Il Castello Sforzesco si trova a Milano, nel nord Italia. Fu costruito nel 15 ° secolo da Francesco Sforza, duca di Milano, sui resti di una fortificazione del 14 ° secolo. Più tardi rinnovato e ampliato, nel XVI e XVII secolo fu una delle più grandi cittadelle d’Europa. Ampiamente ricostruito da Luca Beltrami nel 1891–1905, oggi ospita numerosi musei e collezioni d’arte della città.

Grandemente trasformato e modificato nel corso dei secoli, il Castello Sforzesco fu, tra il XVI e il XVII secolo, una delle principali cittadelle militari d’Europa; restaurato in stile storicistico da Luca Beltrami tra il 1890 e il 1905, oggi ospita istituzioni culturali e importanti musei. È uno dei più grandi castelli d’Europa e uno dei simboli principali di Milano e della sua storia.

Storia

Le premesse
La costruzione di una fortificazione con funzioni puramente difensive fu iniziata nella seconda metà del XIV secolo dalla dinastia dei Visconti, che aveva detenuto la signoria di Milano per quasi un secolo, poiché nel 1277 l’arcivescovo Ottone Visconti aveva sconfitto nella battaglia di Desio e guidato da Milano il precedente Signore, Napoleone della Torre. Nel 1354 l’arcivescovo morente Giovanni Visconti lasciò il ducato ai tre nipoti Matteo II, Galeazzo II e Bernabò.

Tra il 1360 e il 1370 Galeazzo Visconti ebbe una fortificazione, chiamata Castello di Porta Giovia, costruita a Porta Giovia (o Zobia), a Porta Giovia (o Zobia), dal nome di Porta Giovia romana, un antico ingresso alle mura romane mura di Milano, che a loro volta devono il suo nome a Giovio, soprannome dell’imperatore Diocleziano. In epoca romana, nella stessa zona in cui fu costruito il castello medievale di Porta Giovia, c’era l’omonimo Castrum Portae Jovis, uno dei quattro castelli difensivi della Milano romana.

Il Castrum Portae Jovis iniziò a coprire, a partire dal 286, quando Milano divenne la capitale dell’Impero Romano d’Occidente, anche la funzione di Castra Praetoria, o della caserma pretoriana, un dipartimento militare che svolgeva le funzioni di guardia del corpo dell’imperatore. Questa zona era quindi il “Campo Marzio” di Milano, o l’area consacrata a Marte, dio della guerra, che veniva utilizzata per esercitazioni militari.

I Visconti e gli Sforza
Il castello medievale di Porta Giovia fu ampliato dai suoi successori: Gian Galeazzo Visconti, che divenne il primo duca di Milano, Giovanni Maria e Filippo Maria, che per primi spostarono il cortile dal palazzo ducale che si trovava vicino alla Cattedrale (oggi Palazzo Reale). Il risultato fu un castello di forma quadrata, con lati lunghi 200 metri e quattro torri agli angoli, di cui due di fronte alla città particolarmente imponenti, con mura perimetrali di 7 metri di spessore. L’edificio divenne così una residenza permanente della dinastia Visconti, per poi essere distrutto nel 1447 dall’Aurea Repubblica Ambrosiana, formata dai nobili milanesi dopo l’estinzione della dinastia Visconti a morte senza legittimi eredi del duca Filippo Maria.

Fu il capitano mercenario Francesco Sforza, marito di Bianca Maria Visconti, che iniziò la ricostruzione nel 1450 per farne la sua residenza dopo aver demolito la Repubblica e aver così conquistato Milano. Senza uno stemma, Sforza mantenne la vipera dei Visconti come emblema della sua casa. A quel tempo era solo uguale al castello di Het Steen ad Anversa.

Nel 1452 Filarete fu assunto dal duca per la costruzione e la decorazione della torre mediana, che è ancora chiamata Torre del Filarete; in seguito gli successe l’architetto militare Bartolomeo Gadio. Alla morte di Francesco Sforza, gli successe il figlio Galeazzo Maria che fece proseguire i lavori dall’architetto Benedetto Ferrini. In questi anni fu avviata una grande campagna di affreschi nelle sale della corte ducale, affidata ai pittori del ducato, di cui l’esempio più prezioso è la cappella ducale dove lavorava Bonifacio Bembo. Nel 1476, sotto la reggenza di Bona di Savoia, fu costruita l’omonima torre.

