Guida turistica dantesca, luoghi in Italia che hanno ispirato la Divina Commedia

Dante Alighieri era noto soprattutto per la sua Divina Commedia, ampiamente considerata una delle poesie più importanti del Medioevo. C’è un fil rouge che attraversa l’Italia e porta il nome di Dante: se il viaggio di Dante nell’aldilà è anche un tour straordinario che copre borghi, città d’arte e paesaggi italiani. La presenza di Dante e il segno lasciato dalla sua fama si ritrovano anche nell’arte e nella cultura dei secoli successivi.

La maggior parte dell’opera letteraria di Dante fu composta dopo il suo esilio nel 1301, durante il quale il sommo poeta viaggiò per tutta l’Italia. La scrittura di Dante è stata chiaramente ispirata dai suoi lunghi viaggi, da allora visse a Forlì, Bologna, Padova, Treviso, Lunigiana, Verona e infine Ravenna, morendo senza aver mai più visto Firenze.

La Vita Nuova (“The New Life”) è l’unica grande opera che la precede; si tratta di una raccolta di poesie liriche (sonetti e canzoni) con commento in prosa, apparentemente destinate a circolare in forma manoscritta, come era consuetudine per tali poesie. Contiene anche, o costruisce, la storia del suo amore per Beatrice Portinari, che in seguito servì come ultimo simbolo di salvezza nella Commedia, l’opera contiene molti dei poemi d’amore di Dante in toscano.

La Divina Commedia descrive il viaggio di Dante attraverso l’Inferno (Inferno), il Purgatorio (Purgatorio) e il Paradiso (Paradiso); è guidato prima dal poeta romano Virgilio e poi da Beatrice. Dei tre libri, Purgatorio è probabilmente il più lirico dei tre, riferendosi a poeti e artisti più contemporanei di Inferno; Il Paradiso è il più pesantemente teologico e quello in cui, hanno sostenuto molti studiosi, compaiono i passaggi più belli e mistici della Divina Commedia.

La Divina Commedia come veicolo allegorico della salvezza umana, che si concretizza nel toccare i drammi dei dannati, le pene del purgatorio e le glorie celesti. Le raffigurazioni dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso hanno fornito ispirazione per il corpo più ampio dell’arte e della letteratura occidentale, consentendo a Dante di offrire al lettore uno scorcio di morale ed etica. La Divina Commedia permette di vedere chiaramente il proprio tempo e ciò che può essere migliorato nel mondo terreno. Allontanamento di Dante dal proprio corpo e ascesi verso l’assoluta beatitudine nel cosmo, Dante è in grado di vedere le condizioni del mondo terreno e sente il bisogno di dire queste conclusioni per migliorare l’umanità.

Dante è stato determinante nello stabilire la letteratura italiana. Il suo uso del dialetto fiorentino per opere come La vita nuova (1295) e la Divina Commedia contribuì a stabilire la lingua italiana standardizzata moderna. La sua opera costituì un precedente che in seguito avrebbero seguito importanti scrittori italiani come Petrarca e Boccaccio. Inoltre, a lui è attribuito il primo uso dello schema di rime a tre versi ad incastro, o la terza rima. Viene descritto come il “padre” della lingua italiana e spesso definito “il Sommo Poeta”.

Sulle tracce di Dante
Dante’s Italy è un progetto di promozione turistica e culturale promosso dal Comitato Nazionale per le celebrazioni del settecentesimo anniversario della morte del Poeta. Dante ha viaggiato abbastanza bene, il suo ruolo politico gli ha permesso di vedere molto del paese, dopo essere stato esiliato dalla sua città natale, ha trascorso il resto della sua vita in viaggio. È un itinerario attraverso le regioni toccate da Dante. Il viaggio inizia con una prima selezione di località, che aumenteranno nel tempo fino a coprire l’intera penisola italiana.

Firenze
Nato nell’anno 1265 nella città di Firenze, Dante nacque e crebbe nella città toscana, che in seguito lo esiliò quando i suoi rivali politici presero il potere. Lo scrittore aveva una relazione di amore-odio con la sua città natale. Visita i luoghi dove un tempo mise piede lo scrittore, la ‘Casa di Dante’ è dedicata alla vita del poeta se vuoi saperne di più, oppure puoi cercare le decine di ritratti, busti e targhe in suo onore che sono sparse per il città. A partire dal battistero di San Giovanni dove fu battezzato, trovò ispirazione per uno o due versi della Commedia nel suo spettacolare soffitto a mosaico. Poi c’è il Palazzo dei Priori, oggi museo, dove Dante parlava alle assemblee cittadine.

