Palazzo Ducale, Venezia, Italia

Il Palazzo Ducale (italiano: Palazzo Ducale) è un palazzo costruito in stile gotico veneziano, e uno dei principali punti di riferimento della città di Venezia nel nord Italia. Il Palazzo Ducale è un edificio che si trova nella zona monumentale di Piazza San Marco, nel quartiere di San Marco, tra l’omonima piazza e le banchine del Palazzo Ducale, contiguo alla Basilica di San Marco.

Palazzo Ducale è il simbolo stesso di Venezia, in Piazza San Marco, vicino al famoso Ponte dei Sospiri. Capolavoro dell’architettura gotica, il Palazzo Ducale è un’imponente struttura composta da strati di elementi costruttivi e ornamenti, dalle fondamenta originali del XIV e XV secolo alle significative edificazioni manieriste rinascimentali e opulente.

Distinto da uno stile che, traendo ispirazione dall’architettura bizantina e orientale, esemplifica l’intensità dei rapporti commerciali e culturali tra la Serenissima e gli altri stati europei, la sua bellezza si basa su un astuto paradosso estetico e fisico, legato al fatto che il la massa pesante del corpo principale è sostenuta da quelli che sembrano colonnati intarsiati sottili. Gli interni, ora parzialmente privati ​​delle opere che li decoravano, conservano ancora una grande galleria d’arte, che comprende opere dei più famosi maestri veneziani, tra cui Jacopo e Domenico Tintoretto, Tiziano Vecellio, Francesco Bassano, Paolo Veronese, Giambattista Zelotti, Jacopo Palma il Giovane, Andrea Vicentino e Antonio Vassilacchi.

Ex casa dei dogi e magistrati veneziani, fondata dopo l’812, ripetutamente colpita dagli incendi e quindi ricostruita, ha seguito la storia della Serenissima, dall’inizio alla fine: annessa Venezia al Regno d’Italia e passato l’edificio sotto il giurisdizione di quest’ultimo, divenne un museo. Oggi ospita la sede del Museo Civico di Palazzo Ducale, parte della Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE).

Storia:
Il primo Palazzo Ducale, di cui non vi sono resti, fu costruito a Heraclia e vi si insediò intorno al 700, il primo doge della Repubblica di Venezia, Paolo Lucio Anafesto. Seguirono Marcello Tegalliano e Orso Ipato il cui assassinio, nel 737, portò all’istituzione di un magister militum eletto annualmente. L’ufficio ducale fu restaurato nel 752. Fu costruito, su mandato del nuovo doge, Teodato Ipato, una nuova sede nella città di Metamaucum, che a sua volta fu trasferita nell’812 a Rivoaltus, l’antica Rialto, per ordine di Angelo Partecipazio. In questo luogo, considerato più sicuro, fu eretto il nuovo edificio, che aveva l’aspetto di un castello, su un terreno di proprietà dello stesso doge, nella stessa zona occupata dall’attuale Palazzo Ducale. L’edificio fu completato sotto Pietro IV Candiano; deve essere stata una struttura piuttosto solida perché è riuscita a resistere a una sollevazione popolare del 976.

Nel 998 Ottone III, che si recò a Venezia per incontrare il doge Pietro II Orseolo, fu ospitato nella torre orientale del palazzo, rimanendo colpito dal lusso degli interni. Nel palazzo furono ospitati anche Enrico IV di Franconia, quando nel 1094 venne a Venezia per vedere i resti di Marco Evangelista, e Enrico V nel 1116, dopo una ristrutturazione, non attestata dagli storici del tempo, risultante da due fuochi eruttati in città nel 1105.

La prima grande ristrutturazione in stile bizantino, forse di Nicolò Barattiero, che aveva eretto le colonne di San Marco e San Todaro e costruito in forma primaria il ponte di Rialto, risale al dogado di Sebastiano Ziani, accompagnato da una più generale riorganizzazione area monumentale di Piazza San Marco, avvenuta tra il 1173 e il 1177, destinata a dare un posto ai vari magistrati. L’opera probabilmente consiste nella costruzione dell’ala prospiciente il Rio di Palazzo su terreni acquistati dalle monache di San Zaccaria e nell’estensione delle aree marginali dell’edificio, con conseguente sostanziale riduzione del pontile. Alla fine dei lavori papa Alessandro III e Federico Barbarossa, che grazie all’intermediazione dogale avevano firmato un trattato di pace, arrivarono a Venezia, dove l’imperatore rimase ospite a palazzo per due mesi.