Nel 1494 Ludovico il Moro salì al potere e il castello divenne la sede di una delle corti più ricche e magnifiche d’Europa. La decorazione delle stanze fu chiamata artisti come Leonardo da Vinci (che affrescò diverse sale dell’appartamento ducale, insieme a Bernardino Zenale e Bernardino Butinone) e Bramante (forse per un piccolo ponte che collegava il castello alla cosiddetta strada coperta ), mentre molti pittori affrescarono la Sala della Balla illustrando le gesta di Francesco Sforza. Il dipinto di Di Leonardo in particolare rimane La pianta si intreccia con frutti e monocromi di radici e rocce nella Sala delle Asse, dal 1498, mentre non rimane nulla del colossale monumento equestre a Francesco Sforza, distrutto dai soldati francesi prima di essere completato.

Negli anni seguenti il ​​castello fu infatti danneggiato dai continui attacchi che le truppe francesi, milanesi e germaniche si scambiarono; fu aggiunto un baluardo allungato chiamato “tenaglia”, che dà il nome al cancello vicino e forse progettato da Cesare Cesariano, ma nel 1521 la Torre del Filarete crollò perché un soldato francese per errore esplose una bomba dopo che la torre fu usata come arsenale . Tornando al potere e al castello, Francesco II Sforza ristrutturò e allargò la fortezza, dandole una parte sontuosa di sua moglie Cristina di Danimarca.

Sotto gli spagnoli e gli Asburgo
Passato sotto il dominio spagnolo, il castello nel 1535 (governatore Antonio de Leyva) perse il suo ruolo di residenza nobiliare, che passò al Palazzo Ducale, e divenne il fulcro della nuova cittadella, sede delle truppe militari iberiche: il presidio era uno dei più grandi d’Europa, che vanno da 1000 a 3000 uomini, guidato da un castellano spagnolo.
Nel 1550 iniziarono i lavori per il rafforzamento delle fortificazioni, con l’aiuto di Vincenzo Seregni: fu costruito un nuovo sistema difensivo, prima pentagonale e poi esagonale (tipico della fortificazione moderna)): una stella a sei punte poi portata a 12 con la aggiunta di mezzalune speciali. Le difese esterne raggiunsero così la lunghezza totale di 3 km e coprirono un’area di circa 25,9 ettari. Le antiche sale affrescate venivano utilizzate come falegnameria e dispense, mentre nei cortili venivano costruite delle cappelle in muratura.

All’inizio del diciassettesimo secolo l’opera fu completata con fossati che separavano completamente il castello dalla città e la “strada coperta”.

Quando la Lombardia passò dalla Spagna agli Asburgo d’Austria, per mano del grande generale Eugenio di Savoia, il castello mantenne la sua destinazione militare. L’unica nota artistica del dominio austriaco è la statua di San Giovanni Nepomuceno, protettore dell’esercito austriaco, collocata nel cortile di Piazza d’armi.

Le modifiche napoleoniche
Con l’arrivo in Italia di Napoleone, l’arciduca Ferdinando d’Austria lasciò la città il 9 maggio 1796, lasciando una guarnigione di 2.000 soldati al Castello, sotto il comando del tenente colonnello Lamy, con 152 cannoni e buone scorte di polvere, fucili e Per anni. Respinto un primo attacco non realistico da parte di un gruppo di milanesi filo giacobini, subì l’assedio francese, che durò dal 15 maggio alla fine di giugno. Inizialmente Napoleone ordinò di ripristinare le sue difese, per ospitare un presidio di 4.000 uomini. Nell’aprile del 1799 dovette subire l’assedio delle truppe austro-russe rientranti ma, già un anno dopo, il giorno dopo Marengo, fu ristabilita la dominazione francese.

Già nel 1796 fu presentata una prima petizione popolare che richiedeva la demolizione del castello inteso come simbolo dell ‘”antica tirannia”. Con un decreto del 23 giugno 1800, Napoleone ordinò effettivamente la sua demolizione totale. Fu costruito a partire dal 1801, solo in parte per le torri laterali e totalmente per i bastioni spagnoli fuori dal palazzo Sforza, di fronte a una popolazione esultante.

