Casa Buonarroti è la casa-museo di Firenze dedicata a Michelangelo e ai suoi discendenti, che vivevano qui abbellendo la casa. Si trova in via Ghibellina 70, all’angolo con via Buonarroti.

La casa Buonarroti è un museo e un monumento, un luogo di memoria e di celebrazione del genio di Michelangelo e, allo stesso tempo, una sontuosa mostra barocca e mostra delle ricche collezioni d’arte della famiglia, la Casa Buonarroti offre una delle esperienze dei visitatori più interessanti tra i numerosi musei di Firenze. Offre il piacere unico di vedere due famosi rilievi in ​​marmo, capolavori del giovane Michelangelo: la Madonna delle scale e la battaglia dei centauri.

Storia dell’edificio
L’edificio era di proprietà dello scultore Michelangelo, che lasciò al nipote Leonardo Buonarroti. La casa fu trasformata in un museo dedicato all’artista dal suo pronipote, Michelangelo Buonarroti il ​​Giovane. Le sue collezioni includono due delle prime sculture di Michelangelo, la Madonna delle scale e la battaglia dei centauri. Una biblioteca di diecimila libri comprende l’archivio di famiglia e alcune lettere e disegni di Micheleangelo. La Galleria è decorata con dipinti commissionati da Buonarroti il ​​Giovane e creati da Artemisia Gentileschi e altri artisti italiani dei primi del Seicento.

Michelangelo e le origini
Michelangelo non nacque qui, ma a Caprese in provincia di Arezzo, quando suo padre Ludovico di Leonardo, sebbene fiorentino, si era trasferito per occupare un incarico pubblico. Non è nemmeno l’unica residenza abitata da Michelangelo in città, che erano più di una, ma qui, nel 1508, aveva acquistato tre piccoli appezzamenti vicini appartenenti al Bonsi. La notizia è errata che Michelangelo, all’epoca residente a Roma, non ha mai usato questa casa: era infatti presente, al suo ritorno da Bologna, al momento dell’acquisto, e ha avuto l’opportunità di vederlo e rimanere lì, insieme a suo nipote Leonardo, durante la stagione lavorativa a San Lorenzo (1516-1534). Nel 1514 la proprietà era stata ampliata da un altro fondo confinante dell’ospedale di Santa Maria Nuova, acquistato dallo scultore.

Che Michelangelo risiedesse qui testimonia i documenti con cui affittò le case accessorie e, nel 1525, una delle due case principali del complesso; inoltre nella dichiarazione legata all’istituzione del decimo granducale, nel 1534, Michelangelo denunciò, tra l’altro, “una casa situata in via Ghibellina, che è per la mia vita”. Dal 1539 l’edificio principale non fu più dato in affitto, anzi dalla corrispondenza dell’artista notiamo l’interesse per una migliore sistemazione dei suoi parenti, in particolare di suo nipote Leonardo, figlio del fratello minore Buonarroto, verso il quale l’artista nutriva tutti spera di continuare il lignaggio. Interessato al suo matrimonio con una donna della città patrizia, Michelangelo suggerì prima di trovare una residenza più “onorevole”,

Solo nel 1553 Leonardo trovò Cassandra di Donato Ridolfi come sua moglie, che un anno dopo rimase incinta, con grande gioia dell’artista, ormai anziano e residente da qualche tempo a Roma. Ancora una volta un figlio nacque nel 1554, ma un terzo figlio, o il personaggio che avrebbe rinnovato la lucentezza della famiglia, sarebbe nato solo quattro anni dopo la morte dell’artista nel 1568, essendo stato chiamato in modo significativo Michelangelo “il Giovane”.

L’era di Michelangelo il Giovane
Alla morte di Leonardo nel 1599, le proprietà su quel tratto di via Ghibellina (chiamato anche “via Santa Maria”) erano state ulteriormente aumentate e la trasformazione degli edifici in un unico edificio doveva essere iniziata: la morte dell’artista aveva infatti portato un lascito molto evidente alla famiglia. I figli di Leonardo, Buonarroto, il maggiore, e Michelangelo, il minore, condividevano quindi i possedimenti: il primo era la “nuova” costruzione, l’altro la vecchia casa di famiglia che non era stata colpita dal recente restauro e che fu presto ampliata con l’acquisto di un fondo adiacente aggiuntivo. Dal 1612 Michelangelo il giovane iniziò la costruzione del palazzo come si vede oggi, di cui rimangono rari resti.

Il giovane ha utilizzato un progetto che includeva due disegni dello stesso Michelangelo e nella decorazione interna ha celebrato ampiamente il famoso prozio con un preciso programma decorativo.

