Sala centrale, residenza di caccia di Stupinigi

Il cuore della residenza è la grande sala ovale con i suoi suggestivi balconi concavi – convessi. Quattro bracci inferiori partono dalla sala centrale per formare una croce di Sant’Andrea, dove si trovano gli appartamenti reali e quelli per gli ospiti. I temi della decorazione delle stanze sono un inno alla pratica della caccia e alla sontuosità dei dettagli, le ricche testimonianze di arredi in stile rococò italiano, i materiali preziosi sono testimonianza della pompa e della raffinatezza della corte.

La sala è un esempio di rococò italiano, finemente decorato e ricco di affreschi, elementi scultorei, bassorilievi, stucchi, dipinti tra stucchi dorati, affreschi, lacche, dipinti, magnifici arredi, il cui valore è costantemente mantenuto in vita.

La sala centrale, il cuore dell’edificio, è stata la prima idea di Juvarra da completare e il fulcro attorno al quale è stato sviluppato l’intero complesso edilizio. La stanza è composta da una grande stanza di forma ovale che culmina in una cupola chiusa da un soffitto a volta. La sala fu completata nel 1730 e il 10 febbraio 1731 il re commissionò ai fratelli bolognesi Giuseppe e Domenico Valeriani un grande affresco sulla volta, raffigurante il Trionfo di Diana, la classica dea della caccia che appare tra le nuvole, sopra un carro celeste boschi che si affacciano. Intorno ci sono anche putti con selvaggina o ghirlande di fiori, affiancati da ninfe. All’apice dei quattro pilastri che sostengono la cupola della sala, proprio sotto il grande affresco, ci sono quattro medaglioni monocromatici che rappresentano episodi simili legati alla stessa divinità.

Dopo che Juvarra se ne fu andato, la sua idea di collocare grandi gruppi scultorei di cani e cervi nelle grandi finestre del salone fu abbandonata, in modo da non limitare eccessivamente la splendida vista prospettica che si gode ancora guardando verso l’esterno. Il progetto è stato affidato a Giuseppe Marocco, che ha immaginato i trentasei ventagli di legno (appliques) con teste di cervo che si mettono in mostra sulle pareti della sala. Dello stesso periodo sono gli intarsi in legno dorato della balaustra dei cantanti nella parte superiore della sala e i paracameli dipinti dal longobardo Giovanni Crivelli (1733). Degni di nota anche i quattro busti in marmo realizzati nel 1773 da Giovanni Battista Bernero, che si affacciano sullo stesso numero di ingressi alla sala e che rappresentano divinità minori legate alla caccia e ai campi: Cerere, Pomona, Naiade e Napea.

Il salone, impregnato della sua struttura e delle decorazioni caratteristiche del diciottesimo secolo, attirò anche l’attenzione di numerosi contemporanei che furono in grado di vederlo personalmente come l’incisore francese Charles Nicolas Cochin, che tuttavia criticava la sovrabbondanza di decorazioni e l’eccentricità eccessiva. Della stessa opinione era Joseph Jerome Lalande, che riferiva come la Juvarra fosse quasi completamente focalizzata sul salone, lasciando tutto il resto e rivelando come fosse organizzato come il “sogno di un architetto”, troppo rischioso per un palazzo di città e solo per una sontuosa residenza di campagna.

Juvarra scomparve, l’idea dell’artista messinese di collocare grandi gruppi scultorei di cani e cervi sulle grandi finestre della sala non fu più completata per non limitare eccessivamente la splendida vista prospettica che si può ancora godere guardando all’esterno. D’altra parte, il progetto è stato completato, affidato a Giuseppe Marocco, di trentasei ventagli di legno (appliques) con teste di cervo che si esibiscono sulle pareti della stanza. Dello stesso periodo sono gli intarsi in legno dorato della balaustra dei cantanti nella parte superiore della sala e le protezioni del camino, dipinte dal longobardo Giovanni Crivelli (1733).

La meticolosa direzione di Juvarra coinvolgeva tutto l’apparato decorativo della Palazzina, a cominciare dalla grandiosa Sala Centrale, una vasta sala a pianta ellittica conclusa da un’alta volta su quattro pilastri che sorreggono un balcone. L’effetto scenografico della sala è straordinario ed è dovuto al genio di Juvarra, che ha mirabilmente sfruttato anche l’effetto prospettiva naturale con le viste verso i quattro viali che attraversano il parco.

