Rinascita umbra

Il Rinascimento umbro fu una delle declinazioni fondamentali del Rinascimento italiano. L’arte rinascimentale apparve in Umbria nella prima metà del Quattrocento, con la permanenza di alcuni artisti fiorentini di prim’ordine che abbandonarono le loro opere. Tuttavia, fu solo a partire dalla metà del secolo che, attraverso l’influenza decisiva del Rinascimento di Urbino, nacque una scuola artistica, prima a Perugia e poi in altre località, in grado di sviluppare un linguaggio caratteristico e indipendente. Grazie ad artisti come Pietro Perugino, Bernardino Pinturicchio e Raffaello Sanzio (Urbino di nascita ma formazione umbra), lo stile umbro irradiava nei centri più importanti della penisola conquistandoli. A Firenze come a Roma, gli artisti umbri hanno raccolto incredibili successi, arrivando a fornire uno dei contributi fondamentali alla definizione del “modo moderno” del XVI secolo.

Contributi esterni
La regione, frammentata in diverse entità politiche, ha avuto diversi tempi di adesione al gusto rinascimentale da centro a centro. In ogni caso, c’è stata spesso una prima fase di assorbimento passivo, generando solo una partecipazione attiva alle notizie in un secondo momento. Tra i primi e più significativi esempi vi fu la Perugia dei Baglioni, per la quale già negli anni Trenta lavorarono Domenico Veneziano e, forse, Piero della Francesca (ciclo degli affreschi perduti, 1437 – 1438). Poco dopo Domenico di Bartolo (Polittico di Santa Giuliana, 1438), Beato Angelico (Pala di Perugia), 1438, e affreschi nella volta della Cappella di San Brizio a Orvieto, 1447) e Benozzo Gozzoli (già nella regione con l’Angelico, poi autore di impegnative opere a Montefalco, fino al 1452); dopo la metà del secolo vi furono le residenze di Piero della Francesca (Polittico di Sant’Antonio, 1460-1470 circa) e Filippo Lippi (Storie della Vergine nella Cattedrale di Spoleto, 1466-1468).

Nell’architettura di Perugia ci sono importanti contributi di Agostino di Duccio, la Porta San Pietro e l’oratorio di San Bernardino, quest’ultimo un delicato esempio di fusione tra architettura e scultura.

I primi insegnanti
Poco prima della metà del secolo ci sono già alcuni pittori maturi e attivi nella regione, in grado di filtrare alcuni elementi innovativi nel loro stile: Giovanni Boccati, Bartolomeo Caporali e Benedetto Bonfigli. Quest’ultimo ha creato un ciclo di affreschi con Storie di San Ercolano e San Ludovico nella Cappella dei Priori di Perugia.

A Foligno, avendo perso i legami con Perugia, la nuova lingua appare, sempre parzialmente, a metà del secolo, nelle opere di Bartolomeo di Tommaso (autore anche della decorazione della cappella Paradisi di San Francesco a Terni), di Nicolò Alunno (Cappella Trinci a Santa Maria in Campis) e l’anonimo architetto della Cappella Delle Casse, sempre a Santa Maria in Campis.

Tutti questi maestri mostrano una limitata adesione alle novità del Rinascimento: se da un lato le figure acquisiscono maggiore monumentalità e verosimiglianza, con un uso più accurato dell’illuminazione e, nel caso degli episodi narrativi, uno stile fluido, dall’altra alcuni rimangono gotici stili, come i ricchi adornati con lo sfondo dorato e una spazialità arcaica, con un uso inizialmente limitato della prospettiva.

La “Bottega del 1473”
Probabilmente fu la decisa presenza di Piero della Francesca a influenzare la prima inconfondibile opera rinascimentale, le otto tavole delle Storie di San Bernardino. Creati per una nicchia contenente reliquie o una statua del santo nell’oronimo oratorio di Perugia, furono creati da un gruppo di artisti nel 1473, che comunemente si chiama “Bottega del 1473”. Tra questi c’era il giovane Pietro Perugino, un artista locale recentemente tornato da un periodo di formazione a Firenze, nel laboratorio di Verrocchio.

