Teatro di San Carlo, Napoli, Italia

Il Real Teatro di San Carlo, il suo nome originale sotto la monarchia borbonica ma conosciuto oggi semplicemente come il Teatro di San Carlo, è un teatro d’opera a Napoli, in Italia, è adiacente alla centrale Piazza del Plebiscito e collegato al Palazzo Reale

Il Teatro San Carlo, già Real Teatro di San Carlo, spesso indicato come il Teatro di San Carlo, è un’opera lirica a Napoli, nonché uno dei più famosi e prestigiosi del mondo. Affacciato sulla strada e le vie laterali di Trieste e Trento, il teatro, in linea con le altre grandi opere architettoniche dell’epoca, come il grande Bourbon Bourges, è stato il simbolo di una Napoli che ha sottolineato il suo status di grande capitale europea.

È il più antico teatro d’opera in Europa e il mondo ancora attivo, essendo stato fondato nel 1737, nonché uno dei più vasti teatri italiani della penisola. Può ospitare 1386 spettatori e ha una grande piazza (22 × 28 × 23 m), cinque file di cavalli, oltre a un grande palco reale, una capanna di tronchi e un palco (34 × 33 m). Date le sue dimensioni, struttura e antichità, è stato un modello per i successivi teatri europei.

È la più antica sede ininterrotta per l’opera pubblica nel mondo, aprendo nel 1737, decenni prima sia al Teatro alla Scala di Milano che ai teatri La Fenice di Venezia. La stagione lirica va da fine gennaio a maggio, con la stagione del balletto che si svolge da aprile ai primi di giugno. La casa aveva una capacità di 3.285 posti, ma ora è stata ridotta a 1386 posti Date le sue dimensioni, struttura e antichità era il modello per i seguenti teatri in Europa

Il destino di Napoli, capitale europea della musica e dell’arte, ha sempre ruotato attorno a una storia che mescolava e si mescolava con quella del più antico teatro d’Italia, ora riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità Il San Carlo è il simbolo della città in cui l’italiano nacque la musica d’opera, costruita 41 anni prima della Scala di Milano e 55 prima di La Fenice di Venezia

Così, il 4 novembre 1737 fu inaugurato il San Carlo, il giorno del re, con l’esecuzione dell’opera Achille in Sciro di Domenico Sarro, basata sul libretto del 1736 di Metastasio, musicato quell’anno da Antonio Caldara As era consuetudine, il ruolo di Achille era interpretato da una donna, Vittoria Tesi, detta “Moretta”; l’opera è stata anche la soprano Anna Peruzzi, detta “la Parrucchierina” e il tenore Angelo Amorevoli Sarro ha anche diretto l’orchestra in due balletti come intermezzi, creati da Gaetano Grossatesta, con scene disegnate da Pietro Righini Le prime stagioni hanno evidenziato la preferenza reale per i numeri di danza, e caratterizzato tra gli artisti famosi castrati

I più toccati dalla fortuna di San Carlo tra Otto e Novecento furono le opere di Puccini e le musiche della “scuola giovane” di Mascagni e dei napoletani – sia per nascita che per scuola – Leoncavallo, Giordano, Cilea e Alfano Covent Garden, 1946, e un incontro di tournée con successo a Londra: San Carlo è il primo teatro italiano con il coraggio di ripartire dopo la guerra. Ancora oggi San Carlo continua sulla scia di quella tradizione che il Lirico ha davvero toccato con il suo tour negli ultimi tre anni, tre diversi continenti si conferma ambasciatore della cultura italiana e della tradizione napoletana nel mondo

All’epoca, la Scuola napoletana dell’opera godeva di grande successo in tutta Europa, non solo nel campo dell’opera buffa ma anche in quello dell’opera seria. La scuola napoletana di compositori d’opera comprendeva Feo, Porpora, Traetta, Piccinni, Vinci, Anfossi, Durante , Jommelli, Cimarosa, Paisiello, Zingarelli e Gazzaniga Napoli divenne la capitale della musica europea e anche i compositori stranieri considerarono l’esecuzione delle loro composizioni al teatro di San Carlo come l’obiettivo della loro carriera Questi compositori includevano Hasse (che in seguito si stabilì a Napoli) Haydn, Johann Christian Bach e Gluck

