Rinascimento napoletano

Il Rinascimento napoletano indica la declinazione dell’arte rinascimentale sviluppata a Napoli tra il XV e il XVI secolo. In architettura era caratterizzato da modi esuberanti e solenni, con un ampio richiamo alle decorazioni in piperno e marmo bianco per le facciate degli edifici sacri e dei palazzi. Con l’avvento del barocco nel diciassettesimo secolo l’esperienza rinascimentale fu accantonata.

15 ° secolo

La prima metà
La prima metà del XV secolo, a Napoli e nel resto del Regno, l’arte rinascimentale, nel senso di influenze toscane, si trova in alcuni esempi molto illustrativi come il monumento funebre del cardinale Rainaldo Brancaccio (1426 – 1428) a Sant ‘ Angelo a Nilo, di Donatello e Michelozzo, o nella cappella Caracciolo del Sole, a San Giovanni a Carbonara, in cui hanno lavorato Andrea Ciccione, Leonardo da Besozzo e il Perinetto.

La scena artistica dominava essenzialmente le influenze franco-fiamminghe, legate a percorsi politici e, in parte, commerciali. I numerosi artisti stranieri hanno fatto della città un punto di scambio e contaminazione artistica, nel contesto della cosiddetta “congiuntura Nord-Sud”, cioè la miscela di modi mediterranei e fiamminghi che ha interessato gran parte del bacino del Mediterraneo occidentale, comprese le regioni di transito non costiere e che ha avuto il suo epicentro a Napoli.

Questa felice situazione si manifestò già dal regno di Renato d’Angiò (1438-1442), che portò il suo gusto alla città dagli ampi orizzonti culturali, culminati nell’attività di Barthélemy d’Eyck.

Il mutamento politico, con la costituzione di Alfonso V d’Aragona (dal 1444), amplifica la rete di scambi culturali nel Mediterraneo, coinvolgendo i territori napoletani nello stretto scambio con gli altri territori della corona aragonese e chiamando nella città artisti catalani e spagnoli, compresa la presenza del leader valenciano Jaume Baço, in città in diverse occasioni dal 1442 al 1446. In quegli stessi anni, il maestro francese Jean Fouquet e il veronese Pisanello erano in città. Il principale artista locale della prima metà del secolo fu Colantonio, le cui opere rivelano la capacità di assorbire e assimilare le diverse lingue presenti in città: se un’opera come il San Girolamo in studio (1444 circa) mostra riferimenti a fiamminghi dipingendo nella realistica “natura morta” di libri e altri oggetti che riempiono gli scaffali, nella Consegna del dominio francescano, un po ‘più tardi (circa 1445), ci sono già le diverse influenze catalane, come dimostra il pavimento verticale, il fisionomia espressiva e le pieghe rigide e geometriche dei capi.

La seconda metà
Tra gli interessi del re Alfonso c’era anche l’umanesimo, come dimostra la presenza a corte di illustri intellettuali come Panormita, Francesco Filelfo, Bartolomeo Facio e Lorenzo Valla, nonché l’importante biblioteca da lui fondata. La nuova conoscenza, tuttavia, rimase essenzialmente limitata alla corte, per esempio priva dell’attenzione del sovrano all’Università, che potrebbe diffondere la nuova cultura nel regno. La stessa letteratura aveva un carattere prevalentemente encomiastico.

Architettura
Le prime commissioni architettoniche furono affidate ad artisti spagnoli, ancora lontani dai rinnovati problemi del Rinascimento, ma legati a vari indirizzi. L’eterogeneità della clientela reale è evidente nella ricostruzione di Castel Nuovo, dove dal 1451 artigiani iberici guidati da Guillén Sagrera, responsabile della creazione di una residenza adatta al sovrano e di una fortezza in grado di resistere all’artiglieria. Lo schema generale si riferisce alla tradizione gotica, purificata però dall’eccessiva decorazione che esalta la chiarezza strutturale. La Sala dei Baroni, ad esempio, non ha spazio per la scultura, con le costole delle volte che affondano direttamente nello spessore delle pareti, senza ripiani opeducci. La stessa chiave di volta è un oculo, che si trova anche nelle sue costruzioni di Maiorca.

