Vittoriale degli Italiani Gardone Riviera, Italia

Il Vittoriale degli Italiani è una tenuta collinare nel comune di Gardone Riviera che si affaccia sul lago di Garda in provincia di Brescia, in Lombardia È dove lo scrittore italiano Gabriele d’Annunzio visse dopo la sua defenestrazione nel 1922 fino alla sua morte Nel 1938 la tenuta è composta dalla residenza di d’Annunzio detta Prioria (priory), un anfiteatro, l’incrociatore protetto pugliese incastonato in una collina, una rimessa per barche contenente la nave MAS usata da D’Annunzio nel 1918 e un mausoleo circolare fanno ora parte dei Grandi Giardini Italiani

Il Vittoriale degli Italiani è un complesso di edifici, strade, piazze, un teatro all’aperto, giardini e corsi d’acqua tra il 1921 e il 1938 a Gardone Riviera, sulla sponda bresciana del Lago di Garda, di Gabriele d’Annunzio sul progetto dell’architetto Giancarlo Maroni , in memoria della “vita inimitabile” del poeta-soldato e delle compagnie italiane durante la prima guerra mondiale. Spesso, per i tempi senza peccato, quel nome si riferisce solo alla casa di d’Annunzio, situata all’interno del complesso.

Il Vittoriale si estende per circa nove ettari sulle colline di Gardone Riviera in posizione panoramica sul lago. Accoglie il visitatore l’ingresso monumentale costituito da una coppia di archi al centro della quale è una fontana che porta in lettere di bronzo un passaggio del Libro segreto, ultima opera scritta da Gabriele d’Annunzio: “All’interno di questa cerchia di mura a tre livelli , dove tradotto è già in pietra il libro religioso che ritenevo responsabile dei riti della patria e dei vincitori latini chiamato Il Vittoriale ». Per superare la fontana un paio di cornucopia e un timpano con il famoso motto Dannunzano ho quello che ho Dagli archi d’ingresso c’è un doppio sentiero: il primo in leggera salita porta a Prioria, la casa-museo di Gabriele d’Annunzio, e sale nuovamente alla nave militare Puglia e al Mausoleo degli Eroi con la tomba del poeta la seconda porta ai giardini, l’Arengo, e attraverso una serie di terrazze degradanti verso il lago, si raggiunge la limonaia e il frutteto.

Dopo aver superato l’ingresso e aver imboccato la strada per Prioria, incontrano il Pilo del Piave con la scultura della scultura vinta dallo scultore Arrigo Minerbi, il Pilo del Dare in caraffa, ovvero, per colpire nel segno, a brandelli. A sinistra, l’anfiteatro progettato da Maroni tra il 1931 e il 1938 ma completato solo nel 1953. Ispirato ai teatri teatrali, e in particolare a Pompei dove Maroni fu inviato in missione insieme allo scultore Renato Brozzi, gode di un panorama mozzafiato sul lago come la scenografia naturale Monte Baldo, l’isola del Garda, la fortezza di Manerba, in cui il poeta tedesco Goethe sembrava vedere il profilo di Dante e la penisola di Sirmione. È sede ogni estate di una prestigiosa stagione di spettacoli che negli anni ha portato al palcoscenico calcareo dei più grandi attori italiani, étoiles del mondo della danza come Carla Fracci ed Eleonora Abbagnato, star di musica internazionale come Lou Reed, Michael Bolton, Patti Smith e Ben Harper.

Andando oltre, si raggiunge la Piazzetta Dalmata, che prende il nome dalla pila sulla Vergine di Dalmazia. Questo spazio si affaccia sulla Prioria, la casa-museo di Gabriele d’Annunzio, lo Schifamondo, le torri degli archivi e il tempio di Vittoria con una copia in bronzo della celebre ala vittoriana di Brescia dell’era classica. Sul lato destro si possono ammirare due delle ultime macchine possedute da d’Annunzio durante la sua vita: la Fiat T4, con la quale entrò nell’ingresso del fiume il 12 settembre 1919, e Isotta Fraschini.

