Scuola senese

La scuola senese di pittura fiorì a Siena, in Italia, tra il XIII e il XV secolo. I suoi artisti più importanti sono Duccio, il cui lavoro mostra l’influenza bizantina, il suo allievo Simone Martini, i fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti e Domenico e Taddeo di Bartolo, Sassetta e Matteo di Giovanni.

Sebbene fosse più conservatore, essendo incline alla bellezza decorativa e alla grazia elegante dell’arte tardo gotica, i suoi rappresentanti più importanti includono Duccio, il cui lavoro mostra l’influenza bizantina; il suo allievo Simone Martini; Pietro e Ambrogio Lorenzetti; Domenico e Taddeo di Bartolo; Sassetta e Matteo di Giovanni Diversamente dall’arte naturalistica fiorentina, c’è una vena mistica nell’arte senese, caratterizzata da un comune interesse per eventi miracolosi, con meno attenzione alle proporzioni, distorsioni di tempo e luogo e spesso colorazione onirica Nel XVI secolo il Manieristi Beccafumi e Il Sodoma lavorarono lì Mentre Baldassare Peruzzi nacque e si formò a Siena, le sue opere principali e lo stile riflettono la sua lunga carriera a Roma Il declino economico e politico di Siena nel XVI secolo,

Tra i suoi rappresentanti più importanti troviamo Duccio di Buoninsegna, le cui opere mostrano una certa influenza bizantina, il suo apprendista Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, Domenico e Taddeo di Bartolo, Stefano di Giovanni (il Sassetta) e Matteo di Giovanni.

Nel 16 ° secolo i Manieristi Domenico di Pace Beccafumi e Giovanni Antonio Bazzi (la Sodoma) ne facevano parte.

XIII secolo
I primi dipinti conservati a Siena e nel territorio risalgono al periodo compreso tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII. Opere come le croci dipinte di San Giovanni d’Asso (museo di Pienza), il convento di Santa Chiara (pinacoteca nazionale di Siena) o l’abbazia di Sant’Antimo (museo di Montalcino) mostrano un forte substrato romanico.

La prima opera certamente datata (1215) è un dossale con il Paliotto del Salvatore, dove si può già notare l’innesto di una forte influenza bizantina. Allo stesso autore anonimo (maestro di Tressa), è attribuita la Madonna con grandi occhi, originariamente sull’altare maggiore del duomo (1220-1230).

Il passaggio a Siena di Coppo di Marcovaldo, prigioniero di Montaperti nel 1261, porta in città una più forte influenza bizantina, con la sua Madonna del Bordone (chiesa dei Servi, una tavola oggi alterata da una ridipintatura trecentesca dei volti di Maria e Gesù), che fu ripresa da Guido da Siena, una figura famosa come il primo esponente della scuola senese, sebbene ancora in gran parte avvolta nel mistero. Questo autore firmò la Maestà di San Domenico (chiesa di San Domenico, Siena) probabilmente negli anni sessanta del tredicesimo secolo, anche se la data apposta sulla tavola, ora considerata una nota puramente simbolica, mostra 1221: sulla base di questa data la la priorità della scuola senese era sostenuta su tutte le altre toscane e italiane.

Contemporary di Guido sono Dietisalvi di Speme e Guido di Graziano, caratterizzati da uno stile bizantino energico ed espressivo: quest’ultimo è stato influenzato da Cimabue per la ricchezza delle tonalità dei colori e la fluidità delle linee; è accreditato con i dipinti di San Pietro in trono e di San Francesco della Pinacoteca Nazionale di Siena.

Le personalità pittoriche di questo periodo sono documentate anche nella “biccherne”, i dipinti commissionati dai magistrati della città di Biccherna e Gabella per decorare le coperte di legno dei libri contabili annuali.

Nella scultura vi fu nello stesso secolo la realizzazione del pulpito del Duomo di Siena, opera di Nicola Pisano (1266-1269), mentre il figlio, Giovanni Pisano fu incaricato della decorazione scultorea della facciata della cattedrale ( 1284-1297).

