Teatro rinascimentale

Il teatro rinascimentale è l’unione di generi drammaturgici e di diverse forme di teatro scritte e praticate in Europa nel tardo Medioevo e all’inizio dell’età moderna.

In questo periodo c’è un fenomeno di rinascita del teatro, preparato dalla lunga tradizione teatrale medievale che si manifestava nelle corti, nelle piazze e nelle università in molte forme, dalla rappresentazione sacra alle commedie colte del quindicesimo secolo.

Il teatro tardo medievale
Il Rinascimento vide il desiderio dei sovrani di controllare meglio l’intrattenimento popolare sovversivo, comprese le calze che ridicolizzavano i membri regolari della famiglia reale e della Chiesa, a volte con un contenuto politico particolarmente partigiano. È tuttavia la Chiesa, scottata dalla Riforma, che promulgherà la prima proibizione completa: è quella dei misteri, nel 1548. Lo stesso anno, la prima “commedia regolare”, ad imitazione dell’antico, viene presentata davanti a King Enrico II a Lione: si tratta di La Calandria, a cui il re e la regina fanno un trionfo, così come al suo istigatore Maurice Scève, mostrando bene la preferenza del potere per i “nobili” generi ereditati dall’antico, e soprattutto senza un referente sociale contemporaneo. Diverse rappresentazioni reali installeranno successivamente la tragedia come intrattenimento di corte, mettendo in scena la stessa famiglia reale. La commedia non conoscerà lo stesso onore, e dopo alcune rappresentazioni reali, a volte gloriose e talvolta calamitose degli spettacoli di Étienne Jodelle in particolare, tutti i tipi di commedie furono proibite dall’editto del Parlamento di Parigi dal 1588 al 1594, sigillando il destino del teatro medievale e popolare. Questo periodo, tuttavia, ha fatto rivivere l’arte del mimo comico, non è soggetto alla nuova legge e la farsa ha continuato a esistere in forme più o meno clandestine.

La drammaturgia
Nel 1549, Joachim du Bellay incoraggiò gli scrittori a restaurare l’antico modello. Se il testo del teatro medievale era il prodotto di un ordine fatto da un organizzatore a uno scrittore anonimo (ad esempio per i misteri), allora la relazione letteraria è invertita: ciò che diventa primo è l’opera, la scrittura drammaturgica, ma anche i drammaturghi, che non sono più anonimi e si affermano come scrittori, a volte brandendo il loro ritratto alla testa del libro, una frequente abitudine tra i poeti delle Pleiadi.

Questo nuovo teatro rinnova i soggetti, questo gli consente di aprirsi a nuovi orizzonti a volte trascurati dal teatro medievale, dove il mistero invita solo il credente ad abbandonare il peccato ea reintrodurre un universo filosofico.

A quel tempo, tre libri sono conosciuti dagli studiosi, l’arte poetica di Orazio tradotta nel 1541, l’arte della grammatica di Diomede e il trattato dalla tragedia e dalla commedia di Donat. I principi di Orazio sono generalmente applicati: brani dal 1500 al 2000 versi, principalmente in versi, divisi in cinque atti con negli interventi tragici di cori che segnano rotture liriche con più variazioni. I drammaturghi greci come Sofocle e Euripide sono tradotti, ma è soprattutto Seneca il cui stile e retorica sono ammirati e che saranno imitati dai primi tragici. Per la commedia, è soprattutto Terence che servirà da modello, prima di Plauto.

Tragedia
È la tragedia che occupa la parte essenziale di questo teatro la cui estetica sarà costituita come e quando la produzione, tragedia, mostra la miseria del grande e il loro rovesciamento di fortuna.

