L’Impero e i Giganti, Palazzo Te

La parte meridionale di Palazzo Te ruota attorno al dipinto dei Giganti, che tentano disperatamente di conquistare il monte Olimpo. È un’allegoria della inutile ribellione dei nemici di Carlo V e dell’Impero. L’affresco crea un’atmosfera particolare, evidenziando l’aspetto simile a una grotta della stanza che è simile a una grotta o un’antica tomba.

Loggia di David
Un luogo in cui tutti i percorsi si incrociano: la loggia si apre sul giardino da un lato, dall’altro si affaccia sulla corte d’onore. Fu ammirato da Carlo V durante la sua seconda visita a Mantova nel 1532. Il protagonista delle scene che decorano la loggia non è una figura leggendaria ma un personaggio dell’Antico Testamento. È sia il capitano che difende Israele sia il giovane eroe che sconfigge Golia, innamorato della bellissima Bathsheba. Gli affreschi sono opera di vari pittori: Luca da Faenza, Rinaldo Mantovano, Fermo da Caravaggio, Benedetto Pagni. Degni di nota sono anche gli stucchi e le sculture che rappresentano le virtù, che risalgono al diciassettesimo secolo.

Dalla loggia passiamo nel soleggiato giardino, racchiuso da un’esedra, che risale a un periodo diverso. Lo stile della Loggia si ispira al prototipo della villa romana creata da Raffaello. Questo posto aveva una serie di funzioni diverse: era un luogo di svago, aveva lo scopo di glorificare il Principe; inoltre era il luogo ideale per mettere in scena spettacoli teatrali; infine è il luogo che meglio riassume e rappresenta l’intero palazzo. Qui il ritmo creato dagli affreschi e dalle decorazioni risponde alla complessità dell’architettura.

Camera degli stucchi
Attraversando la Loggia di David, il visitatore entra in uno spazio rettangolare decorato da stucchi che rappresentano divinità e scene dell’antica Roma. L’opera è di Francesco Primaticcio, uno dei collaboratori di Giulio Romano, qui assistito da Giovan Battista Mantovano. L’artista ha anche contribuito alla realizzazione degli affreschi di Fontainebleu in Francia. Gli stucchi sono divisi tra la volta a botte, divisa in venticinque quadrati, e la doppia area di fregi che lo delimita. Un dettaglio curioso: una delle scene è un battesimo, fuori contesto rispetto alle altre scene classiche rappresentate. Il riferimento è a un episodio di storia romana narrato sulla colonna di Traiano e sulla colonna di Marco Aurelio a Roma.

La bellezza di questa imponente volta si trova nel contrasto cromatico tra le figure bianche e lo sfondo nero, creando qualcosa che sembra un antico cameo. Il passato è evocato dalle illusioni che qui parlano della gloria attuale.

Il dettaglio di questa doppia striscia mostra una parata di uomini armati e le zampe di cavalli che sembrano uscire dal muro. Nella parte inferiore, a sinistra, è possibile riconoscere l’imperatore sul suo cavallo che guida gli uomini, con il braccio alzato, per aprire la strada. Il secondo riferimento artistico di Giulio Romano è forse il dipinto che raffigura il grande trionfo con cui Andrea Mantegna aveva adornato, un paio di decenni prima, il Palazzo di San Sebastiano. La stessa scena qui acquisisce una qualità plastica e le figure, meno dinamiche delle loro controparti dipinte, si trasformano in emblemi.

Un dettaglio di una delle cornici, lo stucco qui rappresenta due uomini armati che stanno per combattere.

Camera degli imperatori
Davanti alla Sala dei Giganti, attraversiamo la Sala degli Imperatori, glorificazione della grandezza dell’antica Roma, idealmente preceduta dalle conquiste di Alessandro Magno, che è rappresentato con suo padre Filippo II di Macedonia vicino a Giulio Cesare e Augusto . Non è certo se Primaticcio e Rinaldo Mantovano siano gli autori di questi affreschi. Accanto ai quattro sovrani ci sono due tondo, che illustrano le virtù di un sovrano giusto.

Al centro della volta, arricchito da una decorazione celeste e rossa in stucco con motivi vegetali, vi è una piazza centrale che mostra un dipinto di Cesare che sta ordinando la distruzione delle lettere di Pompeo. Anche qui il tema principale è la magnanimità del sovrano. Distruggendo queste lettere, Cesare stava impedendo che le trame di Pompeo contro lo stato diventassero pubbliche, così che il ricordo del suo nemico sconfitto sarebbe stato, almeno in parte, preservato.

Nel tondo affrescato Alessandro Magno custodisce una preziosa scatola, bottino di guerra, all’interno della quale sono custodite le cose a lui più preziose: una copia dell’Iliade e una dell’Odissea. È dovere di un sovrano promuovere l’arte e la cultura in modo che possano rimanere vivi nel corso della storia.