Dalla manciata di pittori attivi in ​​città alla fine del secolo, la personalità molto più alta e complessa di Duccio di Buoninsegna emerse con l’esempio fondamentale di Cimabue. Tra le sue prime opere ricordiamo la Madonna di Crevole (dall’eremo di Montespecchio, oggi nel Museo dell’Opera del Duomo, intorno al 1280) e la Madonna dei Francescani (Galleria Nazionale d’Arte, intorno al 1290), in cui avverte il progressivo inserimento di elementi di pittura gotica e di maggiore spontaneità nei gesti del Bambino. La finestra circolare del Duomo risale al 1288, oggi al Metropolitan Opera Museum, di cui Duccio fornì il disegno e sul quale intervenne poi con un pennello.

Prima metà del XIV secolo
Tra il 1308 e il 1311 Duccio di Buoninsegna realizzò la pala d’altare della Maestà del Duomo, conservata nel Museo dell’Opera del Duomo, con una predella e un coronamento e anche decorata sul retro con scene del Passione di Cristo. Allo stesso autore è attribuito da alcuni anche l’affresco con Resa del castello di Giuncarico del Palazzo Pubblico. La sua arte è stata caratterizzata dalla fusione di diverse tradizioni: la contemporanea pittura bizantina dei Paleologi, le figure monumentali di Cimabue, rese con linee morbide ed eleganti e con la raffinata gamma cromatica della pittura gotica.

I seguaci di Duccio erano il nipote Segna di Bonaventura e Ugolino di Nerio (Vergine dolorosa e crocifissione nella Pinacoteca Nazionale).

La Maestà del Palazzo Pubblico, un affresco nella “Sala del Mappamondo” del Palazzo Pubblico, fu eseguita da Simone Martini che fu probabilmente allievo di Duccio, tra il 1312 e il 1315. La Maestà di Simone Martini è più vicina allo stile gotico , già acquisita dagli orafi senesi, e tiene conto della novità di Giotto nella rappresentazione dello spazio, la cui profondità è data dalla prospettiva di raffigurazione del baldacchino e dalla disposizione delle figure attorno al trono. La Madonna col Bambino di Lucignano d’Arbia è tuttora attribuita a Simone Martino e al tavolo con il beato Agostino Novello, entrambi nella Pinacoteca Nazionale. Nel 1328, tornato a Siena, Simone Martini eseguì un altro affresco nella “Sala del Mappamondo”, Guidoriccio da Fogliano, all’assedio di Montemassi.

A Pietro Lorenzetti, anch’egli della scuola duccesca e sensibile alle novità giottesche, dobbiamo la Pala del Carmine della Galleria Nazionale d’Arte (1329), una pala d’altare raffigurante la Madonna con Bambino e Santi, caratterizzata come le sue altre opere da gesti spontanei e da parla di sguardi di figure sacre. Insieme a suo fratello Ambrogio nel 1335 eseguì gli affreschi sulla facciata dell’ospedale di Santa Maria della Scala, persi nel XVIII secolo. I resti della Crocifissione del ciclo di affreschi nella sala capitolare della chiesa di San Francesco (1336-1337), conservati in una cappella della chiesa, e il Cristo risorto, nel Museo Diocesano. Dallo stesso periodo l’affresco mutilato della chiesa di San Domenico con un cavaliere presentato alla Vergine da San Giovanni Battista.

Al fratello di Pietro, Ambrogio Lorenzetti, dobbiamo gli affreschi del Buon Governo e del Cattolico Governo, nella “Sala della Pace” del Palazzo Pubblico (1337-1339 e ancora la Madonna del Latte nel Museo Diocesano, affreschi con scene di la vita di San Francesco nella chiesa del santo e la Maestà di Sant’Agostino, una lunetta affrescata nella chiesa di Sant’Agostino, la sua Annunciazione, ora agli Uffizi, mostra le prime ricerche spaziali (piastrelle) e figure con volumi calmi e gravi.

Negli stessi anni la scultura con Tino da Camaino, Goro di Gregorio e Giovanni d’Agostino mostra la volontà di procedere lungo lo stesso percorso della pittura gotica di Simone Martini, con atteggiamenti sinuosi ed eleganti e ritmi sfusi di drappeggio.

Seconda metà del XIV secolo
Nella seconda metà del XIV secolo si succedettero diversi pittori che svilupparono i modelli di Simone Martini e dei Lorenzetti, come l’illuminatore Niccolò di ser Sozzo (Assunta del Caleffo bianco, nell’Archivio di Stato ) o Luca di Tommè (polittico di Sant’Anna Metterza), che insieme firmarono il polittico con Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista, Tommaso, Benedetto e Stefano, datato al 1362.

