Collezione Caterina Marcenaro, Museo Diocesano di Milano

La Collezione Marcenaro, depositata nel Museo Diocesano dalla Fondazione Cariplo, rappresenta la parte più rilevante della collezione di arte antica lasciata nel 1976 alla Fondazione da Caterina Marcenaro (Genova 1906-1976). Storico dell’arte e protagonista del recupero e del rinnovamento museale di Genova come direttore dell’Ufficio Città delle Belle Arti della città, il Marcenaro rinnova Palazzo Bianco e Palazzo Rosso e allo stesso tempo si dedica alla creazione di una collezione personale che include sopra tutti i dipinti e le sculture, secondo direttive di gusto chiaramente identificabili, orientate principalmente a soggetti religiosi e alla ritrattistica.

Per quanto riguarda le sculture, le opere coprono un arco cronologico che va dal XV al XIX secolo e possono essere ricondotte a diverse aree, dal Nord Europa, alla Liguria, all’area sardo-napoletana. Le sculture in legno occupano indubbiamente un posto importante, che rivelano un interesse probabilmente suscitato dallo studioso dalla notevole diffusione di questa forma artistica nell’area ligure.

Biografia
Catheine Marcenaro (23 luglio 1906 – 2 luglio 1976) era un’arte Hertoriana, museologa e funzionaria italiana.

Cresce a Terralba, un quartiere popolare di Genova, in una famiglia modesta. La sua morte muore quando ha solo due anni, il suo sposo Mario manterrà lei e lei mothe e le permetterà di studiare e laurearsi nel 1926 al liceo Cristoforo Colombo. Nel 1930 si laureò e successivamente si perfezionò nella letteratura italiana.

Dal 1933 al 1937 frequenta la Facoltà di arte artistica dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, diretta in quegli anni da Pietro Toesca, dove si diploma con una tesi dal titolo Il viaggio italiano del pittore Antonio Van Dyck che studierà per lei durante tutta la sua carriera. Antifascista, non è chiaro se lei abbia avuto un ruolo attivo nella Resistenza. Tuttavia, ha contatti con i partigiani e ospita incontri CLN a casa sua.

La carriera
Dal 1932 al 1948 insegnò arte Hertory nei licei genovesi Colombo e D’Oria e pubblicò i primi articoli. Nel 1938, iniziò a collaborare con Orlando Grosso, direttore dell’Ufficio delle Belle Arti di Genova, per alcune mostre su dipinti liguri e genovesi del XVII e XVIII secolo, in quegli anni riscoperti.

Nel 1945 fu nominata professore di arte artistica alla facoltà di Magistero; È la prima studentessa di sesso femminile, anche se non permanente, dell’università genovese, a cui viene anche affidato un insegnamento fino a quel momento assente in quell’università. Lasciò la carica nel 1951 per dedicarsi esclusivamente all’ufficio di Belle Arti del comune di Genova di cui divenne direttore nel 1950, succedendo a Orlando Grosso.

Il primo grande intervento del nuovo direttore è la costruzione di Palazzo Bianco (iniziata nel 1949 e completata nel 1950), che segna anche l’inizio della lunga collaborazione con l’architetto Franco Albini. Il progetto prevede la costruzione di un museo, modificando profondamente il layout esistente; si basava ancora sull’idea di ricostruire l’ambiente originale di origine della collezione in cui il gusto del collezionista privato era posto davanti a criteri didattici e scientifici. Gli sfondi vengono rimossi e gli arredi. Le opere sono ordinate cronologicamente e per periodo artistico-artistico; vengono creati depositi che ospitano opere della collezione non esposte, organizzate e disponibili per la consultazione; i dipinti sono presentati senza cornici (perché non sono originali) per favorire un rapporto diretto con i visitatori; i supporti in ferro e gli arredi (comprese le sedie disegnate dallo stesso Albini, i cosiddetti “tripolines”) non imitano lo stile del mobile coevo con l’edificio.

Nel 1953 fu la volta di Palazzo Rosso, il cui cantiere rimase aperto fino al 1961. Gli interventi del XVIII e XIX secolo furono smantellati per recuperare le caratteristiche barocche dell’edificio. Le pareti sono ricoperte di tessuti e alcuni dipinti sono posizionati su strutture di ferro separate dalle pareti, per facilitare la loro osservazione su due lati.

