Museo di arte antica, Castello Sforzesco

Il Museo di Arte Antica è un museo d’arte nel Castello Sforzesco di Milano, in Lombardia, nel nord Italia. Ha una grande collezione di sculture della tarda antichità, del Medioevo e del Rinascimento. Le varie sale del museo ospitano un arsenale, una sala degli arazzi, alcuni monumenti funerari, la Pietà Rondanini e due portali medievali.

Il Museo di Arte Antica di Milano ospita una delle più importanti collezioni di sculture e oggetti di arte tardoantica, medievale e rinascimentale nel nord Italia. Oltre 2000 pezzi esposti in sale decorate con affreschi dello Sforza e di epoca spagnola, tra cui la Cappella Ducale, il museo ospita opere e capolavori legati in particolare alla storia della città e della Lombardia, nonché opere d’arte acquisite nel tempo da il Comune di Milano.

Le sale del museo ospitano l’armeria, contenente varie armature e una sezione di armi a lame e dal fuoco dalla fine del Medioevo al XVIII secolo, vari monumenti funerari di varie epoche, tra cui il famoso monumento funerario a Gaston de Foix, la sala di arazzi e la bandiera di Milano (con l’effigie di Sant’Ambrogio ricamata).

Di particolare rilevanza è la Sala delle Asse la cui volta affrescata interamente da Leonardo Da Vinci e dai suoi collaboratori mostra una fitta serie di rami fioriti e intrecciati la cui cima è la cresta araldica Sforza.

La Sala Verde (“stanza verde”) espone sculture del XV e XVI secolo, la collezione di armi del Castello Sforzesco e il Portale della Banca dei Medici, alle porte rimosse da Via Bossi. La collezione di armi espone sculture, armature, spade e armi da fuoco in sequenza cronologica dal Medioevo al XVIII secolo.

La Sala dell’Asse progettata e affrescata da Leonardo da Vinci su richiesta di Lodovico il Moro, rappresenta il periodo Sforza di Milano.

Sale espositive

Ingresso
La visita ai Musei del Castello si apre con il passaggio attraverso un portale chiamato Pusterla Urbica, qui ricomposto con i pezzi che formavano il lato ad arco della campagna dell’antica Pusterla dei Fabbri, demolita nel corso del 1900.

La stanza o la sala della Cancelleria
Nella prima sala del Museo ci sono numerose testimonianze paleocristiane provenienti da varie chiese milanesi che oggi non esistono più. Tra i resti rinvenuti nella sala si possono ammirare le due basi della colonna del IV secolo, parte della Basilica Nova; i frammenti dell’affresco sulla tomba di Magnifredo, dal IX al X secolo; il mosaico del pavimento del IV secolo; il sarcofago inciso con simboli cristiani, un altro sarcofago da cui provengono i frammenti raffiguranti filosofia e musica. Oltre alle testimonianze artistiche classiche-romane ci sono anche quelle longobarde, popolazioni barbariche del Medio Agescharhar caratterizzate dal decorativismo espresse abbondantemente da una serie di lastre di marmo come il frammento ornato con la mano di Dio e due facce di animali; il frammento di un piatto dell’VIII secolo;

Nella stessa stanza vi sono anche alcuni resti della tradizione bizantina come il capo dell’imperatrice Teodora, risalente al VI secolo circa. Infine, ci sono anche una serie di epigrafi, tutte risalenti al VII secolo, come l’epigrafe di Aldone, l’epigrafe di Domenico e molto altro.

Sala II e III – Arte romanica in Lombardia e scultura campionese
Le sale sono dedicate alla scultura romanica e gotica lombarda. Al suo interno è possibile trovare opere che vanno dal X al XIV secolo, precedute da un raro esempio di alta scultura figurativa medievale: il Telamone dal 6 ° al 7 ° secolo. La diffusione del romanico lombardo raggiunse l’apice con gli operai, scultori e architetti campionesi provenienti dalla zona di Campione. In questo gruppo le poche figure artistiche di spicco sono Ugo da Campione, Matteo da Campione e Bonino da Campione, di cui si può ammirare una delle migliori opere in questa sala: il monumento equestre a Bernabò Visconti. Un’altra opera importante è il monumento sepolcrale della Regina della Scala al fianco del marito Bernabò Visconti. Di artisti sconosciuti sono la facciata di un sarcofago con Madonna col Bambino, guerriero e santi, da ammirare per la ricchezza dei dettagli;