A Bartolomeo Bulgarini (per la critica forse in coincidenza con Ugolino Lorenzetti e il Maestro dell’Ovile) è attribuita un’Assunzione della Pinacoteca Nazionale, ricoperta d’oro, a Lippo Vanni, illuminatore e pittore, l’affresco monocromo della Battaglia della Val di Chiana, nella “Sala del Mappamondo” del Palazzo Pubblico, e il ciclo di Storie della Vergine affrescate nella chiesa di San Leonardo al Lago.

Un po ‘più tardi è Bartolo di Fredi (Adorazione dei Magi, nella Pinacoteca Nazionale, che sprigiona un vivace tono narrativo e un gusto per la descrizione di dettagli lussuosi), che ha tenuto insieme ad Andrea di Vanni, quest’ultimo prendendo parte a un vero e vero il suo stesso revival delle vie di Simone Martini (affresco di Santa Caterina e devoto nella chiesa di San Domenico, 1390), nel quale partecipò Jacopo di Mino del Pellicciaio (Incoronazione di Santa Caterina d’Alessandria, nella Pinacoteca Nazionale) Paolo di Giovanni Feifused la spazialità di Pietro Lorenzetti con l’eleganza dei gesti di Simone Martini (Natività della Vergine della Pinacoteca Nazionale).

Tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, Taddeo di Bartolo è l’autore di un’Annunciazione nel 1409, che ricorda in parte il famoso di Simone Martini, estendendolo in forme più ampie e più tranquille e con un sapiente equilibrio cromatico e negli stessi anni affrescò la “cappella dei Nove” nel Palazzo Pubblico, dove personaggi famosi dell’antichità sono raffigurati con i primi cartigli umanistici in latino, presi come esempi di buon governo. Negli stessi anni la “Sala di Balia”, anch’essa del Palazzo Pubblico, fu affrescata dallo straniero Spinello Aretino insieme al figlio Parri, con Storie di Popo Alessandro III, da Siena, mentre la volta era affrescata con figure di santi di Martino di Bartolomeo.

Nella seconda metà del secolo la scultura abbandonò la lezione dei maestri del periodo precedente per tornare ai modelli di Nicola e Giovanni Pisano: tra gli scultori senesi c’era anche Piero d’Angelo, padre di Jacopo della Quercia.

XV secolo
Nel XV secolo la pittura senese seguì la propria tradizione, accogliendo superficialmente solo la prospettiva e nuovi schemi compositivi da Firenze: i modelli rimasero l’Annunciazione di Simone Martini e l’affresco del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti.

Stefano di Giovanni, detto il Sassetta, formatosi a Siena, aveva ricevuto l’interesse per la prospettiva Lorenzetti, approfondito per la conoscenza della pittura fiorentina contemporanea, e allo stesso tempo fu influenzato dallo stile gotico internazionale di Gentile da Fabriano. Nel 1423 eseguì la Pala della Lana, pala d’altare per l’omonima corporazione oggi dispersa tra vari musei, nel 1432 la Madonna della Neve per il Duomo, oggi agli Uffizi. Alcune tavolette, da dipinti più grandi dispersi, sono conservati nella collezione Chigi Saracini.

Il Maestro dell’Osservanza, forse da identificare con Sano di Pietro all’inizio della sua carriera e fortemente influenzato dal Sassetta, prende il nome da una Madonna col Bambino e dai santi Ambrogio e Gerolamo della Basilica dell’Osservanza. La prima opera conosciuta di Sano di Pietro è il Polittico dei Gesuati nella Pinacoteca Nazionale, datato 1444, dove ripete stili e composizioni già consolidate. La sua vena narrativa si esprime nei piccoli formati delle predelle e nelle scene di cronaca cittadina (Predicazione di San Bernardino in Piazza del Campo e Sermone di San Bernardino in Piazza San Francesco).

Giovanni di Paolo è influenzato dalla pittura tardo-gotica lombarda e fiamminga, visibile nell’importanza data al paesaggio, irreale, che domina lo sfondo, con un’attenta definizione dei dettagli anche a grande distanza (Madonna dell’Umiltà del 1435, nel Pinacoteca nazionale). Pietro di Giovanni d’Ambrogio fu invece più ricettivo alle novità della pittura rinascimentale fiorentina e produsse opere con novità iconografiche e compositive.

