Capitolium di Brixia, Italia

Il Capitolium di Brixia o il Tempio della Triade Capitolina a Brescia era il tempio principale nel centro della città romana di Brixia (Brescia). Attualmente è rappresentato da rovine frammentarie, ma fa parte di un sito archeologico, tra cui un anfiteatro romano e un museo nel centro di Brescia. Insieme al teatro e ai resti del forum cittadino, è il più importante complesso di rovine e resti di edifici pubblici romani nel nord Italia.

Nel 2011 è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO e fa parte del sito seriale Longobardi in Italia: luoghi di potere (568 – 774 d.C.).

Panoramica
Nel cuore storico di Brescia vi sono notevoli resti archeologici relativi agli edifici monumentali dell’area capitolina dell’antica città. In epoca romana Brescia – Brixia – era infatti una delle città più importanti del nord Italia, situata lungo la cosiddetta via Gallica (arteria che collegava alcuni dei centri più significativi di origine celtica a nord del Po), alla foce delle valli alpine dell’antico insediamento (la valle della Camonica e la valle della Trompia), tra il lago d’Iseo e il lago di Garda, e immediatamente a nord di una fertile e vasta area pianeggiante, arricchita dall’età augustea con imponenti opere di organizzazione agricola (centuriazioni).

Nell’area archeologica situata al centro del tessuto urbano, sono ancora visibili gli edifici più antichi e significativi della città: il Santuario di età repubblicana (I secolo a.C.), il Capitolium (73 d.C.), il Teatro (I – III secolo d.C.), il tratto del pavimento del decumanus maximus, su cui insiste oggi Via dei Musei. L’area si apre anche sull’odierna Piazza del Foro, che conserva vestigia della piazza di epoca romana (1 ° secolo d.C.). Resti archeologici (foro e impianto termale; basilica) sono visitabili anche sotto Palazzo Martinengo, oggi sede della Provincia. Oltre a questi edifici romani, nobili edifici di epoca medievale, rinascimentale e moderna, che “sorgono” direttamente dalle antiche rovine (Palazzo Maggi Gambara e Casa Pallaveri,

In questa zona ben circoscritta della città possiamo quindi leggere una stratigrafia ininterrotta di testimonianze che si estendono dal II secolo a.C. C. fino al diciannovesimo secolo. Nel 1830, a seguito degli scavi condotti in quest’area, la sede del Museo Patrio fu collocata nel Capitolium, il primo museo cittadino ad inaugurare la vocazione museale di quest’area.

Dal 1998 è stato avviato un progetto organico per il recupero dell’area archeologica del Capitolium. Consiste nell’approfondimento delle conoscenze sulla zona nel suo completo recupero archeologico e architettonico, nella sua valorizzazione e nell’apertura completa e definitiva all’uso pubblico. Questa apertura, oltre a restituire al pubblico la parte urbana più importante della città dei tempi antichi, costituisce il completamento degli itinerari museali del Museo Civico, allestito nel vicino complesso monumentale di Santa Giulia, e uno dei più significativi percorsi archeologici e meglio conservati d’Italia, riconosciuto Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO con il sito I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.).

Storia
Il tempio fu costruito nel 73 d.C. durante il dominio dell’imperatore Vespasiano. La posizione elevata e prominente e le tre cellee identificabili, ciascuna con il proprio pavimento in marmo policromo, contribuiscono tutte a confermare che questo tempio avrebbe rappresentato il capitolium della città, ovvero il tempio dedicato alla Triade Capitolina di Giove, Giunone e Minerva. Il Capitolium sostituì una precedente serie di templi, un “santuario repubblicano”, apparentemente costituito da quattro templi discreti che erano stati eretti intorno al 75-90 a.C. e ristrutturati durante il regno di Augusto.

Le tre cellee del capitolium sono state ricostruite e le pareti della cella sinistra sono utilizzate come lapidarium per mostrare epigrafi locali rinvenute nel corso del XIX secolo. Di fronte alla cellae, sono i resti parzialmente ricostruiti di un portico, che era composto da colonne corinzie che sostenevano un frontone con una dedica all’imperatore Vespasiano.

Il complesso e le altre rovine romane si trovano a un’estremità di Via dei Museii, un tempo l’originale Decumanus Maximus di Brixia, che si estendeva per circa 5 metri al di sotto dell’attuale livello della strada, e lungo il percorso del. Ampie scale salivano al portico dal Decumano.

