Esterno, ponte e cortile, Palazzo Ducale

Il Palazzo Ducale si sviluppa su tre ali attorno ai lati di un ampio cortile centrale porticato, il cui quarto lato è costituito dal corpo laterale della basilica di Marciana, un’antica cappella palatina. L’intero edificio riposa, come nel caso di qualsiasi altro edificio veneziano, su una zattera costituita da tronchi di larice, che a sua volta detiene un’importante base in pietra d’Istria. Le facciate principali, affacciate su Piazza San Marco e verso il bacino di San Marco, hanno dimensioni piuttosto simili, poiché quella che si affaccia sul pontile è lunga 71,5 metri e si sviluppa su 17 arcate, mentre quella sulla piazza, più lunga di un arco, misura 75 metri. La terza facciata si affaccia sul canale noto come il Rio di Palazzo, attraversato dal Ponte dei Sospiri e sfocia nel mare al Ponte della Paglia.

facciate
Le due facciate principali del palazzo, in stile gotico-veneziano, di fronte alla piazza e al molo, sono costruite su due livelli colonnati dominati da un massiccio corpo in marmo intarsiato con grandi finestre ogivali, con un monumentale balcone centrale. è riccamente decorata, e incoronazione di piccole cuspidi ed edicolette angolari, che sostituisce la tradizionale cornice: nel complesso, la struttura presenta nella decorazione un chiaro riferimento agli stili architettonici orientali e, in misura minore, germanica, derivata in gran parte dall’elevato numero di e contatti commerciali tra i veneziani e altri popoli mediterranei ed europei e la conseguente importazione di materiali da quelle terre. Tra i due livelli della loggia e il muro sovrastante c’è una cornice continua, che divide la facciata in due sezioni di uguale altezza. Gli ariosi loggiati con colonne e archi a sesto acuto con quadrilobi, bordati da balaustre e non basati sul modello tradizionale perché leggermente piegati, sono sostenuti dal portico al piano terra, che ha metà delle aperture ed è decorato con capitelli finemente scolpiti. Come risultato dell’aspetto abbassato degli archi del piano terra, qualcuno aggiunse che il livello del terreno era stato alzato; tuttavia, ciò è errato, come dimostrano le analisi condotte da Angelo Zendrini e Giannantonio Selva, che hanno permesso di capire come questo aumento, sì, fosse di pochi centimetri. che ha metà delle aperture ed è decorato con capitelli finemente scolpiti. Come risultato dell’aspetto abbassato degli archi del piano terra, qualcuno aggiunse che il livello del terreno era stato alzato; tuttavia, ciò è errato, come dimostrano le analisi condotte da Angelo Zendrini e Giannantonio Selva, che hanno permesso di capire come questo aumento, sì, fosse di pochi centimetri. che ha metà delle aperture ed è decorato con capitelli finemente scolpiti. Come risultato dell’aspetto abbassato degli archi del piano terra, qualcuno aggiunse che il livello del terreno era stato alzato; tuttavia, ciò è errato, come dimostrano le analisi condotte da Angelo Zendrini e Giannantonio Selva, che hanno permesso di capire come questo aumento, sì, fosse di pochi centimetri.

Nel libro Meu sosia e eu Oscar Niemeyer dedica una sezione alla sua visione critica di questi colonnati, che descrive come “belli”. Niemeyer, intrattenendo un dialogo socratico con un ipotetico architetto razionalista, afferma che se le colonne, lontano dal suo gusto razionalista, fossero fatte in forme più semplici e funzionali, non creerebbero con le loro curve il contrasto così squisito che ora stabiliscono con il ampio muro liscia quel supporto. Nel libro Niemeyer par lui-mêmeNiemeyer afferma che il Palazzo Ducale è un monumento di estrema importanza nella storia dell’architettura e che la sua importanza risiede non solo nell’eleganza, ma anche nel corretto uso dei materiali. Niemeyer ha anche criticato Andrea Palladio, affermando che la sua teoria che durante la ristrutturazione di Palazzo Ducale, ciò che è più pesante dovrebbe essere rimasto basso e ciò che è più leggero in cima non sarebbe stato appropriato. In questo senso Niemeyer paragona Palazzo Ducale con edifici moderni, essendo governati come questi su colonne.