Le numerose immagini della Vergine dipinte da Matteo di Giovanni rivelano la continuazione della tradizione locale, nonostante l’attenzione rivolta alla ricerca anatomica fiorentina. A lui si devono anche gli affreschi con la Strage degli Innocenti del Palazzo Pubblico, con composizione affollata ed espressione esasperata di sentimenti. I suoi studenti, che hanno lavorato negli ultimi anni del secolo, sono stati Guidoccio Cozzarelli e Pietro di Francesco Orioli (Visitazione alla Pinacoteca Nazionale, che comprende influenze di Domenico Ghirlandaio).

Domenico di Bartolo fu il primo pittore senese a produrre opere chiaramente rinascimentali come la Madonna dell’Umiltà del 1433, nella Pinacoteca Nazionale, con lo scorcio delle gambe e del cartiglio e le facce degli angeli musicanti che richiamano i modelli di Filippo Lippi. Negli anni tra il 1441 e il 1444 dipinse un ciclo di affreschi sulla storia dell’istituzione e le sue attività quotidiane per il “Pellegrinaio” dell’ospedale di Santa Maria della Scala. Il sogno della madre del Beato Sorore è dovuto a Lorenzo di Pietro, detto Vecchietta, negli anni tra il 1446 e il 1449, gli affreschi della “Sagrestia Vecchia” dello stesso complesso. Il Vecchietta si è formato a Firenze e ha lavorato con Masolino da Panicale ed è arrivato a Siena per presentare le novità fiorentine nella tradizione locale. Fu responsabile di numerose opere: l’Arliquiera dell’Ospedale (gabinetto dipinto per conservare le reliquie), con figure di santi e scene della Passione di Cristo inquadrate in ambienti resi in prospettiva, l’affresco con la Pietà proveniente dalla chiesa di San Francesco in il Museo Diocesano, gli affreschi del Battistero del Duomo (1450-1453), aggiornati alle novità fiorentine nel quadro architettonico, nelle anatomie dei personaggi e negli sfondi del paesaggio.

Importante fu il soggiorno a Siena dei due illuminatori della Valle del Po, Liberale da Verona (dal 1466) e Girolamo da Cremona, allievo di Andrea Mantegna (dal 1470), che introdusse una varietà di atteggiamenti e atteggiamenti in figure di solida concezione e libertà nell’uso del colore sconosciuto alla tradizione locale.

Francesco di Giorgio Martini ha formato un laboratorio con numerosi collaboratori, che ha incorporato le influenze fiorentine di Sandro Botticelli. Neroccio di Bartolomeo de ‘Landi, addestrato com’era all’officina della Vecchietta, fu membro fino al 1475; ha utilizzato un’approfondita conoscenza della cultura artistica contemporanea all’interno del tradizionale linearismo senese. Anche allievo del Vecchietta fu Benvenuto di Giovanni, autore degli affreschi con I Miracoli di Sant’Antonio nel Battistero del Duomo. Il figlio Girolamo di Benvenuto ha continuato il laboratorio.

Nell’ultimo decennio del secolo Luca Signorelli soggiornò a Siena, che dipinse gli affreschi monocromi della Sibilla eritrea e della Sibilla tiburtina nella cappella Bichi della chiesa di Sant’Agostino.

Nello stesso secolo la scultura vide la presenza a Siena di Lorenzo Ghiberti e Donatello, nonché del senese Jacopo della Quercia. Allo stesso tempo, la tradizione locale della scultura in legno policroma continua (Domenico di Niccolò, Francesco di Valdambrino). Numerose sono anche le opere scultoree tra i suddetti pittori (Vecchietta, Francesco di Giorgio Martini, Neroccio di Bartolomeo de ‘Landi, Giacomo Cozzarelli), mentre solo gli scultori erano Antonio Federighi e Giovanni di Stefano, figlio del Sassetta.

I vari artisti attivi a Siena, soprattutto nel XV secolo, fornirono anche i disegni per i pannelli in marmo sul pavimento del Duomo.

XVI secolo
L’ultima importante stagione dell’arte senese avvenne nel XVI secolo, quando la città, autonoma e nascosta da Firenze, subì un notevole sviluppo sotto la signoria di Pandolfo Petrucci. Il principale sito di costruzione artistica era ancora il Duomo, dove Michelangelo lavorò anche nel 1501 e dove il Pinturicchio, nel 1502, affrescò la Libreria Piccolomini usando, in parte, i disegni di Raffaello. Grande impegno è stato fatto anche nel completamento del piano storico.

