei vespri, in uso fino al XVIII secolo. I ritratti degli evangelisti non sono identificabili con il tradizionale ausilio di animali simbolici, ma attraverso i tratti fisionomici che richiamano l’animale simbolico (o, nel caso di Matteo, l’angelo).

Nella lunetta del portale centrale si trova il mosaico dell’Incoronazione della Vergine, attribuito a Gaddo Gaddi. Ai lati del portale angeli in stile arcaico, forse dipinti dal Santi di Tito alla fine del Cinquecento. A destra del portale centrale si trova la tomba del vescovo Antonio d’Orso (1343) di Tino di Camaino. Il pilastro attiguo presenta una tavola a fondo oro con Santa Caterina d’Alessandria e un devoto riferibile alla scuola di Bernardo Daddi (1340 ca.).

Navata
Alcune opere della cattedrale rispecchiano la sua funzione pubblica, con monumenti dedicati a uomini illustri e comandanti militari di Firenze. Nel XV secolo, infatti, il cancelliere fiorentino Coluccio Salutati concepì il progetto di trasformarlo in una sorta di Pantheon di fiorentini illustri, con opere d’arte celebrative.

Nella prima campata di destra, entro una grande edicola cinquecentesca che maschera l’antica apertura verso il campanile, si trova la statua del profeta Isaia, opera di Nanni di Banco. Originariamente era destinato a un contrafforte della tribuna settentrionale. Sul primo pilastro di destra, l’acquasantiera di scuola toscana risale al XIV secolo: l’angelo e il catino sono ora copie (originali nel museo dell’Opera del Duomo). La vicina tavola cuspidata con Sant’Antonino è del Poppi con predella ottocentesca di Antonio Marini. A sinistra invece è la statua di Giosuè (1415) già in facciata, iniziata da Donatello (per la testa, che presumibilmente ritrae Poggio Bracciolini), eseguita da Nanni di Bartolo e completata da Bernardo Ciuffagni. Sul pilastro vicino,

A destra, nella seconda campata si trova l’ingresso agli scavi di Santa Reparata e una tavola di San Bartolomeo in trono di Jacopo di Rossello Franchi, entro cornice cinquecentesca.

Le finestre della terza campata destra e sinistra fanno parte del gruppo antico e furono progettate da Agnolo Gaddi nel 1394. Nell’edicola la statua di Isaia è di Bernardo Ciuffagni (1427), originariamente scolpita per il campanile. Ai lati vi sono affreschi staccati con i monumenti sepolcrali dipinti da Fra’ Luigi Marsili (1439) e dal vescovo Pietro Corsini (1422): furono dipinti da Bicci di Lorenzo. Nella navata sinistra la statua del Re David di Bernardo Ciuffagni, già sull’antica facciata (1434).

La quarta campata presenta anche una vetrata con Santi di Agnolo Gaddi. Sul lato destro vi è la tavola cuspidata con i Santi Cosma e Damiano di Bicci di Lorenzo.

Coro
Lo spazio con volumi molto grandi sotto la cupola è inserito all’interno di un ottagono che si irradia poi nelle tre tribune, all’incrocio delle quali si trovano le due sacrestie. Gli archi neogotici che si aprono sopra le porte delle sacrestie furono aggiunti da Gaetano Baccani nel 1842, per contenere gli organi ei nuovi, semplici cori. Nei pilastri che sorreggono la cupola sono presenti una serie di nicchie, nelle quali si trova una serie di statue cinquecentesche degli Apostoli. Questa serie doveva essere scolpita da Michelangelo ma, dopo aver trionfato con l’impresa del David, l’artista ebbe il tempo di disegnare solo un San Matteo (oggi alla Galleria dell’Accademia) prima di essere chiamato a Roma da Giulio II.

Da destra in senso antiorario si incontra San Matteo di Vincenzo de’ Rossi, San Filippo e San Giacomo Minore di Giovanni Bandini, San Giovanni di Benedetto da Rovezzano, San Pietro di Baccio Bandinelli, Sant’Andrea di Andrea Ferrucci, San Tommaso del de’ Rossi , e San Giacomo Maggiore di Jacopo Sansovino.

