Castello di Brescia, Italia

Il castello di Brescia è una fortezza medievale arroccata sul Cidneo, vicino alla storica città di Brescia. Il castello sorge sulla collina di Cidneo, che costituisce un importante parco all’interno della città. È uno dei complessi fortificati più interessanti in Italia, in cui sono ancora evidenti i segni dei vari periodi di dominazione.

Il mastio centrale, le imponenti mura merlate e la torre furono costruiti dai Visconti, mentre i massicci bastioni e l’ingresso monumentale con ponte levatoio testimoniano il potere della Repubblica Veneta, che ha sostenuto la città per oltre quattro secoli.

Un tempo al centro della famosa ribellione di Dieci Giornate di Brescia, il castello ha ormai abbandonato tutta la belligeranza e offre invece ai visitatori l’opportunità di passeggiare sulle sue dolci pendenze. La collina è raggiungibile dal centro del centro storico, Piazzetta Tito Speri, per mezzo di Contrada Sant’Urbano. Il castello è pieno di percorsi inaspettati e stanze nascoste e offre un meraviglioso panorama di tutto il centro città, delle colline e delle valli vicine.

Le torri circostanti e la “Strada del soccorso”, una via di fuga di epoca viscontea, hanno partecipato ai numerosi assedi che la città ha conosciuto. Seguendo i percorsi, è anche possibile scoprire l’eclettismo equilibrato del castello; uno dei vigneti più antichi e pregiati della città, su un pendio della collina, convive naturalmente con resti romani, come un gruppo di serbatoi di olio d’oliva, bastioni medievali e una locomotiva ferroviaria del 1909, la “Prigioniera del Falco d’Italia”, per il divertimento dei visitatori più giovani.

Storia
I primi insediamenti sul Cidneo risalgono all’età del bronzo, IX secolo a.C., ma la prima vera costruzione fu un piccolo tempio dedicato al dio celtico Bergimus. La vera riorganizzazione della collina è attribuibile ai romani che alla fine del I secolo a.C. inserirono il perimetro all’interno delle mura della città. Sempre dai romani, nel I secolo d.C. fu eretto un tempio monumentale che doveva corrispondere quasi perfettamente alle dimensioni del keepvisconteo: le antiche mura di contenimento e le fondamenta della scala all’interno di quest’area sono ancora oggi visibili. Nel corso dei secoli e con l’avvento del cristianesimo, l’area del Cidneo assunse sempre più il ruolo di area sacra: fu costruito un martirio paleocristiano dedicato a Santo Stefano, poi sostituito da una grande basilica, demolito nel XVIII secolo dopo l’esplosione di un barilotto di polvere, che lo aveva gravemente danneggiato. Oggi rimane solo una delle due torri della facciata della basilica, nota come la torre Mirabella, probabilmente costruita a sua volta su una torre scalare di epoca romana.

Età medievale
Durante il primo Medioevo, le notizie sulla zona divennero sempre più rare, ma dal 1000 in poi continuarono ad aumentare, anche se non ci sono informazioni esaustive sulle fortificazioni costruite. Tra il 1237 e il 1254, le mura furono ampliate, il che conferì a Brescia l’aspetto che l’avrebbe caratterizzata fino alla fine del XIX secolo. In questo periodo l’area era costellata di mura romane e ricca di edifici religiosi, oltre a numerosi mercati e fiere.

Durante la dominazione dei Visconti, furono effettuati massicci restauri delle difese della città: nel 1337 nacque la Cittadella Nova, un muro che a partire dal castello comprendeva gli edifici del potere ecclesiastico e civile della città, ovvero l’area del Broletto e del Duomi, che all’epoca erano la Cattedrale Vecchia e la cattedrale di San Pietro de Dom. L’unica testimonianza di questo vasto lavoro di ristrutturazione che è giunto ai giorni nostri è il Mastio, destinato ad essere la residenza del capitano della guarnigione con stanze decorate con fasce policrome e motivi geometrici e floreali, conservate solo in parte.

