Parco di Monza, Lombardia, Italia

Il Parco di Monza è un grande parco murato a Monza, in Lombardia, nel nord Italia. Il Parco di Monza è uno dei maggiori parchi storici europei, il quarto più grande d’Europa chiuso e più circondato da mura. Ha una superficie di 688 ettari e si trova a nord della città, tra i comuni di Monza, Lesmo, Villasanta, Vedano al Lambro e Biassono. Con i Giardini Reali, il Parco di Monza costituisce un complesso di particolare valore paesaggistico, storico e architettonico, compreso nel più ampio parco regionale della Valle del Lambro. Dal 1922 ospita all’interno della pista nazionale di Monza, uno dei circuiti automobilistici più importanti e prestigiosi al mondo.

Il parco fu commissionato dal figliastro di Napoleone Eugène de Beauharnais, durante l’occupazione francese dell’Italia settentrionale, come parte esterna del giardino del suo palazzo reale (la Villa Reale di Monza); fu completato nel 1808.

Il parco è attraversato nel suo settore meridionale dal fiume Lambro. Circa un terzo del parco è occupato da boschi, mentre il resto è tenuto a prato. L’autodromo Nazionale di Monza è situato all’interno del parco dal 1922. Nel frattempo, il Golf Club Milano è un campo da golf che ha ospitato nove edizioni degli Open italiani.

Storia

La costituzione del parco
Il parco fu costruito da Eugene de Beauharnais, figliastro di Napoleone e viceré del Regno d’Italia, come complemento della Villa Reale costruita diversi decenni prima per volontà del governo austriaco. Fu ufficialmente istituito con un decreto napoleonico il 14 settembre 1805 in estensione ai giardini reali già esistenti. Il progetto fu affidato all’architetto Luigi Canonica e Luigi Villoresi; i lavori iniziarono nel 1806 e terminarono nel 1808.

Il parco è nato fondamentalmente come una tenuta modello che ha combinato la residenza suburbana del sovrano con la possibilità di avere una riserva di caccia personale. Tuttavia, ci sono diverse ipotesi sulla reale necessità che ha portato alla sua realizzazione; secondo Francesco Rephisti, la fondazione del parco potrebbe essere vista come la preparazione di una grande riserva territoriale a pochi chilometri da Milano, allora capitale del Regno d’Italia, pronta ad accogliere grandi contingenti militari in caso di necessità. A conferma di questa ipotesi ci sarebbe stato l’allevamento reale corposo dei cavalli a Villa Pelucca, a Sesto San Giovanni. Secondo Cinzia Cremonini, la villa e il parco facevano parte di un progetto più complesso, volto a valorizzare la grandezza dell’imperatore, di cui Eugenio di Beauharnais era l’erede.

Da un punto di vista territoriale, il parco inizialmente si estendeva a Santa – all’epoca una frazione di Monza, ora parte del comune di Villasanta – ea Vedano, compresi gli importanti immobili Durini, ai quali appartenevano Villa Mirabello e Villa Mirabellino. Già nel 1806 fu acquisita un’ulteriore fascia terrazzata di circa 5 km a nord-ovest di Monza, appartenente ai comuni di Monza, Vedano e Biassono, procedendo immediatamente dopo la costruzione del muro di cinta, utilizzando, tra l’altro, i resti del mura medievali della città. Intorno al 1808 il parco di Monza divenne così il più grande parco recintato d’Europa, con un muro di recinzione lungo 14 km, raggiungendo così l’estensione di circa 14.000 pali (circa 9 km²) che comprendeva edifici preesistenti (ville, mulini e case coloniche), strade ,

A partire da questi anni, la Canonica iniziò a elaborare un progetto audace e complesso, finalizzato ad armonizzare le architetture all’interno del parco con il parco stesso, in un sistema quasi teatrale con il quale conferivano bellezza e regalità alla tenuta. L’architetto lavorò personalmente su vari progetti per la costruzione o la trasformazione di vari edifici, un compito che sarebbe poi stato sviluppato e completato dal suo successore Giacomo Tazzini, attivo qui tra il 1818 e il 1848, in concomitanza con gli anni della residenza dell’arciduca Ranieri Giuseppe d’Asburgo-Lorena a Monza.

Terreni e comuni
Per la costruzione del parco, il vasto territorio di circa 5 km² è stato acquistato dai proprietari locali, principalmente la chiesa e le famiglie nobili (come i Durini e Gallarati Scotti) dal 1805 al 1808, mentre il decreto del 14 settembre 1805 ha permesso l’acquisizione della terra scelta per la formazione del Parco Reale all’epoca appartenente ai Comuni di Monza, Vedano al Lambro e Biassono.