Dante è stato ispirato dal suo amore non corrisposto per Beatrice, attraverso la sua opera “Vita Nuove” e il suo poema epico “La Divina Commedia”, l’amore della sua vita e musa ispiratrice, come lui la definì, prese vita e cambiò la letteratura come sappiamo oggi. L’amore di Dante nasce con un incontro fortuito all’età di nove anni, dove si innamora subito della giovane Beatrice. Questi brevissimi incontri saranno l’ispirazione per la sua opera “Vita Nuove”, un pezzo letterario rivoluzionario: importante non solo per il suo contenuto emotivo, ma anche per l’uso della lingua italiana e la nuova struttura poetica della prosa. Attraverso questa poesia, Dante affermò che il suo avvistamento di Beatrice “risvegliò il suo cuore addormentato” all’amore.

Dante’s Home & Museum dedicato alla sua casa d’infanzia con tante informazioni per aiutarti a immaginare la vita nel Medioevo. Oltre a raccontarvi la “Somma Poeta”, soprannome di Dante, questi tre piani sono divisi nel raccontare la storia della politica, dell’economia e degli aspetti sociali durante la sua vita.

La chiesa di S. Margherita, risalente al 1032, si trova in una piccola traversa a valle della Casa di Dante mentre ci si dirige verso Via del Corso. Chiamano questa chiesa di Dante perché è lì che la sua famiglia ha frequentato e dove ha ufficializzato il suo matrimonio combinato con Gemma Donati

La Casa di Beatrice, situata a Palazzo Portinari Salviati in via del Corso 6 era un tempo proprietà di Folco Portinari, padre di Beatrice. Era un banchiere e il fondatore dell’Ospedale Santa Maria Nuova nel 1288. Anche se molte volte indicata come la casa di Beatrice, in realtà era la casa della sua famiglia dove crebbe, ma non dove visse dopo il matrimonio.

Ponte Santa Trinita è in realtà il luogo in cui incontrò Beatrice in uno dei famosi tre incontri, ma il famoso dipinto “Dante e Beatrice” datato 1883 dall’artista Henry Holiday in mostra alla Walker Art Gallery di Liverpool, in Inghilterra, è una meravigliosa immagine del colori, vestiti e atteggiamenti del tempo. Dà forma al ricordo dell’unico incontro in cui Beatrice avrebbe riconosciuto Dante e da cui sono nate le parole de “La Vita Nuove”.

All’esterno della Chiesa di Santa Croce si erge una statua marmorea cupa e accigliata realizzata nel 1865 per celebrare il 600° anniversario della nascita di Dante. Mentre morì e fu sepolto a Ravenna in esilio, ci vollero duecento anni dopo la sua morte prima che I fiorentini decisero addirittura di volere indietro il loro poeta. Sono arrivati ​​​​al punto di costruire un bellissimo memoriale per le sue spoglie per il giorno in cui sarebbe tornato. Fecero diverse richieste alla città di Ravenna per farlo tornare a Firenze. Gli è stata inviata una bara vuota.

Death Mask of Dante è una copia del volto di Dante dopo la sua morte, viene spesso definita maschera funeraria. La tradizione vuole infatti che sia stato scolpito in epoca successiva dall’effigie sulla tomba di Dante, le cui spoglie si trovano a Ravenna. E studi recenti lo confermano suggerendo che molto probabilmente fu scolpito alla fine del 1400 da Pietro e Tullio Lombardo. La maschera è ora in mostra a Palazzo Vecchio. Esposto qui, è arrivato a simboleggiare sia il suo contributo politico alla città di Firenze sia il suo ruolo essenziale nello sviluppo della letteratura, della cultura e della civiltà italiana.

Roma
Nel settembre del 1301 Dante fece parte dell’ambasciata inviata da Firenze al Papa, nella sua unica visita a Roma. Dante incontrò papa Bonifacio VIII, e fu durante questo viaggio che Firenze fu conquistata da una fazione rivale del partito politico di Dante, i Guelfi, portandolo al suo esilio. Roma è menzionata spesso in tutta l’opera di Dante, e in cambio, il città ha reso omaggio a Dante. Statue, dipinti e strade che portano il suo nome in tutta la città. Tra gli omaggi più notevoli ci sono il busto nel magnifico parco di Villa Borghese, e il suo cammeo sullo sfondo del Parnaso, affresco di Raffaello, che troverai nei Musei Vaticani.