La sala fu affrescata, ma con risultati non entusiasmanti, dai fratelli Giuseppe e Domenico Valeriani. Le opere di altri artisti sono molto migliori, come Giovan Battista Crosato (autore del più bel affresco dell’intero complesso, Il sacrificio di Ifigenia, che decora il soffitto dell’anticamera della regina), il quadraturista (cioè pittore di disegni architettonici, pergamene e cornici che “incorniciano”) Girolamo Mengozzi Colonna e in particolare Scipione e Vittorio Amedeo Cignaroli (quest’ultimo autore delle quattro famose tele della Sala degli Scudieri, dedicata alla caccia al cervo). Tra gli scultori, oltre a Ladatte, dobbiamo ricordare Giuseppe Marocco, autore delle trentasei appliques della grande sala centrale, progettata dallo stesso Juvarra.

La Palazzina di Caccia di Stupinigi conserva gli arredi originali, realizzati dai più importanti artisti e artigiani piemontesi. All’interno del complesso architettonico è ospitato il Museo di Arte e Arredamento, in cui, oltre agli arredi della Palazzina, anche quelli di altre residenze sabaude (Moncalieri e Venaria) e opere di artisti come il falegname Pietro Piffetti e lo scultore in legno Giuseppe Maria Bonzanigo, così come la carrozza che Napoleone usò nel 1805 da Parigi a Milano, per la sua incoronazione come re d’Italia, un’opera di artigianato francese intorno al 1790.

Residenza di caccia di Stupinigi
La Palazzina di caccia di Stupinigi è una delle residenze della casa reale di Savoia nel nord Italia, parte della lista dei siti patrimonio mondiale dell’UNESCO. Costruito come residenza di caccia reale all’inizio del XVIII secolo, si trova a Stupinigi, un sobborgo della città di Nichelino, 10 km a sud-ovest di Torino

Il castello originale fu di proprietà della linea Acaja della Casa Savoia, signori piemontesi fino al 1418, e fu venduto al marchese Rolando Pallavicino nel 1493. Fu poi acquisito da Emmanuel Philibert nel 1563, quando la capitale ducale fu trasferita da Chambéry a Torino. Il nuovo palazzo fu progettato dall’architetto Filippo Juvarra per essere utilizzato come palazzina di caccia per “Vittorio Amadeo II, re di Sardegna”. I lavori iniziarono nel 1729. Nel giro di due anni la costruzione fu abbastanza avanzata da consentire la prima caccia formale.

Juvarra ha invitato un team di decoratori, molti dei quali veneti, a realizzare l’arredamento degli interni della palazzina. Durante i regni di Carlo Emanuele III e Vittorio Amadeo III, la palazzina e il suo parco formale continuarono ad essere ampliati, inizialmente dall’assistente di Juvarra, Giovanni Tommaso Prunotto, poi da numerosi architetti del Nord Italia, come Ignazio Birago di Borgaro, Ludovico Bo, Ignazio Bertola e Benedetto Alfieri. L’edificio finale ha un totale di 137 sale e 17 gallerie e copre 31.050 metri quadrati. Anche la Polissena di Assia-Rotenburg, moglie di Carlo Emanuele III, apportò miglioramenti. Lo scopo originale della capanna di caccia è simboleggiato dal cervo di bronzo appollaiato all’apice del tetto a gradini della sua cupola centrale e dalle teste dei segugi che decorano i vasi sulla linea del tetto. L’edificio ha un piano saltire:

Le estensioni hanno portato a padiglioni separati collegati da lunghe gallerie angolate e un lungo piazzale ottagonale chiuso da ali, esteso in avanti in due ulteriori cortili d’ingresso. Stupinigi era l’edificio preferito per essere usato per celebrazioni e matrimoni dinastici dai membri della Savoia. Qui, nel 1773, Maria Teresa, principessa di Savoia, sposò Carlo Filippo, Conte d’Artois, fratello di Luigi XVI e il futuro Carlo X di Francia.

Oggi il Palazzo di Stupinigi ospita il Museo di Arte e Ammobiliamento, un museo delle arti e degli arredi, alcuni originali per la palazzina, altri portati dalle ex residenze Savoia di Moncalieri e Venaria Reale. Stupinigi ha la più importante collezione di mobili piemontesi, comprese le opere dei tre più famosi ebanisti torinesi, Giuseppe Maria Bonzanigo, Pietro Piffetti e Luigi Prinotti. Alcune delle sculture di figure venatorie sono di Giovanni Battista Bernero. Inoltre, mostre temporanee si svolgono nelle sue gallerie, come la Mostra del Barocco (1963).