L’azione è minuscola, è un teatro della parola in cui il personaggio agisce poco, si lamenta, è la vittima sofferente e piange passivamente il disastro da qui l’importanza del valore retorico nel discorso e le tirate consacrate alla lamentela e al lamento. I soggetti sono tratti dalla Bibbia attraverso grandi figure portate in scena come Mosè, Abrahamo, Ester ma anche i miti greci: vediamo apparire tragiche bibliche edificanti dove, nei momenti di difficoltà, gli scrittori scrivono ai calvinisti perseguitati e fanno riferimento al condizione storica del loro tempo. Storia (essenzialmente la storia di Roma e alla fine del secolo, in particolare la storia più vicina, moderna) e finzione immaginaria, tragedie di amore e vendetta. Theodore Beza con Abraham sacrificing scrive la prima tragedia francese che non è un adattamento e una traduzione di un’opera antica e Stephen Jodelle con Cleopatra in cattività scrive la prima vera tragedia francese per l’antica, che eserciterà una forte influenza sullo sviluppo in seguito del genere istituendo una drammaturgia che continuerà per molto tempo. Robert Garnier è uno dei rappresentanti più illustri del suo genere: è stato il più interpretato, le sue opere sono state ristampate molte volte e hanno avuto un grande successo nelle librerie. Possiamo anche menzionare Antoine de Montchrestien la cui concezione della tragedia è molto vicina a lui e che orienta i suoi temi verso l’edificazione morale e religiosa di cui il coro è portatore.

Teatro rinascimentale in Italia
Il Rinascimento fu l’età d’oro della commedia italiana, anche grazie al recupero e alla traduzione nelle varie lingue volgari, dagli umanisti di numerosi testi classici greci e latini (sia i testi teatrali come le commedie di Plauto e Terenzio e le tragedie di Seneca quelle opere teoriche come la Poetica di Aristotele, tradotte per la prima volta in latino dall’umanista Giorgio Valla nel 1498).

I generi sviluppati e proposti erano la commedia, la tragedia, il dramma pastorale e, solo in seguito, il melodramma, che ebbe una notevole influenza sul teatro europeo del secolo. Ma continuò anche nella tradizione medievale della rappresentazione sacra che ebbe molti esponenti anche durante il Rinascimento.

La commedia
Uno dei drammaturghi più rappresentativi del teatro rinascimentale fu Niccolò Machiavelli; il segretario fiorentino aveva scritto una delle più importanti commedie di questo periodo, La mandragola (1518), caratterizzata da una carica espressiva e una linfa inventiva difficilmente eguagliabile in seguito, ispirata da riferimenti satirici alla realtà quotidiana dei personaggi e non più necessariamente legata ai tipi di tradizione classica.

Firenze
Tra i primi drammaturghi c’erano molti fiorentini, a cominciare da Agnolo Poliziano con L’Orfeo (1480), una commedia pastorale-mitologica. Ma nel secolo successivo si affermarono come veri professionisti della commedia Anton Francesco Grazzini detto il triotto, Giovan Battista Cini, Giambattista Gelli, Giovanni Maria Cecchi, Benedetto Varchi e Raffaello Borghini e il giovane Lorenzino de ‘Medici, che scrisse una commedia L’Aridosia (1536) prima di essere assassinato dagli assassini del Granduca Cosimo come tirannicidio per l’omicidio del cugino Duca Alessandro.

La Roma dei papi
Nella Roma di Leone X Pietro Aretino imperverserà con le sue pasquinate ma anche con commedie come La Cortigiana (1525), in cui violerà molte convenzioni linguistiche e sceniche.
A Roma il teatro fu riscoperto e, per la prima volta, approvato dai papi, che capirono la possibilità di sfruttarlo per fini politici. Il teatro rinascimentale di Roma non aveva rappresentanti come le altre corti italiane, con la sola eccezione di Francesco Belo che scrisse Il pedante (1529) e il già citato Annibal Caro (originario di Civitanova Marche, ma sempre a Roma al servizio della famiglia Farnese ).

Curiosità. Tra i pochissimi pezzi che hanno come scenario la Roma dei Papi, anzi, per essere precisi, la Roma del Giubileo del 1525, degna di menzione della più importante commedia teatrale croata e slava del Rinascimento in generale: “Dundo Maroje” ( Padron o zio Maro), scritto nel 1550 dal raguseo Marin Držić, noto anche come Marino Darsa (1508-1567).

Farsa cavaiola
La farsa cavaiola fu un fortunato genere letterario dialettale, un membro dell ‘”ultima grande stagione del teatro comico cinquecentesco […] che fiorì a Napoli e dintorni”, legata soprattutto al nome di Vincenzo Braca. Il genere doveva conoscere una notevole fioritura tra la fine del XV e il XVI secolo, ma di questa cospicua produzione, nel giro di un secolo e mezzo, è sopravvissuta molto poco.