La dislocazione originaria dei confini di questi Comuni seguì la disposizione dei terreni e delle relative proprietà, risalente sostanzialmente al catasto teresiano; tuttavia, dopo la creazione del parco e la riorganizzazione del verde, con i potenziali viali e la distinzione tra aree boschive e aree agricole, si è rivelato impossibile identificare i confini originali delle suddivisioni catastali. In virtù di ciò, già nel 1872 si pensava a una rettifica dei confini, in modo che fossero più facilmente identificabili. I nuovi confini rettificati furono resi ufficiali solo il 24 febbraio 1899, in presenza delle commissioni di censimento, dei consigli municipali dei comuni interessati, nonché degli ingegneri Luigi Tarantola per la Real Casa e Emilio Rigatti per il Catasto. Dal rapporto redatto, è chiaro che il confine tra Biassono e Vedano al Lambro, quello che aveva subito la modifica più sostanziale (quello con Monza seguiva in gran parte il corso del fiume Lambro, e subì solo una trascurabile regolarizzazione nella seconda metà, nella sezione con Vedano al Lambro), partendo dalla sponda destra del Lambro si prosegue lungo il Viale della Fagianaia, passando per il Viale dei Platani (parallelo al viale dei Cervi e al viale del Serraglio), andando a incontrare viale delle Noci e proseguendo fino al muro di cinta del parco, da cui riprende il percorso storico lungo il parco di Villa Litta Bolognini Modigliani. I viali citati sono stati per lo più incorporati nell’area successivamente occupata dall’Autodromo, e oggi sono solo una memoria storica.

In quell’occasione la frazione di Santa tentò senza successo di staccarsi dal Comune di Monza per unirsi a quella di Villa San Fiorano. In risposta, Monza chiese l’annessione della stessa Villa San Fiorano. La situazione è rimasta invariata, pur continuando a alimentare un certo dibattito e risentimento tra le popolazioni dei comuni interessati. Nel 1924 La Santa rinnovò le sue richieste, trovando questa volta una risposta molto più dura da Monza, il cui prefetto commissario il 1 agosto 1925 chiese non solo l’annessione di Villa San Fiorano, ma anche di Vedano al Lambro e Biassono. La forte opposizione sollevata inizialmente solo da Villa San Fiorano e Biassono, successivamente anche da Vedano al Lambro, parallelamente alla ricostituzione di un’amministrazione comunale anche a Monza, dopo il periodo di messa in servizio durante il quale le richieste, ha portato a un ridimensionamento di questi, che ora erano limitati all’acquisizione della terra all’interno del parco. Anche le nuove richieste di Monza furono contestate sia da Biassono che da Vedano, ma sarebbero state attuate nel successivo regio decreto del 29 novembre 1928, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del Regno il 7 gennaio 1929, che sanciva l’incorporazione del Royal Park nel Comune di Monza da cui fu staccata la frazione del Santo che fu assegnata al Comune di Villa San Fiorano nel nuovo comune di Villasanta. Questo decreto entrò in vigore ufficialmente il 23 gennaio 1929. ma sarebbe stato attuato nel seguente regio decreto del 29 novembre 1928, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del Regno il 7 gennaio 1929, che sanciva l’incorporazione del Parco reale nel Comune di Monza da cui era stata staccata la frazione del Santo che fu assegnato al Comune di Villa San Fiorano nel nuovo comune di Villasanta. Questo decreto entrò in vigore ufficialmente il 23 gennaio 1929. ma sarebbe stato attuato nel seguente regio decreto del 29 novembre 1928, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del Regno il 7 gennaio 1929, che sanciva l’incorporazione del Parco reale nel Comune di Monza da cui era stata staccata la frazione del Santo che fu assegnato al Comune di Villa San Fiorano nel nuovo comune di Villasanta. Questo decreto entrò in vigore ufficialmente il 23 gennaio 1929.

