Banchetto rinascimentale

Il banchetto rinascimentale è una forma d’arte che unisce il gusto dello spettacolo con la musica e il tavolo.

“Una magnifica festa, tutta ombra, sogno, chimera, finzione, metafora e allegoria.”

(Cristoforo di Messisbugo, Banchetti, Compositori di prodotti alimentari e generali, Ferrara, 1549)
È una rappresentazione del potere che si esprime attraverso l’ostentazione dei simboli della tavola attraverso cui viene esaltata la grandezza del principe.

Origine
Questa forma d’arte, in cui la magnificenza è la parola chiave, prende forma probabilmente a Napoli e poi si diffonde alle corti del nord Italia con il matrimonio di Ercole I d’Este ed Eleonora d’Aragona. Raggiunge quindi i più alti livelli di raffinatezza nel periodo tra il regno di Ercole II e quello dell’ultimo duca di Ferrara Alfonso II: a quel tempo, Ferrara era definita “la prima città veramente moderna in Europa”.

Caratteristiche
Oltre alle scenografie spettacolari e alle composizioni artistiche culinarie, il banchetto rinascimentale è caratterizzato dall’Art of of Fine Serving orchestrato dall’Office of the mouth composto dal cuoio capelluto, dal coltello da intaglio e dal coppiere, ciascuno tenuto a un gesto molto ritualizzato. L’oggetto di veri trattati tecnici era la figura dell’intagliatore che taglia abilmente la carne nell’aria e assaggia il cibo. Il coppiere, incaricato del servizio del vino, aveva anche la competenza per fare convinzioni, cioè per assicurarsi che la bevanda non fosse avvelenata. Da questa espressione deriva anche il nome di credenza data all’esposizione di arredi pronti per essere utilizzati nel banchetto. Tra tutte queste professioni associate al tavolo era importante anche la figura del dapìfero (portatore di cibo).

Il banchetto è spesso preceduto da una giostra, un palio, una corsa ad anello, una partita di oca o maiale, mascherata e moresca (quando la festa è concomitante al carnevale) o una pomposa processione con carri e archi trionfali attraverso la città.

Le stanze dell’edificio sono impreziosite per offrire agli ospiti un mondo incantato: poco prima del loro arrivo, gli arazzi, i tappeti, i corami (pelle lavorata) sono sistemati nella hall, insieme agli arrangiamenti effimeri che compongono la decorazione mobile di il banchetto, custodito nel guardaroba del principe. Questa sontuosa cornice rappresenta soggetti rurali e giocherelloni, prospettive di giardini e paesaggi a cui si aggiungono i confini con motivi naturalistici (piante, fiori o cherubini).

L’inizio del banchetto reale fu annunciato al suono di trombe e tamburelli che fu ripetuto ad ogni nuovo corso. Era consuetudine invitare al banchetto un pubblico di spettatori composto da borghesi, artigiani e religiosi. Il pranzo era solitamente accompagnato da musica e spettacoli teatrali. Il numero di corsi potrebbe essere impressionante, con centinaia di piatti.

Impostare
Il primo testo che descrive la preparazione del tavolo per lungo tempo può essere trovato nel manuale Il libro de cozina, scritto da Robert de Nola, all’inizio del XVI secolo. Oltre alle fonti iconografiche, anche le falci Cristoforo da Messisbugo, Giaccomo Grana, Vincenzo Cervio e Giovan Battista Rossetti forniscono cronache precise.

I mobili per il tavolo e le credenze erano spesso progettati e creati da grandi artisti come Leonardo da Vinci, Benvenuto Cellini, Tiziano, Giulio Romano, Andrea del Sarto …

tavolo
Le scenografie erano tutte spettacolari soprattutto per i banchetti nuziali come quello realizzato per il matrimonio di Alfonso II e Barbara d’Austria nel dicembre del 1565: nel suo libro Rossetti ci ha lasciato, tra gli altri, una descrizione dettagliata dei tessuti che avevano un ruolo primario quando la stanza fu trasformata in un immaginario mondo marino con rocce e caverne rivestite di turchese ormesino e scaglie d’oro, tutte vestite di velluto verde, e quelle che servivano i primi piatti, che erano tre, tutti scaglie d’oro, altri con meno spese, tavoli con tre tovaglie e mantello alto, che non cadevano dalle fasce, che sorsero quando il freddo si alzò senza nessuno disprezzo, era questo mantello lavorato soprattutto con cimadure di stoffa dalle onde marine molto fini, con vari mostri sopra.I tovaglioli erano piegati a forma di vari pesci con sottili scaglie d’argento in vari colori marini, che si asciugavano, rimaneva il telo pulito e candido.

Il giorno del carnevale è stata anche l’occasione per organizzare banchetti. Secondo il Compendio, il 14 febbraio 1548, il tavolo ducale era illuminato da lampade d’argento sospese dal pavimento per non perdere la vista. Oltre i mantelli, il tavolo era apparecchiato con quattro sale d’argento, e per ogni persona un tovagliolo e un coltello, un pane e una crescentina, zucchero e tuorli d’uovo.

Argenteria
L’argenteria è ampiamente utilizzata, partecipando alla grandezza del servizio. Mobili essenziali della sala da pranzo, i pezzi più belli venivano esposti all’aperto sulle credenze o collocati sul primo tavolo: mentre per i mobili e le posate degli altri tavoli, i materiali utilizzati erano più vili (ottone, ferro o peltro).