Allo stesso modo i cantanti più importanti hanno eseguito e consolidato la loro fama al San Carlo. Tra questi ricordiamo Lucrezia Anguiari, detta “La Cocchetta”, i famosi castrati Giovanni Manzuoli, Caffarelli (Gaetano Majorano), Farinelli (Carlo Broschi), Gizziello (Gioacchino Conti) e Gian Battista Velluti, l’ultimo castrato Caffarelli, Farinelli e Gizziello erano prodotti dai conservatori locali di Napoli

Tra i direttori e compositori nominati dal Teatro San Carlo c’era il famoso ed eccentrico arpista e compositore francese Nicolas-Charles Bochsa, accompagnato dal suo amante, la primadonna inglese Anna Bishop, con la quale stava girando il mondo. Ha diretto diverse opere (1844-1845) nel San Carlo con Anna Bishop come prima donna. Ha cantato lì 327 volte in 24 opere.

L’unificazione dell’Italia nel 1861 portò Napoli a perdere il suo status di centro musicale d’Italia e sede del principale teatro lirico del Paese alla Scala man mano che il potere e la ricchezza si spostavano verso nord. Nel 1874 il calo delle entrate portava alla chiusura del teatro dell’opera per un anno Le sue fortune riuscirono a recuperare grazie al continuo sostegno nella seconda metà del XIX secolo.

Il teatro, costruito su un progetto di Giovanni Antonio Medrano, il colonnello spagnolo Brigadiere a Napoli e Angelo Carasale, ex direttore del Teatro San Bartolomeo, si trova sul lato nord del palazzo reale con cui comunica attraverso una porta che apre a destra dietro il palcoscenico reale, in modo che il re potesse andare agli spettacoli senza dover scendere per strada. I lavori, completati in otto mesi con un costo totale di 75.000 ducati, hanno visto la creazione di una stanza lunga 28,6 metri e larga 22,5 metri con 184 scatole disposte in sei ordini, oltre a un vero palcoscenico capace di ospitare dieci persone, per una capacità totale di 1379 posti. Il progetto introduce la pianta a ferro di cavallo, la più antica del mondo, un modello per il teatro italiano. Su questo modello, sono stati costruiti i seguenti teatri d’Italia e d’Europa, tra gli altri, il teatro di corte del palazzo di Caserta, che diventerà il modello di altri teatri italiani come il Teatro alla Scala di Milano.

Nel 1767 Ferdinando Fuga eseguì i lavori di ristrutturazione alle nozze di Ferdinando IV con Maria Carolina e nel 1778 ridisegnò la boccascena.

Nel 1797 un restauro delle decorazioni del salone fu eseguito da Domenico Chelli.

Nel 1809 Gioacchino Murat commissionò all’architetto toscano Antonio Niccolini il progetto della nuova facciata principale eseguita in stile neoclassico ispirandosi al progetto di Pasquale Poccianti per la villa di Poggio Imperiale a Firenze.

Il teatro fu ricostruito in soli nove mesi sul progetto di Niccolini dopo un incendio che lo distrusse nella notte del 13 febbraio 1816. La ricostruzione lo restituì alla città nella sua forma attuale, ad eccezione dei colori che continuarono ad essere quelli del 1737 Questi, capaci di conferirgli un aspetto ancora più atipico rispetto a quello contemporaneo, videro l’argento decorato con decorazioni dorate (ora tutto in oro), mentre i palchi, oltre al velluto e al sipario in blu (ora rosso ); questi sono tutti colori ufficiali della Casa Borbonica. Solo il palcoscenico reale era “pallido” rosso (così fu chiamato Stendhal), prima che tutto il rivestimento del teatro diventasse fuoco rosso. I cambiamenti che aveva nel 1816 riguardavano: il palcoscenico, che fu ampliato per superare le dimensioni del pubblico; il soffitto, che è stato sollevato rispetto al velo di Cammarano eseguito nella stessa occasione; Alla fine fu aggiunto il boccascena.

Nel 1834 un nuovo restauro fu avviato dallo stesso Niccolini. Per scelta di Ferdinando II, nel 1844-45, i colori autentici in blu e argento-oro furono sostituiti con l’abbinamento rosso e oro, tipico dei teatri d’opera europei. Francesco Gavaudan e Pietro Gesuè, con la demolizione della Vecchia Guardia, realizzarono la prospettiva occidentale, verso il palazzo.