Il periodo austriaco
L’arciduca Ranieri, nominato viceré del Regno lombardo-veneto nel 1818, rilevò immediatamente la Villa e le sue pertinenze nei possedimenti asburgici, che caddero in un breve periodo di oblio dopo la fuga dei francesi nel maggio 1814. Coerentemente con ciò che stava accadendo a Vienna all’epoca, aprì per la prima volta al pubblico i Giardini e il Parco Reale, iniziativa particolarmente significativa dal punto di vista simbolico, perché voleva rappresentare il carattere democratico del nuovo governo austriaco, ben disposto verso gli abitanti di Monza e di Milano . In quegli stessi anni si stavano diffondendo idee, che si diffusero anche in Italia all’inizio del XIX secolo, attraverso manuali specializzati. Secondo Luigi Mabil le città dovrebbero sempre avere – oltre alle piazze – ulteriori e piacevoli luoghi di incontro e passeggiate per la popolazione, ottenuto – in base alla disponibilità – all’interno o all’esterno del perimetro della città. Dovevano offrire al cittadino l’opportunità di respirare un’aria più sana, nonché immagini e momenti piacevoli, che lo distraevano dagli affari personali. Coerentemente con questo pensiero, lo stesso Ercole Silva – che aveva già influenzato la disposizione dei giardini negli anni precedenti – sosteneva l’importanza di questi spazi nella vita quotidiana delle persone, come un vero bisogno. Queste aree, oltre ad alleviare l’individuo dalle afflizioni personali, lo distraevano da intrattenimenti ignobili e pericolosi, educandolo a una maggiore sensibilità e una migliore socialità. che lo distraeva dagli affari personali. Coerentemente con questo pensiero, lo stesso Ercole Silva – che aveva già influenzato la disposizione dei giardini negli anni precedenti – sosteneva l’importanza di questi spazi nella vita quotidiana delle persone, come un vero bisogno. Queste aree, oltre ad alleviare l’individuo dalle afflizioni personali, lo distraevano da intrattenimenti ignobili e pericolosi, educandolo a una maggiore sensibilità e una migliore socialità. che lo distraeva dagli affari personali. Coerentemente con questo pensiero, lo stesso Ercole Silva – che aveva già influenzato la disposizione dei giardini negli anni precedenti – sosteneva l’importanza di questi spazi nella vita quotidiana delle persone, come un vero bisogno. Queste aree, oltre ad alleviare l’individuo dalle afflizioni personali, lo distraevano da intrattenimenti ignobili e pericolosi, educandolo a una maggiore sensibilità e una migliore socialità.

Il parco e i giardini reali sarebbero stati aperti fino al 1 ° agosto 1857, quando si pensò alla soppressione della colonia agricola, a favore di un ridimensionamento del parco stesso, accompagnato da un maggiore sviluppo delle aree del prato e della foresta . Una volta che gli austriaci caddero, il progetto non fu mai attuato e con l’Unità d’Italia nel 1861 fu riaperto al pubblico dai nuovi proprietari, i sovrani della Savoia.

Dalla Savoia alla seconda guerra mondiale
I Savoia, che succedettero agli Asburgo, inizialmente mostrarono una sostanziale indifferenza verso gli eventi del parco e della Villa Reale. Fu solo con l’ascesa al trono di Umberto I nel 1878 che questa tendenza fu invertita, inaugurando un periodo di importanti lavori di ristrutturazione e abbellimento, concentrati quasi esclusivamente sulla Villa Reale, in cui il sovrano amava rimanere. Durante questo periodo, i principali progetti di interventi relativi al parco riguardavano le architetture presenti lì, che avrebbero dovuto a loro volta essere rinnovate e ampliate. Questi progetti rimasero quasi esclusivamente su carta, dal 29 luglio 1900 Umberto I fu assassinato vicino al parco mentre tornava alla villa, nell’attacco dell’anarchico Gaetano Bresci.

Questo evento condannò il parco e la Villa Reale a un abbandono ventennale, che si concluse in qualche modo con la restituzione delle proprietà alla proprietà statale, che ebbe luogo il 21 agosto 1919 e la successiva donazione della stessa con Royal Decreto del 3 ottobre 1919 di Vittorio Emanuele III a vari beneficiari. Le aree a nord di viale Cavriga furono vendute al National Combatant Opera, mentre quelle a sud – con la villa e i giardini – rimasero di proprietà dello Stato; A Villa Mirabellino furono donati i bambini orfani dell’Opera Nazionale, mentre cinquanta ettari situati oltre il Lambro, insieme all’adiacente Convento delle Grazie, furono venduti alla Scuola Superiore di Agraria di Milano.