Questioni relative al successivo
Michelangelo il giovane morì senza figli nel 1647 e tutta l’eredità della famiglia passò al giovane nipote Leonardo, figlio di Buonarroto, e sopravvisse al fratello maggiore Sigismondo. Leonardo, che ebbe una venerazione assoluta sia per il “vecchio” Michelangelo, sia per l’opera del suo “giovane” zio, alla sua morte nel 1684 aveva redatto un testamento particolarmente esplicito (1678) riguardante il mantenimento della galleria, la monumentale stanze e delle raccolte artistiche e librarie della famiglia, che stabilisce clausole particolarmente coercitive, che riguardavano la perdita dei diritti di nascita e altri redditi familiari in caso di cambio di uso delle stanze, alienazione, dispersione ,.

Suo figlio Michelangelo, autore di una preziosa descrizione-inventario di tutti i beni di famiglia, morì senza figli nel 1697. I tre fratelli sopravvissuti decisero di affidare a Filippo solo la cura del palazzo: senatore, revisore contabile, accademico di Crusca, presidente dell’Accademia Etrusca di Cortona per sempre, fece della casa di famiglia un rinomato centro di cultura cittadina, arricchito dalle sue grandi collezioni archeologiche. Con la morte dei suoi fratelli, senza discendenti, ricompose tutte le proprietà adiacenti in un unico complesso, che passò al suo unico figlio Leonardo, che a sua volta ebbe quattro figli, tra cui il noto Filippo, che prese parte al eventi della rivoluzione francese. Dopo la morte di Leonardo nel 1799, nessuno dei suoi figli era in città per occuparsi dell’eredità e durante il delicato periodo dell’occupazione francese,

Nel 1801 i Buonarroti tornarono al palazzo, in particolare al ramo di Filippo e poi al figlio Cosimo, che eseguì un restauro tra il 1820 e il 1823, dove purtroppo furono perse la scala e la loggia al primo piano sul cortile. Dai resoconti dell’epoca si sa che i vent’anni di esproprio e abbandono della casa erano stati disastrosi: ad eccezione della Galleria e delle sale monumentali, le altre stanze erano in grave degrado, e che solo con i restauri erano una dignità restituita alla casa, che è tornata ad essere abitata da Cosimo e sua moglie, Rosina Vendramin.

Fu lo stesso Cosimo, probabilmente adempiendo anche la volontà di sua moglie che morì nel 1856, che nel 1858 stabilì l’edificio e le raccolte d’arte in esso contenute nel Corpo morale (documenta infatti un ricordo già posto sulla facciata dell’edificio) e oggi interno), ponendo le basi di quel museo attivo di Casa Buonarroti che ancora oggi gestisce la proprietà come Fondazione.

L’arbitrato del Granduca Leopoldo II aveva messo a tacere le pretese dei figli delle sorelle di Cosimo, che inizialmente avevano rivendicato parte dell’eredità di famiglia nell’edificio in via Ghibellina, in seguito rinunciandolo.

Nel 1950 l’edificio subì un parziale e comunque importante restauro promosso da Giovanni Poggi e da un comitato comunale, ad eccezione del secondo piano, che aveva già ospitato il Museo storico topografico fiorentino e che in seguito fu utilizzato come appartamento per abitazioni private. La casa fu riaperta al pubblico il 26 maggio 1951 e dovette attendere fino al 1964, in coincidenza con il quarto centenario della morte dell’artista, per vedere l’edificio interessato da un intervento più radicale promosso dai Ministeri dell’Istruzione e del Pubblico Opere e regia dell’architetto Guido Morozzi, con lavori di adattamento interno per il museo e per la fondazione che ha portato (nonostante i progetti sviluppati nei decenni precedenti ad arricchire il fronte ritenuto troppo semplice in relazione alla ricchezza degli interni) per migliorare l’essenzialità della prospettiva. All’interno, ora completamente liberato dagli inquilini, in questa occasione, in questa occasione, l’atrio cinquecentesco (fino ad allora diviso per pareti divisorie e corridoi) e, all’ultimo piano, una bellissima loggia già tamponata.

Durante l’alluvione del 4 novembre 1966, la struttura purtroppo subì ingenti danni, facendo ulteriori interventi prontamente effettuati entro ottobre dell’anno successivo per colpire sia le elevazioni esterne che gli spazi terrestri interni.