Nel 1801 l’architetto Antolini presentò un progetto per la rielaborazione del castello in forme visibilmente neoclassiche, con un atrio a dodici colonne e circondato dal primo progetto di Foro Buonaparte: una piazza circolare di circa 570 metri di diametro, circondata da un serie infinite di edifici pubblici monumentali (i Bagni, il Pantheon, il Museo Nazionale, la Borsa, il Teatro, la Dogana), collegati da portici sui quali si sarebbero aperti magazzini, negozi ed edifici privati. Il progetto fu respinto da Napoleone, il 13 luglio dello stesso anno, perché era troppo costoso e, di fatto, sproporzionato per una città di circa 150.000 abitanti.

Fu quindi preso in considerazione un secondo progetto, presentato dalla Canonica, che limitava l’intervento all’unica parte di fronte all’attuale via Dante (che porta ancora il nome dell’ambizioso progetto: Foro Bonaparte) mentre la vasta area retrostante era adibita a piazza d’armi, incoronato, anni dopo, dall’Arco della Pace, da Cagnola, a quel tempo dedicato a Napoleone.

Dopo Napoleone
Pochi anni dopo, nel 1815, Milano e il regno lombardo-veneto furono annessi all’Impero austriaco, sotto il dominio degli austriaci di Bellegarde e il castello, arricchito con tende, passaggi, prigioni e fossati, divenne tristemente famoso perché durante il rivolta dei milanesi nel 1848 (i cosiddetti Cinque giorni di Milano), il maresciallo Radetzky darà l’ordine di bombardare la città con i suoi cannoni. Durante i tragici eventi delle guerre di indipendenza italiane, gli austriaci si ritirarono per qualche tempo e i milanesi colsero l’occasione per smantellare parte delle difese di fronte alla città. Quando nel 1859 Milano è definitivamente Savoia e dal 1861 parte del Regno d’Italia, la popolazione invade il castello saccheggiandolo in segno di vendetta.

Circa venti anni dopo il castello fu oggetto di dibattito: molti milanesi proposero di demolirlo per dimenticare i secoli di giogo militare e soprattutto per costruire un quartiere residenziale. Tuttavia prevalse la cultura storica e l’architetto Luca Beltrami sottopose il Castello a un diffuso restauro, quasi una ricostruzione, che aveva lo scopo di riportarlo alle forme della signoria Sforza. Il restauro fu completato nel 1905, con l’inaugurazione della Torre del Filarete, ricostruita sulla base di disegni del XVI secolo e dedicata al re Umberto I assassinato alcuni anni prima. La torre costituisce anche lo sfondo prospettico della nuova via Dante.

Nella vecchia parata, vengono piantate centinaia di piante del polmone verde della nuova città, il Parco del Sempione, un giardino paesaggistico in stile inglese. Il Foro Bonaparte è stato ricostruito per scopi residenziali prima del castello.

XX secolo
Nel corso del 20 ° secolo il castello fu danneggiato e ristrutturato dopo la seconda guerra mondiale; negli anni novanta fu costruita una grande fontana in piazza castello ispirata a una precedentemente installata sul sito che fu smantellata negli anni sessanta durante i lavori per la costruzione della prima linea della metropolitana e non più rimessa a nuovo dopo la fine dei lavori.

Dopo il restauro, è diventato la sede di numerose istituzioni culturali. In passato ha ospitato:

la galleria d’arte moderna (dal 1903 al 1920)
la High School of Applied Arts del Castello Sforzesco (1906-1999)

Attualmente le case complesse:

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Pinacoteca del Castello Sforzesco: una ricca collezione di dipinti, tra cui opere di Filippo Lippi, Antonello da Messina, Andrea Mantegna, Canaletto, Correggio, Tiepolo
Museo archeologico, nelle due sezioni ː Museo della Preistoria e Museo Egizio
Museo di arte antica
Museo della Pietà Rondanini – Michelangelo
Museo degli strumenti musicali
Museo del mobile e delle sculture in legno
Collezioni civiche di arte applicata
Collezioni extraeuropee
Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana, che contiene anche il Codice Trivulziano di Leonardo da Vinci
Biblioteca d’arte
Archivio Civico di Milano
Collezione civica di stampe Achille Bertarelli
Gabinetto dei disegni civico
Biblioteca del castello
CASVA (Center for Higher Studies in Visual Arts)

così come numerose mostre temporanee.

Nel 2005 è stato completato l’ultimo restauro dei cortili e delle sale.