Per quanto riguarda il gruppo di statue votive di Porta Ticinese, la statua di San Pietro Martire sarebbe attribuibile a Giovanni di Balduccio, una figura di grande importanza nella Lombardia dell’epoca: infatti era responsabile della diffusione dell’arte gotica a Milano. Divise in tre gruppi, le statue votive raffigurano figure religiose come la Madonna col Bambino, Sant’Ambrogio, San Lorenzo e Papa Celestino V, provenienti non solo da Porta Ticinese, ma anche da Porta Orientale e Porta Comasina. Nella terza sala troviamo anche una bella Mandorla, originariamente una decorazione per finestre, che mostra da un lato l’immagine di Cristo Redentore e dall’altro l’Assunta. Questo frammento porta ancora tracce di policromia, un’influenza della scultura gotica. Sul pavimento ci sono due lapidi, una di Bianca di Savoia e l’altra,

Sala IV: influenze toscane nella scultura lombarda
Lo stemma affrescato del re spagnolo Filippo II e di sua moglie Maria Tudor (1555), una delle rare testimonianze della presenza spagnola al Castello, si affaccia sulla sala che illustra l’incontro e le reciproche influenze tra la scultura toscana e lombarda durante il XIV secolo.

La sala IV del Museo ospita alcune delle opere più significative di Giovanni di Balduccio, un famoso scultore toscano del XIV secolo. Tra le opere di questa sala, il Mausoleo di Franchino Rusca si distingue per dimensioni e importanza. Fu costruito dopo il 1339, anno della morte di Rusca, che avrebbe dovuto apparire nell’opera posta sopra la lastra sotto i due angeli. L’opera è una preziosa testimonianza dell’arte gotica, molto ben conservata, che ricorda i monumenti funebri toscani contemporanei nello stile e nella cornice.

Nella sala è presente anche una frammentaria Annunciazione, originariamente affrescata sull’arco trionfale della Chiesa di San Giovanni in Conca, da cui provengono anche gli affreschi trecenteschi esposti nelle sale 2 e 3. Documentata in questa stanza, è anche la facciata della chiesa perduta di Santa Maria in Brera, sempre dello scultore italiano Giovanni di Balduccio, di cui rimangono solo pochi frammenti architettonici e decorativi. Su di essi è ancora possibile leggere l’iscrizione che attesta la data (1347) e la firma dello scultore. Il maestro toscano lavorò subito dopo il suo arrivo a Milano, per un’opera ordinatagli dai Visconti: alcuni frammenti trovati nel 1943 attestano, vicino alla Chiesa di Santa Tecla, che si trovano in questa sezione del Museo. La Madonna col Bambino proviene dal sepolcro di Azzone Visconti, a cui Balduccio doveva la sua fortuna a Milano. Il sepolcro fu commissionato da Luchino e Giovanni Visconti per essere collocato nella corte della Chiesa di San Gottardo in Corte. Nella sala, inoltre, ci sono due Pietas: la Pietà di Castelseprio, che è attribuibile a un maestro campionese e che sembra essere rappresentativa di un nuovo pathos, una sintesi perfetta tra la tradizione lombarda e le nuove influenze gotiche caratterizzate da sinuose e ritmi naturalistici e l’altra Pietà, proveniente dalla facciata di Santa Maria di Brera, nella quale forse è più evidente un rinnovamento di forme e motivi decorativi.

Sala V o cappella
Il volume di questa sala fu recuperato da Luca Beltrami durante il restauro della fine del XIX secolo e riunisce interessanti opere sacre del XIV e XV secolo sotto una piccola volta affrescata con putti attribuiti a Callisto Piazza. L’opera più importante nella stanza è il Crocifisso ligneo, risalente alla fine del XIV e all’inizio del XV secolo e prodotto nel nord Italia, caratteristico per il viso tirato in una dolorosa smorfia. Alle pareti ci sono lunette affrescate con nobili stemmi delle famiglie Alvarez, Figueroa e Pimentel, a cui appartenevano i governatori della città e i signori della città. Sulla parete destra, verso la finestra, si può vedere la capitale per colonne gemelle, in marmo, risalente alla fine del XIII secolo:

Appartenente a una scuola inglese del XIV secolo è il bassorilievo posto sul muro a sinistra, raffigurante il bacio di Giuda (1888), in alabastro, un’opera trecentesca della scuola inglese e un dono di Luca Beltrami e dalla demolita cappella della Rocchetta di Porta Romana. Al centro della stanza, nella superficie del pavimento, è inserita la lapide di Giovanni Lanfranchi, Podestà di Milano nel 1322. Nel corridoio d’ingresso alla stanza è collocata la lastra raffigurante un poeta laureato, dono del conte Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Porta, in una cornice polilobata, il ritratto di profilo di un giovane incoronato di alloro. Nella nicchia sul retro della stanza c’è una Madonna con bambino, in terracotta policroma, con angeli e santi, opera artigianale del XV secolo.