Roma è la prima città citata nella Divina Commedia, quando Virgilio appare al poeta nel Canto dell’inferno. Il Colle di Monte Mario, che offriva ai viaggiatori provenienti da nord il primo scorcio della città, o il Ponte di Castel Sant’Angelo sono solo due dei 18 riferimenti a luoghi, monumenti e simboli romani disseminati nell’Inferno, nel Purgatorio e nel Paradiso.

La storia del Ponte Sant’Angelo aveva inizio circa 1.500 anni prima, durante il regno dell’imperatore Adriano che lo fece costruire per collegare il suo Mausoleo all’altra sponda del Tevere. Essendo l’unico accesso dalla città alla tomba e alla basilica di San Pietro, i principali luoghi di pellegrinaggio cristiano, fu il ponte romano per eccellenza per gran parte del Medioevo. Nel Canto 18 dell’Inferno, due gruppi di peccatori che si muovono in senso opposto l’uno all’altro vengono così paragonati ai tanti pellegrini che attraversavano il ponte durante il Giubileo del 1300.

Nimrod è uno dei giganti che Dante incontra nell’Inferno Canto 31. Publius Cincius Salvius, alto quasi quattro metri e costruito tra il I e ​​il II secolo d.C., nella Roma Imperiale. La scultura era stata ritrovata tra le rovine delle Terme di Agrippa, in quella parte della città che già nel 1200 era chiamata “Rione Pigna”, suscitando un certo stupore e dando vita alle più bizzarre leggende.

Negli appartamenti di papa Giulio II all’interno dei Musei Vaticani, Raffaello dipinge due ritratti di Dante ad affresco. Il profilo del poeta, con il caratteristico naso aquilino e la testa coronata d’alloro, compare nella parte inferiore della Disputa del Santissimo Sacramento, in compagnia di teologi, dottori della Chiesa e papi. E lo vediamo una seconda volta tra i poeti epici raffigurati nella scena che illustra il Parnaso, con una veste drappeggiata e un volume in mano, seminascosto dal braccio di Omero.

Nella Sala di Dante del Casinò Massimo Lancellotti, Filippo Veit dipinge il Paradiso sul soffitto con pennellate nette e colori accesi. Tuttavia, gli affreschi più vistosi sono quelli dipinti da Joseph Anton Koch, secondo le cronache appassionato lettore del poema dantesco: le scene del Purgatorio e, soprattutto, la grande parete dedicata all’Inferno, dominata dalla gigantesca figura di Mino. Tutt’intorno, sotto lo sguardo di Dante e Virgilio sul dorso del mostruoso Gerione, ci sono demoni più o meno famosi, in un groviglio di corpi umani.

Forlì
Forlì è profondamente legata a Dante per le citazioni contenute nella Divina Commedia su luoghi, fatti e personaggi forlivesi e anche perché la città ospitò più volte il Grande Poeta tra il 1302 e il 1313 durante il dominio degli Ordelaffi. Numerose sono le testimonianze legate al Grande Poeta visibili in città, nei musei e nella Biblioteca Civica Aurelio Saffi.

L’itinerario sulle tracce di Dante a Forlì inizia da Porta Schiavonia, punto di accesso per i viaggiatori provenienti dalla Toscana lungo la strada che collega Forlì a Firenze e attraversa la valle dell’Acquacheta, oggi Montone, e il Passo del Muraglione . Un cippo posto vicino alla porta, sulla facciata di un edificio all’angolo tra viale Bologna e via Firenze, cita i versi del XVI Canto dell’Inferno (vv. 94-99) dedicati al fiume Montone che scorre poco metri più vicino.

Palazzo Paulucci di Calboli D’Aste in Via Piero Maroncelli, nel centro storico della città. Sulla facciata dell’edificio, più precisamente sul lato destro del portone d’ingresso, è presente un cippo dove sono incise terzine dantesche in memoria di Ranieri de Calboli. I versi fissano i confini della Romagna secondo Dante Alighieri e i suoi contemporanei (Purgatorio, Canto XIV, vv. 88-96)

Museo Civico di Palazzo Romagnoli, che custodisce il medaglione a rilievo Ritratto di Dante Alighieri. È un’opera di Bernardino Boifava che raffigura il profilo di Dante davanti all’Abbazia di San Mercuriale e le vittime della battaglia di Forlì (1282). Accanto al medaglione dantesco si può ammirare un altro pannello esagonale raffigurante il profilo di Caterina Sforza e alle sue spalle si vede la rocca con una schiera di soldati.

Palazzo Albicini, edificio dalla facciata austera e uniforme, dove soggiornò Dante quando fu ospite della famiglia Ordelaffi, signori di Forlì. Il cippo sulla facciata del palazzo ricorda il soggiorno di Dante e Giosuè Carducci, altro grande poeta italiano, ospite dei marchesi Albicini alcuni secoli dopo.

