Susa, Città Metropolitana di Torino, Piemonte, Italia

Susa è un comune italiano di 6 232 abitanti della città metropolitana di Torino in Piemonte. La città nasce alla confluenza del fiume Dora Riparia con il torrente Cenischia in posizione strategica per il controllo delle strade che portano ai passi del Moncenisio e del Monginevro. Nel 500 a.C., quando città come Aosta e Torino non erano ancora state fondate, a Susa esisteva una realtà celtica perfettamente organizzata dai sacerdoti druidi. Successivamente romanizzata ebbe il suo massimo splendore con l’apice dell’Impero Romano. Seguì un lungo declino fino alla rinascita, nell’VIII secolo, sotto il dominio dei Franchi. Essendo al centro dei sentieri e delle strade che dal nord Europa portavano alla città di San Pietro, fu il primo territorio ad essere assoggettato ai Conti di Moriana nell’XI secolo. Dopo l’Unità d’Italia,

Per millenni è stata crocevia dei vari itinerari transalpini tra Italia e Francia, ed è caratterizzata da notevoli monumenti romani e medievali. Si trova al centro dell’omonima valle di Susa. Anticamente era la capitale del Regno dei Cozii, punto di partenza della Via Domizia e della Via Cozia e tappa dell’Itinerarium Burdigalense e della Via Francigena.

A circa 53 chilometri ad ovest del capoluogo Torino, Susa si trova nel tratto finale della bassa Valle di Susa pianeggiante, alla confluenza del torrente Cenischia con la Dora Riparia, dove si biforca la Val di Susa: a nord la profonda insenatura del Cenischia valle, ad ovest, l’elevazione dell’Alta Val di Susa Luogo punto di vista strategico dalla strada in questo campo alpino, trovandosi all’incrocio dei percorsi, sfruttati anche da ViaFrancigena, per la scalinata del Moncenisio (via Val Cenischia) e il Col de Clapier (via Val Clarea) entrambi in direzione nord della Francia, Monginevro attraverso l’Alta Val di Susa, in direzione sud Francia e Spagna, e Colle delle Finestre verso la vicina Val Chisone.

Il colle del Castello della Contessa Adelaide domina il centro storico a ovest, lo sperone roccioso su cui sorgeva il Forte Brunetta a nord; a nord svetta sulla città il monte Rocciamelone, 3538 metri, che appartiene al territorio del vicino Comune di Mompantero. Alle spalle della città termina la “Gola”, un profondo canyon dove scorre la Dora Riparia nel tratto tra Exilles e Susa.

Storia
Periodo celtico
Susa e la sua valle erano già abitate in tempi antichissimi, come testimoniano le testimonianze risalenti al V millennio a.C. rinvenute in varie località. Fu proprio al tempo del regno di Donno e del figlio Cozio che il Segusino conobbe un periodo di particolare pace e prosperità; Susa era il capoluogo di una vasta area che comprendeva vasti territori d’oltralpe, separati dalle montagne ma accomunati dall’abilità dei due sovrani, che hanno saputo governare sapientemente numerose tribù di origine celtica.Una delle più importanti testimonianze del Presenza celtica nella Valle, è la roccia a forma di coppa, sulla quale sono ricavate “coppelle”, cavità emisferiche collegate da canali scolpiti, su cui probabilmente venivano sacrificati animali in epoca preromana.

È difficile stabilire quando la città fu abitata per la prima volta e le popolazioni che vi abitarono. Sicuramente tra loro c’erano i Liguri e in seguito arrivarono i Celti (circa 500 a.C.) che si fusero con le prime popolazioni. Poi vennero i romani guidati da Giulio Cesare che combatterono con le popolazioni locali e stabilirono un patto di alleanza con Donno, loro re, al fine di garantire un transito sicuro verso la Gallia per truppe e merci dai passi del vicino Colle Clapier e non solo lontano passo del Monginevro. I buoni rapporti proseguirono per un lungo periodo, sancito dalla costruzione dell’arco di Augusto. La città si chiamava allora Segusium ed era la capitale del Regno dei Cozii, nella provincia nota come Alpi Cozie.

Periodo romano
L’arrivo dei romani fu per Susa un evento epocale che lasciò tracce molto importanti. Tra questi il ​​più noto è il bellissimo Arco (VIII secolo a.C.) dedicato a Cesare Ottaviano Augusto. Quello di Susa è uno dei quattro archi che in Italia sono dedicati al primo imperatore romano; gli altri si trovano ad Aosta, Rimini e Fano. Accanto all’Arco d’Augusto si può ammirare un’altra importante testimonianza del mondo romano: l’Acquedotto, (375-378 d.C.) di cui oggi rimangono i due grandi archi, probabilmente alimentava, oltre alle terme, anche le fontane del Comune di Susa. Passando sotto le due aperture, si può raggiungere, con una breve passeggiata ricca di suggestioni, l’Arena del II secolo d.C. che è stato riportato al suo antico splendore nel 1961.

Nel III secolo la città fu dotata di mura. Tuttavia fu assediata e bruciata dalle truppe di Costantino nel 312. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) iniziò per Susa un periodo di decadenza. Dopo la morte di Odoacre, Susa entrò a far parte del regno ostrogoto di Teodorico. Con la fine della Guerra Gotica, Susa entrò a far parte della Prefettura del Pretorio d’Italia fino a quando non fu conquistata dalle truppe di Alboino, che la annesse al Regno Longobardo.

