Camera dello Scrutinio, Palazzo Ducale

La Camera dello Scrutinio (italiano: Sala dello Scrutinio). Questa immensa sala si trova nell’ala del Palazzo Ducale costruita tra il 1520 e il 1540 durante il dogato di Francesco Foscari (1423-57). Inizialmente era destinato a ospitare i preziosi manoscritti lasciati alla Repubblica da Petrarca e Bessarione (1468); infatti, era originariamente conosciuto come la Biblioteca. Nel 1532, fu deciso che la Camera dovesse anche tenere il conteggio elettorale e / o le deliberazioni che assiduamente segnavano il ritmo della politica veneziana, basato su un sistema di assemblaggio il cui epicentro era la vicina Camera del Gran Consiglio. Tuttavia, dopo la costruzione della biblioteca di Sansovino, questa stanza fu utilizzata esclusivamente per le elezioni, a cominciare dal più importante, quello del Doge. Le decorazioni attuali risalgono tra il 1578 e il 1615, dopo l’incendio del 1577. Il ricco soffitto è stato progettato dal pittore-cartografo Cristoforo Sorte. Episodi di storia militare nei vari compartimenti glorificano le gesta dei veneziani, con particolare attenzione alla conquista dell’impero marittimo; l’unica eccezione è l’ultimo ovale, che registra la presa di Padova nel 1405. I muri riportano battaglie vinte tra l’809 e il 1656. Il dipinto sul lato orientale raffigurante La battaglia di Lepanto di Andrea Vicentino, del 1571, è particolarmente suggestivo. È incorniciato da altre scene di battaglia: la vittoria veneziana sui turchi ai Dardanelli di Pietro Liberi, dipinta tra il 1660 e il 1665, e la vittoria veneziana sui Turchi in Albania di Pietro Bellotti, del 1663. Il muro occidentale racconta anche storie militari , tra cui La conquista di Tiro di Antonio Aliense, del 1590 ca. e la vittoria navale veneziana sugli egiziani a Giaffa, di Sante Peranda, dipinta tra il 1598 e il 1605. La serie di ritratti di cani della Camera del Gran Consiglio continua nel fregio sotto il soffitto, mentre la parete sud è decorata con l’Ultimo Giudizio di Jacopo Palma Giovane, dipinto tra il 1594 e il 1595, idealmente collegato al vicino Il Paradiso. La stanza è chiusa a nord da un maestoso arco trionfale di Andrea Tirali. Fu eretto in onore del doge Francesco Morosini Peloponneso, morto nel 1694 durante la guerra in Morea. dipinto tra il 1594 e il 1595, idealmente collegato al vicino Il Paradiso. La stanza è chiusa a nord da un maestoso arco trionfale di Andrea Tirali. Fu eretto in onore del doge Francesco Morosini Peloponneso, morto nel 1694 durante la guerra in Morea. dipinto tra il 1594 e il 1595, idealmente collegato al vicino Il Paradiso. La stanza è chiusa a nord da un maestoso arco trionfale di Andrea Tirali. Fu eretto in onore del doge Francesco Morosini Peloponneso, morto nel 1694 durante la guerra in Morea.

Il nome della stanza deriva dai voti che vi si sono tenuti, in particolare quelli per il nuovo doge.

Situato nell’ala di fronte alla Piazzetta e direttamente collegato alla Sala del Maggior Consiglio, questa vasta sala fu costruita durante la doga di Francesco Foscari, per contenere la Biblioteca Marciana. A partire dal 1532, tuttavia, divenne il luogo per i controlli delle deliberate e continue deliberazioni delle assemblee della Repubblica. La biblioteca invece ha trovato una posizione diversa nel nuovo edificio della biblioteca di fronte. Anche questa sala fu distrutta dall’incendio del 1577, che distrusse il magnifico apparato decorativo tra le cui opere spiccava la famosa Battaglia di Lepanto di Jacopo Tintoretto, il nuovo ciclo decorativo, preparato dal monaco Gerolamo de Bardi, da realizzarsi nel nuova struttura muraria eretta per ordine del Doge Da Ponte,