Facciata verso il molo

Ponte dei Sospiri e Nuove prigioni

Nella parte più antica, di fronte al molo, ci sono capitelli trecenteschi, mentre le sculture angolari sono attribuite a Filippo Calendario o ad artisti lombardi come Raverti o Bregno: all’angolo tra la facciata a strapiombo sul mare e la facciata sul fiume di Palazzo ci sono due rilievi raffiguranti l’uno, quello in alto, l’Arcangelo Raffaele in atto di benedizione e Tobiolo, l’altro, in basso, sopra il Ponte della Paglia, l’episodio biblico di Noè’s Excitement: all’angolo è posto il baule della vigna, che divide la scena in due parti. Verso il mare c’è la figura del vecchio Noè, nuda e barcollante, mentre verso il canale ci sono i due figli, uno dei quali copre la nudità di suo padre con un panno. All’estremità opposta, verso la Piazzetta, si erge l’Arcangelo Michele con la spada sguainata in alto, mentre in basso sono raffigurati in posizione frontale rigida Adamo ed Eva, separati da una pinta di fico su cui avvolge il serpente con la faccia di Satana. Eva ha il frutto del peccato, che indica con l’altra mano.

Al centro della facciata si trova il balcone centrale della Sala del Maggior Consiglio, opera dei fratelli Giacobello e Pierpaolo dalle Masegne, costruita tra il 1400 e il 1404. Circondata da due importanti pilastri ottagonali, interrotti da nicchie e culminanti nelle piramidi, è diviso verticalmente in due sezioni di uguale altezza: uno è costituito dall’apertura, l’altro dalla struttura decorativa in alto; il vero arco della finestra è sostenuto da quattro piccole colonne in marmo verde e greco; il balcone è diviso in sei sezioni ciascuna decorata con quattro pannelli; lungo i pilastri ci sono sei statue, quelle inferiori che rappresentano San Teodoro e San Giorgio (quest’ultimo di Giovanni Battista Pellegrini), le superiori la Temperanza, la Giustizia, la Fortezza e la Prudenza; sopra l’arco reale c’è un oculus murato (contenente un simulacro della Carità), fiancheggiato dalle statue di Fede e Speranza; dall’iscrizione e dagli scudi si deduce che l’opera fu realizzata sotto Michele Sten. Sopra l’occhio, posto su uno stelo, c’è un leone marciano; sopra, dentro le nicchie, sono le statue di San Marco, San Pietro e San Paolo; l’incoronazione fu ricostruita nel 1579 con la posa del Giudice di Alessandro Vittoria.

Il balcone al centro dell’ordine superiore, con il Leone di San Marco, risale al periodo tra il 1531 e il 1538 (secondo alcune fonti, nel 1536); Progettato dal Sansovino, offre una serie di riferimenti a quello più antico sull’altro fronte: per quanto riguarda l’attribuzione di fonti antiche, l’autore di quest’opera era ricercato nei Longobardi, ma i principali rappresentanti di questa scuola in quel momento erano già morto e il protomastro della Repubblica allora era solo il Sansovino, il cui negozio sembra essere attribuibile allo stile del balcone. Ai lati di questa struttura si sviluppano due nicchie con statue di Marte e Nettuno, sormontate da due Fame con torcia; anche il pannello superiore, contenente una copia del gruppo scultoreo con il Doge Andrea Gritti e il Leone di San Marco, distrutta durante l’occupazione francese nel 1797 e rifatta nel diciannovesimo secolo, è incorniciata da statue, quella raffigurante Mercurio e l’altro Giove. Di Alessandro Vittoria è la statua di Venezia, posta al culmine della decorazione.

Porto della carta
L’ingresso monumentale dell’edificio, situato tra esso e la basilica, deve probabilmente il suo nome all’usanza di pubblicare le nuove leggi e decreti o la presenza sul sito di scribi pubblici o il fatto che ci fossero vicino agli archivi dei documenti di stato.

