Collezione Realismo, Galleria d’Arte Moderna di Milano

Il realismo è la rappresentazione precisa, dettagliata e accurata nell’arte dell’apparenza visiva di scene e oggetti, cioè è disegnata con precisione fotografica. Il realismo in questo senso è anche chiamato naturalismo, mimesi o illusionismo. L’arte realistica è stata creata in molti periodi, ed è in gran parte una questione di tecnica e formazione, e di evitare la stilizzazione.

Il realismo è particolarmente noto per la rappresentazione precisa e accurata delle apparenze visive, spesso raffigurate con grande abilità e cura scene che sono state inventate e artificiali, o immaginate scene storiche. È la scelta e il trattamento della materia che definisce il realismo come un movimento nella pittura, piuttosto che un’attenta attenzione alle apparenze visive.

Pittura di genere
SALA XIX
I fratelli Induno si affermano come due dei principali sostenitori della transizione dalla pittura accademica, con il suo linguaggio codificato nella tradizione, a un nuovo modo di avvicinarsi alla realtà. I due artisti si dedicano con questo rinnovato spirito sia alla pittura di storia, con gli episodi delle guerre di indipendenza a cui Gerolamo ha partecipato attivamente, sia all’universo multiforme della pittura di genere. Le opere nella sala sono riferibili a questa fortunata e apprezzata vena pittorica: accanto a temi convenzionali o sicuramente efficaci (Un antiquario, I rifugiati di un villaggio bruciato) affrontano argomenti caratterizzati da nuove implicazioni sociali e dalla rappresentazione delle classi inferiori (Scuola di sarte, La vivandiere, Sciancato che suona il mandolino, Hurdy-gurdy player).

Giovanni Carnovali ha chiamato Piccio
SALA XX
Una sala monografica è dedicata a questo artista irrequieto, che ha vissuto a parte le grandi mostre ufficiali e le accademie del suo tempo, per riaffermare il suo ruolo di precursore di quello che sarà il più moderno in seguito nella pittura lombarda. La sua grandiosità solitaria in anticipo sui tempi, celebrata dalla critica e dagli artisti più avanzati solo nel XX secolo, è esemplificata dagli intensi ritratti, attenti ai maestri lombardi della realtà, con paesaggi molto moderni (il paesaggio dei grandi alberi è emblematico ), e infine da alcuni preziosi esempi di pittura sacra. Il tema biblico di queste ultime opere si ritrova anche nella scultura di Giovanni Strazza che raffigura Ismaele abbandonata nel deserto, qui per completare la stanza.

La Scapigliatura
SALA XXI
Una grande sala monografica è dedicata al movimento che deve il suo nome allo scrittore Cletto Arrighi (1858): Scapigliatura indicava un modo di vivere e creare in nome di un’esistenza irregolare e intollerante per ogni vincolo, condiviso da un cenacolo di pittori lombardi , scultori e scrittori che si ritrovano a vivere la delusione a Milano seguendo le speranze del Risorgimento. Nel campo pittorico, dominato da artisti come Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, di cui qui sono esposte alcune delle opere più importanti, questo atteggiamento esistenziale si traduce in una decostruzione della forma da parte di luce e colore, e nella ricerca di un impalpabile psicologico allusioni, segnate anche dalla prima fase di Gaetano Previati, rappresentate da alcuni ritratti di sorprendente modernità.

Italiani a Parigi
SALA XXII
In questa piccola sala ci sono alcune preziose testimonianze del fruttuoso scambio con la Francia, e con Parigi in particolare, che attraversa tutta la cultura italiana della seconda metà del XIX secolo. Tre artisti italiani, Giovanni Boldini di Ferrara, Giuseppe De Nittis di Puglia e Federico Zandomeneghi di Venezia, risiedono a lungo nella capitale francese, mantenendo i contatti con gli impressionisti e l’alta società dell’epoca. Un riflesso di questi sono i ritratti del gusto internazionale e mondano di Boldini, che mostrano una notevole raffinatezza pittorica e audacia compositiva, le opere di Zandomeneghi, che possono essere paragonate alla ricerca condotta negli stessi anni da Degas, le dodici piccole vedute di De Nittis ‘Vesuvio. Un bronzo, un capolavoro del grande Rodin, completa lo spettacolo.