La Prioria:
La casa, precedentemente di proprietà del critico d’arte tedesco Henry Thode, prende il nome dal poeta del Priorato, o una casa del priore, secondo un simbolismo conventuale che si trova in molte parti del Vittoriano. L’antica facciata settecentesca del casale è stata trasformata e arricchita da Maroni tra il 1923 e il 1927, con l’aggiunta di antichi stemmi e lapidi che richiamano la facciata del Palazzo Pretorio di Arezzo. Al centro della facciata, un levriero levriero illustra il motto Dannunziano non più fermo o più fedele. Il cercatore d’ingresso, nel XX secolo, è decorato con due vittorie attribuite a Jacopo Sansovino, mentre sulla porta sopra un crocefisso vittoriano in bronzo di Guido Marussig, il motto di Clausura viene letto fino a Silentum che parli.

Entrata:
Qui inizia un viaggio iniziatico tra presenze simboliche che richiamano il valore sacro della casa: la porta d’oro, le sette scale, le bancarelle di un coro seicentesco alle pareti, una pastorale e un’acquasantiera, la colonna francescana in pietra di Assisi sormontata da un cesto di cemento con melograni, frutto dell’emblema di Annunzio, come simbolo di abbondanza e fertilità. Due porte, sormontate da due lunette del pittore salmitano Angelo Landi e raffiguranti Santa Chiara e San Francesco d’Assisi, portano a due diversi pezzi d’antiquariato, uno riservato alle visite ufficiali e uno per gli amici poeti.

Qui inizia un viaggio iniziatico tra presenze simboliche che richiamano il valore sacro della casa: la porta d’oro, le sette scale, le bancarelle di un coro seicentesco alle pareti, una pastorale e un’acquasantiera, la colonna francescana in pietra di Assisi sormontata da un cesto di cemento con melograni, frutto dell’emblema di Annunzio, come simbolo di abbondanza e fertilità. Due porte, sormontate da due lunette del pittore salmitano Angelo Landi e raffiguranti Santa Chiara e San Francesco d’Assisi, portano a due diversi pezzi d’antiquariato, uno riservato alle visite ufficiali e uno per gli amici poeti.

Maschera:
La stanza è chiamata dai versi sopra lo specchio del camino, realizzato durante la visita di Mussolini al Vittoriale nel maggio 1925: il visitatore / Teco porta lo specchio di Narciso? Questo è un bicchiere armato o una maschera. / Regola le maschere sul tuo viso / ma pensa di essere un vetro contro l’acciaio.

Questa anticamera fungeva da sala d’attesa per le visite ufficiali. All’interno, ci sono circa 900 volumi, tra cui spartiti musicali e una ricca collezione di dischi, una radio e un grammofono. Vale la pena menzionare il lampadario in vetro di Murano raffigurante quattro cornucopia, il cavallo di bronzo di Dario Elting presentato alla Mostra di Arti Decorative di Parigi nel 1925 (Esposizione internazionale di arti decorative moderne e artigianato), sedie con schienale viola di Giancarlo Maroni e un vaso di Faenza nello stile deco di Pietro Melandri. Si dice che l’Annunciazione abbia aspettato Mussolini per due ore in quella stanza

Sala della musica:
Originariamente chiamato Gasparo da Salò, considerato l’inventore del violino moderno, è una grande sala per concerti da camera. Qui in occasioni particolari suonava il Quartetto del Vittoriale. Per migliorare l’acustica e il ricordo, le pareti sono ricoperte da preziosi damaschi neri e argentati della ditta Ferrari di Milano, raffiguranti animali feroci e sostenuti da una morsa a forma di lira. È un riferimento al mito di Orfeo che con la musica riesce a scattare fiere. Le finestre gialle a imitazione dell’aliotide, di Peter Church, richiamano quelle già descritte nelle prime pagine del romanzo The Pleasure. Nella stanza ci sono due pianoforti e altri strumenti musicali: un clown, uno zufoo e un arciliuto. Alle pareti sono esposti alcuni dipinti della collezione Thode tra cui un ritratto di Cosima Liszt Wagner, di Franz von Lenbach e le maschere funerarie di Ludwig van Beethoven e Franz Liszt. Gli arredi sono dotati di oggetti déco e statuette orientali, colonne romane sormontate da zucche policromatiche luminose e cesti di frutta in vetro di Murano di Napoleone Martinuzzi, calchi in gesso scultoreo greco, schizzi di pelle di serpente come il pitone a soffitto. Il gusto eclettico di D’Annunzio che mescola oggetti di diversa origine ed età trova qui la sua prima ed immediata manifestazione.