Descrizione
L’edificio, organizzato su tre piani per un’estensione di otto assi, è nato da una serie di sindacati, che hanno raggiunto la loro forma attuale a partire dal 1612. La prospettiva mostra le finestre incorniciate da modelli in pietra, appoggiate su una pietra altrettanto attraente. Sulla porta di via Ghibellina c’è un busto raffigurante Michelangelo, di Clemente Papi e Lodovico Caselli, del 1875, modellato su un famoso ritratto di Daniele da Volterra, ora al Bargello. All’angolo c’è uno scudo con lo stemma Buonarroti (blu, il gemello in una fascia d’oro; con la testa cucita dell’Anjou, abbassata sotto la testa di Leone X).

Intorno al 1612, un importante cantiere aperto all’interno mirava a definire un ciclo di affreschi celebrativi, che si concluse venticinque anni dopo (1637), in particolare coinvolgendo la Galleria e le tre sale successive, con il coinvolgimento dei maggiori artisti attivo a Firenze., tra cui Empoli, Giovanni Bilivert, Cristofano Allori, Domenico Passignano, Artemisia Gentileschi, Pietro da Cortona, Giovanni da San Giovanni, Francesco Furini e Jacopo Vignali. Il ciclo esalta Michelangelo attraverso gli episodi più significativi della sua vita (Galleria), poi continua a celebrare altri personaggi della famiglia (stanza della Notte e del Giorno) e a glorificare la città di Firenze attraverso la rappresentazione dei suoi santi ( camera degli Angioli) e dei suoi illustri uomini (biblioteca).

Itinerario museale

Piano terra

Sala archeologica
Tra le collezioni di Casa Buonarroti ce n’è una di grande valore, ma che è ancora molto meno conosciuta delle altre per la sua complessa storia: la collezione archeologica. È composto da circa centocinquanta pezzi, di origini, età, tipi, tecniche e dimensioni molto diverse.

Il merito di aver raccolto una collezione così varia e importante deve essere principalmente attribuito a due membri della famiglia Buonarroti che abitavano in casa, Michelangelo il Giovane e Filippo. Quest’ultimo è stato responsabile del più cospicuo ampliamento della collezione, soprattutto per quanto riguarda la sezione etrusca. Dopo essere stato a lungo ospitato nelle stanze di Casa Buonarroti, nel 1882 fu trasferito in deposito al neo-formato Museo Archeologico di Firenze. Nel 1965, per volere del direttore di Casa Buonarroti Charles de Tolnay, alcuni i pezzi più preziosi furono restituiti al museo in Via Ghibellina. Ma i numerosi pezzi spesso rari e belli rimasti in deposito presso il Museo Archeologico non furono riportati a Casa Buonarroti fino al 1996. La mostra e il relativo catalogo sono dovuti a Stefano Corsi (1964-2007). Questa stanza è dedicata alla sua memoria.

Derivazioni da Michelangelo
I contenuti di questa sala testimoniano la popolarità delle idee grafiche, pittoriche e scultoree di Michelangelo nel corso del XVI secolo.

Quasi tutte le opere qui esposte provengono dalle collezioni statali fiorentine ed entrarono a Michelangelo in tempi diversi, in gran parte attraverso gli sforzi di Giovanni Poggi (1880-1961), un esperto di Michelangelo e per molti anni il sovrintendente delle Gallerie fiorentine.

Collezioni della famiglia Buonarroti
I discendenti diretti di Michelangelo, che visse nell’edificio per secoli, collezionarono opere d’arte di generi diversi e di epoche diverse. Le principali aggiunte alle collezioni possono essere attribuite a Michelangelo Buonarroti il ​​Giovane (1568-1647). Questa sala ospita quei pezzi che non possono essere spostati per motivi di conservazione (la bella collezione della Robbias) e quelli la cui posizione esatta nel diciassettesimo secolo non è nota (dipinti e porcellane).

La pittura di Tiziano è un’importante acquisizione risalente a Rosina Vendramin (1814–1856), moglie di Cosimo Buonarroti (1790–1858), ultimo discendente diretto della famiglia. La scultura di Emilio Zocchi (1835-1913), in prestito dalla banca Monte dei Paschi di Siena, è il ritratto più noto del soggetto del giovane Michelangelo che scolpisce la testa di un fauno, che l’autore ha ripetuto più volte.

Per motivi statici, a causa del peso dell’opera, fu necessariamente esposta al piano terra anziché nella sala al primo piano dedicata a Michelangelo nel 1800.