Allo stesso tempo, il mastio era anche circondato da un sistema difensivo costituito da sei torri, passaggi coperti e forse ponti levatoi. La strada del Soccorso viene tracciata, poi ampliata nel XVI secolo, una via di fuga verso nord, spesso utilizzata dagli avversari nei secoli successivi (vedi più avanti).

Nel 1426 Brescia passò sotto il dominio della Repubblica Veneta, che si preoccupò immediatamente di ristrutturare le difese della città colpite duramente durante la guerra contro i milanesi, con conseguente 1466 in una completa revisione delle mura cittadine che furono abbassate e circondate da bastioni e fossati . Il castello fu influenzato solo marginalmente da queste modifiche e le uniche opere di sistemazione riguardarono le torri che furono modificate passando da una piazza a una pianta circolare: di queste sopravvisse solo una torre del perimetro settentrionale. Nel 1509 l’esercito francese sconfisse l’esercito veneziano e prese possesso di Brescia e del suo castello.

Durante il periodo di dominio oltre le Alpi, furono intrapresi nuovi lavori per estendere e rafforzare le mura, che tuttavia non furono mai completate; Tuttavia, il monastero di San Martino lo pagò e fu demolito per fare spazio alle mura che avrebbero dovuto sorgere al suo posto. Fu proprio in questo periodo che Brescia attraversò il suo periodo più oscuro, una disputa tra i maestri francesi e i veneziani che cercarono di riconquistarla. La repubblica marittima prese il controllo della città nel 1512, al prezzo di molte morti e enormi sacrifici, con l’apice della tragedia del 19 febbraio, quando il saccheggio della città ebbe luogo da soldati di quasi ogni parte politica, dai francesi ( che utilizzava la Via del Soccorso per entrare nella fortezza) ai Guasconi, dai tedeschi agli svizzeri, anche da Cremona e Mantova.

Età moderna
Nella seconda metà del XVI secolo, con il ritorno dei veneziani e la stabilizzazione del governo, furono fatti ulteriori miglioramenti per colmare i difetti emersi durante la guerra, come l’allargamento della Strada del Soccorso sopra menzionato. Fu costruito un nuovo muro: furono quindi costruiti i baluardi di San Pietro, San Marco, San Faustino e della Pusterla. La fortezza era inoltre dotata di edifici per lo stoccaggio di provviste (il Piccolo e il Grande Miglio), forni, caserme, edifici religiosi, cisterne e fusti di polvere. A causa dello spostamento della linea di conflitto con Milano sull’Adda e della conseguente concentrazione degli sforzi difensivi su Bergamo, in questo periodo termina la funzione strategica del castello, che la storia non vorrà mai essere coinvolta in alcuna attività di guerra, dando inizio a lento declino della struttura.

I 10 giorni di Brescia
Sotto il nuovo dominio francese il castello non subì alcun miglioramento e fu usato come prigione e caserma: lo stesso destino gli sarebbe successo poco dopo sotto il dominio austriaco. Nonostante ciò, Cidneo era ancora un eccellente punto di difesa e attacco. Nel 1849, durante la rivolta cittadina dei Dieci Giorni di Brescia, la popolazione di Brescia insorse contro la guarnigione austriaca in seguito al rifiuto del pagamento per la mancanza di sostegno al governo reale imperiale durante la prima guerra di indipendenza, guardie civiche, raduni e formazioni di proc gruppi di indipendenza guidati da Zanardelli, ma nessuna rivolta e la rimozione delle truppe dalla città avvennero pacificamente, ecco perché i Bresciani non intendevano pagare). Parte della durata della rivolta è dovuta al fatto che la guida mazziniana non ha considerato la voce che i piemontesi avevano perso a Novara per spingere i circa mille cittadini combattenti attivi a continuare la resistenza. Dopo dieci giorni di combattimenti, la città fu riconquistata dalle truppe austro-ungariche, grazie al sostegno portato dal generale Julius Jacob von Haynau, che entrò nella fortezza usando la Via del Soccorso.

