De Re Aedificatoria

De re aedificatoria è un classico trattato di architettura scritto da Leon Battista Alberti tra il 1443 e il 1452. Sebbene largamente dipendente dal De architectura di Vitruvio, fu il primo libro teorico sull’argomento scritto nel Rinascimento italiano, e in 1485 divenne il primo libro stampato sull’architettura. Fu seguito nel 1486 con la prima edizione stampata di Vitruvio.

Libro
I dieci libri di Alberti riecheggia consapevolmente gli scritti di Vitruvio, ma Alberti adotta anche un atteggiamento critico nei confronti del suo predecessore. Nella sua discussione, Alberti include un’ampia varietà di fonti letterarie, tra cui Platone e Aristotele, che presentano una versione concisa della sociologia dell’architettura. De re aedificatoria è suddivisa in dieci libri e comprende:

Libro uno: Lineaments
Libro due: materiali
Terzo libro: costruzione
Libro quattro: lavori pubblici
Book Five: Works of Individuals
Libro numero sei: ornamento
Book Seven: Ornament to Sacred Buildings
Book Eight: Ornament to Public Secular Buildings
Prenota Nove: Ornamento agli edifici privati
Libro dieci: restauro di edifici

Nel suo studio delle planimetrie desiderabili per edifici sacri – “templi” nella sua frase – Alberti inizia con la forma ideale del cerchio, che è espressa in numerosi esempi di Natura. Nove forme geometriche ideali pianificate centralmente sono raccomandate per le chiese; oltre al cerchio elenca il quadrato, l’esagono, l’ottagono, il decagono e il dodecagono, tutti derivati ​​dal cerchio, e, derivati ​​dal quadrato, rettangoli che mostrano il quadrato e mezzo, quadrato e un terzo e doppio quadrato, tutti avere paralleli enarmonici nella musica. Le cappelle aggiungono piccole figure geometriche ai cerchi e ai poligoni di base per dare una grande varietà di planimetrie, in cui ogni figura geometrica mantiene la sua chiara unità e semplici rapporti che legano tutti gli elementi dei piani e delle elevazioni in un’unità armonica.

De re aedificatoria rimase il classico trattato sull’architettura dal XVI al XVIII secolo.

Significato culturale e fortuna critica
L’opera, considerata il trattato architettonico più significativo della cultura umanistica, è stata scritta in latino ed è stata rivolta non solo a un pubblico specializzato ma anche al pubblico istruito in educazione umanistica: è stato scritto sul modello dei dieci libri del trattato De architectura di Vitruvio, quindi circolava in copie manoscritte, non ancora filologicamente corrette e non tradotte in volgare. Alberti aveva anche un atteggiamento critico nei confronti del modello di Vitruvio, e in particolare del linguaggio ricco di vocabolario o elementi di vocabolario non latino, che rendevano oscuro il significato di molti passaggi di De architectura.

Il lavoro è stato allo stesso tempo un tentativo di rileggere criticamente il testo vitruviano e realizzare il primo trattato di teoria architettonica moderna, in cui spiegare come costruire edifici (e non come se fossero costruiti) senza ricorrere a immagini, ma fissando con parole i concetti e le istruzioni che sono diventati così autonomi e assoluti rispetto alle varie edizioni, dove invece le immagini potevano anche mancare o essere deformate.

Ci sono anche citazioni da Aristotele e Platone, tra le altre, che brevemente inquadrano anche la funzione dell’architettura sociologicamente.

Il De re aedificatoria non fu stampato durante la vita di Alberti, che aveva tentato più volte di affidare le sue opere a questo nuovo mezzo di diffusione. Il trattato pertanto aveva uno spread piuttosto limitato. Il trattato fu stampato, grazie al patronato di Lorenzo il Magnifico e curato dal Poliziano, solo nel 1485, restando però un’opera riservata solo agli ambienti catturati per essere stati scritti in latino in un’epoca in cui imponeva il volgo. Una maggiore diffusione ebbe luogo dopo la traduzione italiana pubblicata nel 1546 e soprattutto quella del 1550, da Cosimo Bartoli. Più tardi il trattato fu riscoperto e ristampato durante il diciottesimo secolo.

L’originale è conservato nella biblioteca del Capitolo della Cattedrale di Olomouc, nella Repubblica Ceca.