Nel 1453, quando il potere reale poteva essere definito solido, Alfonso decise di dotare il castello di un ingresso monumentale, ispirato agli archi trionfali romani. L’Arco trionfale di Castel Nuovo, progettato forse da una collaborazione tra Francesco di Giorgio Martini, Luciano Laurana e Guillem Sagrera, è composto da due archi sovrapposti, fiancheggiato da colonne gemelle e coronato da un timpano curvilineo. Sul primo attico c’è un fregio con l’ingresso trionfale di Alfonso V a Napoli, ispirato alle trionfali marce romane, mentre nel secondo ci sono quattro nicchie con statue. Questa struttura testimonia un uso molto libero del modello classico, subordinato ai bisogni celebrativi.

Alla fine del secolo, grazie all’alleanza politica con Lorenzo il Magnifico, vi fu un ingresso diretto di opere e artigiani fiorentini, che comportò un’adozione più omogenea dello stile rinascimentale. Un’importante costruzione del periodo fu la chiesa di Sant’Anna dei Lombardi, dove lavorarono Antonio Rossellino e Benedetto da Maiano, creando tre cappelle (Piccolomini, Toledo e Mastroianni-Terranova). Soprattutto la Cappella Piccolomini, dove fu sepolta Maria d’Aragona, fu interessante per la rinascita delle forme della cappella fiorentina del Cardinale del Portogallo, ma aggiornata ad un gusto più opulento, per soddisfare le esigenze del cliente.

Giuliano da Maiano, fratello di Benedetto, lavorò nella difesa della città con le porte annesse, come Porta Capuana e Porta Nolana e gli fu attribuito il disegno di Palazzo Como, ma soprattutto il progetto della residenza reale della Villa di Poggioreale , iniziato tra il 1487 e il 1490 e completato da Francesco di Giorgio, che può essere considerato il culmine della graduale conversione della capitale aragonese rinascimentale. Nonostante sia stata distrutta, si può ancora avere un’idea grazie alla riproduzione nel trattato di Sebastiano Serlio e grazie alla sua fortuna critica che lo ha reso esemplare per l’architettura del XVI secolo. L’edificio era caratterizzato da una struttura originale con riferimenti all’antico adattato alle esigenze contemporanee. Il tipo base era infatti l’antico villacontaminato con le esigenze difensive di un castello medievale e con ambienti appositamente studiati per residenza, svago e rappresentanza, legati alle esigenze dei giudici del secolo. Il risultato fu un edificio di piccole dimensioni con una base quadrangolare, con quattro corpi sporgenti agli angoli, simili a torri angolari, ma della stessa altezza del resto dell’edificio. Il corpo centrale era porticato sia all’esterno che all’interno, dove c’era un cortile affondato per cinque gradini, che richiamava modelli antichi come il teatro e le terme. Il cortile, secondo un modello di Vitruvio, potrebbe essere coperto con un pavimento in legno da utilizzare per feste e spettacoli.

Nel frattempo, Giuliano iniziò anche una scuola dove formarono architetti che promuovevano lo stile rinascimentale in tutto il regno, tra cui Pietro e Ippolito del Donzello.

Nel cantiere di Poggioreale, intorno al 1490, Fra Giovanni Giocondo lavorò a chi la Cappella Pontano in Via dei Tribunali fu attribuita con incertezze, con l’esterno segnato da lesene corinzie, costruito per l’umanista napoletano Giovanni Pontano. Nel 1495 Carlo VIII di Francia invase il regno e occupò temporaneamente Napoli. Alla sua partenza portò con sé, direttamente dal cantiere della villa di Poggioreale, Fra Giocondo e il giardiniere Pacello da Mercogliano, che portò la nuova concezione del giardino al tribunale francese che stava maturando in Italia, così come altri artigiani e artisti che lavorano a Napoli, tra cui lo scultore Guido Mazzoni, che contribuì alla diffusione della cultura classicista italiana e allo sviluppo del Rinascimento francese.

Il resto del regno aragonese, d’altra parte, mostrava una tendenza molto tradizionalista verso le arti, dovuta alla struttura sociale (ancora legata al feudalesimo) e alla mancanza di dialettica con la corte della capitale. Ad esempio, il cortile del Castello di Fondi, ristrutturato nel 1436, è ancora influenzato da forme gotiche e spagnole, che lo fanno apparire come un patio. In Sicilia, dopo la fioritura sotto gli Angioini, fu necessario attendere fino alla fine del XV secolo per trovare un’interpretazione locale del Rinascimento, legata soprattutto all’architettura a Palermo di Matteo Carnelivari (Chiesa di Santa Maria della Catena).