Il Maggior Consiglio nella Sala del Senato
Dopo Francesco Dandolo salì al trono Pietro Gradenigo, autore di una serie di leggi meglio conosciute come Serrata del Maggior Consiglio, operazione mirante a consentire l’accesso al Maggior Consiglio solo a coloro che erano stati in grado di dimostrare che i loro antenati erano già stati una parte Data questa definizione, e analizzato qual era lo scopo di questa legge, il nome del lockout non corrisponde a una riduzione del numero di coloro che sono stati ammessi al consiglio. Al contrario, vi fu un aumento del numero di consiglieri, che richiese un’estensione dei locali per ospitare il consiglio stesso, i cui membri erano passati da 317 a 1264 a 900 nel 1310 e a 1017 l’anno successivo. Le proposte che hanno avuto maggior successo tra quelle che sono state fatte per permettere a tutti i membri del consiglio di riunirsi nella stessa stanza dovevano anche usare ambienti adiacenti, senza che fossero incorporati, e che, poi completati, per ristrutturare in modo radicale l’ambiente, incorporando stanze più piccole, costruendo muri portanti e abbattendo altri. Alcune cronache riportano che nel 1301, anno in cui fu ripreso il discorso su questo tema, definendo le regole dell’annuncio, la data di partenza dell’opera, le pene per chi aveva rallentato il lavoro, “fu preso parte per realizzare una Sala Grande per la riduzione del grande Concilio, e quello che ora è chiamato l’esame “: le opere di Francesco Sansovino terminarono nel 1309 e il Maggior Consiglio continuò a incontrarsi in quella sala, in seguito chiamata Sala dei Pregadi, fino al 1423. Anche i locali che ospitano i servizi e gli organi collegati al Maggior Consiglio sono stati trasferiti in un luogo adiacente al nuovo ambiente. Dalla semplice ristrutturazione di una stanza ci siamo spostati in un sito più complesso, che prevedeva la ricostruzione dell’intera ala sud: questo non solo per le nuove esigenze pratiche, ma anche perché il Maggior Consiglio stava acquisendo sempre più importanza, detrimento della figura del doge, e quindi la sua sala doveva dimostrare l’influenza e la ricchezza dei membri di questo organo.

La datazione di questo sito non può tuttavia essere data con estrema precisione (anche se approssimativamente il periodo è abbastanza sicuro), come altre fonti, e in particolare le opere di Marin Sanudo the Younger, a volte riportano al 1305, altre volte il 1310. Esso non si sa chi fosse il responsabile di questo lavoro, poiché non è certamente il luogo in cui si riunì il Consiglio (anche se ci sono fondati presupposti che affermano che prima del Serrata il consiglio si sarebbe riunito nello stesso posto dove sarebbe stato riunificato dopo il 1423 , dopo che il locale locale fu debitamente ampliato) o quale fosse l’apparato decorativo della sala che ospita il consiglio.

Se vogliamo identificare un autore del lavoro di ristrutturazione, possiamo cercarlo in Pietro Basejo, citato in un documento del 1361, ma morì nel 1354. Poiché le informazioni biografiche riguardanti Basejo sono piuttosto scarse, non si può stabilire che era nel 1301 perché la sua data di nascita è sconosciuta. Un’altra linea di ricerca ha identificato come possibile autore di questi restauri l’architetto Montagnana, citato da Sansovino come autore della ristrutturazione del campanile e secondo Tommaso Temanza potenzialmente anche proto di Palazzo Ducale, ovvero il primo architetto della Repubblica , responsabile della gestione di tutti i principali cantieri pubblici e in particolare quello della Basilica di San Marco. I suggerimenti sulla decorazione della sala ci sono dati da Sanudo nei suoi diari: il 5 giugno, 1525 afferma che c’erano scatole che raffiguravano alberi grandi e piccoli, con una funzione allegorica. È comunque probabile che vi fossero anche rappresentazioni cartografiche dei possedimenti della Serenissima e un ‘Incoronazione della Vergine al trono. Nel 1525, anno in cui fu deliberata la ricostruzione della sala, Sanudo si lamentò che un luogo così bello non poteva essere distrutto, altrimenti i capolavori in esso contenuti andrebbero persi.

