Categories: Architettura

Gotico a Pavia

Per gotico a Pavia si intende l’esperienza artistica della città tra la fine del XIII secolo e la prima metà del XV secolo. Grazie infatti all’importanza che la città esercitava ancora nell’area lombarda, Pavia fu protagonista di una vivace stagione artistica, prima con il potere comunale e poi con i Visconti, che intendevano con le loro commissioni affermare il loro dominio sul secondo centro del ducato di Milano.

Edifici religiosi
Tra le prime chiese gotiche di Pavia troviamo la chiesa di San Francesco, terminata verso la fine del XIII secolo. Il frontale appare come una facciata saliente in cotto come elemento predominante, come è tipica dell’architettura lombarda: è diviso in tre partiture verticali accentuate da contrafforti e da salienti. La partizione centrale è la più decorata, con un doppio portale al piano terra, probabilmente preso in prestito dalla Basilica di San Francesco ad Assisi ma che richiama anche il doppio arco della porta della città milanese. Sopra i portali vi è un corso a corde con quattro monofore, dominato a sua volta da una trifora monumentale: l’area dei due portali e il corso a corde su tutte e tre le partiture verticali presenta una decorazione a rombi e quadrati composta da mattoni alternati rosso e bianco gesso; la facciata è rifinita da cinque pinnacoli cilindrici.

La chiesa ha una pianta particolare, frutto dell’unione tra la pianta basilicale della sala e la pianta a croce greca del capocroce. Rimangono pochissimi frammenti di affreschi dell’originale decorazione d’interni, tra cui un San Francesco e una Madonna con Bambino della fine del 1200 che richiamano l’arte bizantina e una presentazione a metà del XIV secolo di un pittore lombardo già attivo tra Bergamo e l’abbazia di Viboldone.

La chiesa di Santa Maria del Carmine è in seguito: iniziata nella seconda metà del XIV secolo, fu terminata nella metà del XV secolo: il progetto della chiesa è spesso attribuito a Bernardo da Venezia che avrebbe riproposto in seguito questo progetto per il chiesa con lo stesso nome di Santa Maria del Carmine a Milano. La facciata ha forme piuttosto tozze, in contrasto con il tipico sviluppo verticale gotico, decorato, senza pregiudizio di alcuni dettagli, in terracotta. È contrassegnato da sei contrafforti che creano cinque spartiti verticali, i due spartiti esterni presentano un’unica finestra con archi a sesto acuto, mentre i tre centrali sono decorati con bifore; la decorazione della partitura centrale ha una rosetta fiancheggiata da nicchie con sculture in terracotta dell’Angelo annunciante e della Vergine annunciata.

L’interno ha una pianta longitudinale, in cui l’ampio uso è fatto di una struttura modulare, in cui il piano è composto dall’unione di più stanze con un piano quadrato della stessa dimensione: il lato del quadrato corrisponde ad un terzo del larghezza della facciata; la navata centrale ha una larghezza pari a un quadrato, mentre le navate laterali e le cappelle hanno come forma un quadrato che è un quarto del quadrato principale di partenza (cioè l’unione di due cappelle e due campate del corridoio occupano uno spazio equivalente a un arco della navata centrale). Le volte a crociera sono sostenute da pilastri a travi che formano archi a tutto sesto.

La certosa
La Certosa di Pavia, commissionata ex voto di Gian Galeazzo Visconti, era insieme al Duomo di Milano il più grande cantiere tardo gotico in Lombardia e tra i più grandi in Italia. Il progetto fu originariamente assegnato a Bernardo da Venezia insieme a Giacomo da Campione, già attivo nel cantiere del Duomo di Milano: l’intenzione di Gian Galeazzo di portare il mausoleo della famiglia Visconti fece in modo che gli ufficiali ricevessero l’ordine di costruire un grandioso chiesa, non troppo dissimile in proporzioni dalla costruzione grandiosa della cattedrale della città, da cui la struttura delle tre navate gotiche, tra i pochi elementi puramente gotici della chiesa.

Alla morte di Gian Galeazzo nel 1402 il cantiere della chiesa rallentò considerevolmente: i lavori ripresero in modo apprezzabile l’ascesa al potere degli Sforza, che fecero riprendere il lavoro in uno stile misto tra il tardo gotico e il rinascimento, per vederli conclusi con la realizzazione di facciata, capolavoro del Rinascimento lombardo. Dell’originaria struttura tardo gotica, già profondamente modificata e rimodellata durante il Rinascimento, le tre navate sono ancora ben visibili, separate da robusti pilastri a volta con travi a volta gotiche, ispirate alla sala del Duomo di Milano.

Edifici civili e militari

Il castello Visconteo
Il castello visconteo, edificio militare utilizzato anche come residenza nobiliare, è certamente il più grande monumento civile gotico della città. Il castello fu costruito sulle rovine dell’antica fortezza distrutta da Luchino Visconti su progetto di Bernardo da Venezia a partire dal 1359: negli operai furono impiegati da tutto il ducato di Milano, che raggiunse la sua massima espansione sotto Gian Galeazzo Visconti, commissario del castello; grazie alla forza lavoro di tutto il ducato, il castello fu pronto in soli sette anni. L’aspetto del castello, pur essendo di fatto una fortezza, era decorato in modo sontuoso e raffinato, tanto che a quel tempo Candido Decembrio la chiamava “una casa che non ha eguali in Italia”. Il lato nord del castello fu distrutto dall’artiglieria francese durante l’assedio del 1525 e mai ricostruito, conteneva affreschi di animali con fondo dorato simile alla cappella di Teodolinda di Pisanello.