Piazza Savoia, la piazza principale, è stata costruita sopra la città antica, tanto che sono presenti reperti archeologici di epoca romana e la Porta Savoia del IV secolo. Approfittando del periodo di anarchia seguito alla morte di Clefi, il merovingio Gontrano, re dei Franchi d’Orleans, sconfisse i Longobardi, annettendo Aosta e Susa nel 575. Essendo importanti punti di accesso per l’Italia, Aosta e Susa costituirono sempre una spina nel il lato per i Longobardi. Dopo la conquista del regno longobardo da parte di Carlo Magno nel 774, Aosta e Susa seguirono le sorti del regno d’Italia.

Periodo medievale
Al Medioevo sono presenti diversi monumenti, come il Castello della Contessa Adelaide, la chiesa battesimale di Santa Maria Maggiore con gli edifici annessi, l’Abbazia di San Giusto, il Convento di San Francesco e il suo chiostro, le case medievali porticate, la casa De Bartolomei, due torri al centro del paese. Fu Napoleone a darle il titolo di città. Nel 1854 Susa fu raggiunta dalla ferrovia, con la linea Torino-Susa, inaugurata il 22 maggio e di cui rimane pressoché intatta la stazione di testa. Tra il 1868 e il 1871 Susa fu interscambio con la Ferrovia del Moncenisio nel Sistema Fell, che attraversava il Colle a circa 2000 metri e faceva parte della cosiddetta Valigia delle Indie; mentre erano in costruzione la nuova linea Bussoleno-Modane e il Tunnel del Frejus, che ha favorito la costruzione del Deposito Ferroviario a Bussoleno piuttosto che a Susa. Nel centro storico della città è presente una comunità di immigrati di Paola, in Calabria, con la quale è gemellata.

Immediatamente prima dell’anno Mille, Arduimo il Glabro, marchese di Torino, pose le basi per il futuro di Susa e della Valle, controllando tutto il territorio fino al passo del Monginevro. Gli successe il primogenito Manfredo, che lasciò poi il comando al figlio Olderico Manfredi, padre della contessa Adelaide e fondatore dell’abbazia di San Giusto, che sorge nei pressi di Porta Savoia. Il matrimonio tra Adelaide e Oddone di Savoia, celebrato nella Cattedrale di Susa, sancì l’unione di due nobili famiglie: quella dei Savoia e quella degli Arduinica legata all’imperatore. Legame che determinò l’inizio di una dinastia tra le più antiche d’Europa e che nel 1861 determinò l’Unità d’Italia con Vittorio Emanuele II.

L’antico castrum, già sede reale ai tempi dei Cozii, divenne residenza dei signori locali. Si possono poi ammirare altri importanti monumenti di quest’epoca come la chiesa di Santa Maria Maggiore (XI secolo), la Cattedrale di San Giusto (XI secolo) con il suo imponente campanile, la Chiesa di San Francesco (XIII secolo), Casa De ‘Bartolomei (XIII secolo), residenza privata di Arrigo De’ Bartolomei detto il Cardinal Ostiense, celebre giurista medievale.

Periodo moderno
L’economia della città è sempre stata basata sulla presenza di vie di transito: prima la strada napoleonica, poi le strade statali, oggi l’autostrada e in un ipotetico futuro la linea ad alta velocità (TAV). La sua posizione di “città di transito” ha fortemente influenzato la sua natura, soprattutto negli ultimi due secoli: da normale villaggio ai piedi delle montagne, la sua economia si basava su attività legate alla terra, come l’agricoltura e l’agricoltura.

Tuttavia, grandi cambiamenti si verificarono solo all’inizio del XIX secolo, quando fu completata la strada napoleonica. La città divenne così un luogo di transito molto popolare e una tappa obbligata sulla strada per la Francia. L’attività alberghiera e commerciale si sviluppò: la continua presenza di militari, dovuta alla vicinanza dei confini, contribuì fino a non molto tempo fa all’economia della città. Ma con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, e soprattutto con l’apertura della linea ferroviaria internazionale, si è cercato di far sopravvivere la città aprendo una serie di stabilimenti, tra cui spiccano il cotonificio Vallesusa e l’acciaieria ASSA . La produzione industriale ha tenuto la città fornendo diverse centinaia di posti di lavoro per quasi un secolo. La prima metà del Novecento si è conclusa non senza problemi,

Al giorno d’oggi
Con l’avvento dell’era postindustriale, si susseguirono tutte le attività industriali di Susa, e la città si trovò nuovamente a dover cercare una soluzione. Oggi la maggior parte degli abitanti di Susa lavora in valle oa Torino, e ogni giorno affolla i treni pendolari che li portano dove c’è lavoro. Con l’apertura dell’autostrada, la città si è liberata del traffico intenso, ma anche di molti turisti occasionali (soprattutto francesi) che si incontravano spesso in giro per la città in tutte le stagioni. Oggi il turismo esiste ancora ed è importante (anche grazie allo svolgimento di alcune manifestazioni, tra cui la Castagna d’Oro, il Palio Storico dei Borghi di Susa e la corsa Susa-Moncenisio), anche se si tratta principalmente di turismo occasionale.