Spazio espositivo
La sequenza di sale a sinistra dell’atrio di Casa Buonarroti è utilizzata, dal 1984, per mostre temporanee. Fino al 1990, lo spazio espositivo era costituito da tre sale, a cui fu aggiunta in quell’anno una quarta sala, recuperata restaurando parte dell’area più antica della casa, sfuggendo a qualsiasi precedente restauro e risalente ai tempi di Michelangelo. Le prime tre sale erano sicuramente interessate agli interventi a cui, nella prima metà del XVII secolo, fu presentato Palazzo Michelangelo il Giovane: rimane una testimonianza della nobiltà degli spazi e soprattutto del bellissimo affresco di Jacopo Vignali – su il soffitto della prima stanza – raffigurante il sogno di Jacob.

Le mostre si svolgono ogni anno su temi legati a Michelangelo e al patrimonio culturale, artistico e commemorativo della Casa Buonarroti. Il tema è strettamente legato agli obiettivi istituzionali e ai programmi di ricerca scientifica della Camera ed è molto vasto. Infatti, gli permise di affrontare, tra l’altro, alcuni problemi direttamente michelangelici (la gioventù dell’artista nel giardino di San Marco o il suo impegno architettonico a San Lorenzo e San Pietro); il mito di Michelangelo nel diciannovesimo secolo (dal centenario del 1875 al confronto evocativo con l’arte di Auguste Rodin); collezionismo familiare, attraverso mostre che partono dai pezzi più prestigiosi della casa (la scoperta del “light painting” derivante dalla predella di Giovanni di Francesco;

Piano superiore

Galleria
Il complesso programma decorativo di questa e delle seguenti tre sale (Camera della notte e del dì, Camera degli Angioli, Studio) è stato redatto da Michelangelo Buonarroti il ​​Giovane. Il tema di questa prima sala, decorata tra il 1613 e il 1635, è un elogio di Michelangelo, sotto forma di una singolare biografia pittorica realizzata dagli artisti più importanti allora in attività a Firenze, tra cui Empoli, Passignano, Artemisia Gentileschi, Giovanni da San Giovanni, Matteo Rosselli e Francesco Furini.

La maggior parte delle dieci tele sul muro rappresentano incontri tra Michelangelo, i papi e i sovrani. Le tele sul soffitto raffigurano scene della morte e dell’apoteosi dell’artista, circondate da allegorie delle sue qualità. I monocromi si riferiscono ad episodi della sua vita che sono presi come esempi delle sue virtù. La decorazione è completata da tre sculture: un’effigie di Michelangelo di Antonio Novelli (1600-1662) e personificazioni della vita attiva e contemplativa di Domenico Pieratti (morto nel 1656).

Le numerose iscrizioni latine furono fornite dallo studioso Jacopo Soldani (1579-1651). Il pavimento, realizzato con piastrelle policrome smaltate di Montelupo, è stato posato nel 1616 ed è l’unico piano del periodo della Casa. Le decorazioni intarsiate delle porte in legno furono realizzate da Benedetto Calenzuoli su disegni di Pietro da Cortona (1596-1669), che fu ospite di Michelangelo il Giovane nel 1637 e nel 1641-1642.

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Fino al 1875 la Battaglia dei Centauri fu esposta nella Galleria, sotto il grande quadro di Ascanio Condivi (1515-1574) basato su un cartone di Michelangelo che Michelangelo il Giovane aveva acquistato come opera del suo grande antenato.

Stanza della notte e del giorno
La decorazione di questa stanza, che fu trascinata per anni, iniziò nel 1624. L’anno seguente Jacopo Vignali affrescò il soffitto con l’Eterno Padre che separava la Luce dalle Tenebre e le personificazioni della Notte e del Giorno, che danno il nome alla “camera”, e la parte superiore delle pareti con un fregio in cui coppie di putti reggono stemmi di famiglie legate a quello dei Buonarroti.

I lavori ripresero diversi anni dopo con la costruzione dello “Scrittoio”, dove Michelangelo il Giovane si ritirava per studiare. La sezione lignea di questa piccola stanza fu eseguita nel 1629 da Francesco da Sant’Andrea a Rovezzano e i dipinti di Baccio del Bianco, che allo stesso tempo dipingevano con olio le graziose porte finte sulle pareti. La decorazione della sala fu completata nel 1637-1638, con la rappresentazione di membri della famiglia Buonarroti e gli eventi ad essi collegati da vari artisti, tra cui Pietro da Cortona, che ritraeva il Buonarroto fatto diventare un conte palatino da Papa Leone X.