Inserite nella finestra che si affaccia sulla Corte Ducale, ci sono cinque piccole finestre di origine svizzera e tedesca. Gli elementi che li compongono non sono pertinenti l’uno all’altro, ma probabilmente sono stati successivamente combinati: stemmi del XVIII secolo, il Giudizio di Salomone, la Resurrezione e la Madonna con bambino tra San Giovanni Battista e San Martino.

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Sala VI o Sala della Cancelleria – Memorie storiche della Milano medievale
La Sala della Cancelleria contiene sculture che rappresentano la vita civile di Milano nel periodo del tardo Medioevo. Sulla parete sinistra è presente una lastra con i simboli degli evangelisti (prima metà del XII secolo), proveniente dalla chiesa di Santa Maria Beltrade, demolita nel 1926 durante i lavori di restauro della piazza omonima, lungo via Torino . La composizione è molto semplice, basata sulle rappresentazioni speculari del bue, che rappresenta San Luca, e dell’angelo, San Matteo; a sinistra troviamo l’aquila raffigurante San Giovanni e il leone a destra, San Marco.

Di grande importanza sono i fregi figurativi presenti sulla Porta Romana (medievale, Milano) (l’entrata più importante della città demolita nel 1793), montata su due strutture murarie che riproducono, in dimensioni minori, la loro disposizione originale sulla porta medievale. I rilievi sulla parete sinistra della sala commemorano il solenne ritorno dei milanesi in città dopo la distruzione di Federico Barbarossa. Su questi ci sono le firme degli scalpellini Anselmo e Gerardo. I rilievi a destra richiamano l’espulsione degli ariani da parte di Sant’Ambrogio. Il rilievo posto sul muro relativo all’immodesta figura femminile ha una funzioneapotropaica e proviene dalla facciata esterna di Porta Vittoria. Un altro rilievo importante è quello che rappresenta la processione dell’immagine devota dell’Idea, proveniente anche dalla chiesa di Santa Maria Beltrade. Sulla parete sinistra è collocato un tabernacolo votivo con Sant’Ambrogio, raffigurato seduto nell’atto di benedizione con la mitra e la pastorale, attributi del suo ufficio episcopale. Sulla parete destra è presente una lastra con lo stemma Torriani (XIII secolo), proveniente da Chiaravalle, raffigurante una torre coronata da merlature ghibelline con un robusto portale e due file di finestre. All’interno della sala ci sono quattro busti di santi all’interno di mandorle. raffigurante una torre coronata da merlature ghibelline con un robusto portale e due file di finestre. All’interno della sala ci sono quattro busti di santi all’interno di mandorle. raffigurante una torre coronata da merlature ghibelline con un robusto portale e due file di finestre. All’interno della sala ci sono quattro busti di santi all’interno di mandorle.

Sala VII o Sala del Gonfalone – Scultura tra il XVI e il XVIII secolo e gli arazzi
La sala, un tempo area rappresentativa del Comune di Milano, è ora dedicata principalmente agli arazzi ed è dominata dalla presenza del sedicesimo Gonfalone della Città di Milano, l’arazzo al centro della sala. Nel 1565 l’incarico fu affidato all’esecuzione dell’opera dai pittori manieristi Giuseppe Arcimboldi e Giuseppe Meda, che fornirono il disegno, poi eseguiti dai ricamatori Scipione Delfinone e Camillo Pusterla, realizzati con ricami e tempera con preziosi inserti. Dal punto di vista compositivo, il Gonfalone riproduce un arco trionfale sotto il quale si trova Sant’Ambrogio, raffigurato con la staffa e la pastorale, ai cui piedi giacciono due soldati. L’arco a tutto sesto presenta quattro episodi sui due lati della vita del Santo. All’interno di una cornice ovale, nella parte superiore dell’arco, la Fede è raffigurata come una figura femminile seduta accanto ai tavoli della Legge, recante il calice e la croce. Nei pennacchi sono rappresentati i santi Gervasio e Protasio, i martiri trovati da Ambrogio e sepolti con lui sotto l’altare della basilica di Ambrosian. Dietro Ambrogio, sotto un cielo stellato, c’è un edificio, un chiaro riferimento alla Chiesa.