Il comune denominatore del gruppo era la prevalenza delle architetture ariose, sintonizzate su colori molto chiari e chiari derivati ​​dalla scuola urbana, che organizzano lo spazio popolato da figure snelle, quasi secondarie. L’esuberanza delle decorazioni delle parti architettoniche e l’aspetto sottile ed etereo di alcune statuette sono invece ereditate dalla scuola locale. Dopotutto si tratta di una riduzione del rigoroso stile Pierfrancescano a modi più coloquali e accattivanti, che garantiranno ai pittori umbri uno straordinario successo.

Perugino
Perugino fu il primo a sviluppare quello stile “dolce e dolce” che ebbe una notevole fortuna negli ultimi decenni del quindicesimo secolo. I suoi dipinti religiosi, con la loro indefinita caratterizzazione di personaggi e luoghi, in sintonia con un tono lirico e contemplativo, erano particolarmente adatti alle pratiche di visualizzazione interiore degli episodi evangelici suggeriti dai manuali di preghiera contemporanei. Molto attivo a Firenze ea Perugia, dove teneva un negozio allo stesso tempo, fu tra i protagonisti a Roma della prima fase della decorazione della Cappella Sistina.

Il suo stile è caratterizzato da una luce soffusa e morbida, un chiaroscuro che sottolinea la rotondità delle forme, colori morbidi ma delicatamente sfumati, assenza di drammaticità nelle azioni, paesaggi idilliaci e architettura teatrale dello sfondo. Queste caratteristiche sono pienamente visibili in alcune opere pubblicate dal suo laboratorio fiorentino, come la Pietà (1483-1493 circa) o il Compianto sul Cristo morto (1495), dove il soggetto sembra richiedere una maggiore illuminazione emotiva.

Il suo capolavoro è considerato il ciclo di affreschi nella Sala delle Udienze del Collegio del Cambio a Perugia (1496 – 1500), dove ha sviluppato il tema della concordanza tra saggezza pagana e dottrina cristiana allora molto in voga. Nelle sei lunette, poste sotto uno straordinario soffitto grottesco con tondi personificazioni dei Pianeti, il Perugino rappresentava le scene della Natività e della Trasfigurazione, così come gruppi di Profeti e Sibille e Personificazioni di Virtueabove eroi e saggi dell’antichità. I personaggi sono allineati al primo piano, in pose equilibrate e artificiali, sullo sfondo di viste semplificate.

Pinturicchio
Pinturicchio, collaboratore del Perugino, lavorò con il maestro di Città della Pieve alla Cappella Sistina nel 1481 e poi soggiornò a Roma dopo la partenza degli altri affreschi. Qui, aiutato dalla temporanea mancanza di maestri affermati, ottenne prestigiose commissioni da importanti figure della curia romana, riscuotendo un enorme successo che lo portò a diventare, alla fine del secolo, un pittore per Innocenzo VIII e Alessandro VI.

Il Pinturicchio e le sue numerose sequenze di artisti umbri lavorarono nella cappella Bufalini di Aracoeli (1484-1486), nel Palazzo dei Penitenzieri (Soffitto dei Semides, 1490) e in varie cappelle a Santa Maria del Popolo (dal 1484), dove dispiegò il suo vivace gusto ornamentale e una facile vena narrativa, con una ricerca progressiva di effetti scenografici.

Il suo stile, reso ampio dalle sontuose composizioni apprese dal Perugino e caratterizzato da una sovrabbondante decorazione di motivi dorati vecchio stile, ebbe particolare successo agli occhi di Papa Alessandro, nato Rodrigo Borgia, probabilmente perché gli ricordava l’esuberanza del catalano l’arte nella sua patria. Ha commissionato l’ambizioso ciclo decorativo di Appartamento Borgia (1492 – 1494).