Il coro fu realizzato su progetto di Baccio Bandinelli e Giuliano di Baccio d’Agnolo tra il 1547 e il 1572 in sostituzione di uno costruito nel 1520 da Nanni Unghero e Domenico di Francesco Baccelli, che a sua volta sostituì uno più antico di Filippo Brunelleschi e risalente al al 1437 – 1439, e nel corso dei secoli il coro ha subito varie modifiche e rimaneggiamenti che hanno portato alla sua attuale conformazione, l’ultima delle quali risale alla metà dell’ottocento, quando su progetto del Baccani fu demolita l’articolata architettura del recinto , in marmo di Carrara e breccia medicea, di cui resta solo il piedistallo, ornato di bassorilievi raffiguranti Apostoli, Profeti e Santi principalmente di Giovanni Bandini (1563 – 1564).

All’interno del coro si trovano gli stalli lignei cinquecenteschi già riservati ai canonici, e il presbiterio; quest’ultimo è rialzato di alcuni gradini rispetto al pavimento della navata ed ospita al centro l’altare maggiore (posizionato nel 1973 in seguito all’adeguamento liturgico), con tavola poggiata su quattro coppie di anfore marmoree; alle sue spalle, la sedia lignea del XV secolo e il dossale cinquecentesco, sormontato da un crocifisso ligneo policromo di Benedetto da Maiano (1495 circa). L’ambone moderno (2015) è opera di Etsurō Sotoo, mentre il candeliere del cero pasquale, con base in marmo e fusto in legno, è del 1477.

Tribuna
Ciascuno degli spalti presenta cinque cappelle laterali disposte a raggiera, illuminate da alte bifore con finestre quattrocentesche per lo più riconducibili al progetto del Ghiberti. Sotto le finestre molte cappelle hanno figure di santi attribuite al Bicci di Lorenzo (1440), tranne nelle cappelle della tribuna centrale che sono invece opera moderna di Arturo Viligiardi. I tabernacoli dipinti si riferiscono alla maniera di Paolo Schiavo.

La tribuna centrale, detta anche San Zanobi, ha al centro la cappella dove sono conservate le reliquie del santo e vescovo fiorentino. La sua arca in bronzo è di Lorenzo Ghiberti (completata nel 1442). Lo scomparto centrale raffigura il miracolo della risurrezione di un bambino, avvenuto in città in Borgo Albizi dove una lapide sul cosiddetto Palazzo dei Visacci ricorda ancora l’episodio; l’epigrafe sul retro (non visibile) è stata dettata dall’umanista Leonardo Bruni. Il dipinto sopra è un “Ultima Cena” di Giovanni Balducci, mentre il mosaico in pasta vitrea del Busto di San Zanobi, una volta qui, si trova nel Museo dell’Opera del Duomo.

Le decorazioni musive ei globi in pasta vitrea che incrostano le nervature della volta della cappella del Monte di Giovanni di Miniato e risalgono al 1490 circa. Gli angeli che reggono candele in terracotta policroma invetriata sono di Luca della Robbia (1448). Sotto la cappella di San Zanobi vi è una cripta, a pianta quadrangolare, che custodisce le sepolture di alcuni arcivescovi di Firenze (tra cui Silvano Piovanelli ed Ermenegildo Florit), i sarcofagi di San Podio e dei Santi Andrea e Maurizio, le reliquie dei Santi Eugenio e Crescenzio, e l’antica urna che ospitò le spoglie di San Zanobi.

Nella galleria di destra, detta della Santissima Concezione, spicca la cappella centrale, con altare di Michelozzo. La tribuna di sinistra, detta della Santa Croce, contiene nel pavimento lo gnomone solare di Paolo dal Pozzo Toscanelli del 1450 circa, aggiornato con una linea graduata in bronzo da Leonardo Ximenes nel 1755: qui ogni 21 giugno si svolge l’osservazione del solstizio. estate. Nella seconda cappella a destra, dedicata alla Madonna della Neve, il polittico di Santa Reparata a due facce, di Giotto e collaboratori; nel terzo un altare marmoreo del Buggiano con grata in bronzo del Michelozzo; Il cardinale Elia dalla Costa è sepolto sotto l’altare della quarta cappella e nella quinta cappella vi è un San Giuseppe su tavola di Lorenzo di Credi.