L’apparato scultoreo e decorativo, originariamente dipinto e dorato, è molto ricco. Nei due pinnacoli laterali ci sono due figure di Virtù cardinali su ciascun lato e alla sommità di tutta la struttura c’è un busto dell’Evangelista dominato dalla figura di Giustizia con spada e scaglie. Al centro dell’apparato è la rappresentazione del doge Francesco Foscari inginocchiato davanti al leone marciano: si tratta di una ricostruzione ottocentesca, opera di Luigi Ferrari, in sostituzione dell’originale distrutta dai francesi nel 1797.

Fu costruito in stile gotico fiorito da Giovanni e Bartolomeo Bono come appare dall’iscrizione sull’architrave: OPVS BARTHOLOMEI (opera di Bartolomeo). Gli storici dell’arte si sono chiesti, invece, quale fosse l’effettivo contributo del Bono nella Porta della Carta; infatti a volte appaiono ufficialmente come artisti anche quando in realtà commissionavano la progettazione e l’esecuzione di alcune opere ad altri artisti. Attraverso analisi stilistiche e confronti, i critici hanno quindi cercato di tornare ai veri architetti del monumentale portale veneziano. Secondo alcuni, sono attribuiti a statue di Antonio Bregnothe delle virtù poste sui pilieri. I documenti attestano anche che il Bono portò Giorgio da Sebenico come collaboratore; questo fatto ha portato a un confronto tempestivo tra le caratteristiche delle statue della Porta della Carta e quelle di altre sculture dell’artista dalmata. Sulla base di questi studi, che hanno mostrato somiglianze travolgenti, le statue di Fortezza e Temperanza (quelle poste sotto i pilieri) e altre sculture della porta sono state attribuite a Giorgio da Sebenico. [annotazione 2] Altri studiosi concludono che il ruolo di Giorgio da Sebenico nella Porta della Carta era ancora più consistente e che il Bono affidò anche la parte del suo design al dalmata; secondo gli studi in Dalmazia si dovrebbe anche attribuire l’Arco Foscari, anche a Palazzo Ducale. le statue di Fortezza e Temperanza (quelle poste sotto i pilieri) e altre sculture della porta sono state attribuite a Giorgio da Sebenico. [annotazione 2] Altri studiosi concludono che il ruolo di Giorgio da Sebenico nella Porta della Carta era ancora più consistente e che il Bono affidò anche la parte del suo design al dalmata; secondo gli studi in Dalmazia si dovrebbe anche attribuire l’Arco Foscari, anche a Palazzo Ducale. le statue di Fortezza e Temperanza (quelle poste sotto i pilieri) e altre sculture della porta sono state attribuite a Giorgio da Sebenico. [annotazione 2] Altri studiosi concludono che il ruolo di Giorgio da Sebenico nella Porta della Carta era ancora più consistente e che il Bono affidò anche la parte del suo design al dalmata; secondo gli studi in Dalmazia si dovrebbe anche attribuire l’Arco Foscari, anche a Palazzo Ducale.

Oltrepassando la Porta della Carta, si attraversa il Portico Foscari, anch’esso iniziato dalla famiglia Bono ma completato da Antonio Bregno, un breve corridoio che termina con l’Arco Foscari e conduce al cortile interno, dominato dalla Scala dei Giganti.

Facciata verso il Rio di Palazzo
Il più recente del complesso è infine l’ala est, che domina il Rio di Palazzo, costruito da Antonio Rizzo in seguito all’incendio del 1483 in forme completamente rinascimentali. La sua datazione è consentita, analogamente alla facciata verso il cortile, dalla presenza dello stemma del doge poi del governo, Giovanni Mocenigo, al potere dal 1478 al 1485; più precisamente, la sua costruzione continuò fino al 1560 sotto la direzione di Antonio Abbondi. Lungo questo fronte l ‘apparato decorativo è molto più spoglio: le statue che rappresentano l’ Ebrezza di Noè e il gruppo di Raffaele e Tobiolo fanno un angolo per te .; l’unica scultura interamente posta su questo fronte è quella del cosiddetto terzo figlio di Noè.