In piazza Saffi, alla base del campanile dell’Abbazia di San Mercuriale, una lapide ricorda il sanguinoso episodio noto come “il sanguinoso mucchio” (1282), la strage dei francesi. e fu ricordata dall’Alighieri in una celebre terzina della Divina Commedia. Nel XXVII Canto dell’Inferno Dante rievoca l’assedio di Forlì, ghibellina, la battaglia divenuta simbolo dell’orgoglio cittadino. La città resiste e sconfigge, al comando di Guido da Montefeltro, le truppe guelfe di papa Martino IV.

Verona
Dante visitò Verona per la prima volta nel 1303, rimanendo fino all’anno successivo ospite di Bartolomeo della Scala. Ritornò nel 1312, rimanendo fino al 1318. Dante scrisse il De Monarchia e buona parte del Paradiso mentre era qui a Verona. In città era libero di diffondere le sue idee e le sue opere, di studiare i testi antichi custoditi nella Biblioteca Capitolare, di ammirare le rovine romane e di respirarne l’aria, sperando in notizie di un futuro luminoso e sereno.

Dante trascorse molto tempo a Verona e sono numerosi i luoghi in cui è ricordato, come i luoghi in cui parlò, divulgando le sue idee, come i chiostri della cattedrale dove c’è una targa a lui dedicata davanti alla cappella di Sant’Elena . Oppure la chiesa di Santa Maria della Scala, frequentata dai governanti della città, e in piazza dei Signori, detta anche piazza Dante, dove si erge una statua del sommo poeta, che domina il territorio circostante. Questa statua, realizzata da Ugo Zannoni in marmo di Carrara, in piedi su un piedistallo alto tre metri, fu inaugurata nel 1865.

Casentino
A circa 50 km a est di Firenze si trova il Casentino, ricco di boschi e castelli ricchi di storia. Dante aveva un forte legame con il Casentino. Arezzo e Firenze si batterono aspramente per il territorio, in particolare nella battaglia di Campaldino del 1289, in cui Dante ebbe un ruolo. Tra le fila c’era un giovane Dante Alighieri nel ruolo di affidatario, che condusse alla vittoria la sua Firenze. Una colonna bianca sul luogo della battaglia, nota ai locali come “valigia di Dante”, e il vicino castello di Poppi hanno informazioni sulla battaglia.

Ospitato dai Conti Guidi, qui trascorse alcuni anni del suo esilio da Firenze, infatti molti luoghi di questa valle sono citati nel suo capolavoro, “La Divina Commedia”. Dante, come molti altri grandi autori e pensatori, rimase stupito nel vedere la ricchezza del territorio del Casentino, dove il verde delle colline e dei ruscelli creano un paesaggio idilliaco. Infatti, nel 30° Canto dell’Inferno, descrive la discesa dei “torrenti” che scendono dalle colline per raggiungere l’Arno.

Nel 1310 fu ospite dei Conti Guidi nella loro residenza, il Castello di Poppi, maestoso edificio che domina l’intera vallata. Qui si dice che abbia scritto il 33° canto dell’Inferno. È uno dei versi più famosi della Divina Commedia e ruota attorno alla figura del conte Ugolino della Gherardesca, con il quale i Guidi erano imparentati per matrimonio. Rimanendo ospite dei Conti Guidi, il Sommo poeta conobbe le meraviglie architettoniche della valle come i castelli di Romena e Porciano.

Segui le orme di Dante in Casentino e prosegui il viaggio in Purgatorio. Nel quinto canto troviamo uno dei centri spirituali più importanti del Casentino: l’Eremo di Camaldoli. L’Eremo fu fondato da San Romualdo circa mille anni fa. Circondato dal silenzio del bosco sacro coltivato dai monaci, l’Eremo rappresenta uno dei due aspetti dell’ordine camaldolese, che unisce la vita cenobitica alla contemplazione solitaria. Appena sopra l’Eremo si trovano le sorgenti dell’Archiano, affluente dell’Arno, che un tempo segnava il confine tra il Casentino dominato dai Guidi ei territori soggetti ad Arezzo.

L’Archiano e le sue sponde sono citate nel canto 5 del Purgatorio, quando Bonconte da Montefeltro morì alla confluenza dell’Archiano con l’Arno. Il V canto del Purgatorio svela le bellezze del Casentino che affascinarono il poeta, e tra queste non si può escludere uno dei punti panoramici più suggestivi dell’intera valle: il Pratomagno. Questo massiccio separa il Casentino dal Valdarno e costituisce un monumento naturale per i Casentinesi. Situata di fronte al Monte della Verna, sulla sua sommità svetta l’iconica, enorme croce in ferro costruita nel 1928 in onore di San Francesco.