Nel passaggio più delicato dell’epopea del Risorgimento, 1848, il popolo bresciano organizzò un comitato clandestino guidato da Tito Speri e Don Pietro Boifava, a cura di Serle. Sarà la notizia dell’attesa raccolta, da parte degli austriaci, di una multa sostanziale, imposta alla cittadinanza per una precedente rivolta cittadina, per innescare, il 23 marzo 1849, la ribellione collettiva contro l’oppressore.

La scintilla è stata innescata anche dalle voci contrastanti che venivano dal fronte, nella seconda fase della Prima Guerra d’Indipendenza (1848-1849), dichiarata da Carlo Alberto, re di Piemonte e Sardegna, per conquistare la regione lombardo-veneta, liberandolo dagli austriaci. In effetti, arrivarono notizie fuorvianti della vittoria delle truppe sabaude, mescolate alle vere disperse sulla sconfitta piemontese a Novara (23 marzo 1849), Brescia, ribelle che confidava nell’aiuto piemontese, scelse di non arrendersi nuovamente ai vincitori austriaci, impegnandosi nella resistenza per dieci, lunghissimi giorni, con il coinvolgimento della gente, che combatté strenuamente casa per casa e dietro le barricate allestite nei punti chiave della città, mentre gli austriaci, arroccati nel castello, bombardarono il perimetro urbano .

L’intera città divenne un teatro di guerra: la Torre del Pégol di Palazzo Broletto si prestava, come altri edifici, come un punto di osservazione da cui stabilire strategie di difesa e come base operativa per i tiratori scelti, per colpire gli austriaci al riparo sul Colle Cidneo . I simboli più alti del comune furono presi di mira anche dalle conchiglie asburgiche, come Palazzo Loggia, dove il foro causato da un proiettile austriaco sparato dal castello rimane ancora alla base della parete meridionale della sala vanvitelliana. Gli insorti, guidati da Tito Speri, riuscirono a sconfiggere i nemici a Porta Torrelunga e a S. Eufemia, mentre i guerriglieri si estesero anche ai Ronchi, coinvolgendo S. Barnaba e Contrada Sant’Urbano come teatro di guerra.

La resa della Leonessa d’Italia ebbe luogo solo alla fine di dieci giorni di combattimenti estremi, il 1 ° aprile 1849, dopo il famigerato maresciallo Haynau, chiamato “la jena” (il cui nome rimane ancora legato all’edificio eretto all’ingresso del Castello), si era precipitato a sostenere il presidio austriaco guidato dal generale Nugent (la cui uniforme è conservata nel Museo del Risorgimento). La notte del 31 marzo, infatti, sfruttando la Viscontea Strada del Soccorso, una protezione segreta e ancora esistente che collega la cima del Castello alla città, le nuove guarnigioni armate guidate da Haynau erano riuscite a raggiungere il Cidneo. L’insurrezione si estinse di sangue, con una repressione violenta contro i civili, incline a esecuzioni che continuarono nel tempo, fino al 12 agosto, data dell’amnistia voluta da Radetzky. Gli insorti presi prigionieri furono rinchiusi nel Castello e molti di loro spararono nei fossati e sulle terrazze e seppellirono sul posto. Complessivamente, 378 civili sono morti durante i Dieci Giorni.

L’intolleranza verso i sovrani austriaci, tuttavia, non era inattiva, tanto che Tito Speri animerà un nuovo comitato insurrezionale clandestino, una scelta che gli costerà la vita, finendo impiccato nelle tribune di Belfiore, a Mantova, nel 1853 Rimane ancora una sorta di reportage dettagliato e ante litteram della rivolta bresciana che è passata alla storia, realizzata dalla varietà di dipinti e oggetti, tra cui i ritratti di Tito Speri e padre Maurizio Malvestiti, firmati da Angelo Inganni, inoltre a quelli dei tanti protagonisti meno noti dei giorni. D’altra parte, le quattro tele di Faustino Joli offrono prove quasi dirette dei momenti più salienti, tra cui quello del combattimento a S. Barnaba, insieme a litografie e carboncini che narrano scene di bombardamenti notturni e sparatorie di patrioti.