Cortile
L’ingresso dei visitatori avviene oggi dalla Porta del Frutto, che deve il suo nome al fatto che in passato, nelle sue vicinanze, ha trovato l’Ufficio di Biade, che si apre al centro dell’ala sud del XIV secolo di fronte al Bacino di San Marco. Attraversando il corridoio d’ingresso si raggiunge il cortile, completamente circondato da arcate sormontate da logge, riproponendo la disposizione esterna dell’edificio. Le facciate sul cortile furono costruite durante la stecca di Marco Barbarigo e Agostino Barbarigo, cioè tra il 1485 e il 1501: la data è così precisa come ci sono gli stemmi dei dogi che allora regnavano. Mentre le due facciate interne in mattoni meridionali e occidentali conservano il caratteristico aspetto gotico veneziano delle corrispondenti facciate esterne, la facciata orientale del cortile,

Il quarto lato del cortile, a nord, confina con la Basilica di San Marco ed è occupato dal Portico Foscari. Si conclude con il maestoso Arco Foscari, un arco a tutto sesto in pietra bianca d’Istria e marmo rosso di Verona nella seconda metà del XV secolo, mentre sulla facciata meridionale si trova il quadrante dell’orologio, costruito nel XVII secolo. di Bartolomeo Manopola e adornato con antiche sculture romane. Di fronte all’Arco Foscari, inizia la scalinata monumentale nota come Scalone dei Giganti.

Nel cortile, dove si svolgevano le cerimonie dell’incoronazione ducale, dei tornei e di una corsa al toro annuale, infine due grandi pozzi per l’approvvigionamento idrico del complesso, il pozzo degli Alberghetti e il pozzo di Niccolò de ‘Conti, capolavori della scultura manierista in bronzo. La pavimentazione in trachite e gli elementi in marmo seguono l’esterno della piazza.

Le capitali
Lungo la loggia e il portico si può apprezzare una lunga successione di capitelli e rilievi di epoche diverse: quelli affacciati sulla banchina sono di origine trecentesca, mentre quelli appartenenti alla cosiddetta Loggia Foscara risalgono al XV secolo.

Oltre a sostenere le statue dell’Arcangelo Gabriele e del Giudizio Universale di Salomone, la colonna che fa angolo con la porta della Carta presenta una capitale sul tema della giustizia e dei legislatori; la seconda capitale tratta il tema dei bambini, il terzo quello degli uccelli, il quarto e il nono quello delle virtù e dei vizi, il quinto quello dell’insegnamento, il sesto quello dei mostri, il settimo quello dei vizi, l’ottavo quello delle virtù il decimo di frutta, l’undicesimo di dame e di notti di dio, il dodicesimo del lavoro relativo ai mesi, il tredicesimo, caratterizzato al livello più elevato da una personificazione di Venezia, quella del matrimonio, la quattordicesima delle nazioni, il quindicesimo quello dell’età dell’uomo, il sedicesimo quello dell’artigianato, il diciassettesimo quello degli animali, il diciottesimo quello degli scultori.

Da questa colonna inizia l’apparato decorativo che si affaccia sulla Laguna: la ventesima capitale, seconda di questa prospettiva, è decorata sul tema dei filosofi, il ventunesimo su quello dei veneziani, il ventiduesimo su quello delle signore e dei cavalieri il ventitreesimo su quello degli animali, il ventiquattresimo su quello dei leoni, il venticinquesimo su quello delle virtù e dei vizi, il ventiseiesimo su quello degli uccelli, il ventisettesimo su quello di i vizi, il ventotto su quello delle virtù, il ventinovesimo su quello dei mostri, il trentesimo su quello dei vizi e delle virtù, il trentunesimo su quello delle dame, il trentaduesimo su quello del imperatori, il trentatré su quello dei bambini, il trentaquattresimo su quello dei cavalieri, il trentacinquesimo su quello degli uccelli, il trentaseiesimo su quello dell’infanzia:su questo ultimo pilastro ci sono anche le statue dell’Arcangelo Raffaele, Tobiolo e Noè, che concludono la facciata.

Scale monumentali

Scala dei Giganti
Costruita tra il 1483 e il 1485 su progetto di Antonio Rizzo, che la decorò con preziosi rilievi tra cui Fame e Vittorie, la Scala dei Giganti deve il suo nome alle due statue in marmo del Sansovino raffiguranti Marte e Nettuno collocate qui nel 1567. La scala monumentale collega il cortile alla loggia interna del primo piano ed era il luogo dedicato alla cerimonia dell’incoronazione ducale. Le due colossali statue dovevano rappresentare il potere e il dominio di Venezia sulla terra e sul mare. Tra le due statue trovò un posto nel tempo il leone del Leone di Luigi Borro.