Lunigiana
La Lunigiana oggi si trova tra La Spezia e Massa Carrara, Dante visitò più volte il territorio tra il 1306 e il 1308, e il suo soggiorno nella regione comprendeva un soggiorno presso il monastero di Santa Croce del Corvo. Secondo gli scritti di un monaco di nome Ilaro, quando Dante arrivò al monastero e gli fu chiesto cosa stesse cercando, rispose semplicemente: “Pace”. Con queste parole inizia il dialogo tra Dante e Corrado Malaspina, nel Canto VIII del Purgatorio, un incontro che nasconde una profezia e racconta il profondo legame tra il Sommo Poeta e la terra di Lunigiana.

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Nella regione rurale montagnosa, che ha diversi bei castelli medievali. visitare il locale museo dantesco che esplora i legami tra Dante e la Lunigiana. E dal 2011 il comune di Mulazzo organizza annualmente nel mese di aprile rievocazioni storiche per commemorare l’arrivo del poeta in città.

Venezia
Dante si recò numerose volte a Venezia durante il suo esilio. Il primo fu per alcuni mesi nell’agosto 1321 per risolvere una controversia diplomatica. Dante soggiornò con un suo buon amico, un nobile di nome Giovanni Soranzo, uno dei più influenti nobili dell’epoca, e ancora oggi si può leggere una targa sulla facciata del bel palazzo gotico della famiglia Soranzo, che si affaccia sulla destra lato del bellissimo Campo San Polo che ce lo ricorda.

Dante rimase molto colpito da Venezia, ma soprattutto si ispirò all’Arsenale, il cantiere navale dove i veneziani crearono la loro incredibile flotta e che in quel momento era in pieno fermento. Infatti, nel ventunesimo canto dell’Inferno, per spiegare la punizione riservata ai truffatori, se ne serve come similitudine per evocare il movimento e l’inquietudine dei peccatori nell’Inferno. Questo è ironico, perché mentre i veneziani producevano belle navi, l’attività dei peccatori è vana.

La città è citata ancora nel Paradiso, nel Canto IX per identificare uno specifico contesto geografico, ovvero il territorio compreso tra Venezia (indicata con una metonimia attraverso Rialto – nell’isola di Rivoalto il primo insediamento della città) e le montagne del Trentino e Cadore dove nascono i fiumi Brenta e Piave. Infine, nel XIX Canto del Paradiso nomina la “moneta” di Venezia, cioè la moneta d’argento matapan, nell’invettiva contro i principi contemporanei (come Stefano Uroso II, re di Rascia, la regione corrispondente a quella che era la Jugoslavia) che aveva alterato la lega di una moneta per farla assomigliare a quella veneziana e farle assumere lo stesso valore).

Treviso
Dante si riferisce a Treviso attraverso la citazione dei due fiumi che convergono e in essa si uniscono. Affacciata sull’ansa dove il Sile si unisce al Cagnan, l’osteria Ponte Dante si trova in un luogo magnifico e senza tempo, citato da Dante nella Divina Commedia quasi a rappresentare, nella bellezza di questo scorcio, l’intera città di Treviso.

San Leone
Dante visitò San Leo di passaggio nel 1306. Dante è annoverato tra i personaggi illustri che passarono per San Leo; luogo noto probabilmente sia per le note frequentazioni con Ugoccione della Faggiola, signore della vicina Casteldelci, sia per la descrizione che se ne fa nel Canto IV del Purgatorio. Il grande poeta deve descrivere una salita dura, faticosa e impervia, per questo paragona il luogo in cui si trova nella Divina Commedia a luoghi reali famosi per la loro asprezza. La rupe di San Leo è citata per le evidenti difficoltà di accesso come la discesa verso Noli in Liguria e il monte Bismantova nell’Appennino reggiano fino a citare il monte Cacume presso Frosinone.

Faenza
Faenza è sicuramente una delle città più note a Dante Alighieri, che nella Divina Commedia cita alcuni personaggi faentini o legati a Faenza. Maghinardo Pagani da Susinana, allora signore di Faenza e Imola, è menzionato sia nell’Inferno che nel Purgatorio. Il 13 novembre 1280 Tebaldello apre a tradimento Porta Imolese ai Geremei e ai loro alleati guelfi, permettendo loro di massacrare i Ghibellini.