Sulle pareti sono:
ambienta il capolavoro di Giovanni di Francesco
le scene della vita di San Nicola di Bari, un Cupido di marmo, iniziato da Valerio Cioli (1529-1599) e terminato da Andrea di Michelangelo Ferrucci (morto nel 1626);
il ritratto di Michelangelo dipinto da Giuliano Bugiardino (1475-1555);
il ritratto di Michelangelo il Giovane di Cristofano Allori (1577-1621).
La testa di bronzo di Michelangelo è opera di Daniele da Volterra.

Stanza degli angeli
Questa sala fu utilizzata come cappella dal 1677 in poi. Gli affreschi sulle pareti, dipinti da Jacopo Vignali tra il 1622 e il 1623, rappresentano i santi e i beati della città e del territorio di Firenze che avanzano in processione, con Giovanni Battista alla testa, dal militante della chiesa al trionfante della chiesa.

L’interno della cupola e il soffitto sono decorati con affreschi di Michelangelo Cinganelli (circa 1558-1635) raffiguranti San Michele Arcangelo con angeli che suonano musica e cantano osannas, da cui la stanza prende il nome (“Camera degli Angeli”) . Sopra la tavola dell’altare, realizzata da Francesco e Tommaso da Sant’Andrea a Rovezzano nel 1627, è posta un’intarsio di Benedetto Calenzuoli basato su un cartone di Pietro da Cortona e raffigurante la Madonna col Bambino.

Sotto l’altare, il reliquiario di Sant’Agata, donato a Michelangelo Buonarroti il ​​Giovane da Suor Innocenza Barberini il 1 ° marzo 1638. Nelle nicchie, su grandi console seicentesche, si erge un busto di Michelangelo il Younqer, capolavoro di Giuliano Finelli e ritratti di Cosimo Buonarroti e di sua moglie Rosina Vendramin, dipinti da Aristodemo Costoli tra il 1850 e il 1857. Le altre nicchie ospitano un rilievo di San Girolamo di Luca della Robbia il Giovane, una copia in bronzo del XVI secolo della Madonna della Scala di Michelangelo ( per secoli il rilievo marmoreo fu esposto in questa stanza), e un capo di un vecchio, pensato alla fine del diciassettesimo secolo come “un’opera molto bella di Guido Reni”.

Studio
La decorazione di questa stanza, ideata anche da Michelangelo il Giovane, risale agli anni 1633-1637. Sul soffitto, Cecco Bravo dipinse la personificazione della fama.

Alle pareti, ancora Cecco Bravo, Matteo Rosselli e Domenico Pugliani dipingevano effigi di illustri toscani, raggruppate in diverse categorie:
di fronte all’ingresso, poeti e scrittori;
a sinistra, astronomi, matematici, marittimi, fisici, medici ed erboristi;
a destra, oratori, giuristi, storici e umanisti;
sopra l’ingresso, filosofi e teologi.
Sotto gli affreschi scorre una fila di armadi, intarsiati con festoni di frutta, fiori e foglie in avorio e madreperla. Gli armadi si alternano a due panchine e sei vetrine, che espongono alcuni documenti delle collezioni di famiglia. Particolarmente interessante è la vetrina che espone le trentacinque medaglie contro i veleni fatte da Francesco Buonarroti, Cavaliere di Malta, come regalo per suo fratello Michelangelo il Giovane. Il materiale utilizzato per queste medaglie è una pietra proveniente dalla Grotta di San Paolo, che deve il suo nome alla leggenda secondo la quale San Paolo fu morso da una vipera all’atterraggio a Malta in questa stessa caverna – eppure emerse, miracolosamente, incolume.

L’armadio di Apollo
In questa piccola stanza Michelangelo il Giovane aveva riunito un consistente gruppo di opere con soggetti classici, sebbene non sempre di origine antica. I pezzi ora in mostra facevano parte dell’arredamento originale: un raffinato fregio in legno dell’inizio del XVI secolo, recentemente attribuito a Baccio d’Agnolo; un braccio scolpito nel marmo, probabilmente da una copia romana del Discobolus di Myron; un ovale di marmo nero a due teste, donato a Michelangelo il Giovane da Costanza Barberini e un “piccolo Apollo” in marmo.

Sulla parete di fondo possiamo scorgere un dipinto murale molto detoriorato che simula una terrazza. Presumibilmente, uno spazio da utilizzare come boudoir – nascosto da una porta appositamente costruita che esiste ancora oggi – era stato scavato dalla finestra.