Sacrestie
La porta della sacrestia destra, detta dei Canonici o Vecchia, presenta una lunetta con l’Ascensione di Luca della Robbia (1450 circa) e all’interno un lavabo di Buggiano e Pagno di Lapo (1445); alle pareti alcune tavole tra cui il Redentore (1404) ed i Santi e Dottori della Chiesa, entrambi di Mariotto di Nardo, tre Evangelisti di Lorenzo di Bicci, l’Arcangelo Raffaele e Tobiolo di Francesco Botticini, l’Arcangelo Michele di Lorenzo di Credi ( 1523).

All’interno della sagrestia delle Messe, o dei Servi, intarsi lignei di forte valenza prospettica e illusionistica furono disegnati, sul fronte, da Alesso Baldovinetti, Maso Finiguerra e Antonio del Pollaiolo e realizzati da Giuliano e Benedetto da Maiano. Sono tra le prime manifestazioni in Italia di questa tecnica, legata agli studi sulla prospettiva. La decorazione è importata su due registri coronati da un fregio di putti e festoni scolpiti a tutto tondo.

Nel pannello centrale vediamo San Zanobi ei suoi discepoli Eugenio e Crescenzio, tra personaggi e fatti dell’Antico Testamento. Il lavabo in marmo, con due putti seduti su un otre, è del Buggiano ed è gemello di quello della sagrestia dei Canonici. L’altro, con testa d’angelo, è di Mino da Fiesole. È in questa sacrestia che Lorenzo il Magnifico trovò scampo dalla congiura dei Pazzi il 26 aprile 1478. I dodici pannelli bronzei delle porte di questa sacrestia, con vani con la Madonna col Bambino, San Giovanni, Evangelisti e Dottori della Chiesa tra gli angeli, furono realizzati da Luca della Robbia (con la collaborazione di Michelozzo e Maso di Bartolomeo), autore anche della lunetta in terracotta policroma con la Resurrezione (1444).

La decorazione interna della cupola
Inizialmente la cupola avrebbe dovuto essere decorata con mosaici dorati, per riflettere il più possibile la luce proveniente dalle finestre del tamburo, come suggerito dal Brunelleschi. La sua morte ha messo da parte questo costoso progetto e ha semplicemente intonacato di bianco l’interno. Il Granduca Cosimo I de’ Medici scelse il tema del Giudizio Universale per affrescare l’enorme cupola, e ne affidò l’incarico a Giorgio Vasari, affiancato da Don Vincenzo Borghini per la scelta del tema iconografico. I contenuti da seguire erano quelli emersi dal Concilio di Trento, che aveva rivisto la dottrina cattolica medievale ordinandola in una disposizione chiara. La cupola è così suddivisa in sei registri e 8 segmenti.

Sul segmento orientale, quello antistante la navata centrale, i quattro registri diventano tre per far posto al grande Cristo in Gloria tra la Madonna e San Giovanni che riposa sulle tre Virtù teologali (Fede, Speranza e Carità) seguite in basso da figure allegoriche del Tempo (personaggio con clessidra e due bambini che rappresentano la natura e le stagioni) e la Chiesa trionfante. Tuttavia, il 27 giugno 1574 Vasari morì, dopo aver completato solo un terzo dei lavori e fatto in tempo solo per tracciare il cerchio dei ventiquattro anziani dell’Apocalisse più vicino alla lanterna. I lavori, durati dal 1572 al 1579, furono poi assunti da Federico Zuccari e collaboratori, come Domenico Cresti.