Il coraggio delle Leonine con cui Brescia si distinse nell’era del Risorgimento detiene ancora il titolo di Leonessa d’Italia, coniata da Giosuè Carducci nell’Odi barbare, Libro V, composizione del maggio 1877, che termina con la famosa quartina

Età contemporanea
Dopo la seconda guerra d’indipendenza italiana (1859), il castello di Brescia tornò ad essere utilizzato come semplice prigione militare. Poco dopo il comune acquistò la collina e iniziarono i lavori di restauro, che lentamente portarono alla distorsione militare della fortezza rendendola molto più simile al luogo che è oggi, cioè un centro ricreativo e sede di eventi pubblici a Brescia. Nel 1904, su iniziativa di Dominatore Mainetti, presidente della Camera di commercio di Brescia, e Federico Bettoni Cazzago, sindaco della città, fu organizzata al suo interno l’Esposizione Industriale di Brescia, un evento economico estremamente importante, inaugurato personalmente dal re Vittorio Emanuele III. Per l’occasione sono stati organizzati importanti spettacoli folcloristici e varie competizioni sportive e sono stati costruiti alcuni padiglioni temporanei per ospitare la mostra.

Nell’agosto del 1909 fu sede di un’altra mostra, dedicata all’elettricità, e organizzata da ASM Brescia che qualche settimana prima aveva ottenuto l’incarico di produzione e distribuzione di elettricità in città.

Dopo quest’ultima mostra, il castello fu recuperato come area pubblica su iniziativa del sindaco del sindaco Girolamo Orefici. Divenne sede del Museo del Risorgimento locale, ospitato nelle sale del Grande Miglio, e del Museo di Scienze Naturali a cui fu presto annesso il giardino zoologico. L’area fuori dai bastioni divenne un parco urbano.

Oggi il castello ospita il Museo del Risorgimento, il Museo delle armi Luigi Marzoli, che contiene armature e armi del periodo medievale, la Cidnea Specola e due grandi ferrovie modello.

È possibile visitare gli ambienti interni e nascosti della fortezza grazie alle visite guidate dall’associazione speleologica bresciana, che da anni conduce esplorazioni di passaggi e condotti, portando alla luce percorsi ormai dimenticati.

Struttura, edifici e monumenti
Per chiunque arrivi a Brescia, da qualsiasi direzione, è l’imponente massa pietrosa del Castello che segna il profilo panoramico della città. Il complesso di fortificazioni, che occupa un’area di circa 300×250 metri, è uno dei più grandi in Italia e copre completamente la collina del Cidneo. Non avendo mai avuto una funzione specifica come castello feudale, per non parlare di una residenza nobile, è immediatamente evidente che la fortezza, ben inserita nel contesto cittadino, è più ricca di edifici di culto e carattere militare piuttosto che di strutture residenziali ed esecutive nel rigoroso senso del termine.

Al castello si accede attraverso un imponente portale monumentale cinquecentesco, attribuito a Giulio Savorgnan e costruito sull’ispirazione delle forme di architettura militare di Michele Sanmicheli, ornato con un grande Leone di San Marco e gli stemmi dei rettori veneziani. Ai lati si possono ammirare i bastioni di San Faustino (a sinistra) e San Marco (a destra). Dopo aver attraversato l’ingresso, seguendo il sentiero sulla destra, si raggiunge il bastione di San Pietro, incontrando anche un pozzo cinquecentesco al quale furono collocati due leoni in pietra dello scultore Domenico Ghidoni nel 1890. Seguendo il sentiero a sinistra, tuttavia , notate prima il campanile dell’ex santuario di Santo Stefano Nuovo, quindi percorrete l’edificio Haynau, così chiamato perché da qui, nel 1849,

Sulla vasta piazza sopra il bastione di San Faustino c’è una caratteristica locomotiva a vapore, uno dei simboli del Castello, che all’inizio del Novecento effettuò la tratta Brescia-Edolo. Sulla destra, nel lungo edificio degli ufficiali, si ha l’ingresso sulla strada del Soccorso. Oltre ci sono gli edifici del Piccolo Miglio, ora sede espositiva, e del Grande Miglio, dove è ospitato il Museo del Risorgimento. Qui c’è anche l’ingresso al passaggio coperto che conduce alla torre Coltrina del XV secolo.