Madonna delle scale e battaglia dei centauri
Questa sala ospita i due rilievi scolpiti da Michelangelo nella sua prima giovinezza, che sono il vero e più riconosciuto emblema della Casa Buonarroti. Michelangelo il Giovane li aveva messi in mostra nelle sale seicentesche del piano nobile: la Battaglia nella Galleria, sotto il grande quadro dell’Epifania di Ascanio Condivi, attribuito all’epoca a Michelangelo; la Madonna nella Camera degli Angioli, che conteneva e conserva tuttora una replica in bronzo del rilievo. Nel 1875, Casa Buonarroti fu uno dei simboli principali delle celebrazioni per il quarto centenario della nascita di Michelangelo, che furono messe in scena a Firenze. Un sottoprodotto dell’evento è stato lo spostamento della Battaglia nella stanza, nella quale è ancora visibile oggi, mentre una tavoletta commemorativa è stata installata sotto l’Epifania.

La Madonna, invece, rimase a lungo nella Camera degli Angioli, dove la sua presenza era ancora registrata nel 1896. Eppure le fotografie scattate all’inizio del XX secolo mostrano i due rilievi di Michelangelo nella stessa stanza, dove si trovavano esposto per diversi decenni accanto a pezzi delle collezioni di famiglia e curiosità del XIX secolo. All’inizio degli anni ’50, con le stanze piene di quella che era spesso una variegata selezione di oggetti, o una disposta con qualsiasi riguardo senza qualità o contenuto, la necessità di nuove soluzioni cominciò a diventare evidente. Gli sforzi si sono concentrati solo su questa stanza. Uno studio dei vari tentativi che sono stati fatti per dare la giusta importanza ai due rilievi, dagli anni ’50 ad oggi, è di grande interesse,

Michelangelo e la fabbrica di San Lorenzo
Per molti anni, questa sala ospitò due maestosi progetti michelangelici per opere destinate alla Fabbrica di San Lorenzo a Firenze, nessuna delle quali mai realizzata. Il grande modello in legno per la facciata della chiesa di San Lorenzo rimase a lungo nel vestibolo della Biblioteca Laurenziana: probabilmente proveniva dalla casa di Michelangelo a Roma, come deduciamo da una lettera scritta dall’artista a suo nipote Leonardo in 1555, affermando che sarebbe stato inviato al duca Cosimo I a Firenze. L’opera fu trasferita a Casa Buonarroti alla fine del 1800. La casa di città in via Ghibellina ebbe il privilegio di ospitare ed esibire il dio del fiume – il “modello” preparatorio affascinante di Michelangelo per le sculture da collocare come ulteriore ornamento delle tombe ducali nella Nuova Sagrestia – per oltre cinquant’anni. Un tempo proprietà di Ammannati,

Dopo essere stato nominato direttore di Casa Buonarroti, Charles de Tolnay riuscì a ottenere il prestito dell’opera dall’ufficio competente nel dicembre del 1965 e lo mostrò nel museo, sottolineando così il suo notevole valore dopo anni di oblio. Richiamato dall’Ufficio del restauro della Soprintendenza per i beni storici e artistici di Firenze nel dicembre del 1986 per lavori di conservazione, è successivamente tornato a Casa Buonarroti con l’avvertenza che una scultura così fragile non dovrebbe essere spostata o gestita in alcun modo. Gli stessi problemi di conservazione richiedevano che importanti lavori di restauro fossero eseguiti dall’Opificio delle Pietre Dure fiorentino ed eseguiti in loco; quest’opera è stata completata nella primavera del 2017. Dopo la sua esposizione durante un’importante mostra temporanea a Firenze,

Sala dei paesaggi
Un inventario del 1799 menziona il “secondo salotto dipinto, attiguo alla Camera con camino”: il riferimento era a questa stanza e ai paesaggi settecenteschi che ne ornano tre delle sue pareti. Ricoperti di intonaco bianco nel diciannovesimo secolo, gli affreschi sono stati riportati alla luce durante i lavori di restauro eseguiti in Casa Buonarroti nel 1964. Attualmente questa piacevole sala è utilizzata per proiettare il video La Casa Buonarroti a Firenze, realizzato da Claudio Pizzorusso nel 1994 Il video è il primo della serie sui “Musei della Toscana” prodotta dall’Università per Stranieri, a Siena.