Camera dei giganti
Un’opera d’arte meravigliosa che ancora oggi affascina i visitatori: la Sala dei Giganti, una stanza fatta per assomigliare a una grotta, è decorata con rappresentazioni di mostruose creature che attaccano il Monte Olimpo e il cielo. Giove sta combattendo per difendere i suoi figli. Giulio Romano trasformò la volta in un cielo, con una serie di cerchi non concentrici. La prospettiva raggiunge il culmine, qualcosa che in seguito fu imitato da molti artisti, con un baldacchino sotto il quale si erge il trono del re degli dei. Significativamente è vuoto, anche se c’è un’aquila che rappresenta sia Giove che l’impero. L’intera rappresentazione ha anche un significato politico, in quanto allude al trionfo di Carlo V e alla sconfitta del suo nemico. È interessante vedere come il pittore, probabilmente Rinaldo Mantovano,

In un modo curioso ma coerente, il cielo finisce dietro il baldacchino di Giove proprio come farebbe una volta. I cieli sono chiusi, in un modo caratteristico dell’arte di Giulio Romano, che combina una realtà inventata con uno spazio artificiale. Le dodici colonne, quasi nascoste da una nuvola, sostengono la parte immaginaria della cupola e tracciano un altro cerchio, un terzo rispetto a quello formato dalle nuvole e quello creato dal baldacchino. Il risultato è una carta celeste, che i Giganti intendono distruggere.

I Giganti, figure colossali dipinte come contadini affamati intenti a sollevare i monti e lanciarli contro la cupola dei sovrani, appaiono in molti punti del dipinto, essendo allo stesso tempo sepolti sotto le rocce che stanno cercando di sollevare. La storia illustra episodi mitologici tratti dalla letteratura latina, ma qui è importante il dinamismo della scena, che traduce la violenza dei ribelli in un movimento a rotazione continua: i Giganti sono destinati a cadere nelle viscere della terra.

L’architettura dell’universo rovesciato cade sui ribelli, a significare la sconfitta dell’irrazionalità e della furia cieca.

Camera della Grottesche
La piccola camera, nota anche come camera a otto lati, è decorata con vivaci grottesche che rappresentano piccole figure dipinte in un contesto vegetale. L’autore principale dell’opera è Luca da Faenza, mentre gli stucchi sono opera di Andrea de Conti.

Il gioco di piccoli amorini all’interno di una placca con uno sfondo scuro, sorretto da altri amorini.

Camera dei candelabri
Il freize in questa stanza è l’unica opera che risale al periodo di Giulio Romano; gli autori sono Nicolò da Milano e Giovan Battista Mantovano. È la solita rappresentazione classica di prigionieri, trofei dell’esercito e scene bacchiche. La distribuzione dello spazio del fregio, decorata con tondo e quadrati, è complessa.

La decorazione del soffitto a cassettoni in legno risalente al XVI secolo è opera di Staffieri che la realizzò nel 1813.

Camera delle vittorie
Il nome deriva dalle Vittorie alate rappresentate negli angoli della stanza insieme a due simboli di Fama con lunghe trombe.

Il fregio comprende eleganti grottesche dipinte su uno sfondo di finte pietre semipreziose, come descritto in un documento contemporaneo. Le pareti ovali contengono croci in stucco con busti a clip, anch’essi in rilievo.

Gli stucchi sono attribuiti a Nicolò da Milano, mentre i dipinti sono di Agostino da Mozzanica. La decorazione generale della stanza può essere datata 1528. Ciò è confermato dall’assenza del dispositivo Mount Olympus nello stemma Gonzaga al centro del soffitto. Questo appare solo dopo il 1530.

La decorazione del soffitto è particolarmente degna di nota: in un esempio unico nel palazzo, le casse di legno sono decorate con scene di vita quotidiana viste dal basso, in chiaro riferimento alla Camera nuziale del Mantegna al Palazzo Ducale.

Un’anziana donna che raccoglie le pulci dai capelli di un bambino, una donna che appende una maglietta, una giovane che si pettina e, in riferimento diretto al Mantegna, un’altra si avvicina a un vaso di garofani sul balcone.

Palazzo Te
Palazzo Te è un edificio storico e monumentale a Mantova. un bell’esempio di stile manierista di architettura, costruito tra il 1524 e il 1534 su commissione di Federico II Gonzaga, è l’opera più famosa dell’architetto italiano Giulio Romano. Il complesso ospita ora il museo civico e, dal 1990, il Centro internazionale per l’arte e la cultura di Palazzo Te che organizza mostre di arte e architettura antiche e moderne.