Il Comune di Susa ha visto negli ultimi anni lo sviluppo di alcuni interessanti settori del settore turistico con il Museo di Arte Religiosa Alpina che promuove mostre e convegni internazionali come “Carlo Magno e le Alpi” (15 mila visitatori) e in il 2008 “Alpi da scoprire”. Inoltre, la riqualificazione e la pedonalizzazione del centro storico cittadino, la riscoperta del tempio romano, la ristrutturazione del castello medievale, prima residenza sabauda in Italia, porteranno Susa sempre più verso un’ottima offerta turistica culturale.

Città vecchia
Susa presenta un numero considerevole di edifici e luoghi di interesse storico, soprattutto se visti in relazione alle dimensioni relativamente ridotte del comune e due musei di riferimento per il territorio vallivo, il Museo Civico e il Museo Diocesano di Arte Sacra.

Il comune alpino presenta una notevole stratificazione di epoche, con reperti romani ancora in ottimo stato (Porta Savoia, Arco di Augusto, Arena Romana, Mura Romane), case urbane medievali, tre complessi religiosi con identità diverse (la Cattedrale di San Giusto – già Abbazia Benedettina, il Complesso di Santa Maria Maggiore – Canonica Agostiniana Capofila della Bassa Valle, San Francesco, primo convento francescano del Piemonte), il Castello ed i resti di un possente Forte, la “Brunetta”. La città è stata oggetto di molteplici studi da parte delle Soprintendenze, tra cui gli antichi passaggi sotterranei presenti nelle abitazioni private, spesso citati anche nella tradizione orale dagli abitanti di Susa.

Patrimonio storico

Borgo dei Nobili (XIII secolo)
Fuori le mura si trova il “Borgo dei Nobili”. Fu abitato in gran parte dalla nobiltà giunta a Susa al seguito dei Savoia. Elementi romanici e gotici sono ancora visibili sulle facciate delle case.

Borgo Traduerivi (XIII secolo)
Il borgo di Traduerivi, situato fuori le mura cittadine, a sud-est della città, tra due fiumi, Scaglione e Corrant (inter duos rivos) conserva ancora un aspetto medievale testimoniato dalla presenza di due castelli e di un ricovero risalenti al 1300, quando il Borgo era feudo delle famiglie Ancisa e De Bartolomei. Nella frazione Colombera sono ancora presenti le tracce di un palazzo con torre merlata, residenza delle suddette famiglie.

Torre Civica (XVIII secolo)
Situato su una delle due torri romane che formano Porta Piemonte, attraverso la quale si accede al medievale “Borgo dei mercanti”.

Torre Rotari (XIV secolo)
La costruzione della Torre dei Rotari risale al sec. XIV; fu costruito a scopo difensivo e di vedetta dalla famiglia Astigiana Rotari. Questo edificio, che doveva essere molto suggestivo, è in muratura, a pianta quadrata, e delle strutture medievali conserva solo poche monofore e archi pensili sotto le merlature molto ammalorate.

Torre del Parlamento
La Torre del Parlamento si trova nel cuore commerciale della vecchia Susa, in un angolo di Via dei Mercanti (oggi Via Francesco Rolando). Si tratta di una massiccia e robusta torre, ora un po ‘degradata, ma si possono ancora vedere due serie di archi pensili, una leggera monofora e, in alto, alcuni merli.

Resti archeologici

Acquedotto Romano (Terme Graziane) (IV secolo)
I maestosi pilastri da cui si dipartono gli archi poggiano sui resti di un altare di origine celtica. Nei pressi dell’Arco d’Augusto di Susa sono presenti due archi costruiti con blocchi di calcare: un’errata attribuzione definisce la costruzione delle Terme Graziane, facendo riferimento ad un’iscrizione che nominava le terme restaurate tra il 375 e il 378 dagli imperatori Graziano, Valente e Valentiniano e l’acquedotto esso necessario. Nel Medioevo le due arcate furono inglobate nelle strutture difensive e collegate ad una delle torri delle mura. Solo nell’Ottocento furono restaurati.

Altare celtico con coppe (VII secolo a.C.)
Di fronte alla montagna considerata sacra anche dai Druidi: il Rocciamelone. Scavate nelle rocce dell’acropoli di Susa è possibile vedere le coppe: incisioni a coppa, collegate da canali che scendono verso il basso, verso cavità più grandi. Il loro scopo non è ancora chiaro, ma probabilmente servivano da altare sacrificale: i druidi sacrificavano animali ed esseri umani su quelle rocce e in base alla direzione che il sangue seguiva nelle incisioni, disegnavano gli auspici. In prossimità delle coppelle si trova un pozzo scavato nella roccia, anch’esso di età celtica. Probabilmente era usato dai druidi per eseguire le abluzioni dopo i sacrifici.

Anfiteatro romano (II secolo)
Sorge appena fuori dal paese: qui si svolgevano combattimenti di gladiatori e scene di caccia chiamate “venationes”. Comunemente conosciuta come Arena Romana, risale al II – III secolo. dopo Cristo. Sorge alle spalle dell’Acropoli di Susa, in una conca naturale ben riparata dai venti. Gli storici dicono che fu abbandonato già nel V secolo; poi lentamente, nel corso dei secoli, le piene del torrente Merdarello che scorreva lì vicino lo seppellirono sotto sei metri di terreno. Solo tra il 1956 e il 1961 l’anfiteatro fu riscoperto, riportato alla luce e addirittura ricostruito, perché i blocchi di pietra della scalinata erano stati dispersi dalle alluvioni.

