Il caso Ferragamo, Tra Arte e Moda, Museo Salvatore Ferragamo

Questa prima sezione della mostra è dedicata a Salvatore Ferragamo e alle sue calzature, già giudicate negli anni ’30 come manufatti di valore artistico, facendo riferimento a un concetto di arte che focalizzava l’attenzione sulla padronanza tecnica e sulla creatività concettuale. Nel suo lavoro, Ferragamo prese a modello il laboratorio artistico rinascimentale, di cui vi furono numerose testimonianze a Firenze e rivendicò con orgoglio il ruolo di artigiano-artista, caro alla tradizione. Un’installazione video mette a confronto le calzature con la loro fonte d’ispirazione, il mondo classico, l’est, le avanguardie artistiche del XX secolo, il surrealismo ma anche la cultura artigianale della città.

La collezione di calzature, utilizzata dal museo, documenta l’intero arco di attività di Salvatore Ferragamo, dal suo ritorno in Italia nel 1927 fino al 1960, anno della sua morte, mettendo in evidenza l’abilità tecnica e artistica di Salvatore, che attraverso la scelta dei colori, l’immaginazione di i modelli e la sperimentazione dei materiali, è stato in grado di offrire un contributo fondamentale allo sviluppo e all’affermazione del “Made in Italy”.

È composto da modelli che dimostrano il rapporto di Salvatore Ferragamo con gli artisti dell’epoca, come il pittore futurista Lucio Venna, autore di alcuni schizzi pubblicitari e il noto marchio di calzature Ferragamo; altri dimostrano la continua ricerca della perfetta vestibilità e l’invenzione di particolari costruzioni e l’uso di materiali, dal famoso “cuneo” in sughero, brevettato nel 1936 e immediatamente copiato in tutto il mondo, alla tomaia in raffia o cellophane, la carta per i dolci , adottato durante il periodo della seconda guerra mondiale. Ci sono anche scarpe famose per essere state create per le star di Hollywood, come Marilyn Monroe, Greta Garbo, Audrey Hepburn.

La collezione è inoltre arricchita dalla produzione di calzature dopo la morte di Salvatore Ferragamo fino ai giorni nostri. Ogni anno, infatti, alcuni modelli rappresentativi della stagione entrano a far parte dell’archivio Salvatore Ferragamo, da cui il museo attinge per le sue mostre.

La sala espone anche gli schizzi pubblicitari originali, creati dal pittore futurista Lucio Venna negli anni ’30 per promuovere le calzature Ferragamo, i modelli creati per intellettuali e artisti e il dipinto di Kenneth Noland alla fine degli anni ’50, che suggeriva a Ferragamo un elemento decorativo di un modello e il suo nome

Una semplice domanda nasconde il complesso universo di una relazione articolata che è stata a lungo investigata, ma senza arrivare a una definizione chiara e inequivocabile.

Questo progetto analizza le forme di dialogo tra questi due mondi: ispirazioni reciproche, sovrapposizioni e collaborazioni, dalle esperienze dei preraffaelliti a quelle del futurismo e dal surrealismo alla moda radicale.

Mantella di corte “Pisanello”
Il mantello ispirato a Pisanello, in prestito dalla Galleria del Costume di Palazzo Pitti, è esposto accanto a abiti contemporanei ispirati ad altre famose opere d’arte in una stanza tappezzata con un articolo scritto da Sergio Tofano, apparso a Lidel nel 1920, dove il illustre illustratore immaginava abiti italiani realizzati nello stile degli affreschi di Beato Angelico e Masaccio.

Il video della Florence Art and Fashion Biennale del 1996, diretto da GermanoCelant, Ingrid Sischy e Luigi Settembrini, funge da cassa di risonanza per questa idea. Coinvolgendo 40 nomi internazionali nelle arti e 38 nella moda, questo film ha esplorato e rivelato come si sono influenzati a vicenda, il rapporto creativo tra moda e arti visive, design, architettura, film, fotografia, abbigliamento e storia, attirando l’attenzione del pubblico su questo tema.

Rosa Genoni, mantella di corte “Pisanello”, 1906, velluto di seta con ricami e applicazioni di pizzo, frange di filo metallico, perle cilindriche e rotonde. Firenze, Gallerie degli Uffizi, Galleria del Costume di Palazzo Pitti.

Attraverso arte e moda
è l’arte della moda? Una semplice domanda nasconde il complesso universo di una relazione articolata che è stata a lungo investigata, ma senza arrivare a una definizione chiara e inequivocabile. Questo progetto analizza le forme di dialogo tra questi due mondi: ispirazioni reciproche, sovrapposizioni e collaborazioni, dalle esperienze dei preraffaelliti a quelle del futurismo e dal surrealismo alla moda radicale. Il percorso espositivo si concentra sul lavoro di Salvatore Ferragamo, che è stato affascinato e ispirato dai movimenti artistici d’avanguardia del 20 ° secolo, su diversi atelier degli anni Cinquanta e Sessanta che erano luoghi di studi e incontri e sull’avvento del cultura delle celebrità. Esamina quindi la sperimentazione degli anni Novanta e continua a meditare se nell’industria culturale contemporanea possiamo ancora parlare di due mondi separati o se stiamo invece affrontando una fluida interazione di ruoli.