All’imponente figura di Cristo, visibile dall’interno della chiesa, fa da contrappunto la scena infernale con Satana sulla superficie opposta; altre porzioni rappresentano il Coro degli angeli, Cristo, Maria ei santi, le Virtù, i doni dello Spirito Santo e le Beatitudini; nella parte inferiore l’Inferno ei sette peccati capitali. Zuccari abbandonò la pittura ad “affresco” del Vasari per lavorare con il metodo “a secco” (più semplice ma più facilmente deteriorabile) e cambiò le tipologie fisiche dei personaggi, i costumi, il linguaggio stilistico e la gamma pittorica. Negli Eletti dipinse una vivace galleria di personaggi contemporanei: i mecenati medicei, l’imperatore, il re di Francia, il Vasari, il Borghini, il Giambologna e altri artisti, e anche lui stesso e molti suoi parenti e amici; lo firma anche con la data.

Questi affreschi, visti da vicino durante la salita alla cupola, mostrano le deformazioni prospettiche e cromatiche utilizzate per ottimizzare la vista dal basso. La tecnica utilizzata è mista: affresco per il Vasari, tecniche a secco per Zuccari, che qui dipinse il suo capolavoro. All’interno della cupola si aprono due ordini di gallerie, oltre a quella che percorre le tribune, proveniente dalla navata centrale.

Organi a canne
Nella cattedrale si trova l’organo Mascioni opus 805. Fu costruito a partire dal 1961 e ampliato più volte fino a raggiungere le attuali caratteristiche. L’organo è a trasmissione elettronica e dispone di 7551 canne per un totale di 128 registri. L’organo ha quattro mensole, tutte indipendenti e mobili: una a cinque manuali, situata all’esterno del coro, e una a quattro manuali, situata vicino al corale aperto Corpo positivo, che controlla tutti i corpi; uno a tre nella cappella di San Jacopo Maggiore; uno a due nella cappella dei Santi Simone e Giuda. Nella cattedrale è presente anche un organo positivo a cassa costruito dal positivo Nicola Puccini nel 2012 (opera 031), a 5 registri.

Cupola in vetro colorato Cori
Le 44 vetrate del Duomo costituiscono il programma di arte vetraria più monumentale dell’Italia del XIV-XV secolo. Raffigurano santi dell’Antico e del Nuovo Testamento (nella navata e nei transetti) e scene della vita di Cristo e Maria (agli occhi del tamburo). L’elenco degli autori comprende i più grandi nomi dell’arte fiorentina del primo Rinascimento: Donatello, Ghiberti, Paolo Uccello, Andrea del Castagno. Dalla crociera, sotto la cupola, si ha una visione d’insieme e l’effetto può suggerire l’intenzione “iconologica” globale: evocare quella luce spirituale che illumina i credenti attraverso la vita di Cristo, di Maria e dei santi. Il Nuovo Testamento, infatti, afferma che in Cristo «era la vita e la vita era la luce degli uomini» (Gv 1,4).

Punto culminante di questo itinerario religioso e architettonico è l’area sotto la cupola, delimitata dal coro e dall’altare maggiore. Sia la cupola che il coro sono destinati, nella forma ottagonale, a ribadire il simbolismo del Battistero. La superficie occupata dal coro è, infatti, quasi delle stesse dimensioni dell’interno del Battistero e, così, ricrea sotto la nuova cupola lo spazio sacro più antico di Firenze. A rafforzare l’impressione di un ampliamento “infinito” del Battistero sarebbe stata la decorazione della cupola, voluta dal Brunelleschi (secondo fonti antiche) in mosaico. Come finalmente realizzato tra il 1572 e il 1579 da Giorgio Vasari e Federico Zuccari, la decorazione è ad affresco, non a mosaico.