Il culmine della sua arte fu raggiunto nelle Storie di Papa Pio II nella Biblioteca Piccolomini di Siena (1502-1508), dove tuttavia l’artista utilizzò i cartoni di Raffaello.

Luca Signorelli
Luca Signorelli, originario della Toscana, è tuttavia spesso associato alla scuola umbra per la formazione che ebbe luogo dopo il Perugino, che prese posto nella Cappella Sistina dopo la sua partenza nel 1481. Il suo capolavoro è in Umbria: la decorazione ad affresco di la Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto, iniziata nel 1499. Il tema scelto è quello dell’Apocalisse, con scene eccitate ed espressive, in cui vi è una connessione diretta con i disturbi causati dalla caduta della situazione politica e sociale negli anni novanta del quindicesimo secolo e i presagi catastrofici sull’approccio della metà del secondo millennio. In effetti alcune allusioni, come la Predicazione dell’Anticristo, ricordano i recenti eventi legati alla caduta di Savonarola a Firenze (come ribadito dalle usanze contemporanee).

Nella risurrezione della carne la massa di corpi nudi che risorge è un’esaltazione energetica che prelude alla celebrazione epica della bellezza del corpo umano di Michelangelo.

Il giovane Raffaello
La prima attività di Raffaello Sanzio è anche legata ai centri umbri, originari di Urbino e citati per la prima volta come “maestro” nel 1500 (circa diciassette anni), per una pala d’altare destinata a Città di Castello. Nella stessa città dipinse altri tavoli per varie chiese, tra cui una Crocifissione (1503) e un matrimonio della Vergine (1504). Pochi anni dopo creò l’incoronazione della Vergine per la cappella Oddi a San Francesco al Prato a Perugia. In tutti questi lavori i debiti con Perugino sono evidenti, con una ripresa dei modelli e degli schemi compositivi, aggiornati però con un disegno più attento al dato naturale di espressioni e atteggiamenti.

Ad esempio, nella già citata Crocifissione di Gavari le figure sono più saldamente inserite nel paesaggio, con una disposizione a “cuneo” ai piedi della croce, e le gambe di Cristo hanno una vista adattata per una leggera vista dalla sinistra del dipinto, prendendo in considerazione la posizione naturale del visualizzatore nella posizione originale. Queste attenzioni all’ottica sono certamente legate alla cultura figurativa di Urbino, che ha costituito la base del linguaggio del giovane artista.

Nel 1503, in occasione del probabile viaggio a Roma per assistere all’incoronazione di Giulio II, Raffaello realizzò un dittico oggi smembrato, con il Sogno del Cavaliere e le Tre Grazie, che ripropongono l’antico soggetto del confronto tra virtus e voluptas , reinterpretato nella chiave moderna come un’armonizzazione reciproca, piuttosto che come un’irrimediabile opposizione diametrica.

Nel 1504, mentre l’artista è a Siena per aiutare Pinturicchio nella Biblioteca Piccolomini, arriva l’eco della sensazione a Firenze per la Battaglia di Anghiari: Raffaello parte quindi, preparandosi per un cambiamento epocale.

Altri maestri e diffusione
Lo straordinario successo dello stile umbro dei primi anni del Cinquecento fu all’origine di un’ampia diffusione di quello che viene anche chiamato “Stile Perugia 1500”. Oltre ai grandi maestri ci sono alcune figure le cui opere sono in gran parte perse o in gran parte ancora da esplorare, come Piermatteo d’Amelia, Tiberio di Diotallevi e Pietro Galeotto, a cui si aggiungono artisti dal profilo incerto come Andrea d’Assisi e Sante di Apollonio.

A Città di Castello la Signoria dei Vitelli portò in città artisti come Luca Signorelli, Giorgio Vasari, Bartolomeo della Gatta, Giovanni da Piamonte (collaboratore di Piero della Francesca), ecc.

Lo stile umbro era allora popolare nelle sculture in legno, nell’intarsio, nei tessuti in maiolica, in particolare nella maiolica di Deruta, e nella ceramica realizzata con la tecnica della lucentezza tipica di Gubbio.