Mappa della Hall of the World:
È la libreria principale della casa. Qui sono collocati circa seimila libri d’arte già appartenuti al critico d’arte tedesco Henri Thode sul totale di 33.000 raccolte raccolte da d’Annunzio durante la sua esistenza. Il nome della stanza deriva dalla grande geografia settecentesca che si estende su un tavolo. Nella nicchia al centro della stanza, il xilografo di Adolfo De Carolis raffigurante il Dante Adriatico; appena oltre la maschera funebre di Napoleone Bonaparte e alcuni oggetti appartenevano davvero al leader francese durante il periodo di esilio trascorso a Sant’Elena. Sul lato opposto dell’intonaco che riproduce il busto di Michelangelo e, nella nicchia sopra il divano, il famoso Pitti rotondo di Michelangelo Buonarroti il ​​cui originale è conservato al Museo Nazionale del Bargello di Firenze. Tra le due finestre, un organo americano al quale sedeva Luisa Baccara, giovane pianista veneziana, ma anche compagno ufficiale di d’Annunzio a Fiume e per tutto il periodo del Vittoriale.

Zambracca:
Il nome deriva da un’antica parola provenzale che significa donna da camera. Anticamera in camera da letto e armadio, armadi e cassetti ancora oggi è la biancheria del poeta, in questa stanza dell’Annunzio si nascondeva gli ultimi giorni della giornata e seduto qui al tavolo è stato trovato morto la sera del 1 ° marzo 1938 Dietro la scrivania Era la farmacia del poeta, nell’armadio, nell’intonaco dei cavalli del Partenone cornuto. Sulla scrivania, la scrivania era firmata da Mario Buccellati, orafo del Vittoriale e soprannominato dal poeta Mastro Paragon Coppella, la testa d’aquila d’argento di Renato Brozzi, la testa dell’Aurora di Michelangelo.

Camera Leda:
Era la camera da letto del Poeta e prende il nome da un grande intonaco posto sul camino raffigurante Leda amato da Giove trasformato in cigno. Sulla porta si legge il motto Genio et voluptati, al genio e al piacere, e dall’altra parte è appesa una mattonella proveniente dal Palazzo Ducale di Mantova con il motto Per un dixir, per un solo desiderio. Sul soffitto, decorato da Guido Marussig, ci sono i famosi testi della canzone di Dante Tre donne intorno al cuore Sono venuto qui … Anche qui l’assortimento di oggetti è straordinario: dagli elefanti di maiolica cinese ai piatti arabo-persiani, bronzo cinese alle maioliche blu e ai mobili in stile orientale. Degni di nota il copriletto di seta ricamato persiano con animali selvatici, un regalo di Annunzio di sua moglie Maria Hardouin di Gallese, un dipinto di Mario de Maria, Ritratto della Dogaressa di Astolfo de Maria e il cast monumentale del Prigione morente di Michelangelo, di cui Annunzio anche un paio di frizioni con un drappo per nascondere le gambe considerate troppo corte rispetto al busto.

Apollino Veranda:
La piccola stanza fu aggiunta da Maroni alla struttura originaria della villa per proteggere la luce solare diretta nella stanza della Leda e servì da sala di lettura che fu piacevolmente trascurata sui giardini del Vittoriale, scavando verso il lago. Il nome della stanza deriva dall’intonaco di un kouros arcaico decorato dal Poeta con gli occhi azzurri, un prezioso perizoma e un fascio di spighe dorate, simbolo di abbondanza; la sala è decorata con riproduzioni di famosi ritratti di pittura italiana del Rinascimento, porcellane di porcellana Lenci e Rosenthal, tappeti e vasi persiani. Su un tavolino, fotografie della madre e Eleonora Duse.

