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Regionalismo critico

Il regionalismo critico è un approccio all’architettura che si sforza di contrastare l’assenza di placidità e la mancanza di identità dello stile internazionale, ma respinge anche l’estroso individualismo e l’ornamento dell’architettura postmoderna. Gli stili del regionalismo critico cercano di fornire un’architettura radicata nella tradizione moderna, ma legata al contesto geografico e culturale. Il regionalismo critico non è semplicemente regionalismo nel senso dell’architettura vernacolare. È un approccio progressivo al design che cerca di mediare tra le lingue di architettura globali e locali.

L’espressione “regionalismo critico” fu usata per la prima volta dai teorici dell’architettura Alexander Tzonis e Liane Lefaivre e, con un significato leggermente diverso, dallo storico-teorico Kenneth Frampton.

I regionalisti critici sostengono quindi che sia l’architettura moderna sia quella postmoderna sono “profondamente problematiche”.

Kenneth Frampton
Verso un regionalismo critico: sei punti per un’architettura di resistenza, Frampton ricorda “come diventare moderni e tornare alle fonti, come far rinascere una civiltà antica e assopita e prendere parte alla civiltà universale”. Secondo la proposta di Frampton, il regionalismo critico dovrebbe adottare l’architettura moderna, in modo critico, per le sue qualità progressive universali, ma allo stesso tempo il valore dovrebbe essere collocato sul contesto geografico dell’edificio. L’accento, dice Frampton, dovrebbe essere sulla topografia, sul clima, sulla luce; sulla forma tettonica piuttosto che sulla scenografia (cioè la scenografia teatrale) e dovrebbe essere sul senso del tatto piuttosto che sul senso visivo. Frampton si basa sulla fenomenologia per la sua argomentazione.

Due esempi di cui Frampton discute brevemente sono Jørn Utzon e Alvar Aalto. Secondo Frampton, Utzon’s Bagsværd Church (1973-6), nei pressi di Copenhagen, è una sintesi autocosciente tra la civiltà universale e la cultura mondiale. Ciò è rivelato dal guscio esterno in calcestruzzo, razionale, modulare, neutro ed economico, in parte prefabbricato (cioè civiltà universale) rispetto al guscio in calcestruzzo armato, appositamente progettato, “antieconomico”, rinforzato all’interno, che significa con la sua manipolazione dello spazio sacro della luce e “molteplici riferimenti interculturali”, di cui Frampton non vede precedenti nella cultura occidentale, ma piuttosto nel tetto della pagoda cinese (cioè la cultura mondiale). Nel caso di Aalto, Frampton discute il Säynätsalo Town Hall (1952) in mattoni rossi, dove, sostiene, c’è una resistenza alla tecnologia e alla visione universali, influenzata dall’uso delle qualità tattili dei materiali dell’edificio. Per esempio, nota il contrasto tra l’attrito della superficie in mattoni delle scale e il pavimento di legno elastico della camera del consiglio.

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William J. R. Curtis e Suha Ozkan
Ci sono state due diverse percezioni del regionalismo in architettura. Uno dei quali è quello degli scrittori occidentali, come Curtis, le cui definizioni non sono abbastanza dettagliate da analizzare gli stili architettonici, specialmente negli ultimi due secoli nei paesi islamici, come l’Iran. Tuttavia, la definizione di regionalismo di Ozkan è più oggettiva.

Alexander Tzonis e Liane Lefaivre
Secondo Alexander Tzonis e Liane Lefaivre, il regionalismo critico non ha bisogno di attingere direttamente al contesto; piuttosto elementi possono essere spogliati del contesto ma usati in modi non familiari. Qui lo scopo è rendere evidente una rottura e una perdita di posto, che è già un fatto compiuto, attraverso la riflessione e l’autovalutazione.

Critici architetti regionalisti
Oltre a Aalto e Utzon, i seguenti architetti hanno utilizzato il Critical Regionalism (nel senso di Frampton) nelle loro opere: Studio Granda, Mario Botta, Eduardo Souto de Moura, Mahesh Naik, Mazharul Islam, BV Doshi, Charles Correa, Christopher Benninger, Alvaro Siza, Jorge Ferreira Chaves, Rafael Moneo, Geoffrey Bawa, Raj Rewal, Dharmesh Vadavala, Ashok “Bihari” Lall Neelkanth Chhaya (Kaka), Soumitro Ghosh, Nisha Mathew Ghosh, Tadao Ando, ​​Mack Scogin / Merrill Elam, Glenn Murcutt, Johnsen Schmaling Architects, Ken Yeang, Philippe Madec, William SW Lim, Tay Kheng Soon, WOHA Architects (Singapore), Juhani Pallasmaa, Wang Shu, Juha Leiviskä, Peter Zumthor, Carlo Scarpa, Tan Hock Being. Peter Stutchbury, Lake Flato, Rick Joy, Tom Kundig, Sverre Fehn, Dimitris e Suzana Antonakakis sono i due architetti greci per i quali il termine è stato inizialmente utilizzato da Tzonis e Lefaivre.

Il regionalismo critico si è sviluppato in sotto-stili unici in tutto il mondo. Il semplice stile architettonico vernacolare di Glenn Murcutt è rappresentativo di una variante australiana al regionalismo critico. A Singapore, WOHA ha sviluppato un vocabolario architettonico unico basato sull’apprezzamento del clima e della cultura locali.

Negli studi culturali
Successivamente, la frase “regionalismo critico” è stata usata anche in studi culturali, studi letterari e teoria politica, in particolare nel lavoro di Gayatri Chakravorty Spivak. Nel suo lavoro del 2007 “Who Sings the Nation-State?”, Co-autore di Judith Butler, Spivak propone un’alternativa decostruttiva al nazionalismo che si basa sulla decostruzione dei confini e sulla rigida identità nazionale. Il libro di Douglas Reichert Powell Critical Regionalism: Connecting Politics and Culture in the American Landscape (2007) traccia la traiettoria del termine regionalismo critico dal suo uso originale nella teoria dell’architettura alla sua inclusione in studi letterari, culturali e politici e propone una metodologia basata su l’intersezione di quei campi.

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