Anche se l’edificio non fu rinnovato fino al 1301, in quegli anni si verificarono diversi interventi: una cappella dedicata a San Nicola fu costruita da Pietro Ziani per gli ex voto di Enrico Dandolo, le storie della lotta tra la Chiesa e il Papato furono dipinte in la Sala del Maggior Consiglio, mentre sotto i dogani Renier Zen, Lorenzo Tiepolo e Giovanni Dandolo, la piazza fu lastricata, fu introdotto il cerimoniale dell’incoronazione, fu eretta una piccola loggia ai piedi del campanile e fu ripristinata l’antica dimensione.

Pietro Gradenigo emanò una disposizione che produsse un forte aumento del numero dei consiglieri (da 317 nel 1264 a 1017 nel 1311) e che di conseguenza rese necessario il trasferimento del Maggior Consiglio, situato intorno al 1301 nella Sala oggi denominata Senato. Nel 1309, subito dopo questa ristrutturazione, i cui autori potevano essere Pietro Basejo o l’architetto Montagnana, citato da Sansovino e Temanza, la stanza si rivelò troppo piccola e fu aperta nell’ala sud, che fu immediatamente demolita e poi restaurata nel 1340 La prosperità economica del dogato di Giovanni Soranzo diede un grande impulso al cantiere, diretto da Pietro Basejo con l’aiuto di Filippo Calendario.

Anche nel contesto di questa ristrutturazione, la cappella di San Nicolò fu ampliata e decorata con le storie di Alessandro III, forse del Guariento o di un non meglio precisato Paolo, al piano terra fu costruita una gabbia per leoni e nuove celle e nel 1332 i pozzi del cortile sono stati istituiti. Un documento relativo alla costruzione di un leone marciano suggerisce che l’accesso monumentale al palazzo in questo periodo era simile a quello attuale. Nel 1340 ordinò il completamento del secondo piano dell’ala meridionale dove, sotto la direzione del Calendario e del Basejo, dopo un’altra piccola espansione, lavorò lungo la facciata interna della Sala del Maggior Consiglio, costruendo una scala e il relativo porta. A causa della partecipazione di vari esperti nella cospirazione ordinata da Marin Falier e di un’epidemia di peste, intorno al 1355 i lavori furono sospesi, per essere poi ripresi da Lorenzo Celsi, pesantemente criticato per questa decisione. Sotto Marco Corner la Sala del Maggior Consiglio fu decorata dal Guariento e dal Pisanello, ma a causa di una serie di guerre che indebolirono economicamente la Repubblica, i lavori vennero interrotti di nuovo fino a quando Michele Sten li incaricò di riprenderli.

Dopo che il balcone che sovrasta la laguna fu costruito nel 1404, Tommaso Mocenigo riuscì con difficoltà a far ristrutturare anche la facciata sulla piazza San Marco: i lavori iniziarono nel 1424, dopo che il Maggior Consiglio aveva riscoperto la sua posizione originaria. Il nuovo restauro fu eseguito sotto Francesco Foscari, dal Bon: la Porta della Carta fu eretta con vari ritardi, la cui costruzione non fu completata prima del 1452. Sotto Pasquale Malipiero fu completata la facciata verso la Piazzetta e le storie di Pipino e un globo, mentre sotto Cristoforo Moro fu eretto l’Arco Foscari, sempre dal Bon e sempre con notevole ritardo. Nel 1468 la sala che in seguito sarebbe stata chiamata lo Scrutinio fu chiamata Biblioteca, poiché furono collocate le opere donate dal cardinale Bessarione, mentre nel 1473 fu deciso di sostituire alcune delle opere della Sala del Maggior Consiglio, rovinate per infiltrazione : nelle opere, che durarono fino al 1495, furono ingaggiati tra gli altri Giovanni e Gentile Bellini, Giorgione, Tiziano, Tintoretto e Paolo Veronese.