Questa semplice domanda nasconde il complesso universo di una relazione articolata, che è stata investigata a lungo nel tempo, senza mai raggiungere una definizione chiara o inequivocabile. La moda – per il suo bisogno di essere funzionale e quindi per riferirsi concretamente alla vita reale, così come per il suo legame con l’artigianato e l’industria – sembra essere lontana dall’ideale di art pour arte, un concetto che tuttavia non era sempre rappresentativo anche del mondo dell’arte. Andy Warhol ci ha insegnato che l’unicità dell’opera d’arte non coincide più con la produzione artistica e oggi le mostre degli stilisti proliferano e gli stilisti accolgono le pratiche dell’arte contemporanea con disponibilità. È ancora possibile, in questo contesto, parlare della dicotomia tra arte e moda come avvenuta nel secolo scorso?

Questo progetto analizza le forme di dialogo tra questi due mondi: contaminazioni, sovrapposizioni e collaborazioni. Dalle esperienze dei preraffaelliti a quelle del futurismo, dal surrealismo alla moda radicale. Il percorso si concentra sul lavoro di Salvatore Ferragamo, affascinato e ispirato dalle avanguardie artistiche del XX secolo; su alcuni atelier degli anni ’50 e ’60, un luogo di studio e di incontri, e sulla nascita della cultura delle celebrità, per continuare con gli esperimenti degli anni ’90 e chiederci se nell’industria culturale contemporanea possiamo ancora parlare di due mondi distinti, o se invece ci troviamo di fronte a un fluido gioco di ruoli.

La particolarità del piano espositivo risiede nella collaborazione di diverse istituzioni culturali e nella sede della mostra in varie località: oltre al Museo Salvatore Ferragamo, promotore e organizzatore del progetto insieme alla Fondazione Ferragamo, ospitano le varie mostre a Firenze, la Biblioteca Nazionale Centrale, le Gallerie degli Uffizi (Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti), il Museo Marino Marini e, a Prato, il Museo del Tessuto

Le istituzioni coinvolte hanno partecipato attivamente alla realizzazione dell’idea, con l’obiettivo di invitare una riflessione comune.

È un omaggio al Museo Salvatore Ferragamo che ha curato e ideato il progetto e un simbolo: da un lato un elemento decorativo, essenziale per l’estetica di un modello del 1958 di Salvatore Ferragamo, il décolleté di Tirassegno, e dall’altro un’opera di uno dei grandi artisti americani della seconda metà del ventesimo secolo, Kenneth Noland, che fu d’ispirazione.

La mostra al Museo Salvatore Ferragamo ha quattro curatori, Stefania Ricci, direttrice del Museo Salvatore Ferragamo, Maria Luisa Frisa, Enrica Morini, Alberto Salvadori, che con le loro diverse capacità e personalità hanno collaborato giorno dopo giorno alla costruzione del percorso, insieme ai direttori e ai dirigenti delle varie istituzioni che hanno partecipato all’iniziativa con entusiasmo e spirito di collaborazione e agli autori del catalogo, che hanno aiutato i curatori nella scelta finale delle opere, mettendo a disposizione le loro conoscenze e il loro professionista esperienze. Numerosi sono i prestiti delle più prestigiose collezioni pubbliche e private, nazionali e internazionali, che danno alla mostra un’atmosfera internazionale

Museo Salvatore Ferragamo
Il Museo Salvatore Ferragamo di Firenze, in Italia, è un museo della moda dedicato alla vita e alle opere del designer di scarpe italiano Salvatore Ferragamo e della sua omonima azienda. Il museo contiene 10.000 modelli di scarpe create e possedute da Ferragamo dagli anni ’20 fino alla sua morte nel 1960. Dopo la morte di Ferragamo la collezione fu ampliata dalla sua vedova e dai suoi figli. Il museo comprende anche film, ritagli di stampa, materiale pubblicitario, abiti e accessori dagli anni ’50 ad oggi.

La famiglia Ferragamo ha fondato il museo nel maggio 1995 per far conoscere a un pubblico internazionale le qualità artistiche di Salvatore Ferragamo e il ruolo che ha avuto nella storia non solo delle scarpe ma anche della moda internazionale.

Come la maggior parte dei musei aziendali, il Museo Salvatore Ferragamo e i suoi archivi nascono dalla visione di un imprenditore, in questo caso la vedova di Salvatore Ferragamo, Wanda, che ha guidato l’azienda dalla morte del fondatore nel 1960, e i suoi sei figli. In particolare, il maggiore dei loro figli, Fiamma, che dopo la morte del padre gestiva il core business dell’azienda calzaturiera e della pelletteria, rimase al timone di questo progetto per conto della sua famiglia e lo portò alla vita, dando forma alla sua strategia con l’assistenza degli storici e archivisti.

L’idea per il museo è nata inizialmente quando è stata organizzata una mostra a Palazzo Strozzi sulla storia di Salvatore Ferragamo. La mostra è andata in tournée ed è stata ospitata da alcuni dei musei più prestigiosi del mondo, come Victoria and Albert a Londra, il County Museum di Los Angeles, il New York Guggenheim, la Sogetsu Kai Foundation a Tokyo e il Museo de Bellas Artes in Messico. La mostra temporanea divenne gradualmente permanente.

In riconoscimento dell’importanza culturale del museo e di quella delle sue numerose iniziative nel corso degli anni, nel 1999 Salvatore Ferragamo ha ricevuto il Guggenheim Impresa e Cultura Award, assegnato annualmente alle aziende che investono meglio nella cultura per fini costruttivi. Il museo si trova nel centro storico di Firenze, in Palazzo Spini Ferroni, che è anche la sede dell’azienda dal 1938.