L’arena romana ha una forma ellittica di 45 per 37 metri, ed è il più piccolo anfiteatro di età romana presente in Italia. L’arena è circondata dal podio, un recinto in muratura che avrebbe dovuto sostenere i gradini (sembra che fossero solo tre); all’interno è scavato uno stretto cunicolo che collega quattro stanze, i carceres, dove prima degli spettacoli si trovavano i gladiatori e le belve. Sotto i gradini si vede anche un locale adibito a stalla per gli animali. Le autorità generalmente stavano su tribune erette alla fine dell’asse minore. A nord – est dell’anfiteatro si trovano i resti di un piccolo edificio circolare, forse lo spoliarium, dove venivano ricoverati gladiatori feriti o uccisi. Alcune decorazioni in bronzo che adornavano l’Anfiteatro sono conservate nel Museo Civico di Susa.

Arco di Augusto (9-8 a.C.)
Uno degli archi meglio conservati del nord Italia, presenta un arco unico con semicolonne che sorregge un architrave con fregio figurato e un attico con un’iscrizione che ricorda il “foedus”, il “patto” cioè tra Cozio, re dei Celti e Cesare Ottaviano Augusto, primo imperatore romano. Sorge sull’antica strada dei Galli, accanto ai ruderi del “castrum” che era la sede del comando prefettizio romano. Fu costruito nel 9-8 a.C. C. a suggellare il patto di alleanza stretto con Roma ed è dedicata ad Augusto da Marco Giulio Cozio, figlio di Re Donno e prefetto delle 14 popolazioni che componevano il regno dei Cozii, su entrambi i versanti delle Alpi. Arco di Augusto: è uno degli archi più antichi dell’età romana e il monumento più bello della Valsusa.

Nel fornice (8,85 m di altezza e 5,86 m di larghezza) è perfettamente inquadrato il Rocciamelone, una montagna alta oltre 3550 m che domina la città di Susa. Era considerato sacro per la gente della città a partire dall’antichissima presenza druidica, e quindi la perfetta inquadratura di questo monte nell’arco costituisce un collegamento ideale tra la civiltà romana e quella precedente. È costruito in marmo bianco di Foresto, paese non lontano da Susa, e poggia su un basamento di conci di calcare, alleggerito da due eleganti e leggeri pilastri. L’archivolto è sorretto da pilastri lisci terminanti in colonne sormontate da capitelli corinzi. Numerosi sono i fori visibili nella muratura dovuti all’asportazione, già eseguita in tempi antichi, delle graffe metalliche che univano i grandi blocchi di pietra.

Questo schema architettonico classico, molto elegante e molto preciso e armonioso, suggerisce il lavoro di un architetto locale che conosceva bene i testi del grande architetto augusteo Vitruvio. Molto interessante è il fregio che adorna tutti e quattro i lati dell’arco e illustra le cerimonie che accompagnarono la conclusione del patto tra Cozio e Augusto. Secondo gli studiosi si tratta dell’opera di scultori locali che, con una precisa preoccupazione narrativa, hanno raccontato il sacrificio con una certa originalità, Rappresentazione del patto tra Cozio e Augusto (si apre in una nuova finestra) tema tipico dell’arte romana: ad esempio, compaiono soldati, solitamente esclusi da questo tipo di lavoro ufficiale. La simmetria è rigida, e l’isocefalia è immediatamente percepibile (cioè l’altezza uguale delle figure sedute e in piedi, di uomini e animali …).

Parco di Augusto
Nell’area dove un tempo sorgeva il Foro si trova oggi il cosiddetto Parco di Augusto, all’interno del quale si trova una copia della statua dedicata all’imperatore Augusto detta Prima Porta (che è conservata in Vaticano). All’interno del parco sono presenti numerosi reperti e resti di edifici storici romani, capitelli, colonne, mura.

Porta Savoia o Porta del Paradiso (III – IV secolo d.C.)
Per proteggere la città di Susa dalle invasioni, nel II secolo d.C. fu racchiusa (almeno in parte) da spesse mura dotate di torri circolari. Sui diversi lati sono state aperte le porte e sul lato nord – sud si trova Porta Savoia, costituita da un unico arco. In origine era anche più stretto, proprio a scopo difensivo: la sera, infatti, veniva chiuso con una persiana, azionata da quel balcone coperto che si affacciava sull’interno della città. La porta è collegata a due torri circolari, forate da diversi livelli di finestre, oggi parzialmente murate.

Sul lato ovest della cinta muraria si trova Porta Savoia, costituita da due imponenti torri cilindriche le cui aperture sono sfalsate, in modo da consentire la difesa su tutti i lati. L’interterrio presenta 4 ordini di aperture ad arco, anche alternativamente sfalsate, poste all’altezza dei corridoi che collegavano le due torri. Seguendo i resti delle mura e partendo dal Castello, è possibile seguire il tracciato delle mura difensive, costruite in fretta e furia nel III secolo d.C. dai Segusini, per difendersi dalle invasioni barbariche. Partendo dall’Arco e dal Castello, le mura collegate a Porta Savoia, raggiungevano la Dora che costeggiavano e poi, girando a sud-est, giungevano a Porta Piemonte (Torre dell’Orologio). Da qui hanno seguito l’attuale strada statale 24, fino a giungere in via dei Fossali (attuale Corso Unione Sovietica) per poi richiudersi al Castello. In questo modo la città di Susa, a forma di triangolo, era completamente difesa.