La National Combatants Opera, che giudicava la donazione un peso passivo, fu presto attivata per trovare un nuovo uso previsto per le vaste aree che doveva gestire. Ci sono state molte proposte di speculazione emerse sin dall’inizio. Tra questi, uno dei più significativi fu quello del progetto Giacchi-Viganoni, del 1919, secondo il quale quelle aree si sarebbero trasformate in una moderna città giardino collegata direttamente con Milano (era prevista anche la costruzione di una stazione ferroviaria all’interno del parco ) e dotate di strutture sportive e ricreative all’avanguardia. Circa 200 ettari di terreno sarebbero stati destinati alla città giardino principale, circondata da una fascia verde residua di circa 270 ettari (tuttavia includendo anche strutture sportive e ricreative) che la separava dalla seconda area residenziale di circa 50 ettari.

Dopo l’ipotesi del progetto, nel 1920 il National Combatant Work stipulò un accordo con il Consorzio composto dai comuni di Monza e Milano, insieme alla Società umanitaria. Questo consorzio, che perseguiva logiche volte a massimizzare lo sfruttamento del parco da un punto di vista economico, a sua volta concedeva alcune aree in concessione a soggetti che avrebbero sconvolto la configurazione originale. Nel 1922 fu concessa una superficie di 370 ettari a SIAS (Società per l’incremento dell’automotive e dello sport) nella parte nord-occidentale del parco su cui, anche grazie alle spinte ricevute dal senatore Silvio Benigno Crespi, presidente della Banca Commerciale Italiana e l’Automobile Club d’Italia, l’Autodromo di Monza, il terzo circuito automobilistico permanente al mondo in ordine cronologico, fu costruito in un tempo record di 110 giorni. Il progetto, affidato all’architetto Alfredo Rosselli e all’ingegnere Piero Puricelli, inizialmente prevedeva un circuito a doppio anello di 14 km, che sarebbe arrivato al giro di Cavriga, ma è stato respinto dal Ministero della Pubblica Istruzione e dalla Commissione per la Conservazione dei Monumenti di Antichità e Arte della Provincia di Milano, giudicato eccessivamente invasivo e dannoso per l’integrità del parco.

Il progetto relativamente più contenuto si basa sull’interpenetrazione di due circuiti separati – un binario stradale di 5.500 metri e l’anello ad alta velocità di 4.500 metri – che condividono il traguardo diritto. Questa soluzione, sebbene non annullasse l’impatto estremo che l’opera ebbe sul parco, consentì almeno di ridurre la superficie occupata e il numero di alberi da abbattere, all’epoca concentrati quasi esclusivamente nell’area Bosco Bello, avendo il parcheggiare un carattere ancora puramente agricolo. Il circuito si affermò come uno dei più famosi e prestigiosi al mondo, costituendo anche la principale ragione di fama della città di Monza nel mondo.

L’identificazione del circuito con la città di Monza (e ai tempi di Milano) non ha mancato di costituire motivo di risentimento per alcuni dei Comuni effettivamente interessati dal tracciato della pista, che non hanno visto questa realtà adeguatamente comunicata al grande pubblico :

«Il circuito di Milano, nel Parco Reale di Monza, è interamente costruito sul territorio dei comuni di Biassono e Vedano. I due comuni che hanno ceduto gran parte del loro territorio non hanno nemmeno un nome: Milano e Monza hanno usurpato un nome e una reputazione che avrebbero dovuto ricadere sui due Comunelli dimenticati! Ingiustizia del destino! ”
(Emilio Romanò, Blasonium. Memorie storiche e amministrative del Comune di Biassono, 1928-1929)

Sempre nel 1922, la SIRE (Società per l’incoraggiamento delle razze equine) ottenne anche una concessione di circa 100 ettari per la costruzione dell’ippodromo di Mirabello, completata nel 1924. Fu costruita in una zona più centrale del parco, situata tra Villa Mirabello – da cui prese il nome – e Villa Mirabellino. La costruzione dell’ippodromo era meno opposta rispetto a quella dell’ippodromo, già giudicata all’epoca di eccessivo impatto ambientale e incompatibile con la natura del parco in cui era situato. Anche le strutture architettoniche dell’ippodromo, progettate insieme alle due pendenze da Vietti-Violi, erano molto più armoniose e leggere, essendo realizzate – secondo la moda dell’epoca – in stile liberty e in legno.

Nel 1928 fu costruito il campo da golf, in un’area di 90 ettari nella parte nord-orientale del parco, vicino alla pista. Il primo progetto, affidato all’architetto inglese Peter Gannon e all’ex maggiore dell’esercito Cecil Blandford – considerato all’epoca tra i migliori progettisti di golf – consisteva in un campo di sole nove buche, che fu presto trasformato in diciotto buche. L’architetto Piero Portaluppi costruì la club house, per la quale adattò la vecchia Royal Fagianaia.