Nel IX Circolo dell’Inferno, in località Antenòra, dove vengono puniti i traditori della patria, Dante si scontra con Bocca degli Abati, il quale addita altri traditori che in quel luogo stanno scontando la pena. Tra questi c’è Tebaldello Zambrasi, guelfo faentino, che la notte del 13 novembre 1280 aprì le porte della città ai bolognesi Geremei, dalla parte guelfa, che poterono così massacrare i loro rivali, i ghibellini Lambertazzi, profughi in città dopo essere stato espulso da Bologna.

Bertinoro
Bertinoro, il “Balcone di Romagna”, con una magnifica vista sul mare e sulle colline, è anche un antico borgo che ha conservato la sua antica struttura con strade lastricate e scorci d’altri tempi. Anche Dante Alighieri ha potuto godere dell’ospitalità di Bertinoro, la storia del grande poeta porta alla Polenta. Dante trascorse gli ultimi anni della sua vita (dal 1317 al 1321) ospite alla corte di Guido Novello Da Polenta, allora Signore di Ravenna, che in quel periodo riprese possesso del castello di Polenta.

L’incursione al castello fu accolta con stupore in città e Dante decise di visitare la rocca e l’antica chiesa di San Donato. Sulle colline intorno al paese si trova Polenta, da cui Guido da Polenta, signore di Ravenna, accolse il poeta esiliato che fece tappa definitivamente nell’antica Pieve di origine longobarda, ancora splendidamente conservata e cantata da Giosuè Carducci nel suo bella “Ode alla Chiesa di Polenta” (Ode alla Chiesa di Polenta).

Oriago e Mira
Tra le testimonianze più note c’è sicuramente quella di Dante Alighieri, nel canto V del Purgatorio (V, 64-84). In questa sezione il poeta parla di Jacopo da Cassero, assassinato ad Oriago nel 1298 per ordine di Azzo VIII d’Este. Una targa, che riporta i versi del poeta, è stata collocata sulla facciata di Villa Moro ad Oriago.

Dante si riferisce qui alla triste fine di Jacopo del Cassero, il quale, sbarcato sulla sponda del Brenta, si trovò inseguito dagli assassini di Azzo VIII, dal quale tentò di fuggire nascondendosi nella palude circostante, dove, impigliato nei canneti e fango, fu raggiunto e ferito a morte, mentre forse si sarebbe potuto salvare se avesse invece preso la strada verso il centro di Mira.

Cesena
Cesena gode del prestigio di essere esplicitamente citata dal Sommo Poeta nella Divina Commedia: al tempo di Dante appariva a metà strada tra due mondi, il libero comune dell’alto medioevo e gli altri paesi della zona già soggetti alle signorie. Il confronto di Dante descrive bene anche la peculiare collocazione geografica: al centro della Romagna, a breve distanza dalla costa adriatica e dalle montagne dell’Appennino tosco-romagnolo, delimitato dal fiume Savio, tra la pianura e il colle del Garampo.

Castel Tirolo
Dante ricostruisce l’origine di Mantova riportandola a Manto, figlia dell’indovina tebana Tiresia, dannata tra gli indovini della quarta bolgia. La descrizione parte dal Lago di Garda e dal Benaco, ea sud di quel tratto dell’arco alpino che confina con la Germania e che aveva uno dei suoi centri maggiori, nel Castello di Tirolo, Tirale in lingua ladina, non lontano da Merano.

Bismantova
Per spiegare al lettore quanto sia stata difficile l’ascesa al monte del Purgatorio, Dante evoca la Pietra di Bismantova, massiccio roccioso ancora oggi meta di alpinisti ed escursionisti. Dante non cita solo lo splendido monolite, nel quarto canto del Purgatorio, ma molti studiosi concordano sul fatto che la “pietra” abbia ispirato la geografia del Monte del Purgatorio, contribuendo a determinare la struttura dell’intero secondo Cantico della Divina Commedia. Dante descrive la Montagna del Purgatorio come una montagna molto alta, che sorge su un’isola, con i fianchi composti da balzi rocciosi e uno spazio pianeggiante sulla sommità, dove colloca il Giardino dell’Eden.

Una descrizione molto simile alla Pietra di Bismantova, conosciuta nel medioevo e che lo stesso Dante ebbe modo di vedere di persona, nel 1306, mentre era in viaggio verso Luni, in provincia di La Spezia. Ne rimase così affascinato che decise di salire fino alla sua vetta, ammirando il meraviglioso panorama. La caratteristica forma della pietra è stata poi ripresa nei secoli da vari “illustratori” della Divina Commedia, tra i quali il più famoso è Gustav Doré, alla fine dell’ottocento.

