Sala dei cavalli, video a 360 °, Palazzo Te

Sala dei cavalli: con i ritratti a grandezza naturale dei sei destrieri preferiti dei Gonzaga era la sala da ballo. I cavalli spiccano in tutta la bellezza delle loro forme su un paesaggio naturale che si apre dietro alcune colonne corinzie dipinte e che alternano il purosangue con figure di divinità mitologiche in false nicchie. Il soffitto a cassettoni in legno e le rosette dorate ospitano il Monte Olimpo e la lucertola, i simboli del duca e il suo schema sono tratti dal pavimento dando simmetria all’ambiente (il pavimento non è l’originale del tempo).

La Sala dei Cavalli è adornata da affreschi che mostrano la più alta qualità pittorica dell’intero edificio. L’autore di questi dipinti non è menzionato in alcun documento; sono stati attribuiti a Giulio Romano, il cui talento pittorico qui ha raggiunto il suo apice. La stanza deve il suo nome agli amati cavalli delle scuderie Gonzaga, raffigurati nelle decorazioni, come i cani sono dipinti nella Camera nuziale da Andrea Mantegna, anche se qui non ci sono figure umane. Ognuno porta il suo nome, quattro in particolare spiccano: Morel Favorito, Glorioso, Bataglia, Dario.

Il genio di Giulio Romano è visibile non solo nella rappresentazione dei singoli cavalli, che qui sono raffigurati in una posizione di riposo, eppure sembrano vibrare. Sono in piedi contro aperture all’interno delle quali è visibile un paesaggio dipinto, e la città di Mantova, con la sua architettura classica. L’intera Camera, impreziosita da un camino in marmo istriano, diventa una finta loggia, che entra in un dialogo immaginario con la Camera Picta, dove la famiglia Gonzaga è ritratta all’interno di un grande padiglione, oltre il quale vediamo alcuni villaggi. La capacità di Giulio Romano di aggiungere nuovi elementi alla Camera è evidente anche se guardiamo alla serie di falsi bronzi dipinti in cui sono rappresentate le fatiche di Ercole. Il contrasto tra il cavallo calmo e il corpo contorto dell’eroe è magnifico.

Nella Hall of Horses ci sono anche vere finestre che disturbano il ritmo generale della composizione, ma mostrano anche la capacità di Giulio Romano di sfruttare gli ostacoli per creare un perfetto mix di artificio e realtà. La decorazione delle pareti è completata da grandi statue di divinità che probabilmente alludono a Federico e alla sua amante Isabella Boschetti. Sotto il magnifico soffitto c’è una fessura con motivi vegetali e putti che giocano attorno a maschere grottesche.

Il soffitto in legno – un capolavoro all’interno di un altro – è diviso in una serie di quadrati. All’interno di questi sono rappresentati i due atti eroici, la scena del Monte Olimpo e la storia della Salamandra. Sono racchiusi da motivi geometrici e vegetali.

Il Monte Olimpo, che collega idealmente gli dei agli uomini, che è anche un’allusione alla solidità della stirpe dei Gonzaga, è reso in modo plastico dalle rocce dorate che si stagliano contro un cielo blu.

Non è di fondamentale importanza determinare se qui il dipinto raffigura una lucertola, una salamandra o un geco. Ciò che è significativo è il contrasto tra la pelle fredda dell’animale e il fuoco delle passioni che tormentano l’uomo. Il motto latino che si riferisce a questa scena recita: “Quod huic deest me torquet”, che significa “Ciò che le manca mi tormenta”. Il caldo, sconosciuto alla Salamandra, costringe il cuore degli uomini a subire gli effetti della passione.

Palazzo Te
Palazzo Te è un edificio storico e monumentale a Mantova. un bell’esempio di stile manierista di architettura, costruito tra il 1524 e il 1534 su commissione di Federico II Gonzaga, è l’opera più famosa dell’architetto italiano Giulio Romano. Il complesso ospita ora il museo civico e, dal 1990, il Centro internazionale per l’arte e la cultura di Palazzo Te che organizza mostre di arte e architettura antiche e moderne.