Bagno blu:
Nel bagno, suddiviso in francese nella toilette e nella toilette, ci sono oltre 600 articoli i cui toni dominanti sono il blu e il verde. Per la ristrutturazione Maroni ha approfittato del consiglio di Gio Ponti. Sul soffitto si legge il motto, Pindaro, Ottima è l’acqua, e alle pareti, oltre alle riproduzioni di Ignudi della Cappella Sistina di Michelangelo, troviamo accanto alla vasca una ricchissima collezione di rivestimenti ceramici di produzione persiana , alcuni dei quali risalgono ai secoli XVII e XVIII. Sul tavolo ci sono argenteria e pietre realizzate con prodotti Buccellati, vetri di Murano, pugnali e collezioni di spade. Il ritiro contiene tre maschere di legno del teatro giapponese del XVIII secolo e una figurina femminile in porcellana Rosenthal del 1927. La vetrata con i suoi colorati alcioni è opera di Peter Church.

Camera libanese:
Questa stanza, chiamata anche la Zambra del Misello o Cell of the Pure Dreams, fu concepita da d’Annunzio come luogo di meditazione dove ritirarsi nei fatidici anniversari della sua vita. Sulle pareti di pelli di cervo e sul soffitto nelle casse d’oro dei cassetti, i simboli del martirio di Cristo, incorniciati dalle figure eteriche dei santi – Caterina da Siena, Giuditta di Polonia, Elisabetta di Ungheria, Odissea d’Alsazia e Sibilla delle Fiandre – dipinto da Guido Cadorin e che il poeta disse che gli apparve in sogno di invitarlo ad abbandonare i piaceri del mondo. Su un podio si innalza la statua lignea di San Sebastiano della scuola marchigiana e il letto chiamato dal poeta delle due età perché sembra una bara e allo stesso tempo una culla. Nella foto in fondo al muro, San Francesco è raffigurato nell’atto di abbracciare un lebbroso che gli altri sono uguali ad Annunzio. Cadorin è anche il dipinto sul muro di fondo raffigurante Gesù Cristo nell’atto di benedire Maddalena. Su un tavolo, ritratti fotografici di sua sorella Elvira, sua madre Luisa e Eleonora Duse, insieme alla splendida coppa smaltata di Vittorio Zecchin. Di tutte le stanze del Vittoriale quella della lebbra è forse la più densa di simboli la cui principale fonte sembra essere invece la storia di San Francesco d’Assisi di Chavin de Malan, tradotta da Cesare Guasti, pubblicata a Prato nel 1879. In questa sala, per la veglia privata, il poeta fu esposto nella notte tra l’1 marzo e il 2 marzo 1938.

Corridoio della Via Crucis:
Prende questo nome da forme di rame smaltato che rappresentano le quattordici stazioni della Via Crucis, di Giuseppe Guidi. Le pareti sono rivestite con tessuti “aperti” di Lisio e Ferrari a Milano, recanti il ​​motto “Pax et bonum – malum et pax”. All’angolo, la figura del frate piangente della tomba di Philippe Pot conservata nel Museo del Louvre. Dalle finestre si vede il cortile degli Schiavoni, con lo stemma del Monte Nevoso e il Portico del Parente.