La scala è adiacente all’arcata dedicata al doge Francesco Foscari, detto Arco Foscari, un vero arco trionfale, rotondo, che alterna bande in pietra d’Istria e marmo rosso di Verona, coronato da guglie gotiche e un gruppo di sculture altissime di Antonio Bregno e altri maestri di origine longobarda, che rappresentano le allegorie delle arti. Le due statue di Antonio Rizzo con Adamo ed Eva furono poste anche sul fronte della scala, ora esposte all’interno dell’edificio e sostituite da copie. L’arco è collegato alla Porta della Carta attraverso l’ingresso di Foscari, da cui oggi si esce per Palazzo. A sinistra della Scala dei Giganti si trova un piccolo cortile, delimitato da un edificio rinascimentale caratterizzato da finestre a timpano, costruito da Giorgio Spavento e Antonio Abbondi, noto come i senatori,

Scala d’Oro
La naturale continuazione della Scala dei Giganti è la Scala d’Oro, così chiamata per le ricche decorazioni in stucco bianco e foglia d’oro puro della volta, eseguita a partire dal 1557 da Alessandro Vittoria, mentre i pannelli per affreschi, dello stesso periodo, sono il lavoro di Giambattista Franco. Fu costruito per separare gli spazi dedicati all’abitazione privata del doge, situata a nord, dal tribunale, che si trova a sud. Nonostante la presenza ingannevole dell’emblema del doge Andrea Gritti in una chiave di volta, la scala d’oro fu costruita durante i dogati dei dogi Lorenzo e Girolamo Priuli, che regnò tra il 1556 e il 1567, su un progetto di Jacopo Sansovino nel 1555 e completato in due fasi, prima da Scarpagnino nel 1559 e poi sotto la lista di Sebastiano Venier.

Come scala d’onore, la Scala d’Oro conduce su due voli dalle logge ai due piani superiori, ognuno dei quali si apre in un vestibolo con ampie finestre. Subito dopo l’arco d’ingresso, costruito da Antonio Abbondi, vi sono due colonne che sostengono gruppi marmorei eseguiti a metà del XVI secolo dallo scultore Tiziano Aspetti, raffigurante Ercole che uccide l’Idra e l’Atlante che governano il mondo. Questi lavori alludono chiaramente alla saggezza e alla saggezza necessarie ai legislatori per una buona amministrazione.

La scala è organizzata su cinque rampe: sulla prima rampa, venti gradini, si apre un pianerottolo a sinistra del quale è una porta attraverso la quale si entra in uno spogliatoio degli scudieri regali. Sulla destra del pianerottolo si trova la seconda rampa, che porta nella direzione opposta, conducendo al lungo corridoio che si affaccia sulla Sala degli Scarlatti. La terza rampa consiste di diciotto gradini e sul suo atterraggio si affaccia sulla Sala dello Scudo: segue lo stesso asse del precedente, conducendo al livello dell’appartamento dogale. La quarta e la quinta rampa, allineate l’una con l’altra e una di fronte all’altra come verso la prima e la terza, conducono all’atrio quadrato, che si affaccia sulla Sala delle Quattro Porte. Sulla prima e sulla seconda rampa gli stucchi sono disposti in linea retta e dividono lo spazio della volta in sette settori. La prima rampa è dedicata a Venere e allude alla conquista di Cipro, il luogo di nascita della dea. Nel ramo verso l’appartamento del doge, la decorazione esalta Nettuno, a significare il dominio veneziano sul mare.

Ponte dei Sospiri e Nuove prigioni
Un corridoio conduce sul Ponte dei Sospiri, costruito nel 1614 per collegare il Palazzo Ducale alla struttura destinata ad ospitare le Nuove prigioni. Racchiuso e coperto su tutti i lati, il ponte contiene due corridoi separati che corrono uno accanto all’altro. Quello che i visitatori utilizzano oggi collegava le prigioni alle camere del Magistrato alle Leggi e al Criminal Quarantia; l’altro collegava le prigioni alle sale di avvocatura statale e al parlatorio. Entrambi i corridoi sono collegati alla scala di servizio che conduce dalle celle del piano terra dei Pozzi alle celle del tetto dei Piombi.