Le mura erano larghe dai quattro ai sei metri e avevano una passerella interna per facilitare il movimento dei soldati coinvolti nella protezione della città. Le mura, edificate nel III e IV secolo dopo Cristo, furono realizzate “a sacco”, cioè con muri esterni in muratura e un’area interna riempita con materiale di stucco. Quando nel corso dei secoli le mura furono demolite, furono ritrovati molti oggetti, anche preziosi, di età romana, per lo più in marmo, come iscrizioni, pietre miliari, frammenti di scultura … Tutto materiale utilizzato e gettato alla rinfusa, il che dimostra la urgenza con cui si dovevano costruire le mura.

Architetture militari

Forte della Brunetta – Rovine (XVIII secolo)
La fortezza, uno degli edifici militari più importanti del suo tempo, fu distrutta per volere di Napoleone Bonaparte nel 1796 (Trattato di Cherasco). La Fortezza della Brunetta di Susa era senza dubbio qualcosa di diverso da tutte le altre costruzioni difensive militari piemontesi: non era una semplice fortificazione di mura, torri ecc., Ma un intero colle roccioso con difficoltà e difficilmente modellato e trasformato in più di ottant’anni di lavoro , per soddisfare le esigenze di difesa del più importante valico alpino piemontese, il Moncenisio.

Una perla delle fortificazioni sabaude: immensa, imponente, inespugnabile; il luogo su cui fu costruito fu infatti scelto con estrema cura ed attenzione: un colle roccioso che domina la città di Susa, fuori dal raggio di qualsiasi artiglieria e irraggiungibile se non attraverso uno stretto accesso protetto dal Forte di Santa Maria (il più antico e ancora in parte esistente oggi). Carlo Emanuele III di Savoia la chiamava scherzosamente “la mia amara vergine” proprio per significare la sua assoluta inviolabilità.

Divenne meta di illustri visite: lo Zar di Russia, l’Imperatore d’Austria, il Re di Napoli ecc., Tutti estasiati e stupiti dall’imponente costruzione.

Dopo circa un secolo di continui lavori di ammodernamento iniziati sotto la direzione dell’ingegner Antonio Scaiola prima, e poi, successivamente, di Luigi de Willecourt, Giuseppe Ignazio Bertola (figlio di Antonio), Lorenzo Bernardino Pinto di Bari ed infine Nicolis de Robilant, il Fortezza fu quasi totalmente distrutta in seguito all’armistizio di Cherasco, che pose fine alla guerra franco-piemontese. La successiva pace di Parigi del 16 maggio 1796 impose ai Savoia l’abbattimento della possente “barriera” difensiva piemontese verso la Francia, compresa Brunetta.

Attualmente l’intero sito è di proprietà privata: comprende un’area di circa 12 ettari in cui sono presenti frutteti, orti, boschi, prati e stalle, immersi qua e là tra le rovine di quella mitica opera militare che in passato era considerata la più prestigioso d’Europa. Per maggiori informazioni sulla Rocca, si consiglia di leggere “Il Forte della Brunetta” di Pier Giorgio Corino (Ed. Melli, 1999, Borgone Susa): l’autore ci fa rivivere la costruzione e la vita del Forte, corredato da una ricca documentazione fotografica di stampe dell’epoca. Ci fa scoprire la sua complessa struttura articolata in bastioni, controguardie, fossati e casematte scavate nella roccia, con particolare attenzione sia agli aspetti strettamente tecnico-militari che a quelli politico-storici.

Castello della Contessa Adelaide (XI secolo)
La data di costruzione del Castello di Susa è incerta, ma potrebbe essere stato costruito dai primi dominatori di questa zona e abitato dai Cozi. Il palazzo subì molte trasformazioni e altrettante vicissitudini, prima di diventare l’abitazione dei Marchesi di Susa. Olderico vi stabilì per primo la sua residenza ma vi abitò soprattutto la marchesa Adelaide, il personaggio più celebre della storia millenaria di Susa, che qui allevò i figli: Pietro, Oddone e Amedeo, divenuti poi principi di Casa Savoia . L’aspetto attuale deriva dalla ristrutturazione effettuata nel 1750 in occasione delle nozze tra Carlo Emanuele III e l’Infanta Maria Antonia,

Dopo essere stato la dimora di Adelaide, il Castello fu dimora dei suoi discendenti, e tra il 1213 e il 1214 vide anche la presenza di San Francesco d’Assisi, in viaggio per la Francia. Dopo la pace di Chateau Cambresis, nel 1559, e il ritorno della valle di Susa ai Savoia, il Castello ha ospitato l’incontro che ha suggellato la pace. Una pace che però durò poco: il Seicento fu caratterizzato dalla guerra con la Francia e il Castello tornò ad essere luogo di trattative. Nel 1629 vi soggiornarono a lungo Luigi XIII e il cardinale Richelieu.