Quasi interamente sepolto da una frana della collina del Cidneo, il tempio fu riscoperto nel 1823. La ricostruzione fu eseguita subito dopo da Rodolfo Vantini. Durante gli scavi nel 1826, fu trovata al suo interno una splendida statua in bronzo di una Vittoria alata, probabilmente nascosta nella tarda antichità per preservarla dal saccheggio.

Scavi e scoperte
La storia dell’archeologia bresciana stessa è iniziata nell’area archeologica del Capitolium. Fu infatti a seguito di un invito ufficiale della Congregazione Comunale che l’Università delle Arti, delle Lettere e delle Arti, nel 1822, promosse la riscoperta della città romana. Scavando intorno a una capitale di pietra bianca che è emersa nel giardino di un palazzo, sono venuti alla luce i resti dell’antico tempio e numerosi reperti appartenenti all’edificio di culto o alle epoche che seguirono dopo l’abbandono.

Gli scavi culminarono con la scoperta, completamente inaspettata, nel luglio del 1826, del deposito di grandi bronzi che contribuirono a rendere famosa l’antica Brescia: tra due mura del tempio fu trovata la famosa Vittoria alata e, insieme ad essa, un ritratto di 6 teste in dorato bronzo, frammenti di statue, cornici decorate e lisce che dovevano coprire l’architettura del tempio, decorazioni di statue equestri e altri vari elementi.

Data l’importanza di ciò che era emerso da questa felice campagna di indagini archeologiche, i membri dell’Università e dell’amministrazione comunale hanno deciso di istituire il Museo Patrio, il primo museo cittadino nelle celle del tempio, appositamente restaurato e integrato soprattutto nel alzate.

Sotto l’attenta guida di Luigi Basiletti e Rodolfo Vantini, le antiche mura romane si sovrapponevano ai frammenti di epoca romana, mantenendo pressoché invariata la vecchia tendenza planimetrica, le nuove mura per ricostituire i tre spazi chiusi utilizzati nell’antichità come celle di culto. Le aperture di accesso dei due lati erano chiuse con grate, mentre venivano aperti i passaggi di comunicazione tra la cella centrale e le due più piccole, ancora oggi visibili. Per le nuove strutture sono stati utilizzati materiali e tecniche di assemblaggio deliberatamente diversi rispetto a quelli romani, al fine di distinguere il tentativo, compiuto dai moderni, di riprodurre l’antica struttura architettonica.

Con criteri di selezione e di mostra all’avanguardia per quel periodo, le numerose epigrafi, tutte provenienti esclusivamente dalla città e dalla provincia – trovate o donate -, sono state murate nel Museo.

Le epigrafi che non potevano essere trasportate nel Capitolium, perché murate in altri edifici o non consegnate dalle città della provincia in cui si trovavano, furono sostituite da copie dipinte, opere del pittore Joli, primo custode dell’ambientazione Museo. Inoltre, i pezzi frammentari sono stati integrati dal Labus con “supplementi … segnati con caratteri gialli”, con l’evidente intenzione di riportare visivamente l’intervento fatto sull’elemento antico.

Le epigrafi furono divise sotto la guida esperta del Labus in sei classi tematiche: nella cella centrale furono murate le iscrizioni di un personaggio sacro, quelle onorarie, riguardanti sia i membri della famiglia imperiale, sia le famiglie locali che si vantavano presenze in il Senato di Roma o che ricoprivano posizioni di prestigio nell’amministrazione dell’Impero. Seguirono poi le iscrizioni sepolcrali, i documenti indispensabili e preziosi per la ricostruzione di numerosi aspetti del mondo romano: organizzazione della società, magistratura, forme di culto e sacerdozio, collegi e associazioni, spettacoli, … Sempre in questa stanza veniva posto, Oggi è ancora visibile un’epigrafe che ricorda l’inaugurazione del Museo, avvenuta nel 1830.

Vari tipi di oggetti sono stati raccolti nella cella occidentale, divisi in due grandi classi: da un lato il risultato di recenti scavi effettuati nel Capitolium stesso, dall’altro i materiali donati da istituzioni e privati ​​o recuperati da altri edifici in la città. I bronzi erano esposti in grandi armadi, insieme a medaglie e monete, mentre la statua della Vittoria si trovava al centro della stanza.

