Pasquino, statue parlanti di Roma, reti sociali nel Medioevo, Comitato Giovanile Italiano UNESCO

Pasquino in Piazza Navona, le statue parlanti di Roma come i social network a capo del loro tempo.

“Se i muri potessero parlare!” … Le statue parlanti di Roma o della Congregation of Wits fornirono uno sbocco per una forma di espressione politica anonima a Roma. Critiche sotto forma di poesie o battute di spirito sono state pubblicate su famose statue a Roma, come una prima istanza di bacheca. Cominciò nel sedicesimo secolo e continua fino ai giorni nostri.

Bene, a Roma le statue fanno! E ti fanno ridere. Nel XV secolo, il potere del papato colpì duramente e i romani volevano più libertà. Così, hanno inventato un nuovo modo di esprimere il loro scontento senza essere “presi”: hanno iniziato ad appendere segretamente le loro critiche, pungendo epigrammi e brevi versi satirici sulle statue. Nei giorni moderni, diverse ondate di manifestazioni e proteste, come le Primavere arabe, erano caratterizzate da manifestazioni simili. Il “pasquinate” ha anticipato l’idea di una comunicazione condivisa, indipendente e democratica, sulla quale si basano gli stessi social network contemporanei.

Le statue parlanti
La satira è una peculiarità romana da sempre: nei tempi antichi, i greci si distinsero per orazione e tragedia, mentre a Roma questo tipo di letteratura caustica, dissacrante e cattiva ebbe successo.

Questa tradizione rifiorì durante il Rinascimento, con le “statue parlanti” di Roma – la più famosa è quella di Pasquino.

Pasquino, un pezzo di scultura danneggiato in una piccola piazza. Nei tempi moderni il frammento esposto alle intemperie è stato identificato come rappresentante del mitico re di Sparta, Menelao, marito di Elena di Troia e personaggio principale dell’Iliade, che regge il corpo di Patroclo. Nel 1501, la statua fu trovata durante la costruzione di strade e allestita nella piazza; poco dopo, piccole poesie o epigrammi critici delle autorità religiose e civili cominciarono a essere pubblicati su di essa.

La statua di Pasquino
La statua è ciò che rimane di un’opera del III secolo aC che un tempo decorava lo stadio di Domiziano nell’odierna Piazza Navona. Dopo essere stato ritrovato nel sito archeologico nel 1501 (senza braccia, gambe e testa, come lo vediamo oggi), fu trasferito in Piazza di Pasquino, una piazzetta che porta il nome della statua, vicino a piazza Navona.

Una voce per il silenzio
“Pasquinate” di solito venivano scritti di notte, ei romani si godevano una bella risata al mattino, prima che i messaggi venissero rimossi dalle autorità.
Alcune leggi severe furono emesse per fermare questa pratica e Pasquino fu messo sotto sorveglianza. Papa Adriano VI (1522-23) minacciava persino di gettare Pasquino nel Tevere.

Un certo numero di papi, che furono spesso oggetto di critiche da parte delle statue, cercarono di limitare la pubblicazione di commenti su Pasquino. Adrian VI progettò di farlo gettare nel fiume Tevere, e fu solo dissuaso quando gli dissero che, come una rana, la statua si sarebbe solo gracchiata più forte nell’acqua. Un’altra storia potenzialmente apocrifa ha offerto una ricompensa agli scrittori anonimi se si fossero fatti avanti. Secondo la storia, un uomo rispose e le sue mani furono tagliate. Alla fine, le autorità si accontentarono di inviare delle guardie dalla statua per impedire la pubblicazione di ulteriori commenti. Di conseguenza, il pubblico si rivolse ad altre statue, che si unirono a Pasquino come statue parlanti.

Oltre a Pasquino e Marforio, le statue parlanti includono: Madama Lucrezia, l’abate Luigi, Il Babuino e Il Facchino.

Libertà di satira
Lungi dall’essere un fenomeno esclusivamente romano, il termine “pasquinate” cominciò a diffondersi in altre città e paesi, come la Germania, la Francia e l’Inghilterra, per designare composizioni satiriche e lampioni – politici, ecclesiastici o personali. Castiga ridendo mores, scrisse nel ‘700 Jean Santeuil. Oppure: corrette abitudini da ridere.

Il motto, scritto per decorare il proscenio della Commedia italiana a Parigi, riassume perfettamente il senso delle pasquinate, che sono anche basate sull’anonimato, una delle condizioni essenziali per una satira libera e una critica sociale veramente democratica. Infatti, attraverso le statue parlanti, l’anonimato e il discorso politico sono andati per la prima volta di pari passo su larga scala.