Chromophobia

La cromofobia (conosciuta anche come cromatofobia o chrematofobia) è una paura persistente, irrazionale o avversa ai colori e di solito è una risposta condizionata. Mentre le attuali fobie cliniche sul colore sono rare, i colori possono suscitare reazioni ormonali e reazioni psicologiche.

La cromofobia può anche riferirsi a un’avversione all’uso del colore nei prodotti o nel design. All’interno della biologia cellulare, le cellule “cromofobiche” sono una classificazione di cellule che non attraggono l’ematossilina ed è correlata alla cromatolisi.

Terminologia
Esistono nomi che significano paura di colori specifici come l’eritrofobia per la paura del rosso, la xantofobia per la paura del giallo e la leucofobia per la paura del bianco. Una paura del colore rosso può essere associata a una paura del sangue.

Panoramica
Nel suo libro Chromophobia pubblicato nel 2000, David Batchelor afferma che nella cultura occidentale, il colore è stato spesso trattato come corruttore, estraneo o superficiale. Michael Taussig afferma che l’avversione culturale per il colore può essere fatta risalire a mille anni, con Batchelor che afferma che si può ricondurre al privilegio di Aristotele per la linea sul colore.

In uno studio, è stato scoperto che le tartarughe marine di Loggerhead hanno un’avversione verso le luci nello spettro delle onde gialle che si ritiene sia una caratteristica che aiuta ad orientarsi verso l’oceano. La sabbia mediterranea, l’Atherina Epsetus, ha mostrato un’avversione per gli oggetti rossi posti accanto a un carro armato mentre indagherà su oggetti di altri colori. In altri esperimenti, le oche sono state condizionate ad avere reazioni avverse agli alimenti di un particolare colore, sebbene la reazione non sia stata osservata in reazione all’acqua colorata.

Il personaggio principale di Marnie di Alfred Hitchcock ha un’avversione per il colore rosso causato da un trauma durante la sua infanzia che Hitchcock presenta attraverso tecniche espressionistiche, come una lavatura di rosso che colora da vicino Marnie.

Il termine colorphobia può anche essere usato riferendosi alla sua origine etimologica letterale per riferirsi a un’apprensione verso l’elaborazione dell’immagine sulla propria visione e sulla sua proprietà percettiva visiva. Tuttavia, l’associazione del termine con una componente razziale è stata utilizzata da personaggi pubblici come Frederick Douglass.

La leucofobia assume spesso la forma di una fissazione sulla pelle pallida. Quelli con la fobia possono fare supposizioni non plausibili come pallore che rappresentano necessariamente cattiva salute o un fantasma. In altri casi, la leucofobia è diretta più verso il significato simbolico del bianco, ad esempio negli individui che associano il colore bianco con la castità e si oppongono o temono la castità. Nel romanzo di Paul Beatty, Slumberland, la leucofobia fa riferimento al razzismo.