João Louro: I Will Be Your Mirror / Poesie e problemi, Padiglione Portogallo a Palazzo Loredan, Biennale di Venezia 2015

Il padiglione del Portogallo si trova nel bellissimo Palazzo Loredan, a Campo Santo Stefano, e presenta la mostra I Will Be Your Mirror / Poems and Problems, di João Louro

Il motto della mostra, Sarò il tuo specchio, è tratto da una canzone dei Velvet Underground. I testi della canzone, distribuiti su una serie di lampadine, ricevono e allo stesso tempo salutano i visitatori in quella che è sia la prima che l’ultima stanza. L’uso di parole o frasi illuminate è stato un fattore ricorrente nel lavoro di João Louro, e come in altre opere la scomparsa è lontana da quella di un gesto: spegnere la luce.

La spinta del progetto che João Louro presenta a Venezia prende in prestito il titolo di una canzone dei Velvet Underground: “I Be Be Your Mirror”. Louro presenta una panoramica della sua carriera, delle sue convinzioni artistiche e culturali, delle sue preoccupazioni e delle decisioni estetiche e sociologiche. Attraverso elementi tratti dal minimalismo e dall’arte concettuale, João Louro è un artista fortemente concettuale, uno la cui intensità è mostrata nella sua presentazione e interpretazione del mondo, nel suo modo di esprimersi sull’esperienza e nel suo impegno nel portare le cose al limite, attraverso un sorprendente spiegamento della tensione e del controllo calcolati. Louro costruisce il suo mondo secondo le tracce che le sue letture, la musica e il cinema hanno lasciato sul suo cammino; fondendo queste tracce costruisce una sorta di autobiografia, un diario personale, in cui i testi o gli eventi sono carichi di significato.

Le opere create appositamente per il padiglione portoghese, che sono state straordinariamente ben adattate allo spazio in ogni stanza della Biblioteca di Palazzo Loredan, evidenziano la preoccupazione che João Louro ha sempre mostrato nel generare nuovi aspetti semantici e sollevare dubbi sulle norme accettate dal nostro visual cultura, oltre a convertire il ruolo dello spettatore in quello di un partecipante, creando luoghi inventati e immaginando scene e abitando parole che ci permettono di coltivare i nostri desideri e aspirazioni più profondi.

Le opere Dead Ends sono legate alla sfida del linguaggio. In questi usa i segnali stradali come simboli che sono automaticamente riconoscibili; solo dopo lo spettatore raggiunge il secondo livello di lettura, che è il contenuto.

Nella serie “Blind Images” lo spettatore si trova di fronte a una tela su cui l’immagine è stata oscurata, nascosta sotto un rivestimento di acrilico lucido e un pannello di vetro che produce l’effetto di uno specchio. Nella parte inferiore della tela c’è un testo che allude o descrive l’immagine cancellata, provocando così approcci diversi a ciò che è visibile o prospettive diverse attraverso le quali si può considerare l’immagine.

L’opera concettuale di João Louro è una domanda sui limiti e sulla capacità espressiva dell’immagine, che si riflette al di fuori dello stretto margine dell’opera d’arte stessa.

Biografia
João Louro (Lisbona, 13 novembre 1963) è un artista portoghese. Ha studiato architettura all’Università di Lisbona e pittura alla ARCO School of Art and Communication. La sua carriera artistica è iniziata negli anni novanta. Inizia con la pittura, ma presto espande la sua attività all’uso di altri mezzi, come la fotografia, la scultura e l’installazione, trasformando questa diversità in una caratteristica interna del suo lavoro. Rappresenta il Portogallo alla Biennale di Venezia nel 2015

Discendente dell’arte concettuale e minimale, con una particolare attenzione alle avanguardie dell’inizio del XX secolo, il suo lavoro traccia una topografia del tempo, con riferimenti generazionali personali, ma soprattutto. Uno dei principali obiettivi del suo lavoro è la riorganizzazione dell’universo visivo. L’altra questione prioritaria è la lingua, nelle sue potenzialità e aspetti. “João Louro viaggia incessantemente su questi due grandi corpi di lavoro che non si avvicinano mai a nessun fine tra loro: Immagine / Lingua. Anche così, sono destinati allo scontro permanente nell’opera.