Nel 1872, su suggerimento di Giuseppe Verdi, fu costruito il “golfo mistico” per l’orchestra; nel 1937, invece, l’atrio si collegava ai giardini reali del palazzo adiacente tramite una scalinata monumentale a doppia rampa. Distrutto durante il bombardamento di Napoli nel 1943, nell’immediato dopoguerra fu ricostruito com’era.

Il 27 marzo 1969, il gruppo scultoreo Nicolini di Partenope, presente sull’acro-rero centrale del frontone della facciata principale, si sgretolò a causa di infiltrazioni di fulmini e precipitazioni; questo evento richiedeva la rimozione di una parte. Nei primi anni settanta, dopo un incendio di copertura, fu anche rimossa la sopravvivenza del gruppo scultoreo originario in muratura e stucco.

Nel 1980, lo stemma del Regno delle Due Sicilie fu restaurato sotto l’arco del proscenio, sostituendo così il savoiardo voluto dai re del neonato regno d’Italia in seguito all’unità. Infatti, durante alcune operazioni di pulizia, si è constatato che lo stemma era semplicemente sovrapposto allo stemma originale e staccato da esso con uno spessore speciale.

L’11 giugno 2007, dopo otto tonalità, la Triade del Parthenope è stata ristrutturata e pronta a risorgere in cima all’edificio, grazie all’iniziativa dell’associazione culturale Mario Brancaccio, sul progetto di restauro dell’architetto Luciano Raffin.

Il 23 gennaio 2009, il teatro di San Carlo è stato restituito alla città. I lavori di ristrutturazione e restauro, coordinati dall’architetto Elisabetta Fabbri, sono durati cinque mesi: da luglio 2008 a dicembre dello stesso anno. Un nuovo foyer fu costruito sotto la sala del teatro; la stanza stessa è stata restaurata, con la pulizia completa di tutti i rilievi decorativi, ori, cartiere e patine dipinte. È stato anche aggiunto un sistema di aria condizionata per il quale il flusso d’aria è entrato nella sala attraverso una bocca situata sotto ciascuna delle 580 poltrone e in ogni singolo stadio della stanza. Il restauro della tela di 500 metri quadrati, decorata nel soffitto della stanza, ha richiesto l’uso di circa 1500 chiodi e 5000 siringhe per la fissazione del film pittorico. Inoltre, le sedie a sdraio sono state completamente sostituite, che ha anche subito un intervento per migliorare la visione di spettatori e acustica, che era già considerata straordinaria prima dell’intervento.

L’acustica di San Carlo è stata considerata sin dalla sua costruzione, quasi perfetta. L’evento che ha determinato di più per raggiungere questo risultato, tuttavia, è nel 1816, quando il soffitto del teatro viene sollevato dal passato.

Il lavoro di Niccolini e Cammarano vide poi la creazione del velo (la tela di Cammarano) in una posizione sotto il tetto. Questo meccanismo crea una sorta di camera acustica, come se ci fosse un enorme tamburo sul piatto.

Anche l’acustica è stata considerata perfetta perché non cambia a seconda della posizione del pubblico (pubblico, palcoscenico, loggione).

I fattori determinanti nel risultato sono anche le balaustre, non lisce, e gli elementi decorativi interni, la serie di piccole increspature. I materiali e le tecniche di esecuzione di questi dettagli hanno conferito al teatro la capacità di assorbire il suono senza che questo si riflettesse in conseguenza di un brutto riverbero.