Nella cella orientale le epigrafi definite “cristiane” erano murate e lungo le pareti laterali c’erano frammenti di decorazioni e sculture architettoniche e opere prodotte tra il XIV e il XVI secolo d.C. C.

Nel corso degli anni, numerosi reperti si sono fusi nell’edificio, che sono stati gradualmente portati alla luce a Brescia e nei dintorni nel corso degli anni.

Tra il 1938 e il 1945, il pronao del tempio fu parzialmente ricostruito in risposta alle richieste di Roma per le celebrazioni del 2000 ° Augusto, sollevando le colonne con i frammenti sopravvissuti e trasferendo una parte del frontone con l’iscrizione che menziona l’imperatore Vespasiano.

Il contenuto “mobile” delle tre celle è stato sottoposto nel corso degli anni ai bisogni pratici che il dinamismo della vita del Museo ha imposto: nuovi arrivi di materiali, necessità di un riparo più sicuro, migliori garanzie di conservazione e disponibilità di altri luoghi di stoccaggio .

Nell’immediato dopoguerra furono costruiti alcuni spazi espositivi e di deposito tra il tempio e la collina retrostante, necessari in considerazione dell’aumento del numero di opere e delle esigenze di conservazione, in particolare dei bronzi.

Con l’apertura del Museo della Città a Santa Giulia nel 1998 e il trasferimento della maggior parte dei reperti sui percorsi di visita del nuovo Museo, una nuova stagione di studi e scoperte è iniziata intorno al Capitolium.

Indagini archeologiche condotte vicino all’edificio hanno portato alla luce una sequenza di edifici religiosi del II secolo a.C. C., quando la città era ancora la capitale dei Galli Cenomani e aveva rapporti commerciali e diplomatici con Roma.

Le tre grandi aule, liberate dai pesanti elementi in pietra, hanno rivelato la presenza di una buona parte del pavimento originale, in lastre di marmo policromo disposte a formare decorazioni geometriche (opus sectile): una delle più grandi e meglio conservate nel nord Italia. L’attento restauro e studio gli hanno permesso di risalire alla metà del I secolo d.C. C. e l’identificazione di tracce di restauri che aiutano a capire quanto il tempio è rimasto in uso.

L’indagine, l’indagine e lo studio dei numerosi elementi architettonici hanno permesso una corretta ricostruzione dell’elevazione dell’edificio e la definizione delle fasi principali dell’edificio, culminata nel 73 d.C. C. con l’iscrizione del pronao che menziona l’imperatore Vespasiano.

Architettura e decorazione
Il tempio in cui fu venerata la Triade Capitolina -Jove, Juno e Minerva-, un segno tangibile dell’appartenenza di una città all’impero e alla cultura di Roma, rappresenta un caso unico nel panorama del nord Italia, e non solo per il il suo eccezionale grado di conservazione; dal 7 marzo il suo valore è aumentato dalla possibilità di potervi accedere e di immergervi nell’atmosfera antica che ancora lo caratterizza.

Fu costruito nello spazio tra il massimo del decumano e la collina del Cidneo, in un’area sacra alla città almeno dal II secolo a.C. C., come testimoniano i resti di vecchi edifici soggetti alle ultime campagne di scavo, all’interno di una terrazza alta e chiusa sul Foro, amplificando il sistema scenografico e inserendolo in un nuovo e più complesso progetto globale di sistemazione dell’area, con i portici laterali si collegavano architettonicamente a quelli del Foro in modo da unificare il tempio, la piazza e la basilica in un unico scenario scenico.

La forma richiama quella di un precedente edificio agostiniano, su un podio alto circa 3 metri, denunciando una notevole precocità nell’acquisizione di modelli praticamente contemporanei a ciò che si stava vivendo a Roma.

Il Capitolium è costituito da tre celle in un unico corpo, separate da cavità, con opere murarie in opera classificata, rivestite in marmo Botticino. Il ruolo gerarchicamente prevalente della sala centrale, sottolineato dalla corrispondenza con il pronao esastilo anteriore, è confermato anche dalla piattaforma per un grande altare, che si trova di fronte ai gradini del pronao, affiancato da due fontane monumentali, che arricchivano l’imponente scenografia.