Sala delle Soccorso:
È la stanza in cui Annunzio raccoglie immagini e simboli di diverse fedi: una piramide di divinità e idoli orientali sormontata da una teoria di santi e martiri della religione cristiana in una sorta di sincretismo religioso affermato anche in lettere d’oro sulla trabeazione che corre lungo i muri: tutti gli idoli adorano il Dio vivente / Tutte le fedi attestano l’uomo eterno.
Ma la reliquia, intesa come simbolo sacro, è anche la ruota spezzata – posta in modo significativo davanti a un tabernacolo – del motoscafo di Sir Henry Segrave, morto nel 1930 durante un tentativo di superare un record di velocità nelle acque del lago Windermere in Inghilterra. Per D’Annunzio quel volante rappresenta quella che lui chiama la “Religione del Rischio”, il tentativo dell’uomo di superare i vincoli imposti dalla natura. Sul soffitto il gonfalone rosso con le sette stelle dell’Orsa Maggiore della “Regalia della carneficina”, lo stato rivoluzionario che il poeta aveva fondato a Rijeka. Alle pareti troviamo il bassorilievo del leone di San Marco donato a D’Annunzio dalla città di Genova sul discorso interventista del 5 maggio 1915 e quello dipinto da Marussig che fu collocato nello studio di D’Annunzio a Fiume e fu colpito da una granata durante il cosiddetto “Natale del sangue”. Le pareti sono ricoperte da malinconici drappeggi di Mariano Fortuny e un grande arazzo biblico che pende dal timpano che porta il motto Cinque dita, cinque dei suoi peccati: i sette peccati dei peccati capitali di Annunzio escludevano la pigrizia e l’avidità.

Stanza del Giglio:
È uno studio contenente circa tremila volumi di storia e letteratura italiana decorata da Marussig con pannelli raffiguranti gambi di giglio, forse con riferimento al ciclo disegnato dei romanzi del Giglio, di cui il poeta scrisse solo il primo volume, Le Vergini delle rocce. L’ambiente è caratterizzato da un piccolo armónio e due nicchie-confessionali decorate con una preziosa collezione di vasi di farmacia del XVI e XVII secolo.

Dalmata dell’oratorio:
Era la sala d’attesa riservata agli amici ammessi all’interno di Prioria ed è caratterizzata da bancarelle del XV secolo su cui sono indicati i posti del priore, del vice-premio, del cancelliere. Nel camino, una colonna romanica che poggia su un leone della città dalmata di Arbe. Alle pareti ci sono immagini religiose di varia origine e un grande dipinto raffigurante Giobbe, attribuito alla scuola di Ribera. Al centro della stanza, tuttavia, una serie di oggetti liturgici – navies, turibles e plance – hanno un forte valore simbolico, mentre al centro del soffitto, un’altra reliquia, viene impiccata l’elica del corso d’acqua con cui nel 1925 Francesco De Pinedo il volo di 55.000 chilometri da Sesto Calende a Melbourne e Tokyo.

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Armadio Monco:
Il nome deriva dalla scultura di una mano sinistra tagliata e spellata posta sull’architrave della porta con il motto Recisa quiescit, taglio riposato. Era la stanza usata per fare la corrispondenza: Annunzio, incapace o riluttante a rispondere a tutti, ironicamente dichiarato monaco e quindi incapace di scrivere. Gli armadi sono gli unici mobili del Vittoriale della Capponcina, la famosa villa fiorentina abitata dal Poeta dal 1898 al 1910. Quattro frasi di Leonardo da Vinci sugli scaffali degli scaffali: e quelli che non hanno sepoltura sono coperti dal cielo, in modo che le cose non possano più supportare. Se vuoi che la tua casa sia molto grande, pensa alla tomba. Nessuna casa è piccola che non la renda un grande abitante. Sul soffitto, un motivo di mani stilizzato con il motto spagnolo “Tuerto y derecho” e “Todo es nada”. Tra gli oggetti c’è il vaso Libellula, realizzato a Murano dal design di Vittorio Zecchin intorno al 1914-1915.

workshop:
È l’unica stanza a Prioria che accede liberamente alla luce naturale ed è l’unica arredata con mobili in rovere chiaro semplici e funzionali. Era lo studio di D’Annunzio, a cui si accede salendo tre alte scale e passando sotto un architrave basso che costringe chi viene a piegarsi. L’architrave è sormontato dal virgiliano versus hoc opus hic labor est (ecco la compagnia e la fatica) con cui in Eneide si ammette che Aeneas sta per scendere nell’Ade di come sia facile accedere agli inferi ma riuscire tornare al mondo della vita è davvero il vero business difficile. Infatti, dopo le ombre che caratterizzano il resto dei priori, la luminosità di questa stanza rende il visitatore l’effetto di un risorgere dall’oscurità alla luce. Ripiani, mensole inclinate, e ciotole girevoli circondano il tavolo e sfilano lo schienale su cui scrive Annunzio; I lavori frequentemente consultati sono a portata di mano, a cominciare dai vocabolari e dal repertorio di cui l’autore ha sempre servito.