Nello stesso anno si trasferisce in un appartamento nell’edificio ristrutturato da Albini. Invece, il progetto per il Museo della casa di Cristoforo Colombo affidato all’architetto Ignazio Gardella rimane su carta. Tra il 1952 e il 1956 collaborò nuovamente con Albini per il Museo del tesoro della cattedrale di San Lorenzo, che conserva, tra gli altri pezzi, il bacino sacro. Il museo si trova nel sottosuolo del cortile del Palazzo Arcivescovile di Genova ed è caratterizzato da una struttura sassagonale thòlos, una scelta ispirata a un precedente viaggio a Micene da Albini con la sua collega Franca Shelg. Il progetto rappresenta un modello significativo di un museo a porte chiuse in cui il layout è fisso e solo una parte delle opere sono esposte.

Sempre sotto il suo mandato fu costruito il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone; il primo nucleo della collezione, quello dell’arte giapponese appartenente a Edoardo Chiossone, è integrato con acquisizioni da altri paesi orientali. L’esposizione segue i criteri testati con particolare efficacia a San Lorenzo. Il completamento del museo di scultura antica e archeologia nell’ex chiesa e convento di Sant’Agostino, vedrà di nuovo Franco Albini al suo fianco, ma sarà completato solo nel 1988, molti anni dopo la morte di entrambi.

Negli ultimi anni di attività Caterina Marcenaro denuncia la progressiva emarginazione della direzione delle Belle Arti, che non è coinvolta, se non in una fase avanzata, in progetti che incidono profondamente sul territorio cittadino, come la costruzione della strada sopraelevata. Si ritirò nel 1971 ma continuò a vivere nell’appartamento di Palazzo Rosso. Muore il 2 luglio 1976.

Ruolo nella museologia italiana
I progetti che Caterina Marcenaro realizza, principalmente con Franco Albini, fanno parte della stagione del grande rinnovamento della museologia italiana del dopoguerra. Nel periodo Hertorico, i bisogni ricostruttivi dovuti ai danni di guerra diventano un’opportunità per ripensare i musei. La collaborazione Marcenaro-Albini è un esempio del fruttuoso rapporto di scambio instaurato tra arte Hertoriana e architetti dagli anni Cinquanta alla fine degli anni Settanta, una relazione che contribuirà alla definizione delle competenze del museologo e del museografo.

Nei progetti di questi anni l’architettura Hertorica delle stanze si integra con le proposte degli architetti (adHering, in molti casi, al razionalismo italiano) in un dialogo tra vecchio e nuovo. Gli edifici monumentali che ospitano i musei si aprono a nuove funzioni, tra cui spicca l’insegnamento; vogliamo creare un ponte tra vecchie raccolte e nuovi utenti. Per questo motivo, le raccolte museali sono organizzate come antologie figurative, in cui sono esposte opere particolarmente rappresentative di alcune correnti artistiche. Al criterio si aggiunge l’attenzione all’impatto estetico dell’installazione. Particolarmente emblematico dal punto di vista è la posizione dell’Elevatio animae di Marg Herita di Brabante di Giovanni Pisano che Albini e Marcenaro studiano per il museo di Palazzo Bianco. La scultura si staglia su uno sfondo di ardesia nera, la pietra locale; viene visualizzato su un supporto metallico mobile, con un telescopio, regolabile in altezza e girevole. I visitatori possono così interagire con il lavoro, ruotandolo e osservandolo da diversi punti di vista.

Un ruolo importante nello sviluppo dell’idea museale è svolto da funzionari pubblici che in quegli anni hanno svolto attività di gestione nel settore dei beni culturali. Caterina Marcenaro è attiva nel dibattito sull’introduzione della museologia come disciplina universitaria. È anche grazie al suo impegno che Genova sarà la prima università italiana a introdurre la museologia come insegnamento nel corso di specializzazione in Arcologia e teologia dell’arte nel 1963. E sarà a lei che Giulio Carlo Argan affiderà la redazione del voce “museologia” nella Universal Art Encyclopedia.

La collezione d’arte e l’archivio
Testimonianza esplicita, dopo una perizia di Federico Zeri (fornita da Se stessa), lascia la sua collezione d’arte alla Cassa di Risparmio delle Province Lombarde (Cariplo) che poi si fonde con la Fondazione Cariplo. Tuttavia, il museo Le sarebbe piaciuto che il suo nome non fosse stato costruito. Una parte delle opere è esposta al Museo Diocesano di Milano. Il ruolo attivo svolto in ogni fase della progettazione dei numerosi musei è documentato nell’archivio amministrativo dell’Ufficio delle Belle Arti, conservato nell’archivio Hertorico del comune di Genova.

