Galleria Farnese, Museo Nazionale di Capodimonte

La collezione Farnese dà il nome alla galleria omonima e tutte le opere sono ordinate per area di origine in sequenza temporale: la collezione fu iniziata a metà del XVI secolo da Papa Paolo III, che la raccolse nel suo palazzo di Campo de ‘Fiori entrambe le opere antiche, in particolare statue provenienti da reperti archeologici nell’area di Roma come dalle Terme di Caracalla, e opere moderne, per lo più pittoriche di artisti come Raffaello, Sebastiano del Piombo, El Greco e Tiziano. Con Ottavio Farnes e suo figlio Alessandro, nel XVII secolo la collezione si arricchì di numerosi pezzi, grazie anche alla donazione, nel 1600, di Fulvio Orsini al cardinale Odoardo e alla confisca, nel 1612, delle proprietà appartenenti ad alcuni membri di l’aristocrazia di Parma e Piacenza, ritenute responsabili di una cospirazione nata l’anno prima contro Ranuccio I Farnese. Pertanto, opere di artisti come Correggio e Parmigianino entrano a far parte della collezione, insieme agli acquisti da palazzi romani.

Inoltre, quando Alessandro divenne sovrano dei Paesi Bassi, accanto alla scuola pittorica italiana fu aggiunta anche quella fiamminga: tuttavia, secondo alcune fonti dell’epoca, il monarca non sarebbe stato un attento collezionista a differenza di suo padre e sua madre Margherita d’Austria . Nel 1693 fu aggiunta la collezione di Margherita Farnese, sorella di Ranuccio. Successivamente la collezione passò nelle mani di Elisabetta, e poi di suo figlio Carlo di Borbone, che quando divenne re di Napoli trasferì tutte le opere nella capitale del suo regno: ulteriormente ampliato con nuove acquisizioni anche con oggetti d’ambra, bronzo, roccia cristallo, maiolica e argento, la collezione fu ospitata nel palazzo appositamente costruito di Capodimonte. Nel corso degli anni, tuttavia, la collezione fu spostata in vari edifici della città fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando fu decisa una riorganizzazione dei musei napoletani: la statua rimase nel Museo Archeologico Nazionale, mentre i dipinti furono nuovamente trasferiti in il palazzo di Capodimonte nel neonato museo, restaurando l’antica Galleria Farnesiana.

La Sala 2 segna l’ingresso alla Galleria Farnese e consente di vedere, con i suoi dipinti, le personalità di spicco della famiglia Farnese: molte delle opere presenti, come il Ritratto di Paolo III e il Ritratto di Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese, sono opera di Tiziano, la cui collezione di Capodimonte rappresenta per l’artista la più importante e numerosa sia in Italia che nel mondo; ci sono anche dipinti di Raffaello, come il Ritratto del cardinale Alessandro Farnese, Giorgio Vasari e Andrea del Sarto, nonché sculture di Guglielmo Della Porta e un arazzo raffigurante il Sacrificio di Alessandro.

La piccola sala 3 è interamente dedicata alla Crocifissione di Masaccio; questo non fa parte della collezione Farnese, ma fu acquistato nel 1901 da un privato come opera di un ignoto fiorentino del XV secolo e solo in seguito credette di essere il compartimento centrale del Polittico di Pisa che Masaccio aveva realizzato per il Carmine chiesa nella capitale pisana, poi divisa in vari pezzi conservati in altri musei europei e americani.

Nella sala 4 sono raccolti quattro disegni a carboncino: due di Michelangelo, uno di Raffaello e uno di Giovan Francesco Penni appartenuti a Fulvio Orsini, e ereditati, per volere del membro della famiglia Farnese, da Ranuccio; le opere arrivarono nel palazzo di Capodimonte nel 1759, sotto Giuseppe Bonaparte, poi trasferite al Palazzo Reale degli Studi, costituendo il nucleo principale del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe e infine riportate al palazzo di Capodimonte. Nella stessa stanza c’è un dipinto attribuito a Hendrick van den Broeck, Venere e Cupido, una copia dell’omonimo carbone di Michelangelo, esposto al suo fianco e oggetto di numerose repliche anche di altri artisti.

Dalla sala 5 le opere sono disposte in ordine cronologico e divise per aree culturali: tra le principali spiccano due pannelli di Masolino da Panicale, la Fondazione di Santa Maria Maggiore e l’Assunzione della Vergine, elementi centrali di un trittico originariamente collocato sull’altare della basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.