Michelangelo nel diciannovesimo secolo
La Casa Buonarroti ospita una vasta gamma di documenti su Michelangelo e il XIX secolo, costituiti da significative testimonianze e opere di valore artistico, alcune delle quali sono riunite in questa stanza, relative sia al mito che è cresciuto attorno all’artista in quel secolo e alle celebrazioni organizzate a Firenze nel settembre 1875 in occasione del quarto centenario della sua nascita. I busti in gesso furono portati a casa per quell’occasione, con l’intento dichiarato di abbellire il suo ingresso. La Casa Buonarroti, che era stata trasformata in una corporazione nell’aprile 1859, ebbe un ruolo entusiasta nelle celebrazioni: il busto in bronzo di Michelangelo realizzato da Clemente Papi fu installato sopra l’ingresso, lo stemma della famiglia posto all’angolo dell’edificio e tutti i disegni di Michelangelo nella collezione della Casa Buonarroti messi in mostra. Finalmente una grande aquila di pietra, che si credeva ai tempi attuali, era di epoca romana, che ora si trova al centro della piccola stanza adiacente, fu allestita nel cortile. Ma il progetto più ambizioso, la decorazione a graffito della facciata, si è rivelato impossibile da realizzare. Qui possiamo vedere il suo disegno preparatorio dettagliato, donato alla Casa dai suoi autori.

Le collezioni
L’aspetto esterno dell’edificio è piuttosto semplice, spicca solo il portale, sormontato da un busto in bronzo, una copia del ritratto di Michelangelo realizzato da Daniele da Volterra e conservato nella Galleria dell’Accademia di Firenze.

Il motivo principale di interesse è la bellissima collezione di opere dell’illustre scultore raccolte nel corso dei secoli dai suoi discendenti, a partire dai figli di suo fratello (Michelangelo non ha mai avuto figli). Oltre a una collezione archeologica poco conosciuta con vari materiali, al primo piano è esposto un busto di Michelangelo dell’amico Daniele da Volterra; inoltre ci sono i due busti di Cosimo Buonarroti e Rosina Vendramin, di Aristodemo Costoli.

Nelle sale seguenti al primo piano, uno è dedicato ai modelli in cera e bronzo utilizzati dall’artista (incluso quello del progetto abbandonato di Ercole in Piazza della Signoria, successivamente creato da Baccio Bandinelli), mentre in un altro sono esposti ruotano i disegni della vasta collezione del museo. Nelle sale nobili, gli affreschi furono eseguiti nel diciassettesimo secolo per esaltare la vita e le opere di Michelangelo (particolarmente sorprendente è la Galleria o lo studio di Michelangelo il Giovane), o ci sono opere che documentano l’influenza dello stile di Michelangelo sugli artisti successivi. In mostra anche un modello dell’imbracatura che servì a spostare il David da Piazza della Signoria al Museo dell’Accademia nel 1872.

Le opere di Michelangelo spiccano sicuramente, in particolare due interessanti opere giovanili per comprendere l’evoluzione stilistica del maestro: il raffinato bassorilievo della Madonna della Scala, la prima opera documentata, del 1490-92, ispirata a Donatello, e soprattutto la Centauromachia o Battaglia dei centauri, scolpita a soli 16 anni.

L’ispirazione per questo lavoro è data dai bassorilievi dei sarcofagi romani, ma il fortissimo dinamismo è una tipica novità di Michelangelo. Già in questo primo lavoro la conoscenza dell’anatomia è notevole e spicca la preferenza per le figure in movimento, che emanano una grande forza espressiva.

In mostra anche il busto di una divinità fluviale (fusione di metallo) e un modello in legno del progetto di Michelangelo per la facciata della basilica di San Lorenzo, un progetto mai realizzato.

Iconografia Michelangelica
In questa sala sono esposti diversi ritratti, in prestito dalle Gallerie fiorentine, che, sebbene eseguiti in periodi diversi, che vanno dal XVI al XIX secolo, derivano tutti dal prototipo del famoso ritratto dipinto a Roma intorno al 1535 dai fiorentini Jacopino del Conte (1510-98). Il miglior esempio è il pannello situato sopra la vetrina. Questo dipinto fu donato agli Uffizi dalla famiglia Strozzi nel 1771, quando fu considerato un autoritratto da Michelangelo. Immediatamente dopo, tuttavia, la paternità di Michelangelo fu respinta. Oggi gli storici lo attribuiscono direttamente al laboratorio di Jacopino del Conte.

Nelle parole di Giorgio Vasari: “Di Michelagnolo non ci sono altri ritratti che duoi di pittura, uno di mano del Bugiardino el altro di Iacopo del Conte, e uno di bronzo tutto il rilievo fatto da Daniello Ricciarelli” (“Di Michelagnolo esiste ma due ritratti dipinti, uno per mano di “Il Bugiardino” e l’altro di Iacopo del Conte, e uno in rilievo in bronzo realizzato da Daniello Ricciarelli ‘). Tutti e tre questi ritratti sono esposti nel Museo Casa Buonarroti: il ritratto di Jacopino del Conte in questa sala, mentre la Camera della Notte e del Dì ospita il dipinto di Giuliano Bugiardino – risalente, secondo recenti studi, al 1522, pone Michelangelo a 47 anni – e il famoso busto in bronzo di Daniele da Volterra.