Su uno dei due banchi si trova il busto elfo di Eleonora Duse, opera dello scultore ferrarese Arrigo Minerbi. La grande attrice scomparsa nel 1924 fu per Annunzio compagna e musa ispiratrice; una sciarpa di seta copre il viso della donna, “testimone velata” del suo ininterrotto impegno con gli scrittori. Ma per decorare la scena della scrittura ci sono anche i cappotti di Nike di Samotracia e i metropolitani equestri del Partenone, le immagini fotografiche della Cappella Sistina. Qui d’Annunzio lavorò anche per sedici ore consecutive e qui, dopo aver completato il Nightwatch, compose il Secret Book, il suo ultimo lavoro.

Hall of the Labyrinth:
Il nome deriva dall’emblema del Labirinto, che si ripete sulle porte e sui bordi dei libri, derivati ​​dal famoso Palazzo Ducale di Mantova; dal motto dello stesso Labirinto, D’Annunzio aveva disegnato il titolo del romanzo nel 1910 Forse forse no.

Cheli Hall:
Completato nel 1929, l’unica sala inusuale della casa come Annunzio aveva i mezzi per dirlo a Maroni, la stanza prende il nome da una grande tartaruga in bronzo di Renato Brozzi, derivata dal carapace di una vera tartaruga donata a d ‘Annunciata dalla Marchesa Luisa Casati e morta nei Giardini del Vittoriale per indigestione di tuberosa: la sua presenza vale una guardia contro l’avidità. Era la sala da pranzo degli ospiti: negli ultimi anni della sua vita ad Annunzio preferiva cenare solo nella Zambracca. I vivaci colori blu e oro, la lacca rossa o nera, le finestre finte in satin della chiatta lo rendono l’ambiente domestico più completo e lo avvicina ad alcune delle soluzioni dei moderni saloni da crociera. Tra gli oggetti vi sono il gruppo bronzeo di Fauno e Ninfa di Le Faguays, i bellissimi piatti d’argento incisi da Renato Brozzi con il motto di Dannunz, i pavoni posti in argento e pietre dure e nella nicchia a destra, entrando ai piedi dell’Antinoo Farnese , il ragazzo amato dall’imperatore Adriano.

Museo di Annunzio Hero:
D’Annunzio, dopo aver decorato la Prioria, pensò di realizzare un museo che celebrava il suo eroismo e le attività del popolo italiano nella guerra del 1915-1918. La morte del poeta avvenne prima che vedesse che questo nuovo lavoro era iniziato, sebbene l’aereo SVA appeso al soffitto dell’Auditorium rimanga evidente. Questo desiderio, tuttavia, è stato raggiunto nel 2000 quando gli spazi di Schifamondo sono stati aperti al pubblico, valorizzando così il ricco e prezioso patrimonio storico legato all’esperienza militare di Gabriele d’Annunzio e alle grandi aziende che lo hanno visto protagonista: Vienna, la Beck of Buccari, la compagnia delle bocche di Kotor e la grande epoca fluviale.

Tra gli oggetti più significativi visibili nelle grandi sale decorate secondo il gusto déco del tempo, il personale Medagliere d’Annunzio con la medaglia d’oro al Valor Militare, quattro d’argento e uno in bronzo; diviso per Lanciere di Novara, Bersagliere, Ardito e Aviazione generale; i sigilli completi utilizzati per il volo per Vienna e la Beffa di Buccari; bandiere incluse quella in cui era avvolto il corpo di Giovanni Randaccio, il Gonfalone del reggimento italiano di Carnaro, il motore dell’aereo di volo su Vienna.