Il primo tema principale, legato all’immagine, ha origine in eccesso ”. João Louro è dedicato a mettere in discussione il suo potere, testare i suoi limiti e causare disturbi nell’apparente stabilità del senso che ogni rappresentazione visiva ha. È in questo processo che l’uso del linguaggio diventa essenziale e l’artista “contrappone parole e immagini e crea nuovi significati e nuove esperienze”. All’interno di questo secondo grande tema, Lingua, l’artista include la lingua stessa, la traduzione, gli scrittori, i libri e la poesia. Il suo lavoro è assunto come “un dispositivo strategico per la mediazione critica del reale, esplorando insistentemente l’eccesso e il potere dell’immagine e della parola scritta nelle società occidentali”. Il suo lavoro intende, allo stesso tempo, interrompere il paradigma romantico, dando risalto al ruolo dello spettatore. Lo spettatore è la figura chiave per completare l’opera d’arte, poiché, per João Louro, il valore dell’opera d’arte deriva dal legame che si instaura tra l’opera e lo spettatore.

Nel 2005, ha partecipato alla mostra “Art Experience”, al Pavilhão Itália, alla 51a Biennale di Venezia, a cura di Maria de Corral. Sempre nel 2005, ha partecipato al progetto “Insite 05 – Art Practices in Public Domain”, a S. Diego (USA) / Tijuana (Messico). Dal suo vasto curriculum di mostre individuali in Portogallo e all’estero, spiccano: “Runaway Car Crashed # 2”, Museo Serralves di Porto (1999); “La Pensée et l’Erreur”, Fundació Joan Miró a Barcellona (2000); “Blind Runner”, Centro Cultural de Belémin Lisbona (2004/2005); “LA Confidential”, Christopher Grimes Gallery di Santa Monica (2007); “The Great Houdini”, Centre for Contemporary Art in Bragança (2010), “My Dark Places”, MACRO – Museum of Contemporary Art in Rome (2010); “I Will Be Your Mirror – Poems and Problems”, Biennale di Venezia (2015) e “Smuggling”, MACE – Museum of Contemporary Art in Elvas (2015).

La mostra

Stanza 1
Nella fotografia scattata all’aeroporto di Miami nel 2005, João Louro sta aspettando l’arrivo di Walter Benjamin. Questa immagine introduce nel corso della mostra, che ci rimanda ai temi ricorrenti del suo lavoro: invisibilità e assenza …

Vicoli ciechi
Le opere Dead Ends sono legate alla sfida del linguaggio. In essi Louro usa i segnali stradali come simboli che sono automaticamente riconoscibili; è solo dopo che lo spettatore raggiunge il secondo livello di lettura, che è il loro contenuto. Questa lingua variabile non è altro che una possibilità aperta a stabilire nuove condizioni per la produzione di significato. I vicoli ciechi si presentano come oggetti, allo stesso modo dei concetti, grazie alla loro forte componente fisica.

In questo caso Louro ha usato parti del testo dell’opera Ichaanta di Ciajkovskij, un’opera che si occupa della cecità, dell’impossibilità di vedere e dell’uso del linguaggio per garantire una forma al paesaggio, alla luce e al cielo . In breve, per descrivere il mondo che ci circonda.

Immagini cieche
Nella serie Blind Images lo spettatore si trova di fronte a una tela su cui l’immagine è stata cancellata. Queste serie ci aiutano a capire che la distanza tra parole e immagini non è così grande come quella che esiste tra parole e oggetti, o tra cultura e natura.

In questo caso stiamo guardando un enorme “film fotografico” che contiene le poche fotografie esistenti di Maurice Blanchot (uno scrittore che è sempre stato attento a mantenere la sua privacy e la sua immagine). Durante questo lavoro potremmo conoscere queste immagini attraverso un testo che allude o descrive la foto che è stata eliminata, provocando così approcci diversi alle visioni visibili o diverse attraverso le quali si può avvicinarsi a un’immagine.

Stanza 4
In queste due opere l’immagine eliminata è l’unica foto esistente di Arthur Rimbaud da adulto, che, come Blanchot, non ha mai voluto essere fotografato. L’importanza che Louro attribuisce al linguaggio che descrive l’immagine sottolinea ulteriormente l’importanza della letteratura, della poesia e dei suggerimenti.

In queste opere la realtà è nascosta sotto uno strato di vernice acrilica lucida, sulla quale è presente un pannello di vetro che produce l’effetto di uno specchio in cui si riflette lo spettatore, rendendo così gli spettatori parte dell’opera.

Carta geografica
La mappa stropicciata lascia un messaggio alquanto inquietante, come se permetta di collegare parti molto distanti, come se riorganizzasse il mondo, rendendolo uno, poiché la cordonatura accorcia le distanze, d’altra parte è un “emblema del mondo contemporaneo” che non guida e disorienta ”.