Cascata dell’Acquacheta
Dante descrisse la bella cascata dell’Acquacheta, paragonandola alla cascata del fiume infernale Flegetone. L’angolo selvaggio di paradiso terrestre è incastonato tra le maestose foreste casentinesi, rese famose dai versi della Divina Commedia di Dante Alighieri in cui viene raccontato il suo viaggio da Firenze a Ravenna, passando per l’Acquacheta. La natura selvaggia del paesaggio è come essere in una fiaba, lontano dalla civiltà, in una foresta incantata.

Romano d’Ezzelino
La collina della Bastia situata ai piedi del Monte Grappa, nel piccolo comune di Romano d’Ezzelino. Dante ne parlò nella Divina Commedia riferendosi alle vicende del tiranno Ezzelino III, il famoso “Colle di Dante”, luogo delineato nella Divina Commedia come luogo prescelto per le nefaste memorie di Ezzelino III da Romano, il tiranno par eccellenza.

La collina della Bastia, tanto piacevole per l’ampio panorama che si gode dall’alto della pianura veneta, quanto cara agli abitanti del luogo. La torre sul colle è molto più recente dei versi di Dante, tuttavia sul colle si possono vedere i resti delle mura castellane. Poco distante si trovava il castello degli Ezzelini, sul colle oggi occupato dal Santuario della Madonna del Monte a Sopracastello di San Zenone degli Ezzelini.

modenese
Il riferimento a Modena nella Divina Commedia si limita alla sua citazione in un brano in cui Dante, per bocca di Giustiniano, ricostruisce le guerre civili che seguirono alla morte di Cesare.

Chiesa parrocchiale di Soligo
Dante cita quei luoghi, individuandoli attraverso i fiumi che li bagnano, ovvero il Brenta e il Piave, indicati come la casa natale di Cunizza da Romano, beata che Dante incontra nel Terzo Cielo del Paradiso. Cunizza è sorella di Ezzelino III da Romano.

Ravenna
Dante era già stato a Ravenna prima, presumibilmente nel 1303 e nel 1310. Vagò anche nella pineta di Classe. Dante ei suoi figli trascorsero due anni del suo esilio a Ravenna, in Emilia-Romagna. Dante ha integrato e completato la Divina Commedia negli ultimi anni della sua vita, quindi molti dei dettagli in essa descritti sono stati ispirati da Ravenna.

Ai tempi di Dante, Ravenna aveva un aspetto molto diverso da quella che conosciamo oggi. I passati splendori dell’impero romano e bizantino erano quasi un lontano ricordo, e il suo paesaggio, povero, malsano e circondato da paludi e canali. In questo paesaggio doloroso, i mosaici delle antiche chiese bizantine erano fonte di luce e meraviglia, testimoniando il periodo di grandiosità con i loro tesori preziosi e altamente artistici.

Estesa a sud della famosa Basilica di Sant’Apollinare in Classe, la Pineta di Classe è un luogo molto suggestivo che conserva una fauna senza tempo ed evoca un’atmosfera incontaminata, che ha invogliato il Poeta a fare lunghe passeggiate nella pineta costiera . Un ambiente del tutto diverso, un territorio naturale e selvaggio che lo stesso poeta amava. Paesaggi, colori, macchie di luce e ombra, sono stati senza dubbio preziosi fonti di ispirazione per un artista alla ricerca di impressioni e immagini. Di fronte si sono rivelati materiale utile per ricreare, per iscritto, le tante descrizioni che fanno da sfondo agli incontri della Divina Commedia.

Nel 1321 il poeta morì all’età di 56 anni mentre tornava nella città settentrionale dopo un viaggio di ambasciatore a Venezia. Dante fu sepolto nella chiesa ravennate di San Pier Maggiore (ora chiesa di San Francesco) e per lui fu costruita una grande tomba nel 1483. Insieme ai bellissimi mosaici per cui Ravenna è famosa, il mausoleo è uno dei principali siti storici della città .

Quando Dante morì, la sua tomba era presumibilmente un semplice sarcofago appena fuori dalla Chiesa di San Francesco. Fu Guido Novello da Polenta, signore di Ravenna, a chiedere la costruzione della cappella per rendergli omaggio un’ultima volta. Nel 1483 Bernardo Bembo, che governò la città per conto della Repubblica di Venezia, decise di restaurare il sarcofago e commissionò allo scultore Pietro Lombardo un bassorilievo marmoreo raffigurante il volto di Dante, oggi visibile all’interno della Tomba.