Nel 1934, la Villa Reale, i Giardini e parte del parco furono venduti gratuitamente e definitivamente ai comuni di Milano e Monza, che nel 1937 acquistarono anche le aree situate a nord di Viale Cavriga, formalmente ancora di proprietà dell’Opera Nazionale. Fighters. A metà degli anni Trenta, in seguito ai gravi incidenti automobilistici verificatisi in pista, sono iniziati in pista pesanti adeguamenti e misure di sicurezza, accompagnati da polemiche sulle massicce deforestazioni che sono diventate indispensabili per ogni revisione della pista.

Dalla seconda guerra mondiale ad oggi
Nel 1958 vi fu un’ulteriore espansione del campo da golf, con la creazione di un campo da ventisette buche e la costruzione di una nuova club house, dall’architetto Luigi Vietti. Nel 1976 l’ippodromo cadde in disuso e nel 1990 un incendio distrusse ciò che rimase delle tribune di legno, successivamente demolito insieme alle scuderie. Sempre negli anni Settanta, le controversie da parte degli ambientalisti ripresero, quando nuove modifiche alla pista, effettuate per motivi di sicurezza, richiedevano il taglio di nuovi alberi. Sono state inoltre costruite le nuove scatole, nonostante le restrizioni ambientali sul parco. I gruppi ambientalisti si sono mobilitati e hanno tentato di bloccare il lavoro. La situazione si ripeté nel 1994 – ’95, quando l’espansione delle vie di fuga di alcune curve richiedeva il taglio di circa 500 alberi.

Il campo da golf è anche fortemente criticato dagli ambientalisti e dal grande pubblico, che ritiene ingiusto che un’area pari a circa un settimo del Parco sia assegnata in concessione esclusiva a un club privato (il Milan Golf Club) che ha circa 900 solo membri, impedendo ad altri visitatori di accedervi. Tra il 1995 e il 2006, sono state presentate due petizioni per chiudere l’impianto.

Con la Legge regionale 40/95 che autorizzava gli interventi per l’Autodromo, fu approvato un “Piano per la rinascita del Parco di Monza”, la cui attuazione, sebbene parziale, segnò un’inversione del processo di degrado del Parco che caratterizzò il secolo scorso . Grazie a questo piano, l’ippodromo è stato eliminato, recuperando così la vista delle montagne lombarde dal prato Mirabello ricreato. Il Viale dei Carpini è stato rifatto, che attraversa nuovamente questo prato, collegando le Ville Mirabello e Mirabellino. La Collinetta di Vedano e il Belvedere della Valle dei Sospiri sono stati recuperati. I Viali dei Tigli e ippocastani oltre il Ponte delle Catene sono stati ripiantati ricostituendo così il telescopio che si estende verso est dalla Villa (idealmente verso Vienna).

Gestione del monumentale Palazzo di Monza
Il Consorzio di gestione è stato istituito il 20 luglio 2009, ai sensi dell’art. 112 e 115 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42], recante il “Codice dei beni e dei paesaggi culturali”, per migliorare il Palazzo Reale di Monza, con la sua Villa Reale, i Giardini Reali e il Parco, effettuando il suo restauro e assicurandone la conservazione programmata, al fine di migliorare la uso pubblico. Ha iniziato le sue attività il 9 settembre 2009 ed è composto dalle istituzioni proprietarie delle varie sezioni della Villa e del Parco: lo Stato (Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo), la Regione Lombardia, il Comune di Monza e il Comune di Milano Sebbene la Camera di commercio di Monza e Brianza e la Provincia di Monza e Brianza non abbiano posseduto alcuna proprietà all’interno del complesso monumentale,