La sala 6 contiene dipinti delle collezioni farnese e borbonica di artisti del Rinascimento umbro-toscano, che mostrano le novità pittoriche dell’epoca, come l’uso della prospettiva: artisti come Filippino Lippi, Lorenzo di Credi, Sandro Botticelli ne fanno parte , Raffaellino del Garbo e Raffaello, con la sua eterna giovinezza tra cherubini e testa di Madonna, opera principale nella stanza; la tela di Francesco Zaganelli, con il Cristo che porta la croce, si discosta dal tema predominante, più vicino alla pittura di Dürer.

La sala 7 ospita la collezione Borgia: è una collezione acquistata nel 1817 da Ferdinando I, di proprietà del cardinale Borgia che, nel corso del XVIII secolo, raccolse, grazie alle varie missioni cattoliche nel mondo, numerose testimonianze artistiche tra le più popoli disparati, come quelli orientali ed esotici. Le opere sono state conservate dal cardinale sia in un palazzo romano che nella sua casa di Velletri, dove ha dato vita a un vero museo, aperto agli studiosi e diviso in dieci sezioni: antichità egizie, etrusche e volsche, greco – romana, romana, Arte dell’Estremo Oriente, antichità arabe, manufatti etnoantropologici del Nord Europa, dell’America Centrale e del Museo Sacro, composti da opere legate all’iconografia e alla sacra liturgia. Alla morte del cardinale, le opere furono ereditate dal nipote Camillo Borgia e successivamente acquistate dal sovrano borbonico: la collezione fu poi esposta al Museo reale borbonico e successivamente, nel 1957, trasferita nel palazzo reale di Capodimonte dove, dopo molto tempo opere di inventario, sono esposte tre sezioni, vale a dire il Museo Sacro, l’Arab Tuff e l’Indice.

La collezione comprende dipinti come Sant’Eufemia di Andrea Mantegna, la Madonna col Bambino e Santi Pietro, Paolo e Antonio Abate di Taddeo Gaddi, la Madonna col Bambino di Bartolomeo Caporali, la Madonna di Jacopo del Casentino, San Sebastiano di Taddeo di Bartolo, le virtù e le scene della vita di Jason di Giovanni Bernardi; e ancora ci sono oggetti di manifattura siriana, spagnola, birmana e francese composti di vari materiali come il Polittico della Passione, in alabastro, della scuola inglese, vetro, orafi, smalti come Pace di Nicolò Lionello e avori, come la Crocifissione bizantina del X secolo.

Dalla sala 8 inizia quella serie di sale, che si affacciano sul lato ovest dell’edificio, che già nel XVIII secolo ospitava i primi dipinti della collezione Farnese: il soffitto della sala, insieme a quello delle sale 9 e 10, ha ancora affreschi decorativi del diciannovesimo secolo, poi restaurati negli anni cinquanta del novecento; nella sala ci sono opere pittoriche di arte veneziana datate tra il XV e l’inizio del XVI secolo con artisti come Bartolomeo Vivarini, Andrea Mantegna e Lorenzo Lotto, tutti appartenenti alla collezione Farnese, mentre opere di altri autori come Giovanni Bellini e Jacopo de ‘Barbarithey sono collegati agli acquisti borbonici. Le tele mostrano tutte le innovazioni del periodo storico in cui sono state dipinte, come la raffinatezza cromatica, l’uso della prospettiva aerea e il ruolo chiave della luce.

La Sala 9 espone opere di Sebastiano del Piombo, Giulio Romano e Daniele da Volterra, a testimonianza della fervida stagione artistica romana del XVI secolo; nella sala ci sono anche tre dipinti, Madonna del Velo e Ritratto di Clemente VII con la barba di Sebastiano del Piombo e Ritratto di un giovane di Daniele da Volterra, realizzato su ardesia, una tecnica sperimentale usata come alternativa alla tela e i pannelli. Interessante anche la copia di Michelangelo del Giudizio Universale dipinta da Marcello Venusti, testimonianza di come l’opera della cappella Sistina guardasse prima degli interventi di Daniele da Volterra per coprire quelle parti considerate indecenti.

La sala 10 contiene i dipinti di artisti toscani realizzati nel primo quarto del XVI secolo: sono Pontormo, Rosso, Fra Bartolomeo, Franciabigio, Andrea del Sarto, Domenico Puligo e Pieter de Witte, artisti che apriranno le porte al manierismo.