La decorazione interna delle aule è stata conservata in opus sectile, con preziose lastre di marmo in marmo giallo antico, pavonazzetto e africano, disposte a formare motivi geometrici, in alcune aree delle aule compensate dai restauri ottocenteschi realizzati con i frammenti di le lastre di marmo originali rinvenute durante gli scavi archeologici. Le pareti, di cui sopravvive la base in marmo cipollino, erano probabilmente decorate con incrostazioni di marmo policromo incorniciate architettonicamente da pilastri in marmo bianco su podi simulati che suggerivano continuità con quelli reali conservati sul fondo delle celle, dove le statue di culto di Giove, Giunone e Minerva.

Il tempio fu probabilmente anche la sede del culto imperiale, i cui bisogni rituali motivarono in parte alcune insolite scelte architettoniche, come il corpo centrale del pronao avanzato dal fronte porticato delle celle e la connessione del tempio con il colonnato del lato portici, costruiti per la prima volta a Brescia e Roma nel Forum della Pace, sulla scia dei noti precedenti ellenistici.

L’unico esempio di Capitolium (insieme a quello di Verona) in Cisalpina, il tempio di Brescia è sicuramente il più rappresentativo, per lo stato di conservazione, l’imponenza della pianta, l’originalità delle soluzioni adottate. In particolare, la decorazione architettonica, un ordine corinzio fatto di calcare bianco locale, rappresenta il raro esempio datato di un nuovo modo di concepire l’ornamento vegetale in funzione architettonica in cui convivono elementi che si riferiscono a un gusto nord-italiano e provinciale, accanto a i motivi più innovativi di Flavi. Basato su un’idea di design unitario, forse di ispirazione urbana, l’edificio è un prezioso documento dell’attività di costruzione di Vespasiano, di cui poco rimane a Roma.

Infine, sulla collina del Cidneo, la sede di un luogo di culto certamente del I secolo a.C. C., fu costruito nella seconda metà del I secolo d.C. C. un tempio con orientamento nord-sud, su un podio alto con una scala centrale. Questo edificio, progettato e costruito probabilmente in epoca flaviana con il Capitolium e la piazza, completò scenicamente la prospettiva architettonica dell’area forense.

La visione d’insieme, soprattutto in fase di progettazione, di questo unicum architettonico, rappresenta un momento elevato di evergetismo imperiale, segno della benevolenza dell’imperatore, restitutor aedium sacrarum, dopo la battaglia di Bedriacum nel 69 d.C. in cui era rimasto il Brescia fedele. L’edificio reca ancora la menzione dell’imperatore Vespasiano sul frontone del timpano, databile al 73 d.C. C.

La riscoperta
Nel 1826, inoltre, nella cavità del muro che isola il tempio da Colle Cidneo il gruppo di bronzi romani, tra cui i quattro ritratti della tarda era imperiale e la famosa Vittoria Alata, oltre ad altri oggetti, probabilmente tutti sepolti per nasconderlo da la distruzione sistematica di idoli pagani da parte dei cristiani. Il complesso fu parzialmente ricostruito tra il 1935 e il 1938 attraverso l’uso di mattoni, che consentirono la ricomposizione delle colonne corinzie, parte del pronao e le tre celle dietro la facciata.

Il progetto avrebbe dovuto essere più ampio: praticamente tutti gli edifici che occupavano lo spazio del forum avrebbero dovuto essere demoliti (tranne Palazzo Martinengo e la chiesa di San Zeno al Foro) fino all’antica basilica di Piazza Labus, scavare fino a il livello del suolo originale e ripristinare o ricostruire la maggior parte delle colonne del portico attorno alla piazza. Pertanto i ponti di collegamento sarebbero stati posizionati per consentire una visione d’insieme delle rovine dall’alto (la stessa via Musei sarebbe diventata, in quel tratto, nient’altro che un ponte) con scale che vi scendevano in diversi punti. Il progetto non è mai stato completamente messo in pratica e ci siamo limitati a mettere a nudo e rinnovare l’unica colonna del forum ancora intatta, ancora chiaramente visibile in Piazza del Foro.

Alcuni elementi strutturali emersi dal terreno furono riutilizzati come materiale da costruzione, ad esempio le piastrelle che probabilmente decoravano il soffitto del pronao, riutilizzate nella facciata della chiesa del Santissimo Corpo di Cristo.