Importanti sviluppi avvennero con l’arrivo nella città del pittore piemontese Giovanni Antonio Bazzi, detto Sodoma, che arricchì le composizioni del Perugino con le innovazioni di Leonardo che aveva visto a Milano, ma fu soprattutto Domenico Beccafumi a creare uno stile sperimentale basato sugli effetti. di fluidità di luce, colore e design. Nelle sue opere, come la Santa Caterina che riceve le stimmate, si può vedere l’ispirazione alla tradizione quattrocentesca (dal Perugino), ma con una sensibilità spaziale più grandiosa, figure allungate e sottili, espressioni assorbite e una sensibilità molto personale per luce e colore

Nell’inevitabile competizione tra i due artisti, l’ispirazione originale di Beccafumi ha perso alcune commissioni a favore delle forme più classiche e rassicuranti di Sodoma. Una figura di mediazione fu quella di Bartolomeo Neroni, detto Riccio, che ebbe un gran numero di studenti e continuatori, attivi su tutto il territorio senese. Alessandro Casolani fu un valido successore di Beccafumi.

Quando morì Beccafumi, dopo aver lavorato ininterrottamente per quarant’anni nella sua città, era il 1551. Solo due anni dopo, nel 1553, la città fu conquistata vivamente da Cosimo I de ‘Medici, perdendo la sua indipendenza secolare e, praticamente, anche il suo ruolo come capitale artistica.

XVII secolo
All’inizio del XVII secolo, la cultura artistica della città aveva accettato le esigenze della Controriforma, sviluppando un delicato colorismo derivato dall’esempio di Beccafumi e Federico Barocci, i cui protagonisti erano Ventura Salimbeni e Francesco Vanni. Sulla scia di questi due pittori, Rutilio Manetti, che fu inviato dai Medici a Roma nel 1623, mosse anche i suoi primi passi. Qui è colpito dalle novità dei caravaggisti, diventando uno dei migliori seguaci di Merisi in Toscana, in grado di combinare una pennellata spessa e pastosa con giochi espressivi di luci e ombre.

Dopo la metà del secolo, Bernardino Mei, protetto dal cardinale Fabio Chigi, era un interprete della pittura barocca ispirata alla scena romana.

Elenco di artisti

1251-1300
Guido da Siena

1301-1350
Duccio di Buoninsegna
Segna di Buonaventura
Niccolò di Segna
Simone Martini
Lippo Memmi
Naddo Ceccarelli
Ambrogio Lorenzetti
Pietro Lorenzetti
Bartolomeo Bulgarini
Ugolino di Nerio
Lippo Vanni

1351-1400
Bartolo di Fredi
Andrea Vanni
Francesco di Vannuccio
Jacopo di Mino del Pellicciaio
Niccolò di Bonaccorso
Niccolò di Ser Sozzo
Luca di Tommè
Taddeo di Bartolo
Andrea di Bartolo
Paolo di Giovanni Fei
(Maestro del Trittico di Richardson)

1401-1450
Benedetto di Bindo
Domenico di Bartolo
Giovanni di Paolo
Gregorio di Cecco
Martino di Bartolomeo
Maestro dell’Osservanza Trittico
Pietro di Giovanni d’Ambrogio
Priamo della Quercia
Sano di Pietro
Sassetta (Stefano di Giovanni)
Lorenzo di Pietro (Vecchietta)

1451 – 1500
Nicola di Ulisse
Matteo di Giovanni
Benvenuto di Giovanni
Carlo di Giovanni
Francesco di Giorgio Martini
Neroccio di Bartolomeo de ‘Landi
Pietro di Francesco degli Orioli
Guidoccio Cozzarelli
Bernardino Fungai
Pellegrino di Mariano
Andrea di Niccolò
Pietro di Domenico

1501-1550
Girolamo di Benvenuto
Giacomo Pacchiarotti
Girolamo del Pacchia
Domenico Beccafumi
Il Sodoma (Giovanni Antonio Bazzi)
Riccio Sanese (Bartolomeo Neroni)

1601-1650
Francesco Vanni
Ventura Salimbeni
Rutilio Manetti