Dopo che un incendio aveva devastato l’ala orientale nel 1483, i lavori di ricostruzione furono affidati a Antonio Rizzo, che ordinò la demolizione delle aree coinvolte nell’incendio, la costruzione del portico e la ricostruzione della Scala dei Giganti per dare al palazzo un aspetto omogeneo. Riaperto il cantiere nel 1493, Rizzo, accusato di aver rubato denaro pubblico, fuggì e l’opera, quasi ultimata, fu affidata provvisoriamente a Pietro Lombardo. La facciata sul Cortile dei Senatori è difficile da attribuire e datare. Il lavoro procedette lentamente durante il dogado di Leonardo Loredan, durante il quale venne lavorato lungo il Canale, a causa di problemi strutturali si decise di intervenire nella Sala del Senato e demolire una piccola cappella palatina: per consentire la coesistenza di opere e istituzioni attività, molti uffici sono stati trasferiti e sono stati aperti dei passaggi, non senza disturbo. Dopo che la forma attuale fu data alla Sala dello Scrutinio nel 1531, fu costruito un orologio nel muro tra l’Anticollegio e il Senato e fu distrutta una piccola torre di avvistamento. Sotto Pietro Lando furono decorate le sale della rappresentazione e sotto Francesco Donà fu dato un decisivo punto di svolta al cantiere, affidato ad Antonio Abbondi, con la costruzione del fronte orientale e dei balconi interni della Sala del Maggior Consiglio. Nel 1566 furono deposte due statue di Jacopo Sansovino, Marte e Nettuno.

Nel 1574 scoppiò un secondo incendio che, controllato, non provocò danni strutturali significativi, ma distrusse molte opere d’arte. Scelto Antonio da Ponte come direttore dei lavori, con lui hanno collaborato Cristoforo Sorte, Andrea Palladio e Vincenzo Scamozzi. I lavori durarono molto più a lungo del previsto periodo di tre anni, terminando solo all’inizio del diciassettesimo secolo, anche a causa della peste.

Il terzo grande incendio scoppiò il 20 dicembre 1577 nella Sala dello Scrutinio: molte opere d’arte furono distrutte e il tetto in piombo si spezzò. Dopo che i vari organi di governo avevano trovato una nuova sede, i numerosi architetti consultati, tra cui Palladio, Francesco Sansovino e Rusconi, posero la difficile questione strutturale, che riguardava principalmente l’angolo verso il Ponte della Paglia. I pareri contrastanti portarono a una ristrutturazione quadriennale, consistente nella sostituzione di alcune strutture e che trovò la sua stabilizzazione con il ritorno all’attività della Sala del Maggior Consiglio, avvenuta nel 1578.

I soffitti furono progettati da Cristoforo Sorte e Antonio da Ponte, mentre il disegno dei nuovi cicli pittorici fu affidato a tre esperti tra cui Gerolamo de Bardi: sulle pareti erano rappresentati i volti dei Dogi e le storie di papa Alessandro III. i soffitti si occuperebbero dei temi della guerra, delle azioni dei cittadini e delle allegorie. Tra gli artisti più famosi contattati, Paolo Caliari, Jacopo Robusti, Jacopo Palma il Giovane, Francesco Bassano e Antonio Aliense: tutti i cantieri sono stati completati entro il XVI secolo.

Alla fine del XVI secolo e all’inizio dei successivi due altri lavori furono eseguiti, la riconversione del piano terra e la costruzione delle Nuove Carceri, affidate rispettivamente a Bartolomeo Manopola, che costruì il lato settentrionale della corte e completò la decorazione dell ‘Arco Foscari e Antonio da Ponte e Antonio Contin, che completarono la nuova costruzione nel 1602.

Sotto Antonio Priuli, una grande estensione della casa del cane fu costruita in un edificio adiacente, quindi distrutta. Una statua di Francesco Maria I Della Rovere fu collocata nel cortile, la sala dietro la Porta del Frumento fu decorata, un arco trionfale dedicato a Francesco Morosini fu eretto nella Sala dello Scrutinio, la Scala dei Giganti fu restaurata, le cinque grandi finestre con vista sul cortile e vari dipinti sono stati restaurati.

Dopo la caduta della Repubblica di Venezia, l’edificio divenne sede amministrativa e fu privato di molte opere d’arte: dal 1807 sede della Corte d’Appello, divenne sede della Biblioteca Marciana nel 1811 e fu trasferito anche lo statuto archeologico Là. Gli uffici, la libreria e il museo furono trasferiti rispettivamente nel 1821, nel 1904 e nel 1918: contemporaneamente, furono eseguiti altri piccoli lavori di ristrutturazione, che precedettero la conversione al museo e l’affidamento al Comune del complesso seguì l’annessione al Regno d’Italia.