Il ricco soffitto a compartimenti fu progettato da Cristoforo Sorte e fu completato tra il 1578 e il 1585: consisteva di quaranta dipinti collocati all’interno di una struttura dorata. Le cinque centrali elettriche rappresentano la Lotta di Venezia con le Repubbliche Marinare, mentre le altre sono allegorie. I vari dipinti che compongono il perimetro del soffitto sono opera di vari artisti, tra cui Andrea Vicentino, Francesco Montemezzano, Niccolò Bambini, Antonio Vassilacchi, Giulio Del Moro e Camillo Ballini. Appena sotto il soffitto è il fregio che raffigura i ritratti degli ultimi quarantadue dogi, che completa quello presente nella Sala del Maggior Consiglio e ritrae i cani da Lorenzo Priuli a Ludovico Manin. I primi sette dipinti furono realizzati da Tintoretto,

Sulle pareti, sopra la corte, si trova il Giudizio Universale di Jacopo Palma il Giovane, arricchito per quanto riguarda il margine superiore da otto lunette, realizzate da Andrea Vicentino, raffiguranti i Quattro Evangelisti ei Quattro Profeti. Sulla parete opposta a questa opera si trova l’arco trionfale dedicato a Francesco Morosini, vittorioso contro i Turchi in Oriente, progettato da Andrea Tirali, eretto nel 1694 e adornato da sei dipinti allegorici realizzati da Gregorio Lazzarini. Le due pareti rimanenti, le più lunghe, sono adorate da dieci opere che rappresentano le principali vittorie navali e terrestri dell’esercito veneziano: questi dipinti sono stati realizzati tra gli altri da Andrea Vicentino, Sebastiano Ricci, Antonio Vassilacchi, Marco Vecellio e Jacopo Tintoretto.

Il 27 ottobre 1866, in questa sala, si svolse un esame dei risultati dell’annessione plebiscitaria del Veneto al Regno d’Italia il 21 e 22 ottobre; i risultati finali sono stati annunciati dal balcone della sala la sera del 27 ottobre dal presidente della Corte d’Appello di Venezia, Sebastiano Tecchio.

Cantieri nell’ala sud
La sala divenne operativa nel 1309 e divenne in effetti la seconda sede del Maggior Consiglio, ma divenne immediatamente necessario cambiare la sede dell’organo ospitato a causa dell’aumento di un terzo del numero di coloro che furono ammessi a far parte di esso. il 1301, anno di inizio dei lavori per il Sansovino, e 1309, anno della conclusione degli stessi. La necessità di trovare nuovi spazi per un organo così grande ha reso necessario aprire i cantieri nell’ala sud del palazzo, datati dal Sansovino al 1309. Per quanto riguarda la costruzione di questa nuova ala, è stato presentato il contrasto tra le diverse fonti , che, affermando diversi dati, rendeva difficile ricostruire la cronologia relativa a questo lavoro. Innanzitutto,

Ci sono vari elementi che sostengono la tesi secondo cui la costruzione della nuova stanza è iniziata immediatamente dopo la conclusione dei lavori precedenti: in primo luogo, l’urgente necessità di trovare un nuovo sito per il Maggior Consiglio; in secondo luogo, l’accuratezza delle fonti storiche utilizzate dal Sansovino, scritte molto spesso dai contemporanei delle opere trattate e quindi in grado di registrare i dati con estrema precisione e, in definitiva, la presenza di un documento trovato dall’abate e dallo storico Giuseppe Cadorin, anche se erroneamente interpretato da loro: in esso si afferma che nel 1340, molti anni identificati come quello della costruzione della stanza, questo era già stato eretto così come l’ala che lo ospitava e aveva bisogno non tanto di essere costruito, ma piuttosto espanso, che ospita già numerosi organi amministrativi. La nuova sala fu eretta sopra la preesistente Sala dei Signori della Notte, che fu rielaborata dalla larghezza; inoltre, alcune colonne sono state costruite nella suddetta sala per sostenere il pavimento della sporgenza locale, secondo il consiglio di alcuni esperti maestri. Nel 1309 iniziarono i lavori, consistenti nella demolizione e ricostruzione dalle fondazioni del lato sud rivolto verso il mare, l’ala in cui il Maggior Consiglio aveva precedentemente incontrato, per poi trasferirsi temporaneamente nella Sala del Senato o dei Pregadi. Il decreto del 28 dicembre 1340, che ordinò la costruzione della nuova sala dedicata al Maggior Consiglio al secondo piano, testimonia come a quel tempo il primo piano fosse già utilizzato per altri uffici. Il lavoro di ricostruzione è stato fortemente promosso dal doge Giovanni Soranzo, che fu in grado di realizzare altre opere che promuovevano lo sviluppo urbano della Serenissima, parallelamente accompagnate dalla costruzione di numerose residenze private. Il fatto che la realizzazione di tali lavori sia stata effettuata sotto il doge sopra menzionato è evidenziato dalla presenza di un documento ufficiale relativo al finanziamento di opere pubbliche, da cui si può dedurre che nel 1323 la costruzione dell’ala era arrivata alla prima pavimento e alcune aree sono state coperte per coprire le stanze di nuova costruzione, altre per la riparazione del soffitto.