Descrizione
Demolita, come dicevamo, durante il diciannovesimo secolo, il muro di fortificazione esterno, chiamato “Ghirlanda”, quello che vediamo oggi del castello è la parte più antica, costruita nel XIV e XV secolo. Questa struttura ha una pianta quadrata, con lati lunghi duecento metri. I quattro angoli sono costituiti da torri, ciascuna orientata secondo uno dei punti cardinali. Le torri sud e est, che incorniciano la facciata principale verso la cattedrale, hanno una forma cilindrica, mentre le altre due, che incorniciano la facciata verso il parco, hanno una pianta quadrata e sono chiamate “Falconiera” a nord e “Castellana” il Ovest. L’intero perimetro del castello è ancora circondato dall’antico fossato, oggi non più allagato.

La facciata di fronte al centro della città fu costruita a metà del XV secolo durante la ricostruzione commissionata dal duca Francesco. Di questo periodo le due torri laterali a pianta circolare, ricoperte di bugnato a punta di diamante, utilizzate nel corso dei secoli come carceri, e dalla fine del XIX secolo ospitano acquedotti. All’interno conservano ancora tracce dei sotterranei in cui i patrioti furono imprigionati durante il periodo del Risorgimento. I merli medievali sono il risultato di un restauro ottocentesco; erano stati infatti demoliti per far posto ai grandi cannoni e ad altri artiglieria che venivano issati sulle torri, con l’obiettivo di minacciare la città nei secoli in cui il castello ospitava la guarnigione austriaca, come si può vedere dai dipinti dell’epoca .

La torre Filarete
La torre centrale, la più alta del castello, che è l’ingresso principale, è chiamata Torre di Filarete, il nome dell’architetto toscano chiamato a progettarla dal duca Francesco I. Distrutto da un’esplosione all’inizio del XVI secolo, fu ricostruita nei primi anni del 1900 sul luogo della scomparsa originale. La ricostruzione fu affidata all’architetto Luca Beltrami e avvenne sulla base di antiche raffigurazioni che furono trovate sullo sfondo di una Madonna col Bambino della scuola Leonardo oggi conservata all’interno del Castello, e di un antico affresco nella Cascina Pozzobonelli, così come su di Vigevano.

Infatti, nella struttura segue gli elementi di quest’ultimo, sebbene sia costruito con proporzioni diverse che gli conferiscono un aspetto più massiccio. Il potente maschio che forma la sua base, a pianta quadrata, è sormontato da un’alta banda di merlature che sporgono su mensole di pietra, a sostegno delle merlature a coda di rondine. Su questo corpo, coperto da un tetto, sorge un secondo, più stretto, che termina sempre in merlature ghibelline, su cui Beltrami progettò un orologio con la cosiddetta “razza” viscontea al centro, il sole radiante che costituisce l’impresa di Gian Galeazzo Visconti, primo duca di Milano. Segue un terzo corpo, sempre con una base quadrangolare, con a

A coronamento di tutto, una loggia ottagonale regge una cupola tondeggiante. Una decorazione della torre fu posta, immediatamente sopra l’arco d’ingresso, un bassorilievo in marmo di Candoglia con il re Umberto I a cavallo, il sovrano assassinato nel palazzo di Monza nel 1900, a cui la torre fu dedicata alla sua inaugurazione di tre anni dopo. Sopra è invece una statua di Sant’Ambrogio nella sua iconografia tradizionale con i paramenti arcivescovili e la frusta, affiancata dagli stemmi dei sei duchi di Milano della dinastia Sforza: Francesco I, Galeazzo Maria, Gian Galeazzo, Ludovico il Moro , Massimiliano e Francesco II.

Anteriore e posteriore “Ponticella di Ludovico il Moro”
La facciata posteriore è la più antica, in corrispondenza degli edifici del XIV secolo costruiti da Galeazzo Visconti. È divisa in due dalla Porta del Barco, così come l’area boschiva situata nell’area dell’attuale Corso Sempione, utilizzata come riserva di caccia.