Brixia: area archeologica romana di Brescia
Nel cuore del centro storico della città sopravvivono ancora i resti ben conservati di alcuni dei principali monumenti della Brixia romana. Questa è una delle zone archeologiche più spettacolari ed estese del nord Italia, dove i visitatori possono entrare in una serie di edifici che vanno dal 1 ° secolo a.C. al 3 d.C. e sperimentare direttamente la loro architettura e le decorazioni sontuose: mosaici, pavimenti in marmo, pareti dipinti e bassorilievi.

L’area è stata riaperta al pubblico nel 2015, dopo anni di scavi archeologici, lavori di conservazione e sviluppo per renderla completamente accessibile. L’area è dotata di moderni sistemi di comunicazione, tra cui la realtà virtuale e aumentata che consente ai visitatori di immergersi nella vita e nella storia della città romana.

Il Capitolium monumentale
I resti monumentali dell’antica Brixia illustrano una serie di eventi storici e trasformazioni architettoniche, dalla preistoria fino al Medioevo.

La costruzione dell’edificio deve essere attribuita a Vespasiano, nel 73 d.C. La sua “paternità” è confermata dalla scritta originale sul frontone: IMP. CAESAR.VESPASIANUS.AUGUSTUS. / PONT. MAX. TR. Potest. IIII. EMP. XPP CAS. IIII / CENSORE

Il tempio fu costruito sulla cima di un precedente tempio repubblicano e la sua costruzione fu dovuta alla vittoria dell’Imperatore sul generale Vitellio, nella pianura tra Goito e Cremona. Distrutto da un incendio durante le incursioni barbariche che afflissero l’Europa nel IV secolo d.C. e non fu mai ricostruito, fu seppellito da una frana della collina del Cidneo durante il Medioevo. Il tempio fu portato alla luce solo nel 1823 grazie al sostegno del Comune di Brescia e dell’Università, che demolirono le case popolari e il piccolo parco, il cosiddetto Giardino Luzzaghi, costruito anni prima sul terreno pianeggiante sopra l’edificio, portando alla luce l’antico centro della Brixia romana.

Nel 2013 il Capitolium è stato aperto al pubblico, il primo “assaggio” di quello che sarà il percorso completo. Il Capitolium era il tempio principale di ogni città romana ed era il simbolo stesso della cultura di Roma; in esso è stato attribuito il culto alla “triade capitolina”, ovvero le principali divinità del pantheon latino: Giove, Giunone e Minerva. Nello spazio opposto, i fedeli riuniti per le principali cerimonie e sacrifici furono fatti.

Oggi è possibile entrare nel tempio e vedere le parti originali della sua decorazione e degli arredi delle grandi celle. All’interno i pavimenti originali sono ancora conservati in lastre di marmo colorate disposte a formare motivi geometrici (opus sectile) risalenti al I secolo d.C. Oltre agli altari in pietra di Botticino trovati qui nel diciannovesimo secolo, furono collocati all’interno delle celle frammenti di statue e arredi di culto. Il tour inizia con la storia della lunga storia di questa zona, la sua scoperta e le sue funzioni, in un’atmosfera suggestiva in cui immagini e voci accompagnano i visitatori nel tempo.

Le rovine
Situato in Via Musei, nel cuore del centro storico della città di Brescia, si affaccia sull’imponente Piazza del Foro, costruita nel periodo successivo sulla base dell’originale foro romano e sollevata a 4,5 m sopra il livello delle rovine, situato all’altezza dell’antico massimo del decumano, a cui è ora possibile accedere tramite scale appositamente realizzate.

La disposizione del tempio è quella del classico capitolium romano a tre celle, cioè prostyle, con il colonnato solo nella parte anteriore e chiuso da un muro sui lati e sul retro. In questo caso, tuttavia, il sistema è un po ‘più articolato, in quanto vi è un corpo centrale più sporgente affiancato su entrambi i lati da altri due portici della stessa altezza. Dietro la facciata della facciata exastila (cioè con sei colonne sulla facciata principale) in stile corinzio, ci sono tre celle separate da cavità, ognuna delle quali ospita un altare dedicato a tre divinità rispettive, oggi identificate come Minerva, Giove e Giunone. Preziosa e ben conservata è la soglia della cella centrale, la più grande, realizzata in marmo Botticino.

Il tempio repubblicano
L’edificio più antico, che sopravvive ancora in parte, è un tempio dei primi del I secolo a.C. composto da quattro camere di culto, ciascuna delle quali si apriva su un ampio podio. Di questi, il più occidentale è estremamente ben conservato.