Il genere si concentra sull ‘archetipo farsa di Cavaiuolo, o un ignorante e sciocco contadino Cava (cioè un abitante della città di Cava), immaginato dai cittadini di Salerno nella crudezza del suo dialetto, e nei suoi tratti grossolani e nelle sue caricature: esempi sono la “Farza de lo Mastro de scola” e la “Farza de la Maestra” di Vincenzo Braca, in cui il personaggio di cavalleria diventa l’archetipo del tipico “popolo stolto”.

Tra le farse superstiti, le uniche che precedono Vincenzo Braca sono il “Cartello di sfida cavajola” e la “Ricevuta dell ‘Imperatore”, risalenti all’inizio del XVI secolo, sia da autori rimasti anonimi. La ricevuta dell’imperatore (anonima, ma per alcuni ascrivibile alla Braca) è la più antica delle lontane caverne, riferita burlescamente all’accoglienza ricevuta a Cava da Carlo V, che passò di ritorno da Tunisi nel 1535.

L’unica edizione teatrale professionale della grossa cavajola dei tempi contemporanei è quella prodotta dal Centro Studi sul teatro medievale e rinascimentale, diretto da Federico Doglio, allestito al Teatro Valle di Roma nel 1986 con l’adattamento e la regia di Giuseppe Rocca .

La farsa cavernicolo nel contesto letterario del Rinascimento
La “farsa cavaiola” fu uno dei “momenti capitali della storia della farsa nell’Italia del Rinascimento”, accanto all’avvio di altri eventi letterari come lo Strascino senese, un secolo Niccolò Campani, (prima della Congregazione di Rozzi), il Commedia veneziana dei buffoni Zuan Polo e Domenico Tajacalze, e il mariazzi padovani del Ruzante. Precedentemente anche Andrea Calmo era un assiduo frequentatore del genere mariazzo tanto che la sua commedia La Rhodianait fu attribuita fino a poco tempo fa al Ruzante. Rispetto a queste altre manifestazioni, tuttavia, nonostante la vivace espressività linguistica, il lavoro della Braca, si presenta con inflessioni essenzialmente macchietistiche, di uno scopo più locale e campanilistico. La larghezza minore dell’orizzonte satirico, ad esempio, non consente a Vincenzo Braca di accedere ai livelli incisivi raggiunti dal Ruzante.

Commedie in dialetto veneziano
Un caso speciale è rappresentato dalla figura e dal lavoro di Angelo Beolco detto il Ruzante dal nome del contadino padovano protagonista delle sue opere. La particolarità del teatro Ruzante, anticipato alcuni anni dall’opera di Andrea Calmo, fu quella di introdurre nel teatro italiano, che fino ad allora aveva usato il volgare fiorentino, l’uso del dialetto. Ruzante lavorò alla corte padovana di Alvise Cornaro che costruì un set speciale nella sua villa a Padova che fu chiamata la Loggia del Falconetto intitolata all’architetto Giovanni Maria Falcone che lo concepì, uno spazio adatto alla rappresentazione delle commedie ruzantiane come Betìa (1525) e l’Anconitana (1535) per citare le commedie più famose di Beolco.

Del 1535 – 1537 è una commedia esemplare in dialetto veneto, con un titolo inequivocabile: La Venexiana che pur se di autore anonimo dimostra la maturità del teatro della città di Venezia, fino ad allora legato agli autori della terraferma.

Nel caso di Ruzante il dialetto con cui esprimeva la sua drammaturgia era il padovano cinquecentesco della campagna veneta: i suoni onomatopeici del difficile linguaggio furono ispirati, dopo molti secoli, da artisti contemporanei come Dario Fo, che trasse ispirazione da La lingua di Ruzante per la sua grammatica.

Il teatro dialettale cominciò a svilupparsi durante questo periodo con la Commedia dell’Arte, le sue maschere, come il Bergamasco Arlecchino (che in seguito assume la lingua veneta), il Pulcinella napoletano con le sue invenzioni mimiche e gestuali e il vecchio mercante veneziano Pantaloni tra il più famoso. Altri frequentatori del teatro veneto-padano furono il Piacentino Girolamo Parabosco e Ludovico Dolce che scrissero due commedie e due tragedie.