Lungo le pareti sono appesi i cinque episodi delle storie di Elia ed Eliseo, realizzati a Bruxelles tra il 1550 e il 1560. I soggetti raffigurati sono: Elia che alza il figlio della vedova Sarepta, Il sacrificio dei profeti Baal, Elia che predice ad Achab la punizione divina, Eliseo che raccoglie il mantello di Elia rapito in un mantello e Eliseo rifiuta i doni di Naaman. Sulla parete d’ingresso della sala ci sono due arazzi di Bruxelles del XVIII secolo, realizzati da Gillam Van Cortenberg, raffiguranti due episodi della storia di Noè: l’apparizione del Signore a Noè e l’imbarco degli animali sull’arca.

La visita alla sala si completa con l’esame delle sculture, divise in tre nuclei espositivi, di diversa datazione. In questi ritratti possiamo identificare Vespasiano, il giovane Marco Aurelio, Lucio Vero e Giordano. Alla fine del muro che divide la Sala del Gonfalone dalla Sala delle Asse, è possibile ammirare una statua a tutto tondo della seconda metà del XVI secolo, raffigurante Adamo catturato nudo e appoggiato a un tronco. L’opera riconosce la mano dello fiorentino Stoldo Lorenzi, uno scultore di formazione manierista, particolarmente vicino ai modi di Giambologna, nella sottile eleganza delle figure e nella ricerca della naturalezza delle pose. Il soffitto della sala è decorato con ramoscelli con fiori e frutti e incoronato al centro dallo stemma dei reali di Spagna.

Sala VIII o Sala delle Asse – La decorazione Leonardo
La decorazione pittorica della stanza è dovuta alla commissione di Ludovico il Moro che aprì la sua corte a molti dei più grandi pittori, architetti e scrittori dell’epoca; prima di tutto: Leonardo da Vinci. Leonardo da Vincihe fu l’architetto della decorazione della volta e, in origine, anche delle pareti della Sala delle Asse. Le trame vegetali che decorano la volta della stanza furono scoperte solo alla fine del diciannovesimo secolo: infatti, il pesante strato di calce bianca che imbiancava l’intera stanza fu rivelato da una delle pareti, rivelando la decorazione originale con una straordinaria scoperta . Il recupero della decorazione pittorica, diretto da Luca Beltrami, si è rivelato un intervento quasi senza pregiudizi per l’interpretazione del progetto originale Leonardo e per l’eccessiva integrazione pittorica del restauratore: le decorazioni monocromatiche su una parete furono ignorate e nascoste da una copertura di legno della stanza, oggi riconosciuta come parte di esse molto più tardi dell’opera di Leonardo, e fu aggiunta l’epigrafia commemorativa del XVI secolo, aggiunta durante la breve regola francese, e sostituito con la scrittura commemorativa del recupero del dipinto. Nel 1954 vi furono nuovi lavori di restauro. Rimuovendo gli assi di legno del Beltrami, furono recuperati i frammenti di una prima bozza monocromatica lungo le pareti della stanza e la decorazione della volta fu alleggerita dai pesanti interventi pittorici del XX secolo. La decorazione ormai consumata della volta intrecciata e le raffigurazioni di tronchi, radici e rocce sulle pareti sono venute alla luce. oggi riconosciuto come parte di essi molto più tardi dell’opera di Leonardo, e fu aggiunta l’epigrafe commemorativa del XVI secolo, aggiunta durante la breve dominazione francese e sostituita con la scrittura commemorativa del recupero del dipinto. Nel 1954 vi furono nuovi lavori di restauro. Rimuovendo gli assi di legno del Beltrami, furono recuperati i frammenti di una prima bozza monocromatica lungo le pareti della stanza e la decorazione della volta fu alleggerita dai pesanti interventi pittorici del XX secolo. La decorazione ormai consumata della volta intrecciata e le raffigurazioni di tronchi, radici e rocce sulle pareti sono venute alla luce. oggi riconosciuto come parte di essi molto più tardi dell’opera di Leonardo, e fu aggiunta l’epigrafe commemorativa del XVI secolo, aggiunta durante la breve dominazione francese e sostituita con la scrittura commemorativa del recupero del dipinto. Nel 1954 vi furono nuovi lavori di restauro. Rimuovendo gli assi di legno del Beltrami, furono recuperati i frammenti di una prima bozza monocromatica lungo le pareti della stanza e la decorazione della volta fu alleggerita dai pesanti interventi pittorici del XX secolo. La decorazione ormai consumata della volta intrecciata e le raffigurazioni di tronchi, radici e rocce sulle pareti sono venute alla luce. Nel 1954 vi furono nuovi lavori di restauro. Rimuovendo gli assi di legno del Beltrami, furono recuperati i frammenti di una prima bozza monocromatica lungo le pareti della stanza e la decorazione della volta fu alleggerita dai pesanti interventi pittorici del XX secolo. La decorazione ormai consumata della volta intrecciata e le raffigurazioni di tronchi, radici e rocce sulle pareti sono venute alla luce. Nel 1954 vi furono nuovi lavori di restauro. Rimuovendo gli assi di legno del Beltrami, furono recuperati i frammenti di una prima bozza monocromatica lungo le pareti della stanza e la decorazione della volta fu alleggerita dai pesanti interventi pittorici del XX secolo. La decorazione ormai consumata della volta intrecciata e le raffigurazioni di tronchi, radici e rocce sulle pareti sono venute alla luce.