In questa cella c’è anche il più imponente dei tre podi, posto al centro di ciascuno dei sacelli, su cui si osserva una base di pietra a due gradini. Le celle centrale e sinistra sono ancora dotate del pavimento originale, in marmo africano e breccia, decorato con splendidi mosaici ben conservati e restaurati, mentre quello della cella destra è andato perduto. La cella centrale del tempio ospita anche un ampio lapidario sulle pareti istituito nel 1830 e ampliato nei decenni successivi, dove sono conservate ed esposte numerose opere in pietra romane, tra cui ara, iscrizioni onorarie e sepolcrali, stele funerarie, pietre miliari e basi di monumenti .. Portico del tempio con ornamenti sulla faccia esterna: fregi a rilievo, capitelli e un’iscrizione.

La 4a camera del tempio repubblicano
La presenza di una quarta cella, situata più a est, è probabilmente accertata, probabilmente dedicata a Bergimo, un dio di origine celtica. Infine, c’è un’ultima cella, che faceva parte dell’antico tempio repubblicano su cui fu in seguito costruito il Capitolium, situato sotto la struttura dell’era imperiale, risalente al I secolo a.C., dal 2015 aperto al pubblico dopo il restauro degli splendidi affreschi che sono ancora conservati all’interno.

Ancora oggi gli splendidi affreschi del tempio offrono uno spettacolo notevole. La decorazione murale, un raro esempio del ‘primo secondo stile’ (100-80 a.C.), presenta elementi architettonici e dipinti in una combinazione affiatata: una disposizione modulare di pannelli decorativi in ​​pietra decorativa, con semicolonne ioniche attaccate periodicamente con capitello ionico-italico.

Decorazione del registro inferiore: una tenda sospesa tra due semicolonne dipinte è decorata con una fascia rossa ondulata e ghirlande di foglie.

Il santuario
Le strutture di un santuario risalente ai primi decenni del I secolo a.C. sono state parzialmente conservate sotto Casa Pallaveri e il tempio Capitolino. C., identificato già nel 1823, indagato tra il 1956 e il 1961, e infine dagli anni novanta. È un complesso di culto costituito da quattro grandi aule rettangolari affiancate su un podio comune, ognuna con un ingresso indipendente e un portico di accesso (portico con colonne), all’interno di una terrazza che si affaccia sul decumano.

La decorazione architettonica, in pietra calcarea vicentina, è di ordine corinzio; un lungo fregio esterno riproduce in rilievo elementi del rituale sacrificale come teste di bue, ghirlande di fiori e frutti e ceramiche. All’interno di ogni aula corrono sui lati lunghi e sul lato posteriore, in asse con l’ingresso, piattaforme a mosaico policromo leggermente rialzate; le colonne scanalate sono disposte su quelle laterali, riprodotte ad affresco sulle pareti. La decorazione pittorica costituisce certamente l’aspetto più peculiare di questo edificio, sia per l’elevata qualità tecnica e formale della costruzione, sia per il grado di conservazione.

Nelle due aule esterne un velo sospeso è riprodotto ad affresco nel registro inferiore e, verso l’alto, ortostati verticali con incrostazioni di marmo tra semicolonne ioniche dipinte; nelle aule interne Semicolonne ioniche su zoccoli segnano spazi limitati nella parte inferiore da una serie di noci bugnate, ortostati con incrostazioni policrome nella fascia media e, verso l’alto, prospettive architettoniche. In tutte le aule, dietro le pedane basse, viene adottata una decorazione con semplici motivi isodomici. I pigmenti sono stati protetti da uno strato di cera d’api combinato con olio d’oliva, che ha assicurato la sua luminosità e allo stesso tempo la sua durata.

La scoperta di elementi a volta ha permesso di ipotizzare per le aule tetti a schienale basso fissati su intrecci o architravi appoggiati sulle file laterali di colonne, secondo gli esempi canonici suggeriti dai ninfei dell’età di Sillan o dai Corinzi di Pompei.

Questo monumento, unico nel panorama archeologico dell’Italia settentrionale, è attribuibile ai lavoratori di alto livello dell’Italia centrale, chiamati a costruire un edificio a Brescia che dimostrasse l’adesione della città al modello culturale di Roma, in occasione della concessione di la legge latina (89 a.C.). Appena sotto Casa Pallaveri, l’edificio seicentesco situato lungo il lato nord di via Musei, l’antico decumano della città, l’aula occidentale è conservata in ottime condizioni; sono visibili il pronao e le pareti sud e ovest, con gli affreschi che ricoprono completamente le pareti interne.