L’Orchestra San Carlo è nata insieme alla Fondazione nel 1737 per eseguire l’Achille in Sciro, l’opera inaugurale del teatro; Nel corso degli anni ha sempre avuto un approccio teatrale, destinato alle prime esecuzioni di opere scritte, tra gli altri da Gioachino Rossini, Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti e Giuseppe Verdi. In particolare, l’unico ed unico quartetto d’archi di Verdi fu composto per l’Orchestra napoletana massimiliano, il cui manoscritto è ancora conservato presso il Conservatorio di San Pietro a Majella. Se fino alla fine del diciannovesimo secolo a San Carlo c’erano ospiti e ospiti solitari (spesso stranieri), è nel 1884 che la tradizione sinfonica inizia con la direzione di un giovane Giuseppe Martucci che eseguì un programma composto dalla musica di Weber, Saint-Saëns e Richard Wagner. Da Martucci ci sono grandi registi come Arturo Toscanini (1909), Victor De Sabata (1928), e compositori come Ildebrando Pizzetti e Pietro Mascagni. L’8 gennaio 1934, Richard Strauss diresse l’ensemble del Teatro, con l’esecuzione di canzoni esclusivamente di sua composizione.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, a guidare l’Orchestra furono seguiti nomi come Vittorio Gui, Tullio Serafin, Gabriele Santini, Gianandrea Gavazzeni tra gli italiani e Karl Böhm, Ferenc Fricsay, Hermann Scherchen, André Cluytens, Hans Knappertsbusch, Dimitri Mitropoulos tra gli stranieri, con Igor Stravinskij nell’ottobre del 1958. Il decennio successivo vide la direzione di due giovani emergenti: Claudio Abbado al suo debutto nel 1963 e Riccardo Muti nel 1967.

San Carlo è il primo teatro italiano ad andare all’estero dopo la seconda guerra mondiale (che però la lascia strutturalmente quasi intatta). Nel 1946, l’ensemble era al Covent Garden di Londra, nel 1951 al Festival di Strasburgo e all’Opera di Parigi per il 50 ° anniversario della morte di Verdi. Oltre a ciò, dopo il Festival delle Nazioni a Parigi nel 1956 e ad Edimburgo nel 1963, San Carlo iniziò un tour brasiliano nel 1969; È anche a Budapest nel 1973, a Dortmund nel 1981, a Wiesbaden nel 1983, nel 1985 e nel 1987, così come con Il Flaminio di Giovanni Battista Pergolesi a Charleston e New York negli Stati Uniti.

Dopo la lunga e prestigiosa sovraintendenza del Com.Pasquale di Costanzo, completata nel 1973, il Teatro subì un periodo di decadenza che si concluse alla fine del 1978, con un temporaneo fermo di due settimane e la commissariazione.

Dipartimenti come lo scenario, la sartoria, la danza, non funzionavano più; l’orchestra era organica e non funzionava bene; il coro, dignitosamente. Il commissario Carlo Lessona ha nominato Maestro di arti e musica direttore dell’Orchestra Elio Boncompagni, allora direttore della Royal Opera di Stoccolma. L’orchestra è stata riportata al personale di base, aumentandola a 107 unità, ancora organiche. Tutti i reparti teatrali sono stati riattivati: un impegno fondamentale è stato la creazione di una nuova Tetralogia di Wagner con il più famoso scenografo di allora, Günter Schneider-Siemssen. Nonostante il terremoto dell’ottobre 1980, il Teatro ha continuato a operare con due spettacoli per Napoli del Ballet du XXème Siècle di Maurice Béjart dal 29 novembre al 5 dicembre 1980. Durante questo periodo fino alla metà del 1982, il “primo” per il Teatro San Carlo, (Jenufa di Janácec, Clemenza di Mozart di Mozart, Il progresso di Strawinskj di The Rake), “I primi del mondo” di Te Deum per il Papa Voityla di Penderecki, tre concerti con il mitico Mitsevic Rostropovič. Celebrità come Muti, Abbado, Domingo, Patané, sono tornate a San Carlo. Nel 1981, il Teatro San Carlo fu per la prima volta in Germania, a Dortmund, con la nuova produzione de Il Trovatore, con la direzione musicale di Elio Boncompagni. Questo evento ha poi aperto la strada al Festival di Wiesbaden.

L’Orchestra ha quindi Daniel Oren come regista stabile, specialmente per quanto riguarda la sezione operistica; Dal 1982 al 1987 è stato sovrintendente Francesco Canessa. Nel decennio successivo, una rinascita dell’attività sinfonica ha avuto luogo, in collaborazione con Salvatore Accardo, attestato da presenze, tra cui Giuseppe Sinopoli nel 1998, e Lorin Maazel nel 1999 per una Nona di Beethoven particolarmente apprezzata e applaudita.