Negli inventari dei beni post-mortem dei principi, come quello di Giovanni Andrea Doria, sono elencate centinaia di arredi in parata argentata (spesso con forme fantasiose e motivi decorativi). E ci sono sempre brocche con bacinelle, posate, piatti, tazze, bicchieri, ciotole, confettiere, saliere, vasi, fiaschi, forni, zuccheriere, portauova, scaldapiatti, profumiere, candelabri … Nell’inventario dei beni cardinali Ercole Gonzaga, ogni oggetto è elencato con il suo peso in argento (in marca, oncia e denaro).

Ceramica
Il massimo splendore delle credenze si ottiene nelle botteghe di maestri della maiolica situati a Faenza e Urbino dove vengono commissionate la seconda e la terza fede di Alfonso II. Famoso è anche il servizio dalla credenza in maiolica macchiata creata da Niccolò Pellipario (detto Nicola da Urbino) per Isabella d’Este.

Bicchiere
Con i suoi prodotti innovativi e la sua incomparabile finezza, il vetraio veneziano (Isabella d’Este fu un grande cliente delle fornaci di Murano) rimarrà, per tutto il Rinascimento, l’arredamento di riferimento di palazzi signorili: tra le ceramiche di vetro presenti nelle mense sono inge, fiasche da pellegrino, calici, tazze, acquerelli e piatti in vetro colorato o cristallo puro con decoro smaltato. Nel Cinquecento, le forniture di vetro in voga sono anch’esse con decorazioni a filigrana (tipi “a retortoli”, “reticello” o “lattimo”), mentre nella seconda metà del XVI secolo, dalle abitazioni rinascimentali è apprezzato il vetro “ghiaccio” semi-opaco.

Cucina
Nella gastronomia rinascimentale, il più significativo dei simboli di status del tavolo era lo zucchero (chiamato anche “polvere di Cipro”) che poteva coprire e abbellire ogni sorta di cibo, specialmente i dolci, che venivano presentati al tavolo sotto forma di incredibili opere di Oreficeria. E, nello scegliere lo zucchero, Castore Durante ha consigliato che il meglio dovrebbe essere molto bianco, serio, duro e molto difficile da rompere.

Durante il banchetto ha dominato il gusto agrodolce e speziato, ottenuto attraverso condimenti come l’agresto. Furono serviti tutti i tipi di pappagalli o pappagalli selvatici, in particolare uccelli e uccelli trampolieri: molto ricercato era il cormorano degli inizi del XVI secolo, poi, tra il 1555 e il 1650, il cigno, la cicogna, l’airone, la gru e il pavone. Il fiume o le peschiere fornivano pesce fresco: lo storione e l’alosa erano estremamente pregiati.

vini
Per i vini serviti a tavola, Messisbugo consigliava di fare provviste per Malvasia, Racese (vino ligure), Magnaguerra (prodotto in Campania), Vernaccia, Trebbiano, Siruolo (vino delle Marche), Greco toscano, di Greco di Somma Vesuviana, di Graspia , di Corso (vino della Corsica), di Sanseverino di Campania, di latino romanico. Paolo III, un grande enofilo, raccomandato dal suo portabottiglie Sante Lancerio, apprezzava numerosi vini, in particolare il vino di Monterano. l’Ippolito d’Este preferiva invece offrire ai suoi ospiti vini francesi.

Musica
Il pranzo è accompagnato da musicisti che suonano e cantano, in particolare per rompere la cadenza ripetitiva della lunga sequenza di corsi. Massimo Troiano nei suoi dialoghi ci informa con precisione sui diversi strumenti e pezzi suonati in occasione delle celebrazioni di matrimonio tra Guglielmo V di Baviera e Renata di Lorena: per la prima volta, i musicisti hanno suonato un mottetto a sette pezzi di Orlando di Lasso, con cinque alti croissant e due tromboni. E poi al suono di trombe e tabalini, usciti dalla cucina dalla seconda vita […] E i musicisti hanno suonato più opere a sei, e tra gli altri un madrigale molto dolce di Alessandro Striggio, con sei grandi tromboni , il basso fa otto voci più basse degli altri comuni, dopo il suono delle trombe e dei tablè, il terzo pasto è stato portato […] E c’erano varie sonate, sei e uno tra gli altri di Cipriano de Rore con sei viola di braccio; anche il quarto piatto è portato […] E qui sono stati fatti vari e bellissimi concerti, a dodeci, opere di Annibale Padovano e altri autori, compilati con sei violini violinisti, cinque tromboni, un croissant […] In serata poi nella sontuosa cena tra altri interventi, Orlando di Lasso ha cantato un’opera di cinque uomini di Maddalena Casulana …. Altri compositori di musica per varie occasioni di festa sono Giovanni Pierluigi da Palestrina, Philippe de Monte, Costanzo Festa, Adrian Willaert, Alfonso della Viola e Girolamo Parabosco.

Le fonti iconografiche presentano anche importanti dettagli musicali, in particolare con il tema delle Nozze di Cana. Ad esempio, a Ferrara, in tre decenni, tra il XVI e il XVII secolo, sono stati realizzati sei dipinti (quattro versioni delle Nozze di Cana, una cena nella casa di Simone e un Convitto di Assuero) di scene di banchetto in cui sono rappresentati i musicisti .

Teatro
Oltre ad essere recitato per la Settimana Santa e il carnevale, anche le rappresentazioni teatrali fanno parte degli intermezzi dei banchetti. Pietro Aretino, Ludovico Ariosto e Ruzante, tutti gli intellettuali al servizio dei tribunali, occupano un posto speciale. Per Ferrara Estense, l’Ariosto, oltre al furioso Orlando, scriverà divertenti commedie plautin ispirate, come La Cassaria e La Lena.