Divisionist Segantini
SALA XXIII
Qui inizia il lungo excursus nel divisionismo: questo termine indica la corrente pittorica che unisce lo studio della luce e dei colori con nuove conoscenze scientifiche sulla percezione visiva. Protagonista della sala è Le due madri di Giovanni Segantini, esposta alla prima Triennale di Milano nel 1891 accanto alla Maternità di Gaetano Previati (Banca Popolare di Novara). Il soggetto, molto diffuso nella cultura letteraria e figurativa dell’epoca, è reso con il tratto in piccole pennellate tipiche della pittura divisionista. Nonostante ciò, la scena appare ancora permeata da un solido naturalismo, chiaramente evidente anche nelle altre tele qui esposte, raffiguranti il ​​chiaro paesaggio della Maloja e delle figure animali.

Vittore Grubicy ed Emilio Longoni
SALA XXIV
Vittore Grubicy de Dragon è una figura importante per l’arte italiana nella seconda metà del XIX secolo: commerciante e collezionista, espose a Londra nel 1888 una serie di capolavori della pittura italiana, ottenendo così un’enorme visibilità. Allo stesso tempo ha avuto luogo la sua attività di pittore e le otto tele, che compongono il grande poema panteista o poema invernale, sono la prova delle ricerche condotte dai divisori sugli effetti atmosferici nella pittura di paesaggi. Le opere sono disposte sul muro secondo la disposizione prescritta dall’artista al momento della loro donazione al Comune di Milano. Uno degli artisti promossi da Grubicy è Emilio Longoni, che il commerciante incoraggia a unirsi al Divisionismo insieme al suo amico Segantini.

Percorsi del naturalismo
SALA XXV
In questa stanza possiamo vedere come la pittura lombarda della seconda metà del XIX secolo sia spesso sospesa tra la sperimentazione divisionista e una rievocazione da sogno del vero naturale. Il ritratto lirico della figlia Anita di Giovanni Sottocornola spezza il colore, ridotto alle gamme del blu dello sfondo e al bianco del vestito, in ampi campi di luce. Plinio Nomellini, forse il più originale dei pittori divisionisti, rappresenta un momento di vita familiare con un dipinto dai toni aciduli e pervaso da un’elegante vibrazione di piccole aree di luce e ombra. Accanto a questi importanti dipinti vi sono scene di genere dai toni idilliaci, come Il ritorno dalla festa di Mosè Bianchi e La mattina d’estate di Pietro Chiesa, esempi di un modo più tradizionale di rendere gli effetti della luce.

Pittura sociale
SALA XXVI
Verso la fine del diciannovesimo secolo Milano fu trasformata, vide l’ascesa di impianti industriali e accolse masse di lavoratori, attratta dalla città dal punto di vista del lavoro e di una vita migliore. Ciò che li attende, spesso, sono le dure condizioni di vita e una diffusa sofferenza che gli artisti più sensibili non esitano a denunciare attraverso le loro opere, eseguite con la tecnica divisionista. Morbelli è perfettamente a suo agio nel rappresentare tanto i simboli della città moderna (Stazione Centrale di Milano nel 1889) quanto le implicazioni negative della vita che vi si svolge (come le cupe dimissioni dei dipinti ambientati nel Pio Albergo Trivulzio). Il disagio sociale è anche al centro delle opere di Attilio Pusterla e Giovanni Sottocornola ed è reso ancora più evidente dalla potente icona sociale del minatore di Enrico Butti.