Pianificazione urbana
Alfonso II di Napoli aveva progettato per la città un vasto piano urbano, che avrebbe unificato gli interventi del suo predecessore isolandolo, regolarizzando la via romana e liberando le superfetazioni medievali. Ciò avrebbe comportato un piano stradale a scacchi, che avrebbe reso Napoli la “città più netta e educata […] di tutta l’Europa”. Il piano non fu attuato per la brevità del regno del sovrano (1494 – 1495) ei suoi successori, spinti dall’instabilità per le ricorrenti rivolte baronali, preferirono dedicarsi a opere militari, ampliando le mura, per iniziativa di Alfonso quando era ancora duca di Calabria e costruiva castelli nel territorio. L’aspetto di Napoli alla fine del secolo è testimoniato dalla Tavola Strozzi (1472 circa, Museo Nazionale di San Martino), dove si può vedere la città dal mare completamente circondata da mura turrite che collegano le due fortezze di Castel Nuovo a l’ovest e Castelcarmine verso est. Le porte della città erano strettamente funzionali alla difesa, con l’eccezione di Porta Capuana, ispirata da un arco di trionfo, che portò a Poggioreale.

Scultura
Anche nella scultura l’arco di Castel Nuovo fu un episodio fondamentale. Un gruppo eterogeneo di scultori lavorava lì, che era l’origine della disorganizzazione del tutto. Ad una prima squadra di artisti legati ai modi catalano-borgognone, si svolse uno più composito, in cui spiccavano le personalità di Domenico Gagini e Francesco Laurana, e dopo la fine dei lavori rimasero nel regno per lungo tempo . Gaggini era il progenitore di un’autentica dinastia, attiva soprattutto in Sicilia, dove fondeva punti locali con la ricchezza decorativa di origine longobarda; Laurana invece si specializzò in forme più sintetiche, specialmente nei ritratti di bellezza evocativa e levigata che erano la sua specialità più apprezzata. Ad esempio nelPortrait di Eleonora d’Aragona (1468, Palermo, Palazzo Abatellis), il volto ha una forma stereometrica, che trasfigura i dati fisionomici.

Tra questi a Napoli, punti chiave del rinascimento locale, ricordiamo le due Madonna in trono col Bambino di Laurana, una per la chiesa di Sant’Agostino alla Zecca, eseguita durante il primo soggiorno napoletano dell’artista, e l’altra, scolpita durante il secondo soggiorno in città, per la Cappella Palatina. Del Gagini, invece, ci sono due Tabernacoli con la Madonna col Bambino sempre per la Cappella Palatina, e una scultura dello stesso soggetto per la Basilica della Santissima Annunziata Maggiore.

Pittura
Anche nella pittura, l’approccio agli stili rinascimentali è graduale e può essere pienamente sentito nel più grande maestro del sud Italia del XV secolo, Antonello da Messina, che si è anche formato a Napoli, vicino a Colantonio. I suoi primi lavori, come il Salvator mundi, mostrano un’adesione ai modi Flandro-Burgundi, specialmente per quanto riguarda l’iconografia, la tecnica esecutiva e le tipologie fisiche dei personaggi, mentre l’impostazione monumentale delle figure e dei valori spaziali sono tipicamente italiani .. A poco a poco Antonello si avvicina alla ricerca spaziale e luminosa di Piero della Francesca, così come alla ricerca dei pittori fiamminghi, come Jan van Eyck e il contemporaneo Petrus Christus. Fleminghi importava in Italia il tipo di ritratti di tre quarti, anziché di profilo, accentuando al tempo stesso le componenti psicologiche e umane delle effigi. Il miglior esempio di questa straordinaria sintesi tra diverse scuole pittoriche fu forse il San Girolamo nello studio, dipinto in Sicilia, dove si aggiungevano la ricchezza dei dettagli fiamminghi e il moltiplicarsi delle fonti di luce, oltre all’interpretazione umanistica del tema con il santo rappresentato come uno studioso, una complessa costruzione spaziale, con una falsa cornice che funge da collegamento tra lo spettatore e il santo. La luce che entra dalla finestra in primo piano segue le linee prospettiche, permettendo la misurazione dello spazio e facendo convergere l’attenzione verso il nucleo del dipinto.