Mettendosi alla prova nelle decorazioni della Sala delle Asse, Leonardo ha dovuto fare affidamento su un programma iconografico molto preciso, forse suggerito o semplicemente ispirato dal cliente dell’opera. Le rocce stratificate all’interno delle quali sono innestate le radici nodose sono il punto di partenza per una composizione organica e unitaria, che, sollevandosi da terra, si irradia con forza lungo i tronchi degli alberi che sostengono le fronde intrecciate della volta, descrivendo un grandioso poema naturalistico. Se valutiamo l’ambizioso programma politico e culturale di Ludovico il Moro e la personalità artistica di Leonardo, non ci si può accontentare di interpretare la Sala delle Asse come una semplice celebrazione naturalistica. Oltre alle caratteristiche esterne degli alberi rappresentati (alberi di gelso con radici enormi, tronco colossale, foglia cruciforme e frutti rosso-violacei), anche quelli simbolici sembrano suggerire una relazione con il Duca di Milano: il Moro o il Gelso era un simbolo di saggezza fin dai tempi antichi. prudenza, forse un’allusione alla politica di Ludovico. Le piacevoli trame di piante che originariamente dovevano essere sostenute da robusti tronchi potrebbero in realtà essere una celebrazione del Duca di Milano, colonna e sostegno dello Stato Sforzesco.

Sala XI o Sala dei Ducali – Scultura lombarda tra gotico e rinascimentale
La Sala dei Ducali prende il nome dalle decorazioni raffiguranti gli stemmi ducali. In questa sala è possibile ammirare sculture risalenti alla prima metà del XV secolo. Il periodo è caratterizzato dall’apertura del cantiere del Duomo di Milano, che ha comportato una serie di sollecitazioni che hanno aperto la situazione culturale milanese alle influenze toscane, veneziane e transalpine. Tutto ciò viene catturato nella stupenda serie di capitelli di Castiglioni Palace a Castiglione Olona, ​​che predilige forme caratterizzate da una maggiore resa plastica che si identifica nell’uso di volumi arrotondati e pieni. La serie di frammenti di Castiglione è contrapposta, lungo la parete opposta della stanza, da quattro angeli reggi torcia, provenienti dalla Ca ‘Granda di Milano, l’antico ospedale dei poveri, oggi sede dell’Università degli Studi. Questi angeli risalgono al 1465, anno in cui Francesco Solari fu chiamato a dirigere la Fabbrica dell’Ospedale. Il gusto tipicamente lombardo della scultura della seconda metà del XV secolo è attestato da una lastra con Madonna e un Devoto, dalle due terrecotte con la Pietà e la Deposizione nel Sepolcro e dal terracotta policroma raffigurante un priore certosino presentato da un santo alla Vergine. Questo rilievo gravita nell’ambito stilistico di Giovanni Antonio Amadeo, personalità artistica di alto livello, al quale il merito è dovuto per aver adattato le forme del Rinascimento toscano alla più squisita tradizione lombarda. Il gusto tipicamente lombardo della scultura della seconda metà del XV secolo è attestato da una lastra con Madonna e un Devoto, dalle due terrecotte con la Pietà e la Deposizione nel Sepolcro e dal terracotta policroma raffigurante un priore certosino presentato da un santo alla Vergine. Questo rilievo gravita nell’ambito stilistico di Giovanni Antonio Amadeo, personalità artistica di alto livello, al quale il merito è dovuto per aver adattato le forme del Rinascimento toscano alla più squisita tradizione lombarda. Il gusto tipicamente lombardo della scultura della seconda metà del XV secolo è attestato da una lastra con Madonna e un Devoto, dalle due terrecotte con la Pietà e la Deposizione nel Sepolcro e dal terracotta policroma raffigurante un priore certosino presentato da un santo alla Vergine. Questo rilievo gravita nell’ambito stilistico di Giovanni Antonio Amadeo, personalità artistica di alto livello, al quale il merito è dovuto per aver adattato le forme del Rinascimento toscano alla più squisita tradizione lombarda.