Cadendo progressivamente in abbandono, nel 1806, con decreto napoleonico, il Castello fu sottratto ai Savoia e affidato al Comune, con l’obbligo di aprire scuole interne, e dopo il 1814 divenne sede del supremo comando militare e politico. della città e della valle. Ma fu l’uso scolastico dell’edificio che durò più a lungo: oltre 150 anni. Una destinazione che ha notevolmente modificato sia l’esterno che l’interno dell’edificio, che oggi ospita il Museo Civico, la Biblioteca e l’Archivio Storico. Dagli anni ’80 è stato oggetto di lavori di restauro.

Altro patrimonio militare
Porte romane di Susa
Porta Savoia (epoca romana), una delle meglio conservate di questo tipo in Piemonte
Mura romane di Susa, ben conservate e dalla caratteristica pianta triangolare
Castello della Contessa Adelaide, costruito sui resti del Pretorio
Forte della Brunetta, fortezza scavata nella roccia nel XVIII secolo, inviolata dagli eserciti

Architetture religiose

Cattedrale di San Giusto (X secolo)
Fondata nel 1027, la cattedrale di Susa, a croce latina, tre navate e transetto, si eleva con la facciata addossata alle mura romane e medievali, inglobando nell’angolo sinistro una delle torri romane della porta. chiamato “Savoia” o “del Paradiso”. In corrispondenza della navata sinistra, è ancora ben visibile una sezione della struttura romana in un incrocio del muro di facciata.

Le tre navate sono separate da pilastri di forma irregolare con evidente derivazione della primitiva forma a T che nelle prime due potrebbe essere anche cruciforme; archi a tutto sesto longitudinali senza capitello sono fissati sui pilastri; verso la navata centrale si aprono esili pilastri con capitelli cubici che sorreggono gli anelli degli archi a tutto sesto longitudinali. Sul lato sinistro della navata ci sono cinque cappelle. Il primo, coperto da una volta ellittica sorretta da archi, ha un altare barocco; il secondo è coperto da una semplice volta ribassata con altare dedicato a Sant’Onorato; la terza, la quarta e la quinta, strutturalmente identiche alla seconda, hanno altari dedicati rispettivamente a Sant’Anna, l’Addolorata e San Giuseppe. Il braccio sinistro del transetto presenta un ricco altare barocco dedicato al Santissimo Sacramento; l’altare della navata, anch’esso barocco, è dedicata al Sacro Cuore. La navata destra ha lo stesso tetto di quella sinistra; termina con un presbiterio con volta a crociera e un’abside rettangolare con volta a botte con cupoletta. Accanto al campanile si trovano due cappelle; uno coperto da una volta sorretta da archi, l’altro costituito da un’unica nicchia ad arco.

Il campanile costruito in pietra, a base quadrata, è addossato alla navata destra, approssimativamente al centro; rinforzata ai bordi da contrafforti, ha sei piani, oltre alla robusta scarpa di appoggio, separati da archi pensili a tutto sesto. Il campanile ha quattro finestre, quella inferiore con trifore e quella inferiore con bifore. I piani sottostanti hanno bifore e feritoie. È coronato da una snella guglia ottagonale tra quattro alti pinnacoli di terracotta ricoperti di lamiera; tra queste corre una balaustra in cotto traforato con mascheroni in pietra. Il basamento del campanile, voltato a crociera con costoloni, presenta alle pareti affreschi di animali, guerrieri, mostri e figure simboliche, risalenti all’XI secolo.

Chiesa di San Carlo (XVII secolo)
La chiesa, ancora officiata, si trova in via Palazzo di Città; è in stile barocco a navata unica. Dietro l’altare si può ammirare una tela raffigurante San Carlo Borromeo attribuita alla figlia del Moncalvo. Una preziosa statua seicentesca della linea è oggi custodita presso il Museo Diocesano di Arte Sacra.

Chiesa di San Saturnino (XI secolo)
Situato fuori città, su terreno privato, presenta un bel campanile romanico con facciata impreziosita da lesene e archi pensili. L’interno è oggi in rovina, ma all’esterno è possibile ammirare lo stile romanico dell’edificio e il campanile a tre ordini di bifore. La chiesa era già in declino all’inizio del XVIII secolo.

Chiesa di Santa Maria del Ponte (XIII secolo)
La chiesa, di origine medievale (XIII secolo), è dedicata alla Madonna della Pace e custodisce al suo interno pregevoli opere d’arte. Dal 2000 il complesso si è arricchito di un museo che ospita preziosi oggetti artistici che vanno dal VII secolo. ai giorni nostri. La chiesa della Madonna del Ponte a Susa fu edificata tra il 1266, data dell’ultimo elenco di chiese della valle in cui non compare, e il 1369, anno in cui fu redatto un documento alla presenza del rettore di Sanctae Mariae de Bridge. Il titolo della chiesa deriva da una preziosa statua lignea della Madonna con Bambino risalente probabilmente al XII secolo (ed ora visibile nel Museo Diocesano). Nel corso dei secoli la chiesa ha subito numerose modifiche e rifacimenti, e nell’Ottocento fu la creazione della cappella della Madonna Addolorata, situata più in basso della navata centrale. Tutto è stato restaurato negli ultimi anni.