Salendo la rampa si raggiunge la parete trecentesca con un ingresso con doppio ponte levatoio: sulla destra si trova la torre dei Prigionieri. Procedendo a sinistra costeggi il mastio, all’interno della cui parete è ancora possibile vedere tracce di merlature ghibelline. Infine, si raggiungono i giardini settentrionali, con la cima della torre Coltrina a sinistra, la tomba dei martiri al centro (dove furono sparati alcuni esponenti della Resistenza nel 1945) e, a destra, la torre francese. Altrimenti, dal ponte levatoio trecentesco è possibile raggiungere la cima della fortezza con la piazza della Torre Mirabella, dove si ha anche accesso al mastio che ospita il Museo delle armi Luigi Marzoli. All’interno, inoltre, sono visibili i resti delle fondamenta del tempio romano.

Museo delle armi
Il mastio – una delle parti più antiche del castello, costruita dai Visconti nel XIV secolo, e una parte imponente delle fortificazioni sopravvissute della collina di Cidneo – ospita il Museo delle armi “Luigi Marzoli”, che è stato inaugurato nel 1988 e progettato da Carlo Scarpa . Questa è una delle più importanti collezioni europee di vecchie armature e armi. L’antica tradizione bresciana della produzione di armi è illustrata dalle 580 spade, armi da fuoco e armature in mostra (selezionati tra i 1090 oggetti lasciati in eredità dall’industriale Luigi Marzoli), insieme alla storia della guerra e all’espressione artistica che questi armamenti (che sono Brescia e Milano, in gran parte dal XV al XVIII secolo, incarnano anche.

Questa collezione principale è stata ampliata da ulteriori 300 pezzi, in particolare le armi da fuoco del XIX secolo, provenienti dalla collezione civica. Le dieci sale espositive dell’artigianato artistico del museo iniziano con una presentazione di armamenti del XV secolo, periodo della cavalleria corazzata, quando i caschi e le armature erano strategicamente importanti. I pezzi più rari includono un grande elmo veneziano e un sottoelmo con visiera a forma di museruola di un cane; la spada del XIII secolo è l’oggetto più antico in mostra.

La collezione comprende numerose armi del XVI secolo, che riflettono i cambiamenti nelle modalità di attacco e sviluppo di tattiche di battaglia più dinamiche in questa epoca. Era necessaria un’armatura più leggera e confortevole, come la superba armatura in stile Massimiliano, quasi ostentata con le sue superfici lucide e curve. Il museo illustra gli aspetti dell’esibizione sociale e dell’onore pubblico che armi e armature hanno iniziato ad acquisire, oltre alle loro funzioni sul campo di battaglia, come oggetti di prestigio e ammirazione durante le parate pubbliche. La ricostruzione nella “Sala degli alci” di due escort gemelle di un cavaliere, composta da soldati a piedi e a cavallo armati di alabarde e mazze, aggiunge al sorprendente effetto generale. L’artigiano non perde mai il suo senso artistico, che a volte può dominare su considerazioni tecniche, come nel caso dei due scudi rotondi da sfilata esposti nella Luxury Armor Room; uno è siglato e datato 1563. Si tratta di autentiche opere d’arte: finemente in rilievo con sezioni dorate e raffigurante il Trionfo di Bacco.

Il viaggio storico alla scoperta dei segreti delle armi include la storia evocativa della spada, che si è evoluta da un’arma per tutti gli usi a spigoli vivi in ​​un raffinato strumento di scherma, un processo documentato dagli esempi della metà del XVI e del XVIII secolo visualizzati , che diventano sempre più funzionali e offrono progressivamente maggiore protezione alla mano del combattente. Ampio spazio è dedicato ad alabarde, moschetti, pistole e altre armi nella sezione museale dedicata alla vasta collezione di armi da fuoco, con pezzi realizzati dai più famosi armaioli, Cominazzo, Chinelli, Dafino e Acquisti.