Alcuni frammenti appartenenti alle Collezioni di Arte Antica del Castello esposti in questa sala risalgono alla presenza di artigiani veneziani e toscani in Lombardia nel XV secolo. Una lastra di marmo scolpita in altorilievo con la figura di San Giacomo con un modello di Chiesa che potrebbe provenire dal Duomo di Milano e un timpano con l’Eterno Benedizione del Padre trovato a Cremona, documentano l’attività di scultori e tagliatori di pietre veneziani, mentre un rilievo con la Crocifissione, i frammenti di due terrecotte, un’anconetta con Madonna col Bambino e due pannelli con busti di angeli ci consentono di comprendere l’orientamento toscano della scultura intorno alla metà del XV secolo. A Jacopino di Tradate dobbiamo la Madonna col Bambino in cui possiamo vedere lo stile decorativo del maestro lombardo, intento soprattutto nella ricerca del virtuosismo calligrafico, come dimostra il fiorire continuamente e senza posare il drappeggio della sua veste di Nostra Signora, su cui sembra concentrare così tanto lo sforzo dello scultore a spese di una resa di maggiore umanità e partecipazione emotiva dei personaggi. L’ultimo e singolare lavoro che dobbiamo menzionare è il bassorilievo con rappresentazione allegorica che rappresenta un episodio della vita di San Sigismondo di Borgogna, proveniente dal Tempio Malatestiano di Rimini ed eseguito da Agostino di Duccio. Il bassorilievo rivela l’estrema raffinatezza di questo autore. La prevalenza del ritmo armonico della linea con il conseguente svuotamento di ogni sostanza plastica conferisce alla rappresentazione una leggerezza ariosa, supportata solo da un gusto accentuato per il decorativo. come dimostra il fiorire continuamente e senza posare il drappo della sua veste di Nostra Signora, su cui sembra focalizzare in modo così particolare lo sforzo dello scultore a spese di una resa di maggiore umanità e partecipazione emotiva dei personaggi. L’ultimo e singolare lavoro che dobbiamo menzionare è il bassorilievo con rappresentazione allegorica che rappresenta un episodio della vita di San Sigismondo di Borgogna, proveniente dal Tempio Malatestiano di Rimini ed eseguito da Agostino di Duccio. Il bassorilievo rivela l’estrema raffinatezza di questo autore. La prevalenza del ritmo armonico della linea con il conseguente svuotamento di ogni sostanza plastica conferisce alla rappresentazione una leggerezza ariosa, supportata solo da un gusto accentuato per il decorativo. come dimostra il fiorire continuamente e senza posare il drappo della sua veste di Nostra Signora, su cui sembra focalizzare in modo così particolare lo sforzo dello scultore a spese di una resa di maggiore umanità e partecipazione emotiva dei personaggi. L’ultimo e singolare lavoro che dobbiamo menzionare è il bassorilievo con rappresentazione allegorica che rappresenta un episodio della vita di San Sigismondo di Borgogna, proveniente dal Tempio Malatestiano di Rimini ed eseguito da Agostino di Duccio. Il bassorilievo rivela l’estrema raffinatezza di questo autore. La prevalenza del ritmo armonico della linea con il conseguente svuotamento di ogni sostanza plastica conferisce alla rappresentazione una leggerezza ariosa, supportata solo da un gusto accentuato per il decorativo.