Il sistema di viali e telescopi prospettici

All’interno del parco
Viale di Vedano (zona centrale asse est-ovest)
Viale dei Carpini (precedentemente viale dei Carpani) – Si estende per 400 metri da villa Mirabello (est) a villa Mirabellino (ovest). Distrutto con la costruzione dell’ippodromo di Mirabello nel 1924, è stato recentemente restaurato.
Viale Cavriga (ex viale delle Roveri) – Si estende dritto per 2,2 km dal cancello di Monza sul lato ovest (situato a nord della Villa Reale) fino al cancello di Villasanta sul lato est, attraversando così da un lato all’altro – in modo leggermente obliquo – l’area meridionale del Parco. All’epoca costituiva un intervento stradale molto importante, in grado di garantire un collegamento stradale praticabile e regolare tra i comuni a nord di Monza, le cui strade erano limitate alle strade di campagna, difficili da percorrere anche a causa della scarsità di ponti. Infatti, attraversa la Lambro con il ponte Cavriga. In origine era fiancheggiato da una doppia fila di querce, sostituita con platani durante gli anni Trenta.
Viale Mirabello (asse nord-sud)
Viale Mirabellino
Viale dei Tigli
Viale delle Noci – Si estendeva dritto per 3,5 km da viale Cavriga (a sud) all’estremità settentrionale del parco, passando per il rondò della Stella, che è scomparso con la costruzione della pista.
Rondò della Stella (o Carpini) – Si trovava lungo il Viale delle Noci ed era il punto in cui nacquero altre quattro strade prospettiche (oltre al suddetto viale), che culminarono visivamente verso altrettante architetture all’interno e all’esterno del parco. Aveva la forma di un quadrato poligonale; isolato con la creazione della pista, è ancora del tutto riconoscibile nella sua forma.

Fuori dal parco
Viale Cesare Battisti – Si estende su due carreggiate separate da un grande prato rettangolare delimitato da siepi che impediscono l’accesso ai pedoni, per 1,4 km dal rondò dei Pini (ovest) alla Villa Reale (est). È il più importante dei futuri viali afferenti al parco e alla villa, collegando quest’ultimo con il viale alberato che iniziava al Rondo di Loreto a Milano. Inoltre, il viale è caratterizzato dal fatto che (partendo dal rondò dei Pini) si può vedere a destra, prima la vecchia Stazione Reale e poi, quasi alla fine del viale, sempre a destra, una vista prospettica di l’imponente cappella espiatoria.

Il muro del parco e l’accesso al sistema
Il muro di cinta del parco fu eretto da Canonica nel 1808 con i resti dei materiali residui delle antiche mura di Monza. Lunga oltre 14 km, aveva il doppio compito di definire fisicamente i confini delle aree ad uso della Villa Reale e allo stesso tempo mantenere al di fuori di coloro che non avrebbero dovuto accedervi, anche per motivi di sicurezza; non solo a causa della sicurezza personale di Eugenio di Beauharnais o di chiunque altro avesse usato il complesso, ma per la sicurezza di chiunque, sarebbe entrato nelle proprietà con noncuranza, in ogni caso usato come terreno di caccia. La prima apertura al pubblico del parco fu infatti solo nel 1818, con l’installazione di Ranieri Giuseppe d’Asburgo-Lorena.

Villa e fattorie reali
Il parco fu costruito dopo la Villa e i Giardini, durante la dominazione francese, con il decreto imperiale di Napoleone (14 settembre 1805). Il progetto del parco, dell’architetto Luigi Canonica, studente di Piermarini, fu completato in soli tre anni e al momento della sua creazione fu riforestato con oltre 10.000 alberi.

Acquista in diversi lotti, fino a un’area di 685 ettari racchiusa da 14 km di mura, il Parco si erge come riserva di caccia, area boschiva e centro di foche modello. Dal 1816 all’architetto canonico si unì a lui il suo studente e collaboratore, Giacomo Tazzini, che lavora nelle case coloniche del parco.

Oggi il Royal Villa Park, con i suoi 14 km di mura, è uno dei più grandi parchi chiusi d’Europa e ha 12 case coloniche, 3 mulini, 4 ponti e 5 porte.

Alberi monumentali
Le essenze di Reggia del Parco di Monza sono molte, da quando è nato, nel 1805, era pantalone da 10.000 preziosi alberi provenienti da tutto il mondo. La grande collezione botanica, ha reso e rende il parco un pezzo d’arte paesaggistica, un collage di colori e profumi in continua evoluzione.

Alcuni di loro sono considerati veri e propri monumenti naturali, un gigante verde. Nel Giardino Reale troviamo, dietro la villa, due esemplari di querce gemellate, presenti nella lista degli alberi monumentali d’Italia. Da due secoli l’albero monumentale che fissa la facciata della Villa Reale.

Accanto a loro, nel giardino regale, troviamo una fragranza che proviene da tutto il mondo: il ginkgo, di origine giapponese, la sequoia americana con il tronco rossastro, l’albero di tulipani del Canada e il cedro del Libano.

Commissionate da Ferdinando Dasburg, appassionato botanico, le essenze sono state selezionate dal giardiniere della Regia. Successivamente la collezione botanica fu arricchita con nuove specie. Nel secondo periodo asburgico, l’arciduca Ranieri fece creare una campanula che porta ancora il suo nome.