La rappresentazione sacra del Rinascimento
Durante il Rinascimento, la produzione del teatro sacro, che proveniva dalla rappresentazione sacra degli antenati medievali, non si fermò ma ebbe un’importante fioritura che traghettò temi religiosi anche nelle corti italiane tra il XV e il XVI secolo. Sebbene diffuso in tutta Europa, questo genere fu fondato principalmente a Firenze con la presenza di importanti autori come Feo Belcari e Lorenzo de ‘Medici nel XV secolo e con Giovanni Maria Cecchi nel XVI secolo.

Nonostante questo, la maggior parte delle sacre rappresentazioni del Rinascimento rimase anonima come era nel costume medievale. Così gli autori (o l’autore) dell’Ascensione, recitati nella Chiesa del Carmine di Firenze e quella dell’Annunciazione nella Chiesa fiorentina di San Felice in Piazza preparata per il Concilio di Firenze (1438 – 1439) e gli apparati di Filippo rimasto anonimo Brunelleschi nel suo insolito ruolo di scenografo, come testimoniato da Vasari nella vita dello stesso architetto.

Queste rappresentazioni furono scritte per le confraternite fiorentine dei giovani, la più famosa fu la Rappresentazione dei Santi Giovanni e Paolo scritta dal Magnifico nel 1491 per l’ingresso di suo figlio Piero nella Compagnia del Vangelista e recitata nel cortile del Convento di l’antica Trinità o Convento di San Giusto ai mura, in seguito divenne Teatro dell’Acqua. Per la stessa Compagnia, Cecchi, quasi un secolo dopo il 1589, scrisse L’esaltazione della croce; a testimoniare che anche alla fine del Rinascimento questo genere sacro era ancora vitale apprezzato dal popolo e dalla corte dei Medici.

Il mimo
Se da un lato la nascita della commedia rinascimentale ha permesso lo sviluppo di una forma autonoma di prosa teatrale, dall’altro la tradizione dei giullari e del guitti non si è persa, permettendo la perpetrazione grazie a cortigiani e mimi. Le loro opere non sono state ispirate in alcun modo dalla tradizione latina, staccandosi così dalle forme della mostra contemporanea e presentando moduli che in parte affluiranno nella Commedia dell’Arte. È sbagliato, tuttavia, considerare le buffonate e le burlesque come la controparte della letteratura teatrale colta: i temi dei giullari e dei mimi del quindicesimo secolo sono gli stessi dei loro antenati, bloccati nel copione amodissimo e breve, in cui i temi di la città viene paragonata a quella del cattivo, che diventa un punto di riferimento per lo scherzo e la beffa.

Il teatro ebraico a Mantova
Una particolarità del teatro rinascimentale fu la presenza di una figura come quella di Mantova Leone de ‘Sommi, di religione israelita che guidò, a nome del Duca di Mantova, il teatro della Compagnia ebraica dal 1579 al 1587, componendo se stesso un dramma, intitolato Magen Nashìm, che provocò uno scandalo tra i rabbini italiani del sedicesimo secolo, che lo accusarono di aver usato la lingua degli antenati per il divertimento dei principi gentili (cioè non ebrei). Dopo la controriforma, questo tipo di contaminazione non sarà più possibile.

La nascita del melodramma
Sempre nel corso del XVI secolo furono fatti i primi esperimenti che avrebbero portato alla nascita del genere più rivoluzionario del teatro italiano: il melodramma.

Nel palazzo fiorentino di Giovanni de ‘Bardi, un gruppo di intellettuali si riunì e prese il nome di Camerata dei Bardi. Cercando di riesumare l’antica tipologia del canto recitar attribuito al teatro classico greco, hanno dato vita a quello stile che si affermerà nei secoli successivi grazie al genio di autori come Claudio Monteverdi, Metastasio fino alla grande opera ottocentesca di Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini.

I primi sperimentatori del dormitorio fiorentino, nato intorno al 1573, furono Jacopo Peri, Giulio Caccini, Vincenzo Galilei (padre di Galileo), Emilio de ‘Cavalieri, Jacopo Corsi e il poeta Ottavio Rinuccini che scrisse i primi libretti.