Sala XII o Cappella Ducale
La Cappella Ducale fu costruita per volere del duca Galeazzo Maria Sforza e poi restaurata e ripristinata alle sue dimensioni originali dopo aver cambiato più volte l’uso previsto (divenne persino una stalla durante il periodo napoleonico). Nella seconda metà del XV secolo il duca, per motivi di sicurezza, trasferì la sua residenza dal Palazzo Ducale vicino al Duomo, all’interno del Castello di Porta Giovia, trasformando parte della fortezza in residenza privata. Finì il lavoro progettando la decorazione di alcune stanze per le quali aveva suggerito con precisione un preciso programma iconografico. Il pittore che decorò la cappella fu principalmente Bonifacio Bembo, artista tardo gotico, affiancato da altri pittori considerati minori a causa della scarsa attenzione dei critici d’arte (Stefano de ‘Fedeli e Vismara). Ciò che il duca progettò per la Cappella fu la rappresentazione della Resurrezione di Cristo sulla volta centrale: stemmi, emblemi degli Sforza e Annunciazione nelle lunette sottostanti. Al centro su uno sfondo blu, la figura di Dio Padre è raffigurata circondata da schiere di Cherubini e Arcangeli, mentre il Cristo Risorto è vittorioso in una mandorla dorata circondata da schiere angeliche.

Di fronte a un prezioso drappo è una mensola della fine del XV secolo che custodisce la statua della Madonna col Bambino, una scultura acquistata dal Comune nel 1950. La statua risale alla seconda metà del XV secolo e ha una forte si lega alla scultura lombarda del XIV secolo. Non è possibile determinare con certezza la produzione di un certo artista, anche se è probabile che sia stata realizzata da Jacopino di Tradate, a causa dei forti segni che ricordano la sua corrente fredda. Il forte contrasto tra il tardo gotico e il Rinascimento si osserva principalmente nel confronto tra la statua della Madonna e il peduccio in basso: vari dettagli ci fanno pensare che la paternità delle opere possa essere attribuita a due diversi artisti. Inoltre, nella Cappella sono esposti due angeli musicisti attribuibili, ma non certi, a Giovanni Antonio Amadeo. Infine, è esposta anche la Madonna con Coazzone (una lunga treccia di acconciatura) della Fabbrica del Duomo di Milano e generalmente attribuita a Pietro Antonio Solari.

Sala XIII o Sala delle Colombine – La scultura lombarda della seconda metà del XV secolo
Questa sala, oggi destinata ad ospitare alcune delle migliori sculture della seconda metà del XV secolo, faceva parte dell’appartamento privato ducale e deve il suo nome alla decorazione della volta che rappresenta una colomba su un sole radioso disegnato su un viola terreno e che riporta il motto a bon droit o “giustamente”.

Nel XV secolo, una rinascita della produzione artistica lombarda ebbe luogo grazie alle grandi fabbriche, come la cattedrale, e ai maestri tra cui troviamo Giovanni Antonio Amadeo. Un meraviglioso esempio di questa scultura sono le statuette che alludono al Sacramento della Penitenza raffiguranti angeli con strumenti della Passione, che mostrano una visione più completa ed espressiva. Le tre sculture precedenti e il tondo con il presepe facevano parte dell’Arca dei martiri persiani che fu commissionata a Giovanni Antonio Piatti ma fu completata da Giovanni Antonio Amadeo. Notevoli maestri sono anche Cristoforo e Antonio Mantegazza di cui nella stanza ci sono due figure di apostoli in ginocchio, il frammento del presepe raffigurante due pastori, i due angeli e i due frammenti in rilievo con figure di angeli, sculture ancora a base gotica. La vasta attività di Amedeo influenzata anche da questi artisti e la sua bottega ebbe numerosi seguiti e ispirazioni, dando origine a numerose opere oggi conosciute come la Maniera dell’Amedeo, tra cui nella sala è possibile osservare due Formelle con l’Angelo e l’Annunciazione Vergine. Altre opere importanti per questo periodo sono la Madonna col Bambino e il bassorilievo con la Pietà, recentemente attribuito a Gasparo Cairano.