La sala 11 raccoglie opere veneziane: in particolare le attività di un ormai maturo Tiziano come Danae, Ritratto di una giovane ragazza e Maddalena, di un giovane Dominikos Theotokópoulos, meglio noto come El Greco, allievo di Tiziano e pittore di corte del Farnese e di Jacopo Palma il Vecchio. Tra i primi, degno di nota, Boy soffia su una brace ardente, lavora con una forte chiave di chiaroscuro, con evidenti accenti caravaggeschi.

La sala 12 contiene una delle più importanti raccolte di pittura emiliana del XVI secolo al mondo, frutto della collezione Farnese e delle confische contro alcune famiglie piacentine e parmensi che avevano fatto nascere una cospirazione contro Ranuccio Farnese; tra gli artisti: Correggio, con i suoi temi sacri e mitologici e figure umane con forme morbide e colori tenui, Parmigianino, uno dei protagonisti del manierismo italiano e di un dipinto fatto di sperimentazioni, Girolamo Mazzola Bedoli, Benvenuto Tisi del Garofalo, Dosso Dossi , Lelio Orsi e Ippolito Scarsella, gli ultimi due con una caratteristica fiaba e una trama narrativa. Alcuni busti di marmo di epoca romana completano l’ambiente.

La stanza 13 raccoglie quelle opere di artisti che lavorarono alla corte dei Farnese a Parma, un luogo in pieno fervore intellettuale durante quel periodo: in particolare è Jacopo Zanguidi, meglio noto come Bertoja, con una Madonna con Bambino, e Girolamo Mirola, che è anche affiancato da artisti stranieri come Jan Soens.

La stanza 14 è la Galleria delle cose rare, comunemente chiamata Wunderkammer, o piuttosto una sorta di stanza delle meraviglie che aveva il compito di affascinare e stupire i visitatori: oltre ai dipinti normali, raccoglie quelle preziose e rare opere di ciò che rimane del arti decorative della collezione Farnese, una volta ospitata nella Galleria Ducale di Parma. Tra le opere presenti nella sala: la scatola Farnese, realizzata da Manno Sbarri con cristalli incisi da Giovanni Bernardi, bronzi di varie scuole italiane ed europee come quelle di Giambolognaothers con un tipico stile rinascimentale, come il David di Francesco di Giorgio Martini e Cupido di Guglielmo Della Porta e manierismi, monete, oggetti in avorio come un vassoio e una brocca di Johann Michael Maucher, medaglie rinascimentali di Pisanello, Matteo de ‘Pasti e Francesco da Sangallo, smalti, di cui uno raffigurante Diana cacciatrice Diana di Jacob Miller the Elder, maioliche di Urbino, tra cui un set di maioliche blu appartenente ad Alessandro Farnese, cristalli di rocca, microincisioni in legno e manufatti esotici e reperti come una pietra dura Ranocchia dal Messico e la statuetta di Huitzilopochtli, dio della guerra azteca .

La stanza 15 contiene solo i dipinti del pittore fiammingo Jacob de Backer; queste sono sette opere che raffigurano i sette peccati capitali, una tendenza molto popolare nella cultura fiamminga del XVI secolo: il vizio è raffigurato al centro del dipinto e dietro di esso scene del Nuovo e dell’Antico Testamento. Le opere furono acquistate da Cosimo Masi nelle Fiandre e confiscate nel 1611 da Ranuccio Farnese: quando arrivarono a Napoli non godettero molta fortuna, tanto che furono conservate nei depositi del Palazzo degli Studi prima di essere vendute alla Camera dei deputati a Roma, per abbellire le pareti; tornarono a Napoli nel 1952, beneficiando di una nuova rivalutazione.

La sala 16 è dedicata alla pittura lombarda del XV e XVI secolo, con una collezione non molto significativa, che ha visto il suo apogeo in centri come Cremona, Brescia, Bergamo e soprattutto Milano: tra gli artisti esposti Bernardino Luini e Cesare da Sesto, ispirato da Leonardo da Vinci e Giulio Cesare Procaccini, che con la sua Madonna con Bambino e Angelo mostra i segni della rigida moralità della Controriforma nella pittura sacra, dove, tuttavia, si trovano i primi segni del barocco; alcuni busti di imperatori romani completano la sala, originariamente esposta a Palazzo Farnese a Roma.