Descrizione
Esterno:
La parte più antica del palazzo è l’ala che si affaccia sulla laguna, i cui angoli sono decorati con sculture trecentesche, pensate per essere da Filippo Calendario e vari artisti lombardi come Matteo Raverti e Antonio Bregno. Il porticato al piano terra e la loggia sovrastante sono decorati con capitelli del 14 ° e 15 ° secolo, alcuni dei quali sono stati sostituiti con copie durante il XIX secolo.

Nel 1438-1442, Giovanni Bon e Bartolomeo Bon costruirono e ornarono la Porta della Carta, che fungeva da ingresso cerimoniale all’edificio. Il nome del gateway deriva probabilmente dal fatto che questa era l’area in cui gli scribi pubblici allestivano le loro scrivanie, o dalla vicina posizione della carta, gli archivi dei documenti di stato. Affiancato da pinnacoli gotici, con due figure del Cardinale Virtù per lato, la porta è coronata da un busto di San Marco sul quale si erge una statua di giustizia con i suoi simboli tradizionali di spada e scaglie. Nello spazio sovrastante la cornice, c’è un ritratto scultoreo del doge Francesco Foscari inginocchiato davanti al leone di San Marco. Questa è, tuttavia, un’opera del XIX secolo di Luigi Ferrari, creata per sostituire l’originale distrutto nel 1797.

Al giorno d’oggi, l’ingresso pubblico al Palazzo Ducale è attraverso la Porta del Frumento, sul lato del lungomare dell’edificio.

Cortile
Il lato nord del cortile è chiuso dall’incrocio tra il palazzo e la Basilica di San Marco, che era la cappella del Doge. Al centro del cortile si trovano due teste di pozzo risalenti alla metà del XVI secolo.

Nel 1485, il Gran Consiglio decise che una scala cerimoniale doveva essere costruita all’interno del cortile. Il progetto prevedeva un asse rettilineo con l’arco arrotondato di Foscari, con fasce alterne di pietra istriana e marmo rosso di Verona, che collegava la scala alla Porta della Carta, producendo così un unico approccio monumentale dalla Piazza al cuore dell’edificio. Dal 1567, la Scala dei Giganti è custodita dalle due colossali statue di Marte e Nettuno di Sansovino, che rappresentano il potere di Venezia via terra e via mare, e quindi la ragione del suo nome. I membri del Senato si riunirono prima delle riunioni del governo nel cortile del senatore, a destra della Scala dei Giganti.

Museo dell’Opera
Nel corso dei secoli, il Palazzo Ducale è stato ristrutturato e restaurato innumerevoli volte. A causa di incendi, guasti strutturali e infiltrazioni, nuove esigenze e modifiche organizzative o revisioni complete delle trappole ornamentali, non c’era quasi un momento in cui non fossero in corso lavori di questo genere nell’edificio. Dal Medioevo, le attività di manutenzione e conservazione erano nelle mani di un “ufficio tecnico”, che era responsabile di tutte queste operazioni e sovrintendeva i lavoratori e i loro siti: l’Opera, o fabbriceria o procuratoria. Dopo la metà del 19 ° secolo, il palazzo sembrava essere in uno stato di decadenza tale che la sua stessa sopravvivenza era in discussione; quindi dal 1876 fu lanciato un importante piano di restauro. Il lavoro riguardava le due facciate e i capitelli appartenenti al porticato al piano terra e alla loggia superiore: 42 di questi, che sembravano in uno stato particolarmente fatiscente, furono rimossi e sostituiti da copie. Gli originali, alcuni dei quali erano capolavori della scultura veneziana del XIV e XV secolo, furono collocati, insieme ad altre sculture dalle facciate, in un’area appositamente destinata a questo scopo: il Museo dell’Opera. Dopo aver subito accurati e accurati lavori di restauro, sono ora esposti, sulle loro colonne originali, in queste 6 sale del museo, che sono attraversate da un antico muro in grandi blocchi di pietra, un residuo di una precedente versione del Palazzo. Le stanze contengono anche frammenti di statue e importanti opere architettoniche e decorative in pietra provenienti dalle facciate del palazzo.