Sul lato destro del Castello si trova la Porta dei Carmini, mentre più indietro si trova la cosiddetta Ponticella di Ludovico il Moro, una struttura a ponte che collegava gli appartamenti ducali alle mura esterne oggi scomparse. Le sue linee esterne, di purezza geometrica e grazia rinascimentale, si staccano chiaramente dal resto dell’edificio. Il suo progetto è infatti attribuito, anche se senza certi risultati, a Donato Bramante, che era alla corte dei Mori dalla fine degli anni settanta del XV secolo. Il suo fronte principale è costituito da una lunga loggia che occupa tutta la sua lunghezza, con un’alta trabeazione sostenuta da sottili colonne di pietra liscia. Nelle sale di questo ponte, narrano le cronache del tempo, Ludovico fu rinchiuso per il lutto della sua amata moglie Beatrice d’Este, quindi chiamato per questo “Salette Nere”

Sul lato sinistro, oltre la Porta di Santo Spirito, si trovano i resti di un corvo che apparteneva alle fortificazioni di Ghirlanda, i cui resti sono in parte visibili anche sul lato rivolto verso il Parco Sempione.

La parata
L’attuale quadrilatero del castello contiene tre corti distinte: l’ampio terreno da parata, così chiamato perché destinato a ospitare le truppe di stanza nel castello, il cortile della rocchetta e la corte ducale, che costituiva l’effettiva residenza dei duchi prima e poi dei governatori. Le due corti sono separate dalla parata dal fossato morto, parte dell’antico fossato medievale dove si trovano le fondamenta del castello di Porta Giovia.

La parte sinistra della parata è occupata dal cosiddetto ospedale spagnolo, casa costruita nel 1576 per il ricovero dei castellani infetti dalla peste, restaurata nel corso del 2015 per trasferire la Rondanini Pieta di Michelangelo. Il lato destro della piazza è invece utilizzato come esposizione di reperti rinascimentali di Milano. In particolare, i prospetti di due edifici del XV secolo demoliti all’inizio del XX secolo sono stati riassemblati qui. La facciata a destra della porta del carmini, con un portico con colonne e due piani sovrastanti con finestre ad arco, proviene dal Malastalla, poiché le antiche carceri milanesi erano, soprattutto, destinate a quelle insolventi, poste in Via Orefici, soppresso nel 1787 quando i prigionieri furono trasferiti nel Palazzo del Capitano di Giustizia. La facciata con le sue originali decorazioni in terracotta fu trasferita qui negli anni ’30 in seguito alla demolizione dell’antico edificio della prigione. La facciata laterale apparteneva invece a una residenza quattrocentesca in via Bassano Porrone, distrutta nel 1902 con la riorganizzazione del Cordusio.

Al centro della parata si trova la statua barocca di San Giovanni Nepomuceno, commissionata dall’ultimo signore della fortezza, Annibale Visconti di Brignano, nel 1729.

La Rocchetta
Vicino alla statua di San Giovanni Nepomuceno (dalla popolazione milanese chiamata San Giovanni né più né meno), una porta conduce al cortile della corte ducale, di forma rettangolare e con un portico su tre lati.
Sul lato opposto si trova la Rocchetta, la parte del castello più inespugnabile in cui gli Sforza si rifugiarono in caso di emergenza. Si compone di un cortile quadrato, con quattro lati dell’altezza di cinque piani. In origine aveva un solo ingresso, costituito da un ponte levatoio che attraversa il fossato morto permettendo l’accesso dal campo di parata. Lo stretto passaggio alla corte ducale fu aperto solo più tardi. I quattro lati della corte non sono né uniformi nello stile e nella decorazione, né per periodo di costruzione. Le prime due tende ad alzarsi furono quelle verso l’esterno del castello e presentano un’elevazione omogenea. Un grande portico corre a livello del suolo sorretto da colonne di pietra che sostengono archi a tutto sesto, mentre sopra sono tre ordini di finestre: una prima fascia di piccole aperture rettangolari, seguito da una fascia di grandi finestre a lancetta ogivale e una più piccola su scala minore, entrambe con cornici in terracotta. Le ultime due ali, aggiunte al tempo del Moro, presentano diverse elevazioni: il lato verso la corte ducale è anche un portico, ha un quarto ordine di aperture, mentre il lato verso il terreno di sfilata, non arcuato, è caratterizzato da un fascia di piccoli archi sostenuti da mensole in pietra.
I recenti restauri hanno portato alla luce le originali decorazioni a forma di graffiti degli intonaci delle facciate e le cornici affrescate delle aperture che simulano le decorazioni in terracotta. Di particolare bellezza sono gli affreschi con motivi decorativi sulle volte e i capitelli in pietra.