Nel Royal Park, non possiamo non essere colpiti dalla bellezza della quercia secolare protetta da una foresta di sambuco e tasso o dall’esemplare di noce e ippocastano di duecento anni.

Faggio pendulo (Fagus sylvatica pendula) Faggio piangente di Mario Donadoni Reggia di Monza
Tiglio, Lime selvatico, Tilia cordata Fam. Tiliaceae di Mario DonadoniReggia di Monza
Ippocastano, Ippocastano Aesculus hippocastanum, Fam. Sapindaceae di Mario DonadoniReggia di Monza
Quercia (Quercus robur) Quercia di Mario Donadoni Reggia di Monza

Giardino di rose
Nello spazio di fronte alla Villa Reale di Monza c’è uno dei roseti più affascinanti che io abbia mai visto. Un autentico angolo di paradiso con un calore velato e dorato, colorato dal profumo inebriante e talvolta toccante delle rose antiche.

Il roseto della Villa Reale si trova nei parterri ai lati del cortile d’onore. È stato creato grazie a Niso Fumagalli, uomo d’affari e presidente di Candy, grande amante delle rose. Dopo diversi viaggi in Francia, Belgio, Olanda e Inghilterra, dove seguirono con interesse gare di orti, nel 1964 Niso Fumagalli fondò l’Associazione delle rose italiane a Monza.

Le prime competizioni furono nel 1965, quando i lavori del roseto non furono ancora completati. I prossimi anni arrivano alcune madrine, come la Principessa Grace di Monaco, nel 1970, e la vincitrice del Premio Nobel Rita Levi Montalcini, nel 1991.

La rosa Chinensis, chiamata Bella di Monza, è un antico esemplare di rosa, caratterizzato dal fiore aperto, dalla presenza di spine, dalla tendenza quasi disorganizzata del cespuglio.

È sorprendente come in alcune piante trovi così tanta diversità di portamento, altezza, fogliame e forme, come nella rosa. Alcuni hanno fogliame lucido o opaco, altri si distinguono per i margini dentati.

installazioni
Voliera per umani
La voliera per umani è un’installazione permanente situata vicino a Cascina Cernuschi, nella zona dietro la Valle dei Sospiri. Opera di Giuliano Mauri, inaugurata il 26 novembre 2006, realizzata con materiali provenienti esclusivamente dall’interno del parco, finalizzata a comporre un ambiente a punta circolare, una sorta di cupola simile a una grande gabbia aperta. La voliera, tuttavia, è stata smantellata nel 2013 perché è stata rovinata da numerose intemperie.

scrittore
L’installazione, opera dello scultore Giancarlo Neri, è stata collocata nel parco in occasione del suo 200 ° anniversario, nel 2008. Precedentemente era già stata esposta a Villa Ada, a Roma, e successivamente a Hampstead Heath, a Londra. Come spiega lo stesso autore, l’installazione celebrerebbe la solitudine dello scrittore, simboleggiando il processo creativo della scrittura, che obbliga lo scrittore a un isolamento generale dal mondo circostante; nel fare ciò, rimane solo al tavolo su cui lavora. Da qui la grandiosità della scultura, composta da una sedia e un tavolo fuori scala e inseriti negli spazi aperti del parco.

Flora
Storicamente, grazie all’opera di Luigi Villoresi, furono attestate numerose specie vegetali, sia autoctone che esotiche; all’epoca esistevano addirittura 43 specie di Quercus, 30 di Fraxinus, 22 di Prunus e 16 di magnolia. Oggi, nonostante abbia perso gran parte della sua fisionomia originale, il Parco conserva una buona varietà arborea, particolarmente significativa e importante, se contestualizzata nel panorama quasi interamente urbanizzato di Monza e dei comuni immediatamente a nord di quest’ultimo. Anche la presenza del Bosco Bello è particolarmente significativa, una delle ultime testimonianze delle antiche foreste di pianura presenti in Lombardia, comunque circoscritte nella zona settentrionale del Parco, ripetutamente compromesse dall’Autodromo e dai relativi continui interventi di deforestazione.

Tra le specie più caratteristiche e più diffuse nel parco ci sono il Carpino bianco (Carpinus betulus), l’Ippocastano (Aesculus hippocastanum), il Liriodendro (Liriodendron tulipifera), varie specie di Platano, la Ciliegia selvatica (Prunus avium) e il Tiglio (Tilia cordata); tra gli arbusti il ​​biancospino (Crataegus monogyna), la ciliegia corneliana (Cornus mas) e l’Evonimo (Euonymus europaeus).

