Ogive in architettura

Un’ogiva è l’estremità arrotondata di un oggetto bidimensionale o tridimensionale. Le curve e le superfici ogive sono utilizzate in ingegneria, architettura e lavorazione del legno.

L’ogiva designa la costola di pietra diagonale in corrispondenza della cima che collega due punti di sostegno attraverso la chiave di volta. Situate nella parte superiore della volta, le testate intersecanti consentono di trasferire l’intero peso del vault ai suoi quattro supporti. Poiché le testate si incrociano alla chiave, la volta che sostengono è chiamata vault on crossing of warheads.

Trasmettendo la maggior parte del peso della volta in alcuni punti, gli ogive permettono all’edificio di raggiungere fino a venti metri di altezza, quando le volte delle creste romaniche non potevano superare i dieci metri.

Etimologia
Il primo uso della parola ogive si trova nello sketchbook del XIII secolo di Villard de Honnecourt, della Piccardia nel nord della Francia. L’OED considera oscure le origini del termine francese; potrebbe venire dal Late Latin obviata, il participio passivo perfetto femminile di obviare, che significa colui che ha incontrato o incontrato l’altro.

Architettura
Una delle caratteristiche distintive dell’architettura gotica è l’arco ogivale o ogivale. Gli archi a punta sono stati usati nell’architettura buddista fin dall’antichità. Il complesso buddista del I secolo dC Takht-e-bahi presenta in primo piano molti archi a sesto acuto a forma di foglie di loto. Un antico tempio buddista di mattoni chaytiya del 4 ° secolo della maharashtra del tempio di trivikrama esibisce anche archi a sesto acuto. Archi di questo tipo furono usati nel Vicino Oriente in architettura preislamica e islamica prima che fossero impiegati strutturalmente nell’architettura medievale, e si pensa che siano stati l’ispirazione per il loro uso in Sicilia e in Francia; come nella cattedrale di Autun, altrimenti stilisticamente romanica.

Nell’architettura gotica, le ogive sono le nervature trasversali intersecanti degli archi che stabiliscono la superficie di una volta gotica. Un arco ogivale o ogivale è un arco “gotico” appuntito, disegnato con le bussole come descritto sopra, o con archi di un’ellisse come descritto. Un arco ogivale molto stretto e molto appuntito è talvolta chiamato “arco di lancetta”. La forma più comune è un arco equilatero, in cui il raggio è uguale alla larghezza. Nel successivo stile gotico fiammeggiante, un “arco ogee”, un arco con una testa a punta, come le curve a forma di S, divenne prevalente.

La costola (detta anche ogiva o costola) è un elemento architettonico tipico dell’architettura romanica e gotica; costituisce la struttura di una volta o di una cupola, di cui divide la superficie, convogliando le spinte ai pilastri di sostegno.

Le costole si trovano spesso nelle volte degli edifici gotici, dove spesso idealmente continuano nei pilastri del fascio della campata.

Nell’architettura tardo gotica, soprattutto inglese e tedesca, le costole divennero un importante elemento decorativo, dissolto dalle esigenze della statica, per formare complessi disegni astratti e geometrici.

Una reinterpretazione delle costole avviene nel periodo barocco, in particolare con le cupole disegnate da Guarino Guarini.

caratteristiche
A differenza dei doubleaux e delle formule di una croce di ogive, gli ogive sono generalmente archi semicircolari.

I rami degli ogive sono le metà della testata che si irradia intorno alla chiave di volta.

Scivolamento del significato della parola
L’uso della parola ogive per designare un arco spezzato è fortemente denunciato all’inizio del XX secolo da Eugène Lefèvre-Pontalis che osserva che questo termine deve essere assolutamente riservato agli archi costali che sostengono una volta. Effettivamente, dal sedicesimo secolo, si è verificato uno spostamento di significato; archeologi e architetti hanno usato il termine ogive per descrivere qualsiasi figura formata da due archi intersecanti. Questo è il motivo per cui potrebbero parlare di porte, arcade o finestre ogive. Nel 1992 Le Petit Larousse riporta l’uso dell’espressione “arc ogival” come comune ma abusivo. Questa ingiunzione è, inoltre, ripresa dallo storico Jean-Marie Perouse de Montclos e l’espressione “stile ogivale” è anche assolutamente vietata.