Tra le decorazioni rinascimentali vi sono alcuni stemmi con le varie compagnie delle famiglie Visconti e Sforza, tra cui:

La colomba con il motto “A bon droit” (giustamente), attribuita a Francesco Petrarca, che era ambasciatore di Gian Galeazzo, come un desiderio di pace e legalità per il ducato.
Il Morso con il motto “Ich vergies nicht” (non dimentico), un avvertimento per frenare l’impulsività e l’arroganza.
la corona ducale attraversata da due rami intrecciati di palma e ulivo, simboli di pace e umiltà, l’impresa di Filippo Maria Visconti.
il Veltro legato da una mano divina a un albero, un’impresa di Francesco Sforza.

La rocchetta è difesa da due torri: la torre di Bona di Savoia, tra la rocchetta e la piazza d’armi, e la torre del tesoro o della Castellana, nell’angolo ovest del castello.
La cosiddetta torre di Bona fu costruita nel 1477, durante la reggenza della vedova duchessa piemontese a seguito dell’assassinio del marito Galeazzo Maria il 26 dicembre dell’anno precedente, come è menzionato sul grande emblema di marmo apposto sulla torre. Appartiene alle opere di difesa costruite durante il periodo di incertezza politica in coincidenza con il governo di Cicco Simonetta e la duchessa Bona, a nome di suo figlio Gian Galeazzo, che aveva solo sette anni.
All’angolo opposto, la torre di Castellana. Questa torre era anche conosciuta come il Tesoro come il tesoro del ducato, costituito da monete e metalli preziosi, gioielli e gioielli descritti dagli ambasciatori dell’epoca che erano ammessi alla visita erano custoditi nelle sale al piano terra. A guardia della stanza c’è un affresco con la figura di Argo, mitico guardiano che non dormiva mai, chiudendo solo due dei suoi cento occhi alla volta. L’opera rinascimentale, che purtroppo perse la testa durante una ricostruzione della volta della sala, risale alla fine del XV secolo ed è stata variamente attribuita a Bramante o al suo allievo Bramantino.

La corte ducale
Gli appartamenti dei Duchi e il fulcro della vita di corte durante il Rinascimento erano situati in quella che ora è chiamata Corte Ducale.
La corte è a forma di U e occupa la zona nord del castello. Fu costruito e decorato nella seconda metà del XV secolo principalmente da Galeazzo Maria Sforza, che vi risiedette dal suo matrimonio con Bona nel 1468 fino alla sua morte, e Ludovico il Moro che vi risiedette durante tutti i vent’anni del suo ducato .
Sebbene danneggiato e modificato nei quattro secoli successivi in ​​cui fu trasformato in caserma, i restauri del XIX secolo hanno ricostruito il suo aspetto e le sue decorazioni rinascimentali.
I due lati più lunghi del cortile sono coperti da un leggero intonaco con decorazioni antigraffio, che si aprono sui due piani di ogiva con cornici decorate in terracotta, restaurate sulla base delle cornici meglio conservate delle cornici.
Il lato inferiore è costituito dal cosiddetto Portico dell’Elefante, un armonico portico sorretto da colonne in pietra che ospita un affresco sbiadito raffigurante animali esotici tra cui un leone e, appunto, un elefante. Sotto il portico è oggi collocata la lapide, in caratteri latini, che si trovava di fronte alla “famigerata Colonna” nell’odierna Piazza Vetra. La colonna fu eretta nel 1630 sul sito della casa di Gian Giacomo Mora, ingiustamente accusato di aver diffuso la peste come “antor”, e per questo torturato ed eseguito, come narrato da Alessandro Manzoni nella sua Storia della famigerata colonna ; la colonna fu demolita nel 1778.

Una grande scala situata accanto alla porta Barco dà accesso al secondo piano. Composto da gradini bassi, in modo che possa essere percorso anche a cavallo, conduce alla Loggia di Galeazzo Maria, un ambiente elegante sorretto da sottili colonne, aperto sul campo. L’architettura della loggia, di stile rinascimentale, è attribuita all’architetto toscano Benedetto Ferrini (? – Sasso Corvaro, 1479), che lavorò per il duca Galeazzo Maria nel 1550.
Sul muro che divide la corte ducale dalla Rocchetta, si trova una piccola fontana in stile rinascimentale decorata con le imprese Sforza e Viscontee. Un’altra fontana, a doppia vasca, in terracotta, si trova nell’omonimo cortile, scolpito sul modello della chiesa acollegiata di Bellinzona.