L’attuale mausoleo fu costruito tra il 1780 e il 1782. Fu voluto dal cardinale Luigi Valenti Gonzaga (1725 – 1808) su progetto dell’architetto ravennate Camillo Morigia (1743-1795), che realizzò un tempietto neoclassico fatto di linee semplici e decorazioni cupe . L’interno della tomba, che è stata rivestita di marmo in occasione del centenario del 1921, conserva il sepolcro con remian di Dante e il bassorilievo dello scultore Pietro Lombardo.

In fondo al sarcofago si trova una corona di bronzo e argento donata dall’esercito vittorioso della prima guerra mondiale, mentre a destra si trova l’ampolla realizzata dallo scultore triestino Giovanni Mayer e donata dalle città istro-dalmate nel 1908. Al al centro della stanzetta arde una lampada votiva con l’olio donato dalla Toscana. Ogni anno, infatti, la seconda domenica di settembre, il Comune di Firenze invia una delegazione e offre l’olio per commemorare il suo concittadino.

Accanto alla tomba di Dante, il complesso monumentale degli Antichi Chiostri Francescani è un angolo di paradiso e di raffinata bellezza nel cuore del centro cittadino di Ravenna. Edificato in epoca medioevale (1261), l’edificio era un chiostro dei Frati Minori Francescani, posto proprio alle spalle della Basilica di San Francesco, che ospitò nel 1321 i solenni funerali del Sommo Poeta. Tra il XV e il XVII secolo una serie di opere si sovrappose alla struttura originaria. L’aspetto attuale degli Antichi Chiostri Francescani risale agli anni ’20, quando l’intera area dedicata a Dante assunse il disegno romantico che si vede ancora oggi.

Il complesso conta due chiostri, uno accanto all’altro, con uno spazio intermedio adibito a mostre e convegni. Il primo chiostro è detto “Dante” per la vicinanza con la sua tomba. Presenta un raffinato portico, abbracciato da colonne con capitelli dorici. Al centro, un pozzo è incorniciato da due colonne con capitelli bizantini del VI secolo dC, forse provenienti dalla Basilica di San Vitale. Il secondo chiostro è detto “della Cassa”. Ha forma rettangolare e presenta un portico di colonne in pietra d’Istria, marmo rosso di Verona e marmo greco. Anche il puteal che si trova al centro è in pietra d’Istria.

Non lontano dalla tomba del Sommo Poeta, al primo piano dell’ex convento francescano, il Museo Dante è un viaggio attraverso le opere, la vita e la memoria di Dante Alighieri, il padre della lingua italiana. Il Museo Dantesco fu originariamente aperto nel 1921, in occasione delle celebrazioni per i 600 anni dalla morte del poeta. Il museo era un deposito di cimeli e cimeli di proprietà del Comune.

Nel corso dell’ultimo secolo il museo ha cessato la sua attività per un lungo periodo, ha subito una serie di rimaneggiamenti e ampliamenti nell’allestimento, anche in vista del 700° anniversario della morte di Dante, che ricorre nel 2021. Il museo è dotato di diverse sale, e offre un viaggio emozionale attraverso la storia e le immagini. Si tratta dell’avventura umana e dell’esperienza artistica di Dante, soffermandosi sulla Commedia e la sua fortuna. Una serie di cimeli e oggetti di grande suggestione rendono l’intera esperienza ancora più suggestiva. In esposizione troverete il cofanetto in cui i frati nascosero le spoglie del Poeta e la cassa in cui furono esposte nel 1865, dopo il loro fortuito ritrovamento.

Ospitata in una villa nobiliare del XIV secolo situata proprio di fronte alla Tomba di Dante, la Casa di Dante a Ravenna è l’ultima tappa del percorso iniziato nel Museo Dante. Si tratta di uno spazio polifunzionale che ospita diverse aree espositive, una libreria, un laboratorio didattico e una corte di meditazione. La prima sala, realizzata grazie alla collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, ospita una mostra pluriennale con alcune opere molto importanti concesse in prestito dallo stesso museo di Firenze. In una seconda sala potrete vedere le raccolte dantesche della Biblioteca Classense, l’ente che da sempre si occupa della salvaguardia, dell’esposizione e della gestione scientifica di tutto il materiale relativo a Dante conservato in città.

Oltre alle aree espositive, Casa Dante ospita un laboratorio didattico attrezzato con postazioni di lavoro e di apprendimento per gli studenti. Infine, un cortile di meditazione che offre uno spazio di riflessione, in ideale continuità con la Zona del Silenzio. Casa Dante vanta infine un’altra area (ancora in allestimento), dedicata al design, ispirandosi alla figura di Dante. Questo spazio è stato realizzato grazie alla prestigiosa collaborazione con Adi design Museum.

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