La stanza 17 contiene dipinti delle aree fiamminga e tedesca; in particolare sono esposti i due capolavori di Pieter Bruegel il Vecchio, la parabola dei ciechi e del misantropo, che rappresentano due momenti della fase matura dell’artista: acquistati da Cosimo Masi, segretario del principe Alessandro, e confiscati da una famiglia Farnese presso un suo erede, Giovanni Battista Masi, nel 1611. Vi sono anche trittici, come la Crocifissione e l’Adorazione dei Magi di Joos van Cleve, con porte mobili e ricchi di elementi decorativi, tanto che sembrano rifare propone elementi tipici dell’arte italiana e un gruppo di piccoli dipinti di Civetta raffiguranti paesaggi, già citati negli inventari del Marchese Girolamo Sanvitale: altri artisti in mostra sono Jacob Cornelisz van Oostsanen e Bernard van Orley, quest’ultimo con il Ritratto di Carlo V; la maggior parte di questi dipinti fa parte della collezione Farnese grazie alle acquisizioni del cardinale Odoardo a partire dal 1641.

Related Post

La sala 18 è quasi interamente dedicata a Joachim Beuckelaer: non si sa quando o chi acquistò le opere, ma queste appartenevano certamente alla collezione Farnese di Parma già nel 1587, come menzionato in alcuni inventari di famiglia, insieme a una quarantina di dipinti che appartenevano al duca Ottavio e Ranuccio, in quel periodo in cui nature morte e scene popolari come quelle dei mercati e delle campagne, proposte dalle tele, ottennero un grande successo in Italia. L’unica opera che non appartiene a Beuckelaer è Gesù tra i bambini, di Maarten de Vos.

Nella sala 19 sono esposte le opere degli esponenti della famiglia Carracci, ovvero i fratelli Agostino e Annibale, i principali esecutori della famiglia Farnese, e il cugino Ludovico: le loro tele sono condizionate dalle privazioni imposte dal Concilio di Trento, anche se riescono a trovare una nuova soluzione artistica in base alla quale l’artista deve avere una visione della realtà per far uscire la pittura italiana da quello stato di crisi.

La sala 20 continua a raccogliere opere della scuola emiliana con Annibale Carracci, questa volta presente con un dipinto maturo ispirato ai miti greci come Rinaldo e Amida e il fiume Allegoria, Giovanni Lanfranco e Sisto Badalocchio.

La sala 21 è interamente dedicata ai dipinti di Bartolomeo Schedoni, un artista che collegava la sua esistenza professionale alla famiglia Farnese, lavorando per la famiglia tra Modena e Parma e assicurando loro la maggior parte delle sue opere, anche quelle che, dopo la sua morte, furono depositati nel negozio: uno studioso del Correggio, Federico Barocci e dei Carracci, fece luce la novità predominante dei suoi dipinti, che combina figure eccentriche.

La sala 22 è ancora dedicata alla pittura emiliana: l’opera principale è quella di Atalanta e Ippomene di Guido Reni, con cui si avvicinano Giovanni Lanfranco e Michele Desubleo; tutti i dipinti presentano questi temi e lo stile della nascente corrente barocca.

La sala 24 contiene dipinti fiamminghi del 17 ° secolo con artisti come Antoon van Dyck e il suo Cristo crocifisso, acquistati da Diego Sartorio per 1.500 ducati, Pieter Paul Rubens e Daniel Seghers: sono opere appartenenti alla collezione Farnese o ai successivi acquisti e che offrono un confronto tra i dipinti italiani e olandesi del periodo.

Continua anche nella sala 25 la mostra di pittori fiamminghi, in particolare di opere che trattano di vedute, un genere che, dalla fine del XVI secolo, ebbe un enorme successo grazie anche alla richiesta di ricchi borghesi che adorano adornare le pareti di i loro edifici con tele raffiguranti scene della vita quotidiana: tra gli artisti esposti nell’ambiente Sebastian Vrancx, Gillis Mostaert e Pieter Brueghel il Giovane con paesaggio invernale.

Gli artisti fiamminghi si trovano ancora nella sala 26: questa volta, tuttavia, il tema si sposta su nature morte, che si diffonderanno enormemente nel corso del diciassettesimo secolo; si tratta di rappresentazioni intime di scene familiari con ritratti di frutta, selvaggina, fiori, piatti e cristalli, come dimostrato dalla tela di David de Coninck Game and Animals o da David Teniers il giovane con interno di cucina.

La sala 27 continua con gli artisti emiliani, in particolare quelli influenzati dall’esperienza dell’Accademia degli Incamminati: sono in mostra opere di Ludovico Carracci, come la caduta di Simon Mago, che apre la visione a una nuova concezione dello spazio e con segni di un primo barocco, Domenichino con l’angelo custode, che rimane invece ancorato al classicismo, e Alessandro Tiarini che continua a seguire lo stile della scuola caravaggesca.