Restauro
Oltre a consolidare l’integrità strutturale del Castello Sforzesco, il complesso processo di restauro iniziato nel 2010 mirava ad armonizzare i precedenti restauri, da quelli di Beltrami alla fine del 1800 a quelli eseguiti da BBPR (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers) studio negli anni ’50. I recenti lavori hanno anche portato alla luce e pulito stucchi e graffiti dipinti del XIX secolo sulle pareti della Corte Ducale e sulla facciata dell’edificio che ospita l’Archivio fotografico e fotografico “Achille Bertarelli” di fronte al Cortile delle Armi.

Torre Filarete
Ricostruita da Luca Beltrami e inaugurata nel 1905, la Torre è stata recentemente consolidata e pulita. Durante i lavori di restauro, attorno alla cupola ottagonale, sono stati rinvenuti i nomi dei venti (SEPTENTRIO, EURUS, CHAURUS, FAVONIUS, APHRICUS, AUSTER, SOLANUS, AQUILO). Questa scoperta suggerisce che Beltrami abbia concepito l’edificio come una Torre dei Venti.
Il restauro ha portato alla pulizia di marmi e decorazioni dipinte, scelte da Beltrami per abbellire la torre. Tra gli stemmi degli Sforza che fiancheggiano la statua di Sant’Ambrogio, con le iniziali dipinte dei Signori di Milano, c’è uno con le iniziali di Beatrice d’Este (BE) accanto a quelle di Ludovico il Moro (LU). Poiché Beatrice è l’unica moglie Sforza commemorata sulla torre, si ipotizza che Luca Beltrami volesse lasciare la propria firma sul Castello (Luca Beltrami: LU BE).

Ospedale spagnolo
Quando nel 2012 fu presa la decisione di spostare la Pietà Rondanini, l’ultimo capolavoro di Michelangelo, in un’altra posizione, la scelta ricadde sull’ospedale spagnolo. Nel 2013 sono iniziati i lavori strutturali e il restauro dell’edificio storico e dei suoi affreschi del XVI secolo. Vaste sezioni di decorazioni tra cui stemmi, finte travi decorate con ghirlande che portano i nomi degli apostoli e pergamene con l’iscrizione del credo dell’apostolo furono portate alla luce. Inoltre, sono state trovate tracce dell’altare su cui sono state celebrate le funzioni religiose dell’ospedale.

Rocchetta
Durante i lavori sulle volte dei portici della Rocchetta nel 2012, sono emerse decorazioni commissionate da Luca Beltrami durante il restauro della fine del 1800. Una serie di soli radiosi, popolari tra i Visconti e gli Sforza, furono scoperti. L’architetto aveva affidato il lavoro ad abili artigiani che utilizzavano tecniche di affresco e semi-affresco per realizzare le decorazioni. Inoltre, il restauro ha portato al recupero dei graffitos sulle pareti esterne e alla distinzione dell’opera originale del XV secolo dalle aggiunte di Beltrami. Tracce di altri due affreschi furono rivelate nel portico, uno di un finto architrave con una decorazione grottesca in stile rinascimentale e un altro di uno stemma attribuibile all’occupazione spagnola.

Sala delle Asse
Nel 1893, dopo un lungo e difficile periodo per il castello, furono riscoperte le decorazioni dipinte da Leonardo da Vinci nel 1498 che raffiguravano un pergolato di alberi di gelso intrecciati sostenuti da imponenti tronchi e radici spesse. La sala è stata sottoposta a un completo restauro, diretto direttamente da Beltrami ed eseguito dall’artista Ernesto Rusca. La sezione monocromatica della decorazione, situata nell’angolo settentrionale della stanza e considerata fino al periodo spagnolo, fu coperta durante le opere della fine del XIX secolo. Tra il 1954 e il 1956, al tempo della ricostruzione postbellica, questa sezione monocromatica fu attribuita a Leonardo. Lo studio BBPR (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers), a capo del progetto, ha deciso di lasciarlo visibile. Una denuncia unanime da parte degli storici dell’arte di Beltrami Il pesante restauro dell’opera, caratterizzato dall’uso dei colori vivaci in voga nei primi anni del 1900, portò alla decisione di annullare parzialmente il suo intervento. Un’analisi approfondita sullo stato di conservazione dei dipinti nel 2006 ha avviato un complesso processo di restauro nel 2013 che, due anni dopo, ha rivelato nuovi frammenti monocromatici.

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