Il tema iconografico è lo stesso che troviamo nel Battistero: il Giudizio Universale. I 3600 mq di superficie pittorica illustrano sistematicamente la tradizionale fede in un Paradiso e in un Inferno a cui l’uomo accede in base alle virtù o ai vizi coltivati ​​in questa vita, e attraverso un definitivo “giudizio”, una volta trascorso il “tempo utile”. della storia. Nella zona centrale, sopra l’altare, vediamo il Giudice: il Cristo risorto in mezzo agli angeli che portano gli strumenti della sua Passione. Questa rappresentazione, opera di Federico Zuccari, era collegata ad un gruppo scultoreo realizzato 20 anni prima da Baccio Bandinelli per l’altare sottostante: un monumentale Cristo morto, disteso sulla tavola, davanti a Dio Padre che benedice.

Gli affreschi della cupola hanno subito un completo restauro tra il 1978 e il 1994. Del coro, originariamente ornato da una sovrastruttura con colonne e architravi, oggi rimane solo il muro di contenimento con raffigurazioni di profeti scolpite dal Bandinelli e dai suoi collaboratori. L’attuale altare, anticipato rispetto a quello cinquecentesco, è stato collocato nel 1973, secondo le riforme liturgiche del Concilio Vaticano II. Oltre l’altare si può vedere la “cathedra”: la cattedra vescovile, simbolo dell’autorità di Cristo “Maestro”, che, nel termine greco usato nell’antichità, dà il nome di “cattedrale” alla chiesa in cui presiede il Vescovo. Il Cristo del grande crocifisso dietro la cattedra è di Benedetto da Maiano, c. 1495-97.

Dietro il coro si aprono le porte bronzee di Luca Della Robbia sulla sacrestia settentrionale, detta anche “delle Messe” o “dei Canonici”: un ambiente decorato con pannelli lignei intarsiati, realizzati da maestri fiorentini del ‘400 e restaurati dopo l’alluvione 1966. Impressionante è la maestria degli artisti nell’uso della prospettiva lineare, inventata dal Brunelleschi all’inizio del XV secolo nella stessa Cattedrale di Santa Maria del Fiore: qui si trovavano i paramenti, i libri e gli oggetti vari utilizzati per i riti celebrati al altare, le tarsie illusionistiche mostrano sugli scaffali degli armadi a giorno con suppellettili ecclesiastiche.

Sopra la porta vi è la Resurrezione di Cristo, di Luca Della Robbia, in terracotta invetriata e, sopra ancora, dove oggi si trova l’ottocentesca mostra d’organo, si trovava originariamente la Cantoria di Luca Della Robbia. Nella posizione corrispondente, sopra la porta della sacrestia a sud, si trovava la Cantoria di Donatello (l’una e l’altra oggi al Museo dell’Opera).

Cripta
La cattedrale ha subito difficili scavi tra il 1965 e il 1974. L’area sotterranea della cattedrale è stata per secoli utilizzata per la sepoltura dei vescovi fiorentini. La storia archeologica di questa vasta area è stata ricostruita attraverso il lavoro del Dr. Franklin Toker: resti di case romane, una pavimentazione paleocristiana, rovine dell’ex cattedrale di Santa Reparata e successivi ampliamenti di questa chiesa. A ridosso dell’ingresso, nella parte della cripta aperta al pubblico, si trova la tomba del Brunelleschi. Sebbene la sua posizione sia prominente, la tomba attuale è semplice e umile. Che all’architetto fosse concesso un luogo di sepoltura così prestigioso è prova dell’alta stima che gli tenevano i fiorentini.

Campanile di Giotto
Il campanile di Santa Maria del Fiore fu iniziato da Giotto nel 1334, portato avanti dopo la sua morte da Andrea Pisano e terminato nel 1359 da Francesco Talenti, artefice delle finestre ad alto livello. Estremamente ricca è la decorazione scultorea con 56 rilievi in ​​due registri sovrapposti e con 16 statue a grandezza naturale nelle nicchie di maestri fiorentini del ‘300 e ‘400, tra cui Andrea Pisano, Donatello e Luca Della Robbia.