XIV sala o sala Verde – La scultura tra il XV e il XVI secolo e l’Armeria
Galeazzo Maria Sforza commissionò gli affreschi nella sala nel 1469. Un portale della metà del XV secolo proveniente da un edificio in Corso Magenta dà accesso alla sala. La struttura del portale è costituita da due pilastri laterali che terminano in capitelli che sostengono l’architrave, inoltre tutti i lati del portale sono decorati con motivi di derivazione classica. L’architrave è decorato con sette putti danzanti che reggono un nastro sulle spalle, a cui sono legate ghirlande di frutta e foglie; il monogramma di Cristo è visibile nella faccia inferiore. Un repertorio di gusto classico può essere visto nei due fregi in terracotta risalenti agli inizi del XVI secolo. Elemento di spicco è il portale di costruzione della Banca dei Medici che adornava l’ingresso principale del palazzo mediceo. Dopo aver superato il portale sulla destra, sono visibili i resti della decorazione marmorea originale della facciata di Santa Maria presso San Satiro. Si tratta di quattro lastre di marmo rettangolari raffiguranti due sibille, la Creazione di Adamo e la Creazione di Eva, racchiuse in tondi centrali che coprivano la base inferiore della facciata. Nella sala si trova il pulpito del refettorio del Convento di San Pietro in Gessate, risalente alla fine del XV secolo. Il pulpito ha una struttura con pilastri e lampadari ornati di delfini e cornucopie. La serie di portali, per cui questo ambiente è anche chiamato Sala dei Portali, continua con il portale di Palazzo Bentivoglio, l’ingresso principale dell’edificio che si trovava in Piazza San Giovanni in Conca. Questa porta di chiara impronta manierista,

L’armeria occupa anche un posto di rilievo nella sala, che caratterizza questo ambiente con la presentazione di armature, armi e armi da fuoco, secondo un percorso storico ed educativo. Il percorso è strutturato in quattro settori: il primo è dedicato alle armi del XV secolo, il secondo a quelli del XVI secolo, il terzo a quelli del XVII secolo e l’ultimo alle armi del XVIII e XIX secolo. Durante la seconda guerra mondiale la collezione subì un bombardamento e per salvarla dal fuoco fu trasportata nei magazzini. Nel dopoguerra furono necessari lunghi lavori di restauro delle armi, in vista della nuova costruzione (1956).

XV sala o sala degli Scarlioni – Il classicismo lombardo dei primi decenni del XVI secolo
La Sala degli Scarlioni fu il luogo in cui il duca ricevette e deve il suo nome alle decorazioni a zigzag bianche e rosse.

Il tema della sala è il Manierismo a Milano dei primi del Cinquecento, di cui ne è un esempio la lastra decorativa dell’edicola Tarchetta del Duomo di Milano, il Trittico con la figurazione della Pietà, inizialmente utilizzato come architrave di un portale , poi unito alla costruzione dell’altare e infine rimosso da questo per essere esposto nel museo alla fine del XIX secolo. Gli scultori del manierismo milanese sono, ad esempio, Andrea Fusina, che viene esposto nella Sala dell’Arca dal vescovo Battista Bagarotto nel 1519, commissionato da lui quando era ancora in vita, Tommaso Cazzaniga di cui la coppia di decorativi Pilastrini e Agostino Busti, noto come il Bambaja, autore della lapide del poeta Lancino Curzio e del monumento funebre a Gaston de Foix, nipote capo francese del re Luigi XII, sono stati riproposti. Le statue della Fede e di una Virtù non identificata furono attribuite anche alla Bambaja, presumibilmente parte della tomba di Birago costruita nel 1522 per Gian Marco Birago e Zenone Birago, sepolta nella chiesa di San Francesco Grande a Milano. Il tour all’interno di questa sala termina con il Busto della Mora, il cui artista è anonimo, risalente alla metà del XVI secolo, un periodo di grande crisi per gli scultori lombardi che si trasferirono a Roma dove ricevettero molte commissioni dai papi. Il busto della Mora apparteneva probabilmente alla famiglia Archinto, grandi collezionisti di pietre tombali e sculture sin dalla metà del diciassettesimo secolo, ma rimangono molti dubbi sulla loro origine e sulle circostanze in cui si è formata la collezione. Anche il termine Mora dà ancora origine a molti fraintendimenti,

All’uscita del Museo di Arte Antica, in un cortile sotterraneo, la fontana creata da Luca Beltrami fu collocata nell’ultimo decennio del XIX secolo, originariamente concepita come un ornamento posto al centro della corte ducale. La fontana fu creata da Beltrami utilizzando calchi di acqua santa appositamente realizzati conservati nella Collegiata dei Santi Pietro e Stefano nella città di Bellinzona, un’originale scultura rinascimentale lombarda di Vigevano. I calchi furono trasformati dall’architetto Beltrami in una fontana, con l’aggiunta di un piedistallo, una vasca e una cuspide appositamente progettata raffigurante il serpente visconteo, ora mutilato. Durante i lavori di restauro effettuati dopo la guerra fu trasferito.

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