Nel 1589, con la messa in scena, al Teatro degli Uffizi di Firenze, della commedia La Pellegrina dei senesi Girolamo Bargagli, i membri della Camerata furono chiamati a suonare gli intermezzi della commedia che furono le prime applicazioni pratiche della teoria musicale di recitar-singing e nascita del melodramma. Gli Intermezzi della Pellegrina avevano un’ampia risonanza per l’apparato costruito dall’architetto-pittore-scenografo Bernardo Buontalenti che anticipò con questo lavoro i grandi e complessi complessi del teatro barocco italiano.

I nuovi spazi recitativi
All’inizio del XV secolo le rappresentazioni si svolgevano in luoghi privati ​​come giardini, cortili di conventi e sale di edifici decorati per rappresentazioni come nel caso del Salone dei Cinquecento nel Palazzo della Signoria di Firenze adattato al teatro di Vasari . Con la rievocazione dei testi greco-latini, iniziò a costruire spazi per contenere scenografie, a volte molto complesse: in questo periodo vennero costruiti nuovi spazi teatrali, a partire dalla Loggia del Falconetto di Padova. Ma l’esempio più eclatante dell’applicazione scenica rinascimentale fu il Teatro Olimpico di Andrea Palladio, a Vicenza, che conserva ancora oggi la scenografia originale cinquecentesca di Vincenzo Scamozzi dell’Edipo re di Sofocle, opera con cui il teatro fu inaugurato nel 1585 Più tardi, nel 1590, allo stesso Scamozzi i Gonzaga affidarono la costruzione di un altro teatro per il Palazzo Ducale di Sabbioneta che prese il nome di Teatro all’Antica.

A Roma, grazie all’attivismo di Pomponio Leto, che aveva lo scopo di riscoprire il teatro latino, il Foro e Castel Sant’Angelo divennero luoghi di rappresentazioni, solitamente eseguiti durante le feste e le celebrazioni; a Castel Sant’Angelo c’è un cortile a forma di teatro usato ai tempi di Alessandro VI e il Leone X, ancora più amante del buon gusto.

La riscoperta e lo sfruttamento degli antichi classici da parte degli umanisti permise lo studio delle opere riguardanti il ​​teatro non solo dal punto di vista drammatico (nel 1425 Nicolò di Cusa scoprì, per esempio, nove commedie plautine) ma anche da un punto di vista architettonico veduta: architetti, pittori e trattati come Sebastiano Serlio che adattò i modelli classici greco-romani delle scenografie al teatro del XVI secolo: comico, tragico e pastorale, una tripartizione che fu rispettata nelle opere del teatro rinascimentale. I set complessi erano in Girolamo Genga, Baldassarre Peruzziand e Pellegrino da Udine (nella zona di Ferrara) i suoi migliori rappresentanti. Mentre i trattati scrittori come Leon Battista Alberti e Serlio stesso hanno cercato ispirazione in Vitruvio negli aspetti teatrali del suo trattato sull’architettura romana

Alla fine del XVI secolo si affermò un nuovo tipo di teatro: teatri privati ​​pay-to-play, aperti a tutte le classi sociali e non più il divertimento esclusivo dell’aristocrazia. A Venezia, più che altrove, ha iniziato questo business, ma quello sarà stabilito nel secolo successivo con la lunga stagione della commedia dell’arte. La diffusione di questi teatri anche nel resto d’Italia fece sì che fossero nati da Accademie speciali nate per gestire questi nuovi spazi teatrali, non più ad uso esclusivo dei tribunali.