Scala dello specchio
The Mirror Ladder, apparentemente uguale a tante altre scale che conosciamo, ma in relazione al quale Louro ha negato la sua funzione, rendendone impossibile l’uso, ma, proprio come nelle immagini cieche, lo spettatore è di nuovo il protagonista quando viene riflesso in esso.

Copertine
In queste opere Louro riproduce copertine di libri, aumentandone notevolmente le dimensioni, al fine di guidarci nella lettura di tutti i suoi idoli letterari, poetici e filosofici, costruendo così con loro uno spazio in cui può vivere

Stanza 5

Cover # 16, Stirrings Still, Samuel Beckett (2015)
Cover # 17, Bouvard and Pécuchet, Gustave Flaubert (2015)
Cover # 18, Portrait of the Artist as a Young Dog, Dylan Thomas (2015)
Cover # 19, Bartleby, the Scrivener, Herman Melville (2015)

Fine
La mostra termina con l’annuncio della fine, con l’opera The End, che ci rimanda all’immaginario di Hollywood,

Palazzo Loredan
L’Istituto veneto di scienze, lettere e arti è nato nell’Istituto Nazionale voluto da Napoleone per l’Italia all’inizio del XIX secolo.

Fu poi rifondato con l’attuale nome dall’imperatore Ferdinando I d’Austria nel 1838, con la separazione dell’Istituto lombardo di lettere e scienze delle arti. Con l’unione di Veneto e Italia, l’istituto fu riconosciuto di interesse nazionale, insieme alle principali accademie degli stati preunitari, anche se la più grande attenzione continuava a essere rivolta alla vita culturale e scientifica della regione di Venezia.

Nel 1866 anche l’Istituto veneto di scienze, lettere e arti assunse parte delle posizioni assegnate fino ad allora al Magistrato alle Acque, che era stato soppresso in seguito all’annessione del Veneto al Regno d’Italia. Nel 1871 presso la sede dell’Istituto fu installato il primo misuratore di maree per il controllo sistematico delle maree a Venezia e per l’analisi statistica del fenomeno delle acque alte. L’Istituto si occupò delle osservazioni fino al 1908, quando donò gli strumenti e il relativo archivio di documenti all’Ufficio Idrografico del Comune.

La prima sede dell’Istituto Veneto fu Palazzo Ducale, che fu poi trasferito a Palazzo Loredan nel 1893. Nel 1999 fu acquistata la seconda sede di Palazzo Franchetti, inaugurata nel 2004.

attività
L’Istituto “mira ad aumentare, divulgare e proteggere le scienze, le lettere e le arti” (articolo 1 dello statuto).

“L’Istituto è composto da due classi, una per le scienze fisiche, matematiche e naturali, l’altra per le scienze morali, lettere e arti. Ogni classe è composta da 40 membri per la categoria di membri effettivi, 80 per quella dei membri effettivi membri corrispondenti e 25 per quello dei membri stranieri “(articolo 2 dello statuto sociale).

Oltre all’attività accademica ordinaria e alle riunioni mensili dei membri, l’Istituto promuove periodicamente eventi scientifici e umanistici, incontri di studio, conferenze, seminari, scuole di specializzazione internazionale e organizzazione di mostre d’arte.

Pubblica ogni anno vari volumi monografici periodici e opere inedite ritenute di notevole valore scientifico o comunque tali da dare un contributo significativo agli studi.

Biblioteca
La biblioteca fu fondata a partire dalla rifondazione dell’Istituto, che ebbe luogo nel 1838. Inizialmente situata nel Palazzo Ducale, sede dell’Istituto Veneto dal 1838 al 1893, con il trasferimento dell’Istituto a Palazzo Loredan, fu collocata in una serie di stanze del piano nobile arredate per quella destinazione, dove si trova ancora. Nella biblioteca ci sono numerosi sedicesimi del XVI e XVII secolo, manoscritti del XVI secolo facenti parte della collezione di Serafino Raffaele Minich, la raccolta di studi classici di Oddone Ravenna, l’intera biblioteca medica di Angelo Minich, quella di Luigi Luzzatti, di Fabio Vitali e molti volumi derivanti da altri lasciti. La biblioteca conserva anche i documenti accademici e i volumi pubblicati dall’Istituto, oltre a una raccolta di periodici, tra cui The Times (1870-1930), La Perseveranza (1859-1922), L’Osservatore Romano (1861-1996), La Stampa (1867-1948), Il Sole 24 ORE (1865-1916) e Il Gazzettino di Venezia (1887 – oggi).

Dal 1990 la biblioteca dell’Istituto Veneto fa parte del centro SBN (National Library Service) di Venezia.