La Chiesa della Madonna del Ponte è sede del Museo Diocesano di Arte Sacra, conserva le collezioni diocesane e il Tesoro del Duomo. La statuetta della Madonna del Ponte è un piccolo manufatto in legno di tiglio, opera di uno scultore sconosciuto, che probabilmente la realizzò nel XII secolo. Anticamente doveva essere collocato in una nicchia intus parietem e doveva aver subito alcuni rimaneggiamenti nel XVI secolo. Si tratta di una scultura romanica di grande pregio, restaurata alla fine del XX secolo. La statua ha dato il nome alla chiesa di Susa dove sorge il Museo Diocesano di Arte Sacra di Susa, dove si trova.

Chiesa di Santa Maria delle Grazie (XVIII secolo)
La cappella della Madonna delle Grazie a Susa è una piccola chiesa barocca, ricostruita su ruderi del XIV secolo da Carlo Andrea Rana, architetto di Segus della seconda metà del XVIII secolo, famoso soprattutto per i suoi trattati sulle fortificazioni. Il disegno degli arredi sacri è dello stesso architetto, ma sono stati in parte trafugati nel 1963. La cappella è attualmente adibita a memoriale dei caduti.

Chiesa di Santa Maria Maggiore (X secolo)
La chiesa di Santa Maria Maggiore è probabilmente la chiesa più antica di Susa, di cui rimangono solo la facciata, del XV secolo, e il campanile, in stile romanico. Utilizzata fino al 1749, la chiesa è oggi sconsacrata e appartiene a privati , che ne hanno fatto una casa. Fu dedicata fin dalle origini alla Vergine, e l’epiteto “maggiore” ne indica l’antichità e l’importanza nella gerarchia religiosa della città.

Secondo la leggenda, risalirebbe al I secolo dell’era cristiana, quando un gruppo di fedeli convertitisi da San Paolo e San Pietro, per sfuggire alle persecuzioni, si diresse a nord, raggiungendo i piedi delle nostre Alpi. L’allora prefetto di Susa, già convertito al cristianesimo, accolse e tutelò i fuggitivi e fondò per loro questa piccola chiesa. Attorno all’anno Mille un documento cita appunto Santa Maria Maggiore, edificio ricostruito dopo la distruzione dei Saraceni, e ne sottolinea l’importanza; aveva infatti giurisdizione spirituale su quasi quaranta parrocchie della valle, da cui dipendeva il Battistero che serviva tutta la zona. Dopo alterne e complicate vicende religiose e politiche, la chiesa fu definitivamente chiusa al culto intorno al 1750, e ridotta a civile abitazione.

L’antica facciata a capanna è illuminata da una crociera, un rosone e una piccola monofora. Non c’è traccia di una porta d’ingresso, poiché l’ingresso era sul lato, in pietra. Divisa in tre navate, senza transetto, la chiesa si affaccia ad est, come tutte le chiese romaniche. Il campanile ha una base quasi quadrata, è alto circa 40 metri ed è addossato alla cinta muraria. Fregi in mattoni e archi ciechi enfatizzano i pavimenti illuminati da bifore, poi bifore e trifore e da un campanile. È sormontata da una cuspide piramidale ricoperta di pietra perda, che termina con il bidente sopra citato, in realtà probabilmente una croce deformata dal tempo.

Al piano terra si trova un piccolo vano ricavato nello spessore delle pareti (oltre 4 metri) come ingresso interno alla chiesa; dal primo piano, che fa parte del percorso di un sentiero di ronda, si accede al campanile, dal quale si riconosce, affacciandosi dalle trifore, tutto il complesso monastico: chiesa, campanile, chiostro e cortili interni . Questo bellissimo monumento medievale di Susa è stato solo recentemente sottoposto a lavori di restauro molto significativi, che ne permettono oggi di apprezzarne tutta la bellezza. Tuttavia, è stato necessario sostituire le colonne appendiabiti di alcune bifore o tre bifore, danneggiate dal tempo.

Convento di San Francesco (XIII secolo)
Secondo un’antica tradizione, la chiesa di San Francesco a Susa fu fondata in seguito al passaggio dello stesso santo in Francia nel 1213 o 1214. È sicuramente una data inattendibile per la fondazione della chiesa e del convento, risalenti intorno al metà del XIII secolo. La facciata a salienti (cioè con il profilo che segna l’altezza delle navate interne) e tripartita da lesene (pilastri sporgenti dal muro) è abbastanza atipica in Piemonte, dove si predilige una facciata liscia e a capanna, e probabilmente di ascendenza francese.

Altro elemento caratteristico è il gimberg, il frontone triangolare che ingloba il portale, primo esempio piemontese e antecedente ad alcuni famosi portali gotici piemontesi. Secondo la tradizione la chiesa originariamente non aveva un livello più basso del terreno circostante: questo dislivello è attribuito alle frequenti esondazioni del fiume Gelassa. L’interno è a pianta a tre navate con transetto, oggi chiuso per realizzare due cappelle (quella di destra attualmente adibita a sacrestia) e l’abside poligonale eretta probabilmente più tardi, tra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento sotto una probabile influenza del gotico francese. La decorazione interna della chiesa risale ai restauri degli anni 1880-87 eseguiti da Arborio Mella. Gli arredi sono dello stesso periodo, tipico del gusto neogotico di fine Ottocento. I due chiostri adiacenti alla chiesa sono di epoche diverse e testimoniano alterazioni anche profonde di epoche successive. Durante le soppressioni napoleoniche furono utilizzate come abitazioni e per usi agricoli.