A luglio 2011, il Museo della Guerra ha cambiato il suo nome nel museo di Annunzio Eroe e ha arricchito due nuove sale che ospitano settantaquattro oggetti, tra cui armi, stendardi e autografi, della Collezione Dannunzian dell’ambasciatore Antonio Benedetto Spada. Tra questi c’è un pugnale d’onore in avorio e acciaio, un piombino d’argento placcato oro con simboli di fiume, un teschio di cristallo di rocca, il messaggio lasciato nella Baia Buccari nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 1918, il manoscritto autografo de La notte di Caprera. Nessuna tecnologia moderna è stata deliberatamente adottata nel set-up, ma è stato costruito un museo che rispecchiasse l’atmosfera di Prioria e continuasse lo spirito e l’essenza della casa così come Annunzio e Maroni avevano voluto e realizzato.

Il parco:
Da piazza Dalmata si sale al Parco attraverso il viale di Aligi, dal nome del personaggio dell’opera “La figlia di Iorio”; nel 1927 questa tragedia fu rappresentata nel Parco del Vittoriale.

La sommità del Vittoriale è occupata dal Mausoleo, monumento funebre costruito da Maroni dopo la morte di d’Annunzio. Il monumento è ispirato alle tombe funerarie della tradizione etrusco-romana e si compone di tre gruppi di botticino marmorei rappresentanti le vittorie degli Umili, degli Artieri e degli Eroi. Nel mezzo del piano superiore è la sepoltura di D’Annunzio e attorno alle arcate di nove eroi e legionari fluviali cari al poeta, tra cui Guido Keller, Giuseppe Piffer, Ernesto Cabruna, Ace, Conci, Locatelli, Bacula, Siviero, Gotthard e lo stesso Gian Carlo Maroni.

Vicino al Mausoleo c’è anche l’hangar che ospita il MAS 96 sul quale Annunzio con Luigi Rizzo e Costanzo Ciano parteciparono alla Beffa di Buccari. All’epoca di d’Annunzio il MAS era ormeggiato alla darsena di Torre San Marco e veniva utilizzato dal poeta per escursioni sulle acque del Garda. All’esterno, l’acronimo Memento audition riproduce sempre un motto latino coniato da d’Annunzio (“ricordati di osare sempre”).

Sotto la collina c’è la nave militare pugliese, forse la più evocativa del Vittoriale. La nave, sulla quale Tommaso Gulli morì nelle acque di Spalato, fu donata a Marina da D’Annunzio nel 1923. Il lavoro per portarlo al Vittoriale si rivelò particolarmente impegnativo: si trattava di una sezione di una nave e trasportata per ferrovia situato a 300 km da La Spezia; per l’impresa erano necessari venti vagoni ferroviari e numerosi camion militari. Per coordinare l’invio dei materiali e dirigere i lavori di ricostruzione è stato nominato l’ingegnere Silla Giuseppe Fortunato, allora Luogotenente della Marina Geniale. L’arco, simbolicamente rivolto verso l’Adriatico e la Dalmazia, era adornato da un palo raffigurante una Vittoria scolpita da Renato Brozzi.

Nel sottosuolo della nave dal 2002, è stato allestito il Border Museum, che raccoglie alcuni preziosi modelli vintage di navi da guerra nella collezione di Amedeo di Savoia, Duca d’Aosta.

Dalla nave della Puglia si può ammirare la valle formata dai torrenti dei torrenti Aquapagazza e Aquasavia che si uniscono alla valle nel Danze Pond a forma di violino. Questo sito, concepito da d’Annunzio per spettacoli coreutici, è stato riaperto al pubblico nella primavera del 2013 dopo lavori di restauro per porre rimedio alla dissesto idrogeologico dell’area, dando così al pubblico un altro pezzo del parco. Da maggio 2015, le due valli sono state aggiunte al sentiero con paesaggi interessanti.

I giardini:
Dalla Piazzetta Dalmata accedi ai Giardini. Sulla sinistra si incontra per la prima volta il Cortiletto degli Schiavoni, ornato da un pozzo veneziano. Il cortile ricorda le forme della casa natale di d’Annunzio a Pescara. Attorno al cortile corre il Portico del Genitore, intitolato a Michelangelo Buonarroti, al quale Annunzio si sentiva vicino per affinità e genialità. Il cortile e il portico circostante durante il soggiorno Gardonese del Gabon d’Annunzio erano spesso arredati con tappeti persiani, tavoli e altri arredi, trasformando questi spazi in una sorta di cenacolo all’aperto in cui il poeta stava ricevendo e intrattenendo i suoi ospiti.