Medardo Rosso
SALA XXVII
Un ambiente monografico, recentemente rinnovato, è dedicato alle opere di uno dei più significativi scultori nell’evoluzione del linguaggio figurativo internazionale. Medardo Rosso, dopo una breve frequenza ai corsi regolari dell’Accademia di Brera a Milano, si è formato negli anni segnati dai successivi risultati della produzione spettinata e dal contemporaneo, aumentando l’attenzione al contesto sociale della città. In questo contesto, nascono le opere di Rosso, i cui soggetti si riferiscono a una Milano popolare (marmocchi, vecchi, prostitute, concierge): idee realistiche affrontate con uno sguardo rapido e crudo, fissate senza compiacenza descrittiva in figure con superfici in movimento di luce. Dal 1889 Rosso è a Parigi da trent’anni,

Gaetano Previati
SALA XXVIII
Dopo una formazione accademica e una prima esperienza nel campo della Scapigliatura (come dimostrano le opere nella sala XXI), Previati di Ferrara dà vita a un linguaggio caratterizzato dall’attenzione ai grandi temi universali, reso con una pittura sempre più dematerializzata e fatta di unica luce: si afferma come interprete di spicco dei due grandi momenti della cultura figurativa del secondo diciannovesimo secolo, Divisionismo e Simbolismo. La sala, allestita intorno alla Madonna dei Gigli, che rappresenta uno dei punti di arrivo della ricerca simbolista, mostra una selezione delle varie tappe del viaggio artistico di Previati, da opere come la Madonna dei Crisantemi o la Maternità, ancora vicine a la pittura spettinata, fino alle rievocazioni storiche da sogno del Re Sole e del Viaggio nel blu,

SALA XXIX
La sala comunica attraverso tre archi con la sala da ballo adiacente (sala XV), quasi formando un unico spazio. Dalle finestre che si affacciano sul cortile si può godere di un’ampia vista dei vicini Giardini Pubblici Indro Montanelli di Porta Venezia, originariamente progettati da Giuseppe Piermarini, un architetto attivo nella Lombardia austriaca del XVIII secolo. Qui trovano il loro posto, in pausa rispetto al percorso cronologico delle stanze, ma secondo le decorazioni neoclassiche della stanza, due lunette a tempera di soggetto mitologico di Andrea Appiani e due busti in bronzo, Napoleone I di Antonio Canova e il ritratto di Eugenio di Beauharnais di Gaetano Manfredini. Quest’ultima effigie ci trasmette il volto di colui che, come viceré d’Italia, fece della villa il suo palazzo,

Simbolista Segantini
ROOM XXX
La visita al primo piano termina con i risultati del lavoro di Segantini più vicino al simbolismo. Nell’opera dell’artista trentino il divisionismo è incline a esprimere contenuti simbolici, come si può vedere in opere come la dea pagana, l’angelo della vita o l’amore per le fonti della vita, affine all’idealismo internazionale e un linearismo quasi secessionista. Insieme a questi è la scultura L’Alpeby Leonardo Bistolfi, legata allo sviluppo di un monumento a Segantini. Infine, il visitatore viene licenziato con un’opera di Alberto Martini, depositata dal Museo del Novecento a Milano: esposta alla Sala del Sogno della Biennale di Venezia nel 1907, con la sua estrema rarefazione della forma introduce gli esempi di rinnovamento e modernità tipici di le avanguardie del nuovo secolo, perfettamente incarnate dalla scultura di Wildt esposte accanto.

Collezione del XIX secolo
Questa collezione iniziò a prendere forma nel 1861, quando l’avvocato Fogliani – esecutore dello scultore Pompeo Marchesi volle donare al Comune di Milano questa collezione di artisti composta da celebri opere dal Canova allo stesso Marchesi. Questa fu la prima di molte donazioni che avrebbero arricchito il Comune di arte che, nel 1903, sarebbe stata raccolta in una Galleria d’arte contemporanea. Infatti, a partire dal 1865 – con la dotazione del Conte Gian Giacomo Bolognini – fino a un’importante aggiunta nel 1902 con opere di professori e studenti dell’Accademia di Belle Arti e Pinacoteca di Brera, la collezione di arte moderna è cresciuta a tal punto da essere separata da le collezioni d’arte antica. Inaugurato nel 1877 nella sala dei giardini pubblici, i lavori rimasero qui fino al 1903 quando, con l’aggiunta del Museo Archeologico Nazionale,

Sin dall’inizio, la Galleria, destinata alla Città, ha ospitato e valorizzato opere e capolavori locali grazie a dotazioni e donazioni. Ciò testimonia le aspettative e il riconoscimento di questo museo da parte dei cittadini, che sono anche associati ad altre istituzioni: la Society for Fine Arts che, dal 1843, acquistava regolarmente da mostre d’arte, in particolare quelle di Brera. Queste opere furono successivamente divise tra i membri e donate alla Galleria.