Sulla facciata prospiciente il Battistero, nel registro inferiore, è raffigurata la Creazione dell’uomo e della donna, prima opera umana e fondatori biblici di diverse attività creative umane (allevamento di pecore, musica, metallurgia, viticoltura). Nel registro superiore ci sono i 7 pianeti, a cominciare da Giove all’angolo nord. Sulle altre facciate, poi, sono illustrate, di seguito, astrologia, edilizia, medicina, tessitura e altre attività scientifiche e tecniche. Nel registro superiore si trovano: a sud le virtù teologali e cardinali; a oriente le arti liberali del Trivio e del Quadrivio; a nord, i 7 sacramenti. Le statue nelle nicchie rappresentano patriarchi, profeti e re d’Israele e sibille pagane. Gli originali di tutte le sculture si trovano nel Museo dell’Opera.

Totale 34586 sterline. Negli anni 1956 – 57, a seguito della sostituzione dell’intelaiatura lignea che le sorreggeva con una nuova struttura metallica, e della contestuale motorizzazione del movimento delle campane, la Commissione preposta a ciò decise di escludere dal concerto le cinque campane più piccole , quattro dei quali furono depositati, inattivi, nel vano delle grandi finestre del campanile di Giotto, mentre il terzo, la cosiddetta “Apostolica”, fu posto sul pavimento del campanile.

Furono così accorpate cinque nuove campane, dalla ditta Prospero Barigozzi in sostituzione di quelle “messe da parte”. Sono decorate con bassorilievi che illustrano episodi (e privilegi) mariani, di noti scultori. Ogni campana rifusa reca, sempre in bassorilievo, il proprio nome, lo stemma e il nome del cardinale arcivescovo Elia Dalla Costa che le ha consacrate, nel Battistero, il 10 giugno 1956 ed anche lo stemma dell’Opera di S. Maria del Fiore. e il Comune di Firenze. Sugli ultimi quattro sono incisi alcuni distici latini.

Negli anni 2000 – 2001 l’impianto di elettrificazione e motorizzazione delle campane è stato completamente rinnovato dall’Opera di S. Maria del Fiore. L’antico modo di suonare le campane (che all’epoca erano quattro) è documentato nel XIII secolo dal codice “Mores et consuetudines Ecclesiae florentinae” (Biblioteca Riccardiana), e variava, come avviene ancora oggi, a seconda del grado delle celebrazioni.

Attualmente le campane vengono suonate (“doppie”) solo per le celebrazioni arcivescovili o capitolari; le singole campane segnalano l’Ave Maria tutti i giorni (7:00, mezzogiorno e sera) la penultima ora del giorno secondo l’antico e canonico calcolo (23:00) che invita alla recita del “Credo” per i moribondi e la prima ora del giorno liturgico successivo (l'”un’ora”) che richiama l’usanza di recitare il “Requiem” per i defunti. Segnala anche la sospensione dal lavoro per la pausa dal pasto (ore 11.30) e la morte di un capo della Misericordia.

Tradizionalmente si suonano i doppi minori anche per alcune circostanze devozionali più significative come il Rosario solenne dei mesi di maggio e ottobre, la “Via Crucis” dei venerdì di Quaresima, la Novena di Natale e per tutte le altre occasioni che il Capitolo deve autorizzare . Non si suona per le singole messe quotidiane o per altre funzioni devozionali.

Battistero
Il monumento più antico della piazza è il Battistero di San Giovanni, che per molti secoli è stato considerato un tempio pagano “convertito” ad uso cristiano. Infatti già alla fine dell’antichità – nel V o forse VI secolo – un primitivo battistero venne qui edificato davanti a Santa Reparata, l’allora cattedrale, in un rapporto spaziale simile a quello che vediamo oggi. Questo primo battistero doveva essere simile a quello attuale anche nella forma ottagonale che simboleggiava “l’octava dies”, “l’ottavo giorno” – il tempo di Cristo risorto, fuori dal nostro tempo scandito in unità di sette giorni. Questo simbolismo si riferisce direttamente al Battesimo, il sacramento dell’iniziazione alla fede cristiana, per cui i credenti passano dalla morte del peccato alla nuova vita in Cristo, un “ottavo giorno” senza tramonto.