Proseguendo nei giardini, oltre un architrave di pietra sormontato da un acefalo Venere e la scritta rossa Rosam mantello, spinam-grotta, (con la rosa, ma attenzione alla spina), vieni ad un boschetto di magnolie al centro del quale è l ‘I Arengo. Questo è il luogo simbolico in cui Annunzio riunì il fiume Florian per le cerimonie commemorative. Un trono alto, quasi un trono, e sedili in pietra sono posti attorno alla Colonna del giuramento, dalla capitale bizantina; fuori dalla recinzione del sedile ci sono diciassette colonne che simboleggiano le diciassette vittorie di guerra. La colonna raffigurante la vittoria della Battaglia di Caporetto è la più oscura e corre sulla cima un’urna contenente la terra di Carso. L’unica statua qui è la Vittoria in bronzo di Napoleone Martinuzzi, incoronata di spine e motto:

Scendendo le terrazze sul lago si incontra il limone con il Belvedere e più sotto la tomba di Renata, la sirenetta, figlia di d’Annunzio e protagonista della Notte. Proseguendo, nei pressi di un gruppo di cipressi, si arriva al cimitero dei cani e al frutteto al centro del quale su un’alta colonna è posta la Chanel di Martinuzzi, una grande statua in bronzo raffigurante una donna sofisticata che indossa un cesto di frutta capo. Ricordano il frutteto con grandi aquile e gigli simili a quelli di Annunzio, molti anni fa, ammirati nei giardini di Villa d’Este.

Il 19 settembre 2014, a causa di una forte tempesta abbattuta su Gardone, tra i vari danni ai giardini, si è verificata la caduta di alcuni cipressi secolari dai quali le rondelle sono state vendute dalla Fondazione Il Vittoriale. I proventi sono stati utilizzati per supportare vari progetti di restauro del complesso.

Museo segreto d’Annunzio:
Aperto nel 2010 nel grande spazio espositivo del sottotitolaggio, il Museo Annunzio Segreto raccoglie quanto non fosse noto al grande pubblico perché chiuso negli armadi e cassetti di Prioria: i vestiti, le scarpe e gli stivali di Vate, la lingerie, i abiti realizzati appositamente da D’Annunzio per le sue donne, colletti per cani, oggetti da scrivania, articoli per la tavola, gioielli. Un’intera sezione è dedicata a valigie eleganti, cappucci e bauletti appesi. Le gigantografie del poeta alla Capponcina o al Parco del Vittoriale, le immagini di alcuni dei suoi più famosi amanti, lettere d’amore, tessuti che decorano le stanze di Prioria, vestono l’emiciclo e le undici colonne dello showroom. All’ingresso sei schermi trasmettono film d’epoca dell’Istituto Luce o degli Archivi storici RAI. Il Museo Annunzio Segreto è quindi un incontro ravvicinato con il mondo quotidiano di Gabriele d’Annunzio nel suo inimitabile e raffinato stile di vita.

“Ho trovato qui una vecchia villa appartenente al defunto dottor Thode sul Garda, piena di bei libri … Il giardino è dolce, con i suoi pergolati e le sue terrazze inclinate, e la luce calda mi fa sospirare a Roma. Resterò qui qualche mese per liberarmi definitivamente dell’incubo », scrisse Annunzio a sua moglie Maria in una lettera del febbraio 1921, cioè pochi giorni dopo il suo arrivo a Gardone; nelle intenzioni del poeta il soggiorno del gardesan doveva durare solo poche settimane per completare la stesura del suo ultimo romanzo, mentre oggi è noto che Gardonese sarebbe diventata la sua ultima e definitiva dimora.

Il Vittoriale è oggi una fondazione aperta al pubblico e viene visitato ogni anno da circa 210.000 persone.

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