Nel 1920, quando lo Stato donò Villa Reale alla Città di Milano, la Galleria d’Arte Moderna trovò la sua sede definitiva. Nello stesso anno la collezione cresce grazie a una donazione di Vittore Grubicy De Dragon (con opere di Giacomo Campi, Giovanni Carnovali, Giovanni Costa, Tranquillo Cremona, Federico Faruffini, Silvestro Lega, Filippo Palizzi, Gaetano Previati, Daniele Ranzoni, Giovanni Segantini) e, nel 1921, con la vendita mediante gara pubblica, La Quarta Tenuta di Pellizza da Volpedo entrò nelle collezioni della Galleria.

Se per decenni Villa Reale ha convissuto con altre istituzioni (ad esempio il Museo Navale o come luogo per matrimoni civili), che ha limitato la crescita delle sue collezioni, dal 2006 è stata l’unica ed esclusiva vetrina per la Galleria d’Arte Moderna e le sue attività.

Galleria d’Arte Moderna – Milano
Dal 1903 la Galleria d’Arte Moderna conserva le collezioni d’arte moderna della Città di Milano, un patrimonio artistico di circa 3.500 opere. Le collezioni sono esposte dal 1921 all’interno della Villa Reale, uno dei capolavori dell’era neoclassica di Milano. Progettato dall’architetto Leopoldo Pollock, fu costruito tra il 1790 e il 1796 come casa del conte Lodovico Barbiano di Belgioioso. Villa Reale divenne in seguito la residenza del viceré Eugenio di Beauharnais, figliastro di Napoleone.

Tra i protagonisti indiscussi della storia dell’arte milanese e italiana presenti nella collezione ci sono Antonio Canova, Andrea Appiani, Francesco Hayez, Tranquillo Cremona, Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Giovanni Boldini, Medardo Rosso, Gaetano Previati.

Grazie alle collezioni private e alle donazioni di importanti famiglie, come Grassi e Vismara, il patrimonio artistico della Galleria si è arricchito di capolavori del XIX e XX secolo.

L’attività espositiva della Galleria d’Arte Moderna dialoga con l’arte applicata, i linguaggi contemporanei e l’analisi tematica degli artisti presenti nella collezione permanente.

collezioni
Ciò che rende la Galleria d’Arte Moderna di Milano di livello internazionale è il valore e la qualità delle opere esposte e ospitate qui: Francesco Hayez, Pompeo Marchesi, Andrea Appiani, Tranquillo Cremona, Giovanni Segantini, Federico Faruffini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Antonio Canova, Daniele Ranzoni, Medardo Rosso, Gaetano Previati sono alcuni dei più importanti artisti presenti, in quanto protagonisti indiscussi della storia dell’arte sia a Milano che in Italia. Le loro opere rappresentano l’arte che si svolgeva dal XVIII al XIX secolo, in particolare la corrente che ebbe origine nell’Accademia di Belle Arti di Brera e lentamente prese piede anche oltre i confini nazionali. Grazie ai collezionisti d’arte del XX secolo e alle donazioni di alcune famiglie di spicco (Treves, Ponti, Grassi, Vismara, ad esempio), nel corso degli anni questi capolavori hanno arricchito il patrimonio artistico della Galleria e confermato la sua missione fondamentale di perpetuare la diffusione della cultura. I visitatori possono ammirare nelle sale della Villa opere di Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Giovanni Boldini, Vincent Van Gogh, Paul Cézanne, Pablo Picasso, Amedeo Modigliani e altri protagonisti della scena artistica italiana del XX secolo.