I lavori su questa struttura furono ripresi nel 1990 sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia in collaborazione con la Direzione dei Musei Civici di Brescia, in occasione della ristrutturazione di Casa Pallaveri. Durante gli scavi effettuati tra il 1990 e il 1992, poi ripresi e completati nel 2005, è stato possibile indagare per la prima volta nella sua interezza la sala occidentale del santuario e lo spazio antistante. Dalla ricerca sono emersi nuovi dati in particolare sulla dimensione delle aule interne, sulla tecnica di costruzione delle opere in muratura, sullo stato di conservazione degli affreschi, sulla struttura del podio, sulla prospettiva dei sacelli, sul conferma dell’esistenza di un pronao di fronte a loro, sulla sequenza cronologica dell’edificio tardo repubblicano:

L’intervento di scavo ha consentito di svuotare completamente la quarta cella dei resti di macerie che la riempiva, scaricata in essa in epoca flaviana, quando fu costruito il nuovo santuario. Non si trattava di un semplice intervento, date le difficoltà tecniche dovute alla particolare posizione delle strutture romane situate sotto Casa Pallaveri. Senza un adeguato rinforzo e consolidamento delle fondamenta di questo edificio, un intervento delicato che richiedeva lunghi tempi di riflessione e notevoli costi di costruzione, non era possibile immaginare una possibilità di utilizzo per il complesso romano sottostante. Con il restauro definitivo dello straordinario ciclo di affreschi in aula e allo stesso tempo il lavoro di recupero dell’ambiente a scopo museale, il Santuario nel 2015 si è aperto al pubblico, valorizzando entrambe le strutture romane,

Anche in questo caso, come in quello della domus di Ortaglia, di Palazzo Martinengo, della Basilica Romana, Brescia offre a studiosi e visitatori una straordinaria nuova opportunità per avvicinarsi alla città antica, per fare veri e propri percorsi di viaggio nel tempo immergendosi nel la più importante testimonianza monumentale.

Il Capitolium
Nel 73 d.C. il nuovo tempio – il Capitolium – fu inaugurato sotto l’imperatore Vespasiano. Il Capitolium fu costruito leggermente più indietro rispetto ai precedenti edifici religiosi, riproducendo il precedente tempio in forma monumentale. Il nuovo tempio si trovava nel mezzo dell’area sacra, che – seguendo la menzogna della terra – era al di sopra del livello del decumanus maximus e del foro.

Lo stesso periodo vide la ricostruzione del foro, all’estremità meridionale della quale sorgeva la basilica. Il centro della città romana acquistò un aspetto monumentale che può ancora essere apprezzato oggi.

Camera occidentale del Capitolium, con pavimenti in marmo colorato originale e diversi frammenti di statue rinvenuti durante gli scavi archeologici.

La camera centrale ospita parte della collezione di iscrizioni romane di Brescia. In mostra al centro ci sono pezzi di una statua monumentale di Giove, a cui era dedicata questa camera di culto.

Il timpano, in gran parte ricostruito, era probabilmente ornato da alcune statue e la parte superiore (acroterion) doveva essere composta da un grande gruppo statuario. Delle antiche colonne del tempio, solo una è ancora presente completamente intatta per tutta la sua lunghezza, o la prima a sinistra, chiaramente riconoscibile perché interamente bianca e non completata da mattoni. Questa colonna era anche l’unico residuo emerso all’inizio del diciannovesimo secolo, quando l’area non era ancora stata indagata archeologicamente, tanto che la sua parte superiore era usata come tavolo nel giardino sul retro di un piccolo caffè costruito a quel punto .

Il tempio poteva essere ammirato dalla grande piazza una volta di fronte (l’omonima Piazza del Foro che oggi si apre davanti al tempio non differisce molto dalle sue dimensioni originali), che all’epoca era sicuramente il centro nevralgico della politica e vita sociale, di feste e mercati e che è stata delimitata da un portico, di cui rimane solo una colonna corinzia di cui abbiamo già parlato. Al piano inferiore è incisa quella che potrebbe essere una scacchiera rudimentale, probabilmente passatempo dei mercanti che avevano un negozio qui.