Collezione medaglia
La collezione di medaglie è divisa in due parti:

Le medaglie premio del settore, assegnate nel 1800 alle aziende di maggior successo nel Veneto
Medaglie relative a commemorazioni, congressi ed eventi dell’Istituto Veneto

Documenti cretesi
Nel 1898, in seguito all’abbandono dell’isola di Creta da parte dell’impero ottomano, una spedizione archeologica guidata da Federico Halbherr fu inviata dal Ministero della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia. L’Istituto Veneto decise di inviare un delegato, il giovane Giuseppe Gerola, che rimase sull’isola di Creta dal 1900 al 1902 per cercare tracce di monumenti veneziani. Il risultato di questa spedizione è conservato presso l’Istituto veneto di scienze, lettere e arti e comprende:

1642 lastre fotografiche
1642 negativi
1642 riproduzioni fotografiche
1000 fotografie originali
291 carte veline
102 carte assorbenti
52 calchi in gesso di Leoni di San Marco con stemmi araldici di famiglie veneziane (la maggior parte dei quali sono conservati nel Museo di storia navale

Biblioteca di depositi
Il magazzino delle Zattere fu acquistato per conservare le raccolte della biblioteca. Formata da un unico piano che è stato razionalizzato con un mezzanino. Nella parte superiore sono stati ospitati gli uffici per la ricerca bibliografica e al piano inferiore è stato messo a disposizione uno spazio per mostre e mostre d’arte.
Il deposito del libro di Mestre è stato istituito per accogliere parte del patrimonio librario dell’Istituto. Monografie e periodici acquistati dopo la fine della seconda guerra mondiale sono depositati in questo edificio. Il magazzino dispone di uno spazio per lo stoccaggio di volumi con una capacità totale di 4.275 metri lineari.
Casa Minich, acquistata con parte del lascito di Angelo Minich, fu prima residenza e poi, dopo il restauro di Libero Cecchini, fu utilizzata come deposito di libri. Ospita anche il Centro europeo per la tecnologia vivente (ECLT) e il Centro interuniversitario di studi veneziani (CISVE).

Biennale di Venezia 2015
La Biennale d’Arte 2015 chiude una sorta di trilogia iniziata con la mostra curata da Bice Curiger nel 2011, Illuminazioni, e proseguita con il Palazzo Enciclopedico di Massimiliano Gioni (2013). Con All The World Futures, La Biennale prosegue la sua ricerca su riferimenti utili per esprimere giudizi estetici sull’arte contemporanea, una questione “critica” dopo la fine dell’arte d’avanguardia e “non artistica”.

Attraverso la mostra curata da Okwui Enwezor, La Biennale torna a osservare il rapporto tra arte e sviluppo della realtà umana, sociale e politica, nella pressione di forze e fenomeni esterni: i modi in cui, cioè, le tensioni dell’esterno il mondo sollecita le sensibilità, le energie vitali ed espressive degli artisti, i loro desideri, i movimenti dell’anima (il loro canto interiore).

La Biennale di Venezia è stata fondata nel 1895. Paolo Baratta è stato presidente dal 2008, e prima ancora dal 1998 al 2001. La Biennale, che è all’avanguardia nella ricerca e promozione di nuove tendenze dell’arte contemporanea, organizza mostre, festival e ricerche in tutti i suoi settori specifici: Arts (1895), Architecture (1980), Cinema (1932), Dance (1999), Music (1930) e Theater (1934). Le sue attività sono documentate presso l’Archivio storico delle arti contemporanee (ASAC) che recentemente è stato completamente rinnovato.

Il rapporto con la comunità locale è stato rafforzato attraverso attività didattiche e visite guidate, con la partecipazione di un numero crescente di scuole venete e non solo. Questo diffonde la creatività sulla nuova generazione (3.000 insegnanti e 30.000 studenti coinvolti nel 2014). Queste attività sono state supportate dalla Camera di commercio di Venezia. È stata inoltre istituita una collaborazione con università e istituti di ricerca che organizzano tour speciali e soggiorni nelle mostre. Nel triennio 2012-2014, 227 università (79 italiane e 148 internazionali) hanno aderito al progetto Sessioni della Biennale.

In tutti i settori ci sono state maggiori opportunità di ricerca e produzione rivolte alle giovani generazioni di artisti, direttamente in contatto con insegnanti di fama; questo è diventato più sistematico e continuo attraverso il progetto internazionale Biennale College, attualmente in corso nelle sezioni Danza, Teatro, Musica e Cinema.