Gli appartamenti di Doge
Le stanze in cui abitava il Doge si trovavano sempre in questa zona del palazzo, tra il Rio della Canonica – l’ingresso dell’acqua dell’edificio – l’attuale Scalinata d’oro e l’abside della Basilica di San Marco. Il disastroso incendio in questa parte dell’edificio nel 1483 rese necessari importanti lavori di ricostruzione, con il completamento degli appartamenti del Doge entro il 1510. Il nucleo di questi appartamenti costituisce una residenza prestigiosa, sebbene non particolarmente grande, dato che le stanze più vicine alla Scala d’oro aveva una funzione mista privata e pubblica. Negli appartamenti privati, il Doge poteva mettere da parte le trappole dell’ufficio per ritirarsi alla fine della giornata e cenare con i membri della sua famiglia in mezzo agli arredi che aveva portato da casa sua.

Vecchia prigione o Piombi
Prima del XII secolo c’erano celle all’interno del Palazzo Ducale, ma durante il XIII e il XIV secolo vennero creati ulteriori spazi per occupare l’intero piano terra dell’ala meridionale. Anche in questo caso questi schemi cambiarono nel 1540 circa quando fu costruito un composto del piano terra dell’ala orientale. A causa delle qualità oscure, umide e isolate di loro sono stati conosciuti come i Pozzi (i Pozzi). Nel 1591 vennero costruite ancora più celle nell’ala orientale superiore. A causa della posizione della loro posizione, direttamente sotto il tetto principale, erano conosciuti come Piombi. Tra i famosi detenuti del carcere c’erano Silvio Pellico e Giacomo Casanova. Quest’ultimo nella sua biografia descrive la fuga dal tetto, il rientro nel palazzo e l’uscita attraverso la Porta della Carta.

Ponte dei Sospiri e Nuove prigioni
Un corridoio conduce sul Ponte dei Sospiri, costruito nel 1614 per collegare il Palazzo Ducale alla struttura destinata ad ospitare le Nuove prigioni. Racchiuso e coperto su tutti i lati, il ponte contiene due corridoi separati che corrono uno accanto all’altro. Quello che i visitatori utilizzano oggi collegava le prigioni alle camere del Magistrato alle Leggi e al Criminal Quarantia; l’altro collegava le prigioni alle sale di avvocatura statale e al parlatorio. Entrambi i corridoi sono collegati alla scala di servizio che conduce dalle celle del piano terra dei Pozzi alle celle del tetto dei Piombi.

Il famoso nome del ponte risale al periodo romantico e avrebbe dovuto riferirsi ai sospiri di prigionieri che, passando dall’aula di tribunale alla cella in cui avrebbero scontato la loro pena, hanno dato un’ultima occhiata alla libertà quando hanno intravisto la laguna e San Giorgio attraverso le piccole finestre. Verso la metà del XVI secolo fu deciso di costruire una nuova struttura dall’altra parte del canale sul lato del palazzo che ospitava le prigioni e le camere dei magistrati noti come Notte al Criminal. Fondamentalmente collegato al palazzo dal Ponte dei Sospiri, l’edificio era destinato a migliorare le condizioni per i prigionieri con celle più grandi e piene di luce e ariose. Tuttavia, alcune sezioni delle nuove prigioni non sono all’altezza di questo obiettivo, in particolare quelle disposte con passaggi su tutti i lati e quelle celle che danno sul cortile interno dell’edificio. In linea con le tradizioni precedenti, ogni cella era rivestita con assi di larice sovrapposti che erano inchiodati sul posto.

L’unico furto d’arte del Palazzo Ducale fu eseguito il 9 ottobre 1991 da Vincenzo Pipino, che si nascose in una delle celle nelle Nuove prigioni dopo essere rimasto indietro di un gruppo di turisti, poi attraversò il Ponte dei Sospiri nel mezzo della notte fino al Sala di Censori. In quella stanza c’era la Madonna col bambino, un’opera simbolica del “potere dello stato veneziano” dipinta nei primi anni del 1500 da un membro della scuola Vivarini. La mattina dopo, era in possesso del gruppo criminale organizzato di Mala del Brenta. Il dipinto è stato recuperato dalla polizia il 7 novembre 1991.