Disegni di Michelangelo
Il museo conserva la collezione più ricca del mondo di schizzi di Michelangelo e della sua scuola. Il pezzo più importante è il fiume Torso, a grandezza naturale e destinato a servire da modello per una statua mai realizzata per la Nuova Sagrestia, ma anche i due lottatori o il nudo femminile sono suggestivi.

Vasari ci dice che, prima della sua morte a Roma nel 1564, Michelangelo aveva bruciato “un gran numero dei suoi disegni, schizzi e cartoni animati in modo che nessuno potesse vedere le fatiche che aveva sopportato e i modi in cui aveva messo alla prova il suo genio, e per timore che avrebbe dovuto apparire meno che perfetto. ” È in parte a causa del desiderio di perfezione dell’artista che la sua opera grafica è così rara e preziosa: persino Leonardo, suo nipote ed erede, è stato obbligato a pagare un prezzo elevato per un gruppo di suoi disegni che è arrivato sul mercato romano dopo la morte di Michelangelo . Questi furono probabilmente quelli che Leonardo avrebbe donato a Cosimo I dei Medici intorno al 1566, insieme alla Madonna della Scala. Quando, nella seconda decade del diciassettesimo secolo,

Molti dei disegni erano raccolti in volumi all’epoca, ma quelli che erano considerati i più belli erano incorniciati e appesi alle pareti delle nuove stanze: ad esempio Cleopatra nello Scrittoio, uno dei disegni per la facciata di San Lorenzo nella Camera della Notte e del Dì e la vignetta per una Madonna col Bambino nella Camera degli Angioli. La collezione di disegni di Michelangelo di proprietà della famiglia Buonarroti era la più grande del mondo al momento, e lo è ancora oggi, con i suoi oltre duecento fogli, nonostante le gravi strade che vi sono state fatte. In effetti, la prima perdita avvenne alla fine del XVIII secolo, quando il rivoluzionario Filippo Buonarroti vendette alcuni disegni al pittore e collezionista Jean-Baptiste Wicar; e il secondo nel 1859,

Cosimo Buonarroti, l’ultimo erede diretto della famiglia, morì nel 1858. Era stato il proprietario della maggior parte delle carte di Michelangelo e le aveva lasciate, al suo volere, insieme alla casa di Via Ghibellina e agli oggetti contenuti in esso. Da quel momento in poi, la raccolta di disegni rimase in mostra in cornici e vetrine, e fu solo nel 1960 che furono salvati da questa situazione, che aveva provocato un danno considerevole ai fogli. Portati nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, furono restaurati e riportati a Casa Buonarroti nel 1975.

Dato che le esigenze di conservazione rendono impossibile mettere in mostra permanentemente le opere grafiche, in questa sala vengono visualizzati solo piccoli campioni della collezione.

Modelli michelangelici
Tra le varie collezioni d’arte che compongono i possedimenti di Casa Buonarroti, il gruppo di modelli michelangelici non è solo estremamente prezioso, ma anche difficile da esplorare: non conosciamo nemmeno la provenienza primaria di queste opere. Le prime notizie risalgono solo al 1664, quando Filippo Baldinucci diede a Leonardo Buonarroti un “modello” che credeva fosse per mano dello stesso Michelangelo. Venti anni dopo, un inventario delle merci nella Casa Buonarroti registrava che alcuni modelli erano conservati nello “Scrittoio”, un piccolo studio al largo della Stanza della notte e del giorno. Tutta la memoria di questi modelli fu probabilmente persa con la morte di un successivo Leonardo Buonarroti, il proprietario della Casa dal 1733 al 1799; un inventario della fine del 1700 non menziona nemmeno lo “Scrittoio”, che allora si pensava fosse un armadio.

Oggi, le dieci opere costituiscono il gruppo più grande del mondo, di piccole sculture attribuite a Michelangelo e alla sua cerchia. Realizzati in varie tecniche e materiali (cera, terracotta, legno, gesso), questi modelli seguono la carriera dell’artista dalla sua giovinezza fino alla sua vecchiaia, con opere e derivazioni originali. All’interno di questo gruppo ci sono anche autentici capolavori, molto apprezzati dagli studiosi, come i Due Lottatori o il piccolo Crocifisso ligneo, intenso lavoro della vecchiaia del Maestro.

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