Il famoso nome del ponte risale al periodo romantico e avrebbe dovuto riferirsi ai sospiri di prigionieri che, passando dall’aula di tribunale alla cella in cui avrebbero scontato la loro pena, hanno dato un’ultima occhiata alla libertà quando hanno intravisto la laguna e San Giorgio attraverso le piccole finestre. Verso la metà del XVI secolo fu deciso di costruire una nuova struttura dall’altra parte del canale sul lato del palazzo che ospitava le prigioni e le camere dei magistrati noti come Notte al Criminal. Fondamentalmente collegato al palazzo dal Ponte dei Sospiri, l’edificio era destinato a migliorare le condizioni per i prigionieri con celle più grandi e piene di luce e ariose. Tuttavia, alcune sezioni delle nuove carceri non sono all’altezza di questo obiettivo, in particolare quelli disposti con passaggi su tutti i lati e quelle celle che danno sul cortile interno dell’edificio. In linea con le tradizioni precedenti, ogni cella era rivestita con assi di larice sovrapposti che erano inchiodati sul posto.

L’unico furto d’arte del Palazzo Ducale fu eseguito il 9 ottobre 1991 da Vincenzo Pipino, che si nascose in una delle celle nelle Nuove prigioni dopo essere rimasto indietro di un gruppo di turisti, poi attraversò il Ponte dei Sospiri nel mezzo della notte fino al Sala di Censori. In quella stanza c’era la Madonna col bambino, un’opera simbolica del “potere dello stato veneziano” dipinta nei primi anni del 1500 da un membro della scuola Vivarini. La mattina dopo, era in possesso del gruppo criminale organizzato di Mala del Brenta. Il dipinto è stato recuperato dalla polizia il 7 novembre 1991.

Palazzo Ducale

Il Palazzo Ducale, già Palazzo Ducale come sede del Doge, uno dei simboli della città di Venezia e capolavoro del gotico veneziano, è un edificio che si trova nella zona monumentale di Piazza San Marco, nel quartiere di San Marco , tra l’omonima piazza e le banchine del Palazzo Ducale, contiguo alla Basilica di San Marco.

Palazzo Ducale Edificio e storia Capolavoro dell’architettura gotica, il Palazzo Ducale è un’imponente struttura composta da strati di elementi costruttivi e ornamenti, dalle fondamenta originali del XIV e XV secolo alle significative edificazioni manieriste rinascimentali e opulente. La struttura è composta da tre grandi blocchi, che incorporano le costruzioni precedenti. L’ala verso il Bacino di San Marco è la più antica, ricostruita dal 1340 in poi. L’ala verso Piazza San Marco fu costruita nella sua forma attuale dal 1424 in poi. L’ala laterale del canale, che ospita gli appartamenti del Doge e molti uffici governativi, risale al Rinascimento ed è stata costruita tra il 1483 e il 1565.

Distinto da uno stile che, traendo ispirazione dall’architettura bizantina e orientale, esemplifica l’intensità dei rapporti commerciali e culturali tra la Serenissima e gli altri stati europei, la sua bellezza si basa su un astuto paradosso estetico e fisico, legato al fatto che la massa pesante del corpo principale è sostenuta da quelli che sembrano colonnati intarsiati sottili. Gli interni, ora parzialmente privati ​​delle opere che li decoravano, conservano ancora una grande galleria d’arte, che comprende opere dei più famosi maestri veneziani, tra cui Jacopo e Domenico Tintoretto, Tiziano Vecellio, Francesco Bassano, Paolo Veronese, Giambattista Zelotti, Jacopo Palma il Giovane, Andrea Vicentino e Antonio Vassilacchi.

L’antica sede dei dogi e magistrati veneziani, fondata dopo l’812, ripetutamente colpita dagli incendi e quindi ricostruita, ha seguito la storia della Serenissima, dall’inizio alla fine: annessa Venezia al Regno d’Italia e passato l’edificio sotto il giurisdizione di quest’ultimo, divenne un museo. Oggi ospita la sede del Museo Civico di Palazzo Ducale, parte della Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE), visitata da 1 319 527 persone nel 2012.