Al tempio si accedeva tramite una scala che saliva direttamente dal massimo decumano, divisa su due o tre rampe, che conduceva alla terrazza circostante l’edificio, forse poi arricchita da due fontane. Sempre dal massimo decumano si poteva invece scendere un’altra scala, in linea con quella che saliva al tempio, arrivando così sul buco e da lì ai portici (il decumano era quindi posizionato a metà strada tra il buco e il tempio) , creando uno sfondo monumentale alla piazza.

Il teatro
È anche importante ricordare il grande teatro situato sulla destra del tempio, con la sua caratteristica forma emiciclo, in parte occupato dalla presenza di Palazzo Maggi Gambara, una residenza signorile costruita nel XIV secolo sui gradini. Della struttura non è rimasto molto: ci sono ancora le file di gradini più basse, che poggiano direttamente sul terreno, mentre tutte quelle del passato sostenute da archi sono scomparse a causa del crollo di quest’ultima.

Accanto al Capitolium si trova il teatro, risalente al tempo di Augusto. I visitatori possono entrare nella cavea – l’ampia area salotto, in parte fondata direttamente sul pendio della collina del Cidneo – e immaginare l’atmosfera delle antiche rappresentazioni teatrali. Questo era uno dei più grandi teatri del nord Italia.

Dal 4 ottobre 2014 si apre l’antico teatro, dopo una prima fase di ristrutturazione. Situato in una posizione elevata rispetto al layout urbano: lungo le pendici della collina del Cidneo, vicino al Capitolium e al Foro, raggiungibile dal massimo decumano. La struttura dell’edificio risale all’età augustea (fine del I secolo a.C.-I secolo d.C.) ed è stata soggetta ad ampliamenti e arricchimenti nel corso dei secoli, fino al rifacimento della decorazione architettonica della scena tra il II e il III secolo d.C. La cavea era costituita da solidi tunnel semicircolari che fungevano da sottostruttura per le file: le strutture murarie più alte, verso nord, erano invece poste direttamente sulla roccia della collina.

La facciata del teatro (che rimane nella forma databile tra il II e il III secolo d.C.) chiudeva l’auditorium a sud ed era alta quanto i gradini superiori (circa 30 metri); consisteva in tre piani con decorazioni architettoniche in marmo policromo (colonne con capitelli, archi, timpani, nicchie). Ha aperto i tre accessi sul palco per gli attori: la valva regia per il protagonista e i due laterali, gli ospedali. Di fronte all’edificio scenico c’era il palcoscenico, di cui rimangono due file parallele di pilastri in pietra che originariamente dovevano sostenere il suo pavimento in legno. Il teatro fu utilizzato fino alla tarda antichità (fine IV-inizi V secolo d.C.); tra l’XI e il XII secolo, la scena crollò, probabilmente a causa di un terremoto, e l’edificio divenne una cava a cielo aperto da cui furono rimosse le pietre da costruzione.

A partire dal XIII secolo nell’area, proprietà della nobile famiglia Maggi, fu avviata la costruzione del palazzo che insiste ancora su parte dei resti dell’antico teatro. La famiglia Gambara, che successe alla Maggi nel XVI secolo, intraprese la ristrutturazione dell’edificio costruendo un corpo sul lato sud, caratterizzato dagli affreschi delle facciate con ritratti di Cesari e trofei delle armi e la scala interna con un soffitto decorato con stucchi. L’attuale struttura dell’edificio è il risultato di una serie di interventi di demolizione effettuati dal 1935, per liberare le strutture sottostanti del teatro e quindi procedere alle indagini archeologiche. Come risultato di questi lavori, i muri recintati che delimitarono i giardini a gradoni, con le loro scale, nicchie,

Divenne, in successione nel tempo, il quartier generale della caserma dei Carabinieri, di una scuola elementare, del comando della polizia urbana e infine di una scuola media fino al 1959, da allora il palazzo non è più stato utilizzato a causa delle precarie condizioni statiche in cui ha versato. In seguito alle ultime demolizioni di edifici tra il 1961 e il 1973, è stato possibile scavare la scena, parte dei gradini del teatro e, in corrispondenza delle sale interne, identificare parte del crollo del muro della scena e del post- livelli classici, seguì l’abbandono dell’edificio dello spettacolo.

Nel 2011 con il Monastero di Santa Giulia ha ottenuto l’eredità mondiale dell’UNESCO come parte del sito I Longobardi in Italia. Luoghi del potere (568-774 d.C.).