Il teatro rinascimentale in Gran Bretagna
Nel periodo tra la fine del XV secolo e la metà del successivo, in concomitanza con lo sviluppo del Rinascimento inglese, interludi, forme drammatiche di intrattenimento hanno agito presso le corti dei nobili derivanti dalle morali ma da soggetti non religiosi, aveva un’ampia risonanza: al contrario della moralità classica, il ruolo del protagonista era del signore che ospitava lo spettacolo, e che non lo vedeva alla ricerca della salvezza eterna dell’anima, ma della felicità terrena, così divergendo così enormemente dagli scopi del teatro religioso. Non di rado contenuta in essi era una propaganda politica da quando si era ispirato ai tempi contemporanei, accadde che l’autore potesse pronunciarsi contro un episodio come il re Giovanni di Giovanni Bale, in cui l’autore dichiarava la tesi dell’omicidio di Giovanni Senzaterra da parte del arcivescovo di Canterbury. Nella drammaturgia dell’interludio c’è anche la possibilità di vedere elementi di derivazione classica, in particolare di autori latini e romanzieri italiani, che resteranno un punto di riferimento per la successiva produzione drammatica.

La presentazione scenica degli intermezzi è stata caratterizzata dal dialogo di diversi attori con un accompagnamento musicale spesso composto da una pipa e un tamburello. Tra gli interludi possediamo circa 80 frammenti di sceneggiature che coprono un arco temporale dal 1466 al 1576. Tra i principali autori del genere dobbiamo prima menzionare John Heywood, John Rastell, Henry Medwall, John Redford, Nicholas Udall. Just Udall è ricordato come l’autore della prima commedia in inglese: era il Ralph Roister Doister del 1535, una versione modificata del Miles Gloriosus di Plaut.

Gli intermezzi, per il loro carattere politicizzato e colto, erano indirizzati a un pubblico specifico: nello stesso stile, ma con un soggetto comico e leggero, c’erano le farse, rappresentate nelle piazze per la gente.

Di origine medievale era la maschera, un genere teatrale nato all’inizio da una sfilata di maschere di carnevale che, accompagnata dalla musica, animava le sere dei nobili e poi trasformata in una vera e propria opera teatrale anni dopo da Ben Jonson, che costruì drammaturgicamente installazioni che lo hanno reso famoso per queste esibizioni.

Teatro Iberico Rinascimentale
Anche in Spagna e Portogallo il teatro alla fine del XV secolo e l’inizio del prossimo secolo, prende una nuova direzione e si distacca da quello delle sacre rappresentazioni del medioevo pur restando il soggetto sacro l’argomento principale dei drammaturghi iberici anche questo periodo. Il personaggio più importante di questo genere fu Margaret of Navarre (1492-1549) che continuò in pieno XVI l’esperienza del teatro dei misteri. Anche in Spagna era importante riscoprire i testi della commedia latina. Tra gli autori più importanti di questo periodo: Juan del Encina, Lope de Rueda, Juan de la Cueva, Juan de Timoneda e Luis Fernández.

Per il Portogallo ci sono due nomi che devono essere fatti: quello di Gil Vicente e António Ferreira. Quest’ultimo ha scritto la più importante tragedia, in lingua portoghese, di questo periodo: Ines de Castro.

Gli spazi teatrali erano molto importanti per la maturazione del teatro, che, dalle classiche strade e dagli interni delle chiese, passava ad avere la propria conformazione, gli spazi all’interno degli edifici nobiliari e le università. Nasce il cosiddetto Teatro de salon, spazi interni non più esterni ed utilizzati esclusivamente dalla nobiltà. Mentre a metà del XVI secolo nacquero le corrales, spazi scenici aperti anche al pubblico popolare dietro pagamento di un biglietto. Se la commedia ha avuto la sua maturità passando attraverso il teatro antico classico, altre opere erano basate invece sui miti della storia della Spagna. Questa era una delle differenze più importanti tra il teatro rinascimentale spagnolo e quello di altre nazioni europee.

Tra i più importanti scrittori di teatro di questo genere spicca la figura di Juan de la Cueva che, alla fine del 16 ° secolo, scrisse drammi storici: I sette infanti di Lara (1579) e La morte del re don Sancio (1588) . Ma il vero iniziatore del teatro rinascimentale fu Lope de Rueda. De Rueda è stato influenzato dallo stile italiano, avendo assistito alle loro esibizioni alla corte spagnola. Fu il primo ad inserire il linguaggio naturale ei suoi soggetti furono inizialmente distaccati, per originalità, dai modelli greco-latini, inserendo scorci di vita popolare. Ha fatto, in un certo senso, lo stesso percorso di Nicolò Machiavelli con La mandragola. Juan de Rueda ha scritto pastorale, cinque commedie e alcuni intermezzi scenici che lo hanno imposto come uno dei più importanti uomini di teatro spagnoli prima del Siglo de Oro. Infatti, durante il diciassettesimo secolo, furono affermati il ​​più famoso Lope de Vega, Pedro Calderón de la Barca e altri, che avrebbero messo gli autori del Rinascimento sullo sfondo, per celebrità a livello europeo.