Architetture civili
Casa de Bartolomei
Arche di Piazza San Giusto
Portici medievali
Affreschi del Palazzo del Tribunale

Musei

Museo Civico
Nel Castello di Adelaide si intrecciano due percorsi: quello archeologico e quello museale. Il manufatto architettonico, infatti, è esso stesso “un museo”, poiché le forme che ha oggi sono il risultato di una storia durata duemila anni e oltre. Al piano terra si trova il percorso archeologico, che mostra quanto si trovava nel museo del Pretorio Romano, di cui si conservano strutture e mosaici, sui cui resti furono eretti il ​​Castrum poi il Castello Medievale e il “palazzo” Savoia. Percorrendo la galleria al piano terra, il visitatore viene condotto in un percorso per immagini nella storia del Castello e dell’intera Città di Susa. La mostra ospita anche i reperti rinvenuti durante l’ultimo restauro che testimoniano la frequentazione di questi ambienti fino ai giorni nostri. Al primo piano,

Il Museo Civico nasce nel 1884 nell’edificio del tribunale e si trasferisce solo a metà degli anni Sessanta, il museo si trovava nel castello della contessa Adelaide. Era suddiviso in nove sale: la prima con una collezione naturalistica del Club Alpino Italiano; nella seconda, reperti archeologici di epoca romana; nella terza una raccolta di numismatica; nel quarto risorgimento cimeli e una raccolta di armi dal Medioevo all’Ottocento; nella V un pregevole capitello del XIV secolo; nel sesto, minerali e fossili; nel settimo una raccolta egiziana e donazioni di oggetti esotici; infine, le due sale al piano terra, aperte negli anni ’90 in collaborazione con il Montana Cultura Research Group, sono state dedicate alle incisioni rupestri della valle.

Museo del Convento di San Francesco
Il museo ospita libri, arredi liturgici e dipinti dal XVIII al XIX secolo. È il primo edificio francescano del Piemonte, legato al passaggio a Susa del Santo, in viaggio per la Francia nel 1213 – 14. Oggetto di numerosi restauri, conserva al suo interno splendidi affreschi e due bei chiostri.

Museo Diocesano di Arte Sacra
Ospita il Tesoro della Cattedrale di San Giusto e le opere d’arte più preziose della Diocesi di Susa, Inaugurato il 22 settembre 2000, il Museo Diocesano d’Arte Sacra di Susa (TO) vuole essere espressione del patrimonio storico, artistico e viaggio culturale della gente della Val di Susa. La novità principale e distintiva del Museo Diocesano di Arte Sacra è il carattere diffuso e territoriale che assume. La volontà di fornire un servizio alla valorizzazione delle potenzialità umane del territorio e il patrimonio di testimonianze artistiche presenti sullo stesso, hanno dato vita ad un progetto articolato in una “struttura capillare”, che affianca i distinti uffici situati in Melezet le sedi Segusina, San Giorio di Susa, Giaglione e Novalesa.

Il Trittico del Rocciamelone, interamente inciso al bulino, è composto da tre parti terminanti a cuspide, unite da quattro cardini: a quella centrale, più grande, sono raccordate due più piccole a forma di trapezio, che fungono da porte, per rendere più comodo il trasporto del trittico. Sulla tavola centrale è rappresentata la Madonna seduta su un trono a forma di petto che tiene in braccio il piccolo Gesù, che in una mano tiene una sfera, simbolo del mondo, e con l’altra accarezza il mento della madre. Entrambi hanno la testa circondata da un alone. Sulla porta sinistra è rappresentato San Giorgio a cavallo nell’atto di trafiggere il drago con la sua lancia; mentre a sinistra c’è un santo barbuto, probabilmente San Giovanni Battista (patrono dei Cavalieri di Malta), con le mani poste sulle spalle di un guerriero inginocchiato che rappresenta il cliente del trittico, Bonifacio Rotario. Tutte le figure sono sormontate da esili archi gotici e sono racchiuse da motivi ornamentali che occupano l’intero sfondo.

Nella fascia inferiore del trittico, invece, è incisa un’iscrizione latina in caratteri gotici che può essere tradotta come segue: “Qui Bonifacio Rotario, cittadino di Asti, mi ha portato in onore di Nostro Signore Gesù Cristo e del Beato Vergine Maria, nell’anno del Signore 1358, 1 ° settembre “. Nel 1673 Giacomo Gagnor di Novaretto, convinto di fare un piacere al Duca Carlo Emanuele II, “rubò” il trittico dalla sommità del Rocciamelone e lo trasportò al castello di Rivoli, dove i reali trascorrevano l’estate, per risparmia al duca la faticosa scalata alla vetta. L’opera è esposta nella chiesa dei Padri Cappuccini di Rivoli e onorata con un solenne pellegrinaggio da Rivoli a Susa,

Dedicato alla Vergine Maria, fu portato dal cavaliere Bonifacio Rotario, per voto, sulla cima del Monte Rocciamelone, ancora consacrato alla Madonna.