Lo stile tardo manierista della fine del XVI secolo si esprime nelle opere conservate nella sala 28 con artisti toscani e liguri; importante in questi dipinti è l’uso del colore, che dà quasi una sfumatura soprannaturale ma che dona ancora una luminosità soffusa e soffusa: la Pietà di Cigoli, Venere e Adone di Luca Cambiaso e San Sebastiano portarono alla tomba di Domenico Cresti a testimoniarlo.

La Sala 29 ospita opere di origini diverse e appartenenti a diverse classi culturali, a dimostrazione del fatto che la famiglia Farnese, a causa di divergenze interne, non era più in grado di commissionare agli artisti dipinti per la loro collezione; i più rappresentativi della sala sono gli artisti di Genova, città che visse tra il XVI e il XVII secolo una buona stagione artistica: olii caratteristici su rame di Carlo Saraceni su temi mitologici e opere di Orazio de Ferrari e Giovanni Battista Gaulli, mentre Paesaggio con la ninfa Egeria di Claude Lorrain proviene dalla collezione Bourbon.

La sala 30 conclude la collezione Farnese: ospita le opere di Sebastiano Ricci, un veneziano del XVII secolo, uno dei pittori della casa Farnese di Parma che godeva della protezione di Ranuccio; nella sala anche la Sacra Famiglia e Santi di Giuseppe Maria Crespi.

Museo Nazionale di Capodimonte
Il Museo Nazionale di Capodimonte è un museo a Napoli, in Italia, situato all’interno dell’omonimo palazzo nella zona di Capodimonte, che ospita diverse gallerie d’arte antica, una di arte contemporanea e un appartamento storico.

Fu aperto ufficialmente come museo nel 1957, anche se le sale del palazzo ospitano opere d’arte dal 1758. Conserva prevalentemente dipinti, distribuiti principalmente nelle due principali raccolte, il Farnese, che includono alcuni dei più grandi nomi della pittura italiana e internazionale . come Rafael, Tiziano, Parmigianino, Brueghel il Vecchio, El Greco, Ludovico Carracci o Guido Reni; e la Galleria napoletana, che è composta da opere provenienti da chiese della città e dintorni, trasportate a Capodimonte per motivi di sicurezza dopo la soppressione degli ordini religiosi, e presenta opere di artisti come Simone Martini, Colantonio, Caravaggio, Ribera, Luca Giordano o Francesco Solimena. Anche la collezione di arte contemporanea è importante, in cui spicca il Vesuvio di Andy Warhol.

Il Museo di Capodimonte vanta 47.000 opere d’arte che formano una delle collezioni più grandi e complesse di arte medievale, moderna, moderna e contemporanea al mondo. In 126 gallerie distribuite su 151.000 piedi quadrati, sono esposte opere dei grandi artisti come: Michelangelo, Caravaggio, Raffaello, Tiziano, Botticelli, Simone Martini, Giovanni Bellini, Colantonio, Artemisia Gentileschi, Jusepe de Ribera, Battistello, Luca Giordano, Mattia Preti, Francesco Solimena, Carracci, Guido Reni, Lanfranco, Bruegel il Vecchio e Van Dyck per citarne alcuni.

Tutto ebbe inizio con la Collezione Farnese che Carlo I di Borbone, figlio del re di Spagna, ereditò da sua madre Elisabetta e portò con sé a Napoli nel 1735, con il desiderio di esporlo in questo palazzo in cima alla collina. La costruzione del palazzo iniziò nel 1738, per funzionare come una galleria di immagini e una casa di caccia. Capodimonte è l’unico museo italiano che oltre a rappresentare quasi tutte le scuole della prima arte moderna italiana, può anche vantare opere di artisti contemporanei come Burri, Paolini, Bourgeois, Warhol e Kiefer.

Il Parco Reale di Capodimonte, con i suoi 300 acri e più di 400 specie vegetali, è uno spazio verde incontaminato che domina la città e il Golfo di Napoli. Qui sono state piantate specie esotiche, tra cui i primi mandarini in Italia. È il più grande parco urbano in Italia, con circa 1.500.000 visitatori all’anno. All’interno del Royal Park è possibile ammirare l’ultimo giardino barocco dal design sino-inglese pieno di rare fragranze orientali.

Maestosamente immerso nel suo Parco Reale che domina il Golfo di Napoli, Capodimonte offre una combinazione davvero singolare di bellezza artistica e naturale assolutamente unica al mondo.

Share