Tra gli autori della transizione, in ritardo rispetto all’Italia, tra il teatro medievale e quello rinascimentale il più importante fu certamente Fernando de Rojas. La sua tragicommedia La Celestina, del 1499 è forse il primo testo esemplare del teatro rinascimentale.

Ma il vero iniziatore del teatro rinascimentale fu Bartolomé de Torres Naharro. La sua lunga permanenza in Italia, lo mise in contatto, soprattutto durante il suo soggiorno a Roma, e dopo il 1517 napoletano, con le novità italiane, da cui trasse ispirazione per le sue opere (ancora in rima) in castigliano. Molte delle sue commedie hanno anche un ambiente italiano, ma la sua influenza sul teatro della sua terra era importante ma non ancora pienamente riconosciuta.

Teatro rinascimentale francese
Il teatro rinascimentale fuori dall’Italia subisce un certo ritardo. Sia in Francia che in Gran Bretagna, l’eredità del teatro sacro medievale è più importante e diffusa che altrove. In Francia la fama degli autori del Rinascimento è poi completamente oscurata dai tragici barocchi come Jean Racine e Pierre Corneille, e dalla commedia all’italiana di Molière, allievo del famoso comico d’arte Tiberio Fiorilli, creatore della famosa maschera Scaramouche (o Scaramuccia) ).

Il teatro rinascimentale francese, come in altri paesi europei, riceve un importante impulso dalla riscoperta e dalla relativa diffusione di testi classici di origine greco-romana. Infatti, molte di queste commedie provengono direttamente da opere di Plauto e Terenzio tradotte, più o meno fedelmente, in francese. Tra questi c’è Jean Antoine de Baif e le sue commedie: L’Eunuque dell’Eunuco di Terence e Le Brave, traduzione del plautino Miles gloriosus. Lo stesso autore ha anche scritto la tragedia Antigone, ovviamente ispirata all’omonimo textofocleus. In Francia, la tragedia e la commedia vivono insieme. Molti tragediografi di questo periodo sono anche drammaturghi, come nel caso di Jean de La Taille che ha scritto molte importanti tragedie come: Saül le furieux, Daire e Alexandre. Allo stesso tempo ha anche scritto due commedie divertenti come: Les Corrivaux e Le Négromant.

Una variante importante che distingue la situazione francese, rispetto ad altri paesi come la Spagna o l’Italia, è quella delle guerre di religione, che ha influenzato, non poco, l’ambiente teatrale. Le scelte di molti autori riflettono il clima politico e religioso del tempo nei testi. Ad esempio, le tragedie riflettono spesso le paure di un mondo in conflitto e in crisi. Ma anche nell’opera teatrale non si può sfuggire al tentativo di fare un’allusione alla realtà finché non si arriva ai testi, come L’Eugène di Etienne Jodelle che diventa un vero testo di propaganda politico-religiosa.

Tra gli autori più prolifici del Rinascimento in Francia, dovremmo menzionare almeno: Jacques Grévin, anche tragico e comico, Jean Heudon, Robert Garnier, Nicolas Filleul, Aymard de Veins, Jean Bastier de La Péruse sulla già citata Jodelle, de La Taille e de Baïf e altri minori.

Allo stesso tempo, la forma spettacolare del balletto, importato dall’Italia dalle due regine francesi della famiglia Medici, nacque in questo periodo: Caterina e Maria. L’alba del barocco, e dei suoi giganti, completamente oscurati, o quasi, il teatro umanistico del XVI secolo.

Il teatro rinascimentale nell’area germanica
Il teatro tedesco, o di tutta l’area germanica, prende una strada diversa dal resto dell’Europa. Rispetto alla Francia e alle sue guerre di religione, che hanno lacerato il paese con prove anche in testi teatrali, la Germania è assolutamente turbata. Proprio come i paesi che confinano con gli elettorati tedeschi sono anche sconvolti: Austria, Svizzera, Boemia e Ungheria.