A partire dalla metà dell’XI secolo il Battistero fu ricostruito nelle dimensioni attuali e arricchito con marmi pregiati, molti dei quali provenienti da antiche costruzioni. Fu il periodo dell’affermazione economica e politica della città, che vide prima il trasferimento a Firenze della sede del governo imperiale in Toscana e, poi, l’autonomia di Firenze dal Sacro Romano Impero. Nei secoli XII e XIII la nuova struttura, ampliata con l’aggiunta della cupola monumentale e della “scarsella” (l’abside rettangolare ad ovest), divenne motivo di orgoglio per la città: Dante lo chiama il suo “bel San Giovanni”. . Dal 1300 al 1500 furono collocate le opere scultoree per le quali il Battistero è famoso: le tre porte bronzee e i gruppi bronzei e marmorei sopra le porte: opere che,

La più antica delle porte è quella ora a sud, raffigurante la vita di San Giovanni Battista, proprietario del Battistero e patrono della città: opera di Andrea Pisano negli anni Trenta del Trecento. Segue quello a nord, eseguito da Lorenzo Ghiberti tra il 1402 e il 1425, con scene della vita di Cristo. Infine, la “porta del Paradiso” (come la chiamava Michelangelo), ad est, con scene dell’Antico Testamento, modellate e fuse dal Ghiberti dal 1425 al 1450 (ora sostituita da una copia). eseguito da Lorenzo Ghiberti tra il 1402 e il 1425, con scene della vita di Cristo.

La tradizione che il Battistero sia un tempio romano diventa comprensibile all’interno dell’edificio. Il vasto ambiente a cupola, che nella sua disposizione ricorda il Pantheon, è infatti arricchito da elementi provenienti da monumenti antichi: le colonne monolitiche, due sarcofagi scolpiti, e parte del rivestimento marmoreo. La pavimentazione, invece, evoca il mondo islamico: motivi zodiacali orientali sono riconoscibili nei “tappeti” tra la porta del Paradiso e il centro della stanza. Sulle mura, insieme a forme tardo imperiali, ve ne sono altre di lontana discendenza germanica. La sontuosa cupola evidenzia l’influenza bizantina nell’Italia centrale. L’effetto complessivo è di un magnifico crocevia delle grandi culture dell’Europa medievale.

Al centro del Battistero vi era l’antico fonte battesimale con un recinto ottagonale attorno (la forma dell’uno e dell’altro sono tracciate nel pavimento). Guardando dalla sorgente in alto, verso la cupola, il credente vide l’enorme figura di Cristo che domina i mosaici del XIII secolo e, sotto i piedi di Cristo, i morti che risorgono: è il Giudizio Universale, quando Cristo risorto chiamerà entrambi i vivi, entrambi i morti per valutare le azioni di ciascuno. Alla destra di Cristo (a sinistra dello spettatore) ci sono le anime dei giusti “nel seno” di Abramo, Isacco e Giacobbe, i patriarchi dell’antico Israele; mentre a sinistra (a destra di chi guarda) c’è l’Inferno.

Queste immagini, che hanno una forza straordinaria per la presenza di tombe all’interno (e in passato anche all’esterno) del Battistero, illustrano il significato profondo del Battesimo cristiano. «O non sai che quelli che furono battezzati in Cristo Gesù furono sepolti con lui nella sua morte?…; perché come Cristo è risorto dai morti per la gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova», spiega san Paolo (Lettera a Rm 6, 3-4).

Nei registri orizzontali degli altri cinque spicchi della cupola sono riportate le storie di San Giovanni Battista, di Cristo, di Giuseppe l’Ebreo e degli inizi della vita umana (Adamo ed Eva, Caino e Abele, Noè e la sua famiglia) raffigurato. Guardando a questi personaggi, i credenti si percepivano inseriti nella trama stessa della storia del popolo di Dio: potevano dire, con l’autore della Lettera agli Ebrei, 12,1: «Anche noi, dunque, circondati da un così grande sciame di testimoni… corriamo con perseveranza, tenendo lo sguardo fisso su Gesù “visibile nel grande mosaico sopra l’altare. Nel registro più alto, vicino alla luce, sono raffigurati i cori angelici.