Fauna
Una volta cessata la funzione di riserva di caccia reale e la successiva tenuta agricola modello, il Parco vanta attualmente un discreto numero di specie animali spontanee, alle quali vanno aggiunte le specie allevate, in particolare bovine (Mulini San Giorgio) ed equine (Mulini San Giorgio e Cascina Cernuschi, ancora utilizzata come caserma dei Carabinieri a cavallo). Importante, nei cinquant’anni di attività, anche l’allevamento di cavalli dell’Ippodromo del Mirabello, attivo fino al 1976. Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Pavia insieme al Museo di Storia Naturale di Milano ha identificato una sorprendente varietà di mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci, che contribuiscono ad aumentare significativamente l’importanza e il valore di questa area verde.

La fauna del Parco è costituita principalmente dallo scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris), dalla lepre europea (Lepus europaeus), dal ghiro (Glis glis), dalla talpa europea (Talpa europaea), dalla volpe rossa (Vulpes vulpes), dalla natura selvaggia coniglio (Oryctolagus cuniculus) e dal riccio comune (Erinaceus europaeus), per quanto riguarda i mammiferi; dal picchio rosso maggiore (Dendrocopus major), dal picchio verde (Picus viridis) e dal picchio muratore (picchio europeo), per quanto riguarda le cime, dall’anatra mandarina (Aix galericulata), dal germano reale (Anas platyrhyncos), da l’airone notturno (Nycticorax nycticorax), dal martin pescatore (Alcedo atthis) e dall’airone cenerino (Ardea cinerea), per quanto riguarda gli uccelli acquatici, dalla poiana (Buteo buteo), dal ‘gufo bruno (Strix aluco), il lungo civetta (Asio otus), nei mesi invernali da Gull (Laridae), il gufo (Athene noctua) e il gheppio (Falco tinnunculus), per quanto riguarda i rapaci; dalla lucertola verde (Lacerta bilineata) e dal colubus di Esculapio (Elaphe longissima), per quanto riguarda i rettili; dalla rana di Lateste (Rana latastei), dal tritone crestato italiano (Triturus carnifex) e dal rospo smeraldo (Bufo viridis), per quanto riguarda gli anfibi; da carpe e cavedani comuni, per quanto riguarda i pesci.

Accessibilità e trasporti
Storicamente, la Villa Reale e il suo parco erano serviti da una stazione ad uso esclusivo del re e della sua famiglia, situata lungo il percorso della ferrovia Milano-Chiasso. La stazione, aperta nel 1884, sorgeva sull’estensione della storica Milano-Monza (attiva dal 1840), che passava sotto il lungo viale prospettico della Villa (oggi viale Cesare Battisti), senza quindi alterarne la vista, interrompendone la prospettiva. La stazione, che conserva ancora intatta la sala d’aspetto reale, fu utilizzata per l’ultima volta per trasportare a Roma il corpo del re Umberto I, 8 agosto 1900.

Il 1900 fu anche l’anno dell’ampliamento della storica tramvia Milano-Monza dall’Arengario il Parco, già raggiunta nel 1890 dalla linea per Carate. In seguito alla costruzione dell’Autodromo e dell’Ippodromo del Mirabello nel 1924, si pensava di estendere la linea tranviaria fino al cosiddetto anello del Vedano, una sezione del bagagliaio istituita per servizi specifici a servizio delle due strutture sportive. (attivo dall’anno seguente). Nel 1956 fu avviato un servizio automobilistico tra Monza e Vedano, prolungato l’anno successivo a Giussano: gli autobus, che correvano paralleli al tram, ne avrebbero presto decretato la fine. Il servizio di tram sarebbe infatti cessato nel 1958 sulla Milano-Monza e nel 1960 sulla Monza-Carate.

Oggi il Parco di Monza è ampiamente servito dalle linee z204 (Taccona- Monza – Vedano) e z208 (San Fruttuoso – Monza – Villasanta / Arcore) del servizio urbano (attualmente gestito dal trasporto nord-est) e dalla linea z221 ( Sesto – Monza – Carate – Giussano) del servizio extraurbano (gestito da Brianza Trasporti – AGI). Infine, la vicinanza della stazione Biassono-Lesmo Parco (attiva dal 1911), situata all’estremità nord-occidentale del parco, lungo la ferrovia Monza-Molteno-Lecco.