Ma non per questo gli autori teatrali sono stati colpiti troppo. Perfino la Germania ebbe una grande eredità del teatro medievale e le sue rappresentazioni sacre, con l’arrivo della Riforma, presto sostituirono la farsa in volgare. L’importanza di questo aspetto laicizzante dell’arte e della poesia rappresentativa è fondamentale e lo rende un elemento di spicco del teatro rinascimentale tedesco. Potrebbe accadere che quest’ultimo fosse a volte anche erotico ma rivisto in senso sacro dallo stesso Lutero.

I canti ecclesiali cattolici, esclusivamente in latino, sono sostituiti da canti in volgare, spesso tratti da canzoni precedenti di origine non religiosa. Il teatro tedesco accentua questa vena profana che era già stata diffusa dal Meistersinger (o Meistersänger) di origine trecentesca. Da questa tradizione, e al suo interno, nasce il più importante drammaturgo del XV-XVI secolo: Hans Sachs (1494 – 1576).

Hans Sachs
Hans Sachs è un gigante tra i suoi contemporanei, che si affida anche a un genere particolare presente solo nell’area tedesca: il Fastnachtspiel. Questo tipo di teatro proviene da feste di carnevale, già presenti nel Medioevo è addirittura rintracciabile in rituali druidici di origine celtica.

Il teatro greco-romano, portato alla luce e riadattato dagli umanisti, ha un’influenza molto relativa nell’area germanica. Per questo motivo, nel teatro tedesco del XVI secolo, la tradizione della farsa popolare continua. È così che passiamo dalla danza alla mima e infine ai testi dialogici come quelli di Fastnachtspiele. Hans Sachs ne scrisse ben 85. Altri rappresentanti erano: Hans Rosenplüt, Hans Folz e Jörg Wickram.

Altri autori si sono rivolti al teatro erudito come: Nicodemo Frischlin (1547 – 1590), Johannes Reuchlin (1455 – 1522) e Bartholomäus Ringwaldt (1530-1599) che scrissero un’interessante opera intitolata Speculum Mundi nel 1592.

La nascita di Hanswurst
All’interno di questa tipologia teatrale nasce una delle prime maschere commedia tedesche, quella di Hanswurst (o Gian Salsiccia). Questo personaggio è stato preso dal poema satirico “Narrenschiff” (La nave dei buffoni) di Sebastian Brant nel 1519. Per la critica moderna questo personaggio era l’equivalente dello Zanni italiano, anche se quest’ultimo sarebbe nato con qualche decennio di ritardo rispetto a Hanswurst.

Svizzera
Sempre in tema di satira politico-religiosa, dobbiamo segnalare la presenza del drammaturgo-drammaturgo svizzero Niklaus Manuel. Sebbene le sue opere siano principalmente commedie satiriche e propaganda religiosa, quelle di Manuel possono essere considerate tra le migliori espressioni del teatro rinascimentale svizzero. L’ispirazione del drammaturgo di Berna viene dalla sua profonda amicizia con il riformatore Huldrych Zwingli.

Also in the style of the Fastnachtspiele there is the work of Pamphilus Gengenbach of Basel, in particular: Die zehn Alter der Welt of 1515, Der Nolhart of 1517 and Die Gouchmatt der Buhler of 1521.

Hungary
In the Hungarian area, the patronage of Mattia Corvino was fundamental. The king of Hungary had continuous exchanges with the Italian humanists, who in the Renaissance were often called in the court of Buda. This environment so fervent with novelty influenced the society and the Hungarian arts and also the greatest dramatist and poet of the period: Bálint Balassi (1554 – 1594), considered the initiator of literature in the Magyar language, especially in the poetic field, which represents his greater commitment.

In the Hungarian environment, the staging of the comedies of an Italian author such as Pandolfo Collenuccio who exported the Italian scholarly theater in Hungary should not be underestimated. In the wake of the erudite theater stands the figure of the dramatist Péter Bornemisza, who wrote the tragedy in Hungarian (Tragoedia magyar nyelven, az Sophocles Electrájából) in 1520 which is a translation of Electra by Sophocles.