Punti salienti
Le sculture esposte in questa sezione sono un deposito della Fondazione Cariplo a Milano. Questa è la parte più importante della collezione della storica dell’arte, Caterina Marcenaro, donata nel 1976 alla Fondazione. Occupano un periodo cronologico dal XIII al XVII secolo e possono essere fatti risalire a varie sfere artistiche dal Nord Europa, alla Liguria, al Centro Italia.

Santo vescovo,
Scultore valdostano del XV secolo, legno intagliato con tracce di policromia, 70,3 x 20,1 x 17,8 cm
L’opera è genericamente indicata come una figura del Santo Vescovo, come dimostra la presenza della mitragliatrice e del pianeta: purtroppo la perdita di braccia e mani, che probabilmente ha mostrato gli attributi iconografici, non consente di identificare il santo con maggiore precisione. Il confronto con una scultura conservata all’Académie Saint-Anselme di Aosta consente di confermare l’attribuzione alla scuola valdostana e la datazione al XV secolo, come indicato anche dall’abito liturgico e dal pianeta solcati da pieghe rigide e leggermente a mezzaluna .

Madonna col Bambino in terracotta dipinta
Scultore fiorentino, metà del XV secolo, 105 cm, 5 x 59 x 55.8
La scultura in terracotta policroma raffigura la Madonna seduta che tiene in braccio il Bambino che benedice i fedeli, in piedi, con gesto deciso e severo, secondo un’iconografia tipicamente quattrocentesca. L’opera è stata erroneamente attribuita in passato a Luca Della Robbia, ma è una probabile derivazione del negozio dai diffusi modelli devozionali robbieschi. La sede della Vergine ha maniglie in ferro sui lati che indicano un antico uso processionale del gruppo scultoreo.

Bottega lucchese Primo quarto del XVI secolo Ecce homo Stucco dipinto, 49,7 x 48,2 x 20 cm
L’attribuzione originale a Donatello, poi prudentemente fatta risalire a una scuola fiorentina più generica della seconda metà del XV secolo, è stata ora riportata da recenti studi alla scuola lucchese dei primi del XVI secolo per le sue spiccate caratteristiche espressive. Il dramma di opere come questa in esame, che si adatta a una tendenza molto diffusa in quel momento, mirava a coinvolgere emotivamente i fedeli, inducendolo a identificarsi con le sofferenze di Cristo.

Cristo crocifisso
Scultore tedesco del XVII secolo, legno intagliato e dipinto, 73,8×18,5×13,4 cm
L’opera, purtroppo priva delle braccia, della gamba sinistra, della metà del piede destro e dell’intera croce, raffigura con intensa caratterizzazione espressiva Cristo con la testa reclinata, gli occhi chiusi, accigliato con la faccia dolorante incorniciata da una barba scolpita in ciocche regolari. Il perizoma è costituito da un panno piegato su una doppia corda. Già riferito alla scuola valdostana del XV secolo, è stato spostato da recenti studi a un contesto tedesco sulla base di confronti con opere di questa area geografica: in particolare gli zigomi pronunciati, il trattamento della corona e il tipo di drappeggi perizoma del mondo nordico.

Museo Diocesano di Milano
Il Museo Diocesano di Milano è nato nel 2001 su iniziativa dell’Arcidiocesi di Milano con l’obiettivo di proteggere, valorizzare e far conoscere i tesori artistici della diocesi nel contesto del contesto spirituale che li ha ispirati. Dall’anno seguente è teatro dell’iniziativa Un capolavoro per Milano.

Il Museo Diocesano si trova nella cornice dei chiostri di Sant’Eustorgio, parte integrante di uno dei più antichi complessi monumentali di Milano, costruito dalle unità unite della basilica e del convento domenicano, un fiorente centro nel corso del secoli in una zona importante per la storia del cristianesimo milanese.

La collezione permanente è costituita da oltre settecento opere d’arte che abbracciano il periodo che va dal 4 ° al 21 ° secolo. All’interno della Galleria di Pittura dell’Arcivescovo si trovano le raccolte degli arcivescovi milanesi (parte dei Monti, Visconti, raccolta Riccardi e la raccolta completa di Erba Odescalchi). Oltre ai dipinti provenienti dalle chiese della diocesi, il Museo ospita un importante gruppo di opere di arredamento liturgico. Completano la collezione la sezione dedicata ai dipinti su pannelli in foglia d’oro (opere principalmente provenienti dalla sfera della Toscana del 14 ° e 15 ° secolo, raccolte dal Prof. Alberto Crespi e donate al Museo), e sculture e dipinti provenienti dalla collezione di Caterina Marcenaro. Infine, attorno a un primo nucleo di opere scultoree di Lucio Fontana,