Negli ultimi dieci anni c’erano anche Georges Prêtre, Rafael Frühbeck de Burgos, Mstislav Rostropovic, Gary Bertini, Djansug Khakidze e Jeffrey Tate (che ha lavorato come direttore teatrale dal maggio 2005). Oltre a Tate, San Carlo ha visto la direzione musicale di Bertini nella stagione 2004-2005, e da Gabriele Ferro dal 1999 al 2004. Con lo stesso ferro, San Carlo prende il dittico Persephone-Œdipus Rex Stravinsky nell’antico teatro di Epidauro in Grecia, esibendosi con un caso composto, tra gli altri, da Gérard Depardieu e Isabella Rossellini. Nel giugno 2005 è in Giappone, a Tokyo e Otsu, con Luisa Miller e Il Trovatore di Verdi, e nell’ottobre dello stesso anno a Pisa con la Cantata di San Gennaro (con la revisione musicale di Roberto De Simone e la direzione musicale di Michael Güttler), ospite del Festival Internazionale di Musica Sacra “Anima Mundi”. L’Orchestra ha anche contribuito alla doppia vittoria, nel 2002 e nel 2004, del prestigioso Premio Abbiati assegnato dal critico musicale italiano.

Ancor prima della costruzione del nuovo teatro, tra le disposizioni del re Carlo I di Borbone, vi era la limitazione del “rapporto divertente” nell’interazione dell’opera seria, a favore di una coreografia che riprendeva i temi principali dell’opera rappresentata. All’inaugurazione di San Carlo, questa disposizione fu mantenuta, estendendosi in seguito a intere esibizioni di danza, che portarono alla creazione di una vera “scuola napoletana”, che proseguì affermandosi con la fama che il teatro aveva assunto in Europa.

Gaetano Grossatesta fu il primo coreografo del nuovo Teatro e fu autore delle tre danze che accompagnarono l’opera inaugurale di San Carlo, gli Achille in Sciro di Domenico Sarro: uno fu eseguito prima dell’inizio dell’opera, un altro nell’intervallo e l’ultimo dopo la conclusione; i titoli erano: Sailors and Gypsies, Four Seasons, Credentials). Il Grossatesta rimase attivo a San Carlo per oltre trent’anni, componendo regolarmente tutta la musica del suo balletto. La tradizione di coincidere con il coreografo e il compositore fu interrotta da Salvatore Viganò, napoletano, molto attivo a St. Charles e nei teatri delle principali capitali europee (Parigi, Londra, Vienna), imponendo un’evoluzione drammaturgica della danza, atterrando poi al “balletto d’azione” e al “coreodramma”. Per ricordare altri famosi coreografi formati a San Carlo: Carlo Le Picq, Gaetano Gioia, Antonio Guerra e Carlo Blasis, che insieme alla moglie Annunziata Ramazzini insegnarono successivamente alla nascente Scuola Bol’shoj a Mosca.

Nel 1812 San Carlo nacque nella più antica scuola di danza in Italia.

Tra i ballerini ci sono Amelia Brugnoli, Fanny Cerrito e Fanny Elssler che con Maria Taglioni hanno formato il leggendario sfondo del balletto romantico francese. Tra i coreografi ci sono anche Salvatore Taglioni (zio Maria), direttore delle danze di San Carlo dal 1817 al 1860, e le ballerine Carlotta Grisi e Elisa Vaquemoulin.

La danza al San Carlo subisce i mutevoli gusti della società tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo. La crisi estetica del romanticismo è superata, ma senza trovare la propria identità, ma facendo affidamento sulla moda nazionale delle polpette festose a Manzotti, tra Ballo Excelsior e Pietro Micca. La grande “star internazionale” Ettorina Mazzucchelli muove i suoi passi.

Alla fine della guerra, la Compagnia del Teatro di San Carlo riacquista prestigio ospitando tra gli altri: Margot Fonteyn, Carla Fracci, Ekaterina Maximova, Rudolf Nureyev e Vladimir Vassiliev, e molte coreografie delle rappresentazioni rappresentate nel Teatro sono affidate alla quest’ultimo. Più recentemente hanno ballato come ospiti Roberto Bolle, Ambra Vallo, Eleonora Abbagnato. Negli ultimi anni, il contributo di Roland Petit: The Bat e Duke Ellington Ballet devono essere enfatizzati. Seguono Luciano Cannito, Elisabetta Terabust, Anna Razzi, Giuseppe Carbone, Alessandra Penzavolta e Chang Lienz, quest’ultimo è l’attuale direttore.