L’astronomia nella cattedrale
Nel 1475 l’astronomo italiano Paolo dal Pozzo Toscanelli (che fu anche tutore matematico del Brunelleschi) fece un buco nella cupola a 91,05 metri (298,7 piedi) sopra la pavimentazione per creare una linea meridiana. L’altezza precludeva l’installazione di una linea meridiana completa sul pavimento della cattedrale, ma consentiva a un breve tratto di circa 10 metri (33 piedi) di correre tra l’altare maggiore e la parete nord del transetto. Ciò consente l’osservazione per circa 35 giorni su entrambi i lati dell’equinozio d’estate.

A causa di assestamenti nell’edificio e anche di spostamenti dovuti agli sbalzi di temperatura esterna, la linea meridiana aveva un valore astronomico limitato e cadde in disuso fino a quando non fu restaurata nel 1755 da Leonardo Ximenes. La linea meridiana è stata percorsa dai fabbricieri nel 1894 e svelata di nuovo nel 1997. Il 21 giugno di ogni anno alle ore 12.00 UT avviene una rievocazione annuale dell’osservazione.

La cupola del Brunelleschi custodisce anche uno strumento astronomico per lo studio del sole, rappresentato dal grande gnomone creato da Paolo Toscanelli e restaurato da Leonardo Ximenes. Più che un vero e proprio gnomone, inteso come un’asta che proietta un’ombra su una zona illuminata, è un foro gnomone presente sulla lanterna ad un’altezza di 90 metri, che dà una proiezione del sole su una superficie ombreggiata, in questo caso il pavimento della cattedrale.

Tale strumento esisteva anche nel Battistero di San Giovanni già intorno all’anno 1000 (il foro fu poi chiuso), ma nel 1475 l’astronomo Toscanelli approfittò del completamento della cupola per installare una lastra di bronzo con un foro circolare di circa 4 centimetri di diametro, che ha dato un’immagine ottimale della stella. Infatti, studiando il rapporto tra altezza e diametro del foro, si è ottenuta una vera e propria immagine solare stenopeica, in grado di mostrare anche le macchie solari o l’avanzamento delle eclissi in corso, o il raro passaggio di Venere tra il sole e la terra.

L’uso più importante dello gnomone al momento della sua creazione era quello di stabilire l’esatto solstizio, cioè l’altezza massima del sole nel cielo a mezzogiorno durante l’anno e, quindi, la durata dell’anno stesso, osservazioni che riuniscono altre osservazioni simili, come quella del 1510 registrata da un disco marmoreo nel pavimento della cappella Della Croce nell’abside destra della cattedrale, per convincere papa Gregorio XIII della necessità di riformare il calendario, allineando la data solare con quello ufficiale e creando il calendario gregoriano (1582).

Nei secoli successivi lo strumento fu utilizzato anche per indagini più ambiziose, come quella promossa dall’astronomo di corte granducale Leonardo Ximenes nel 1754, il quale propose di studiare se l’inclinazione dell’asse terrestre variasse nel tempo, molto questione dibattuta dagli astronomi dell’epoca. Le sue osservazioni, confrontate con quelle del 1510, furono incoraggianti e, ripetute per diversi anni, gli consentirono di calcolare un valore dell’oscillazione terrestre congruente con quello odierno. Fu lui a tracciare la linea meridiana in bronzo sul pavimento della stessa cappella dove è presente il disco di Toscanelli.

Pochi decenni dopo, però, lo gnomone di Santa Maria del Fiore divenne obsoleto sia per il ritrovamento di nuovi strumenti che consentivano osservazioni più precise, con un ingombro ridotto a pochi metri, sia perché ci si rese conto che le misurazioni erano influenzate da i piccoli movimenti della cupola dovuti alla temperatura esterna. La rievocazione di queste osservazioni ha un carattere puramente storico e spettacolare, e si svolge ogni anno il 21 giugno alle 12.00 ora solare (13.00 poiché è in vigore l’ora legale).

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