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I muri perimetrali del castello sono decorati con una doppia fila di bifore in mattoni: l’ingresso è introdotto da un rivellino. All’interno, la vocazione residenziale del castello è ancora più evidente: l’ampio cortile si trova al piano terra con portici a pilastri cilindrici in pietra con archi a sesto acuto; al livello superiore del lato meridionale ci sono le quattro immagini unite da una cornice continua che corre lungo tutto il perimetro del cortile. Le quadrifore sono costituite da pilastri che sostengono archi a tre lobi, mentre tra le cornici e la cornice ci sono tre oculi in cui sono inseriti elementi decorativi in ​​terracotta. Le finestre a quattro luci, una volta su tutti e quattro i lati del cortile, sono state sostituite con bifore e finestre a bifora rispettivamente sui lati occidentale e orientale.

Il castello ospitò anche una delle maggiori biblioteche italiane: in un inventario del 1426 furono catalogati 988 manoscritti. L’intera biblioteca fu però saccheggiata dall’assedio del castello da parte delle truppe francesi nel XVI secolo, che disperse completamente la collezione.

palazzi
Tra gli altri edifici civili del periodo gotico-viscontiano, uno dei più famosi è la Casa dei Diversi, ovvero la casa rossa perché originariamente rivestita di intonaco rosso: situata nella piazza principale della città riarrangiata dai Visconti, ha un portico con grandi volte a punta. Il resto dell’edificio, molto rimaneggiato nel corso degli anni, mostra i resti della decorazione primitiva nella monumentale finestra a tre bifora in mattoni e in alcuni monoforn superstiti.

Varie modifiche sono state apportate anche alla casa di Folperti: alcune decorazioni tardogotiche includono il primitivo doppio portale con un ingresso ad arco rotondo, ora murato, e le bifore ogivali ai piani superiori.

Originario dei primi anni del XV secolo, il complesso originario della casa Eustachi rimane solo una piccola parte. La casa, costruita da Pasino Eustachi, comandante di Gian Galeazzo Visconti, mostra una grande decorazione in terracotta tipica del tardogotico longobardo con finestre ogivali con ampia profilatura. Il portale d’ingresso ha la stessa decorazione delle finestre a monofora ed è sormontato da una piastrella sempre decorata in terracotta.

L ‘Ouvrage de Lombardie
Dopo aver stabilito una sede a Pavia, i Visconti fondarono nella città la più prestigiosa scuola in miniatura della regione, che divenne presto famosa in tutta Europa per il suo realismo e la decorazione di fine con il nome di Ouvraige de Lombardie.

Lo studio dei minatori di Visconti dal 1370 circa aveva elaborato una fusione raffinata tra il cromatismo di Giotto e temi cortigiani e cavallereschi. I protagonisti di questa prima stagione furono l’anonimo minatore autore di Guiron le Coutois e il Lancillotto del Lac, oggi alla Bibliothèque nationale de France di Parigi, e Giovannino de ‘Grassi, che estrasse il libro di preghiere chiamato Offiziolo, con rappresentazioni di grandi eleganza lineare, accuratezza naturalistica e preziosità decorativa.

La generazione successiva, specialmente nella personalità di Michelino da Besozzo, ha elaborato questa eredità in un modo ancora più libero, immaginativo e internazionale. Nell’Odiziolo Bodmer ha usato una linea fluida, colori tenui e un ritmo prezioso nel disegno delle figure, che ha ignorato indifferentemente i problemi spaziali; tutto è stato arricchito da nuovi dettagli naturalistici, tratti dall’osservazione diretta. Lo stile aggraziato di Michelino ebbe successo e un lungo seguito per molto tempo: sul suo stile gli Zavattari dipinsero nel XV secolo gli affreschi della Cappella di Teodolinda nel Duomo di Monza, caratterizzati da colori tenui, personaggi storditi e senza peso, presi dal mondo di corte.

L’altro filone accanto al dolce stile di Michelino era quello grottesco, tratto dalle opere di Franco e Filippolo de Veris nell’affresco del Giudizio Universale della chiesa di Santa Maria dei Ghirli di Campione d’Italia (1400), o il miniature espressive di Belbello da Pavia. Ad esempio nella Bibbia di Nicola d’Este, miniata da Belbello nel 1431-1434, si usano linee fluide e deformanti, figure fisicamente imponenti, gesti eccessivi e colori vivaci e cangianti. A questo vocabolario rimase fedele per tutta la sua lunga carriera, fino al 1470 circa. Un altro famoso manoscritto che vide la collaborazione di Belbello con il cosiddetto Maestro di Vitae Imperatorum, personaggio con nome sconosciuto già autore della copia di Vite imperatoria di Svetonio conservata nella Biblioteca Nazionale di Francia, è il Semidio di Catone Sacco, oggi conservato nella Biblioteca Nazionale Russa.

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