A proposito di chi fu l’architetto responsabile di questa costruzione, iniziata nel 1309, Giovanni Battista Egnazio, al secolo Cipelli, lo identifica con Filippo Calendario. Questa ricostruzione deve tuttavia essere paragonata a un documento risalente al 23 settembre 1361, riportato testualmente nelle cronache del Cadorin e che costituisce una delle principali fonti biografiche relative a Pietro Basejo, identificato come il primo architetto in un’epoca precedente all’attività del Calendario.

Di conseguenza, si può dire che la costruzione dell’ala verso il mare fino al primo piano fu opera di Basejo, anche se il nome del Calendario, non estraneo al cantiere, non è perso come quello dell’altro in l’oblio del tempo in virtù del fatto che quest’ultimo aveva un grande prestigio tra la gente e fu tra i cospiratori del colpo di stato di Marin Falier nel 1355. La partecipazione del Calendario nel cortile è comunque molto probabile, ma probabilmente il suo intervento prese collocare in un secondo momento e sempre parallelo all’attività del primo, con il quale poi entrerebbe in un rapporto di amicizia tale da dare in sposa sua figlia Caterina al figlio della collega.

Palazzo Ducale di Venezia

Il Palazzo Ducale (italiano: Palazzo Ducale) è un palazzo costruito in stile gotico veneziano, e uno dei principali punti di riferimento della città di Venezia nel nord Italia. Il palazzo fu la residenza del doge di Venezia, suprema autorità della ex Repubblica di Venezia, inaugurata come museo nel 1923. Oggi è uno degli 11 musei gestiti dalla Fondazione Musei Civici di Venezia.

La storia del Palazzo Ducale a Venezia inizia nel Medioevo e prosegue con numerose estensioni, ristrutturazioni e demolizioni volte ad adattare l’edificio alle nuove esigenze della città e in particolare la necessità di dare un posto a quegli enti governativi che aumentando il loro numero, iniziarono a sostenere il doge nell’amministrazione, privandolo di alcuni poteri e diminuendo gli spazi a sua disposizione.

Nell’810, dopo che Venezia era diventata la capitale della Serenissima prendendo il posto di Eraclea e Metamaucum, lì fu costruita la sede del doge, probabilmente nella forma di un edificio fortificato e turrito, presto affiancato da una basilica.

Il complesso rimase sostanzialmente immutato nel suo aspetto fino al XII secolo, quando, con la dogato di Sebastiano Ziani, fu inaugurata un’epoca caratterizzata da numerosi restauri, che coinvolgevano tutte e tre le ali. Nelle ali meridionale, occidentale e orientale i lavori iniziarono prima del 1340, 1424 e 1483 rispettivamente, in quest’ultimo caso a seguito di un incendio che sarebbe seguito da altri due, il che avrebbe portato alla distruzione di molte opere d’arte, prontamente sostituito grazie al lavoro dei principali maestri veneziani. Costruita le nuove prigioni e ristrutturato il piano terra tra il XVI e il XVII secolo, il Palazzo non fu più oggetto di importanti opere, ma fu vittima di un danno che portò alla rimozione di numerose opere d’arte.

Con l’annessione di Venezia al Regno d’Italia, l’edificio passò sotto la giurisdizione di quest’ultimo e divenne un museo, una funzione che continua ad esibirsi ospitando la sede del Museo Civico di Palazzo Ducale, parte della Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE) e nel 2012 visitato da 1 319 527 persone.