Tra le ultime opere prodotte nei confini del regno aragonese c’è anche l’Annunciata di Palermo, dove c’è una straordinaria sintesi tra geometria e naturalismo, con un uso molto dolce della luce.

Più tardi Antonello, grazie ai suoi viaggi, diffuse le sue conquiste nella penisola, specialmente a Venezia, dove il paragone con Giovanni Bellini fu l’origine di un rinnovamento nella pittura di soggetti sacri. A Venezia è stato compreso e sviluppato l’esempio della sintesi formale e del “legante” brillante, a Napoli e in Sicilia c’è stato un seguito dell’artista con suo figlio Jacobello e artisti locali.

16 ° secolo

Il primo trimestre
Il primo quarto del XVI secolo vide architetti con varie formazioni culturali impegnate a rinnovare il volto della capitale. Il Novello di San Lucano, discepolo di Angelo Aniello Fiore, andò a Roma per studiare meglio l’architettura antica per meglio proporzionare le sue opere, creando al suo ritorno la facciata dell’allora Palazzo Sanseverino (in seguito Chiesa del Gesù Nuovo), dove ha usato per la prima volta il bugnato a punta di diamante nel piperno.

Gabriele d’Agnolo concepì con Palazzo Gravina la costruzione di un palazzo signorile secondo i dettami del classicismo romano; si trovano anche Palazzo Carafa di Nocera e la ricostruzione in forme rinascimentali della chiesa di Santa Maria Egiziaca all’Olmo.

Giovanni Francesco Mormando progettò e ricostruì vari edifici cittadini, ispirati all’architettura classica e Leon Battista Alberti. Il suo allievo Giovanni Francesco di Palma ha contribuito al completamento delle opere incompiute del maestro.

Mentre gli edifici rinascimentali crescevano nella città, continuarono ad arrivare architetti di formazione fuori dal territorio, come nel caso della cappella Caracciolo di Vico a San Giovanni a Carbonara, architetto della scuola del Bramante. La Cappella del Succorpo in Duomo potrebbe essere stata progettata, secondo alcune fonti, dallo stesso Bramante o dal longobardo Tommaso Malvito.

Nel secondo decennio del secolo arrivò in città il Settignanese Romolo Balsimelli, che fu incaricato della costruzione della chiesa di Santa Caterina a Formiello, dove venne utilizzata una pianta innovativa, con una croce inscritta in un quadrilatero, per mantenere piccoli dimensioni. Arrivò dalla vicina Nola Giovanni da Nola, già studioso di scultura e architettura classica a Roma. Lui, come architetto, progettò due edifici in stile romano ma con forti influenze meridionali.

Il secondo trimestre
Nel secondo quarto Ferdinando Manlio si presentò con la costruzione della Basilica della Santissima Annunziata Maggiore e, con Giovanni Benincasa, realizzò la trasformazione da castello a corte di Castel Capuano. Dei due architetti è anche il piano urbanistico di Via Toledo e dei Quartieri Spagnoli, commissionato dal viceré Pedro de Toledo, che permise l’espansione della città verso la collina del Vomero. Nel frattempo, dopo la controriforma, vengono creati edifici sacri con una sola sala e senza transiti sporgenti, prendendo come modello la chiesa di Santa Caterina.

Gli ultimi cinquanta anni
Dopo il 1550 l’architettura puramente rinascimentale cadde sullo sfondo con l’avvento del manierismo. Tuttavia, i cantieri dell’antico centro iniziato negli ultimi cinquant’anni continuarono, come la chiesa del Gesù delle Monache, con una facciata che ricorda un arco trionfale. In questo periodo nell’edificio civile l’uso di decorazioni in marmo bianco si sviluppò in contrasto con il piperno.

Verso la fine del secolo l’architettura si arricchì di influenze classiche portate dagli architetti Domenico Fontana, Giovanni Antonio Dosio e Gian Battista Cavagni. L’ultima opera rinascimentale si può dire che sia un progetto di rielaborazione di Giovanni Cola di Franco della chiesa di Santa Maria la Nova.