Le armi in mostra mostrano spesso originalità nei meccanismi o nella decorazione di polvere da sparo, possono essere di fabbricazione bresciana o straniera e costituire un’esposizione insolita di ingegneria artigianale attraverso i secoli. I visitatori del Museo delle armi interessati all’arte e all’architettura storica hanno l’opportunità di apprezzare gli affreschi di epoca viscontea che decorano gli ambienti del mastio, l’unica porzione rimasta delle fortificazioni trecentesche.

L’atmosfera suggestiva del museo è ulteriormente aumentata dalla presenza dei resti di un tempio romano sottostante del I secolo d.C.; sono visibili i bordi della fondazione e un’ampia scala. Questo è l’unico sopravvissuto di un gruppo di templi che un tempo sorgevano sulla collina di Cidneo, un’imponente acropoli in epoca romana.

Museo del Risorgimento
Il riorganizzato Museo del Risorgimento fu inaugurato nell’ottobre 2005 nelle sale superiori dell’edificio del Grande Miglio nel castello, un tempo un grande granaio per il presidio veneziano del castello che fu costruito alla fine del XVI secolo. La mostra è organizzata in base a interpretazioni aggiornate degli eventi storici e presenta una selezione di materiali provenienti dalle varie collezioni in possesso del museo, tra cui ritratti, ricordi, proclami storici e stampe che documentano le gesta epiche e i risorgi patriottici che hanno portato all’instaurazione dell’unità nazionale. Per mezzo della sua collezione iconografica, il museo illustra i principali eventi storici, seguendo un metodo micro-storico in cui gli oggetti e il linguaggio degli eventi quotidiani, insieme a ricordi e documenti,

Particolare attenzione è dedicata agli eventi storici locali che hanno portato alla fondazione della Repubblica Bresciana del 1797, all’insurrezione dei Dieci Giornate, il ruolo importante nella guerra di indipendenza e importanti battaglie locali. Nel nuovo museo è stato deciso di utilizzare parte della collezione per costruire un itinerario incentrato sul tema della battaglia di San Martino e Solferino, intitolato La grande battaglia, l’immenso ospedale (La grande battaglia, l’enorme ospedale).

Un itinerario che viaggia indietro nel tempo attraverso la storia italiana, fermandosi nel 1859 per raccontare gli eventi della Seconda Guerra d’Indipendenza e presentare i suoi protagonisti, da Napoleone III a Cavour, Vittorio Emanuele II e Garibaldi, e mette a fuoco uno degli episodi su cui è stato fondato il Risorgimento, la battaglia di San Martino e Solferino, che ha coinvolto e profondamente sfregiato Brescia e il territorio circostante, e ha portato alla sconfitta degli austriaci da parte degli eserciti francese e piemontese e allo storico trasferimento della Lombardia nel Regno di Sardegna Il museo presenta una vasta gamma di reperti: mappe geografiche che indicano i movimenti delle truppe, bandiere, stampe, dipinti, sculture e vari altri oggetti, nonché propaganda e documenti in memoria dei caduti,e illustrazioni dei siti e dei contesti fisici in cui si è svolta questa dura e sanguinosa lotta.

Il display prende anche un altro punto di vista e indirizza l’attenzione sulla città di Brescia, che allo stesso tempo è stata trasformata in un enorme ospedale, e dove il fervore patriottico è stato temperato dalla carità umana – instillando in Henry Dunant, testimone oculare della battaglia, principi che lo hanno portato a fondare la Croce Rossa Internazionale. Una sezione speciale è dedicata alla ribellione dei Dieci giorni di Brescia nel marzo 1849, una rivolta popolare che fu il prologo idealista del movimento che ispirò il difficile viaggio verso l’unificazione d’Italia, i cui eventi sono narrati altrove nel museo.

Il design della mostra aiuta il visitatore a identificarsi con l’argomento, grazie all’atmosfera creata dalle pareti e dai pavimenti bianchi contrastanti di lastre di ferro nero ruvido e dal suggestivo sfondo rosso che curva continuamente sullo sfondo del quale vengono raccontati gli eventi. La prospettiva storica del museo è completata dallo spettacolo artistico offerto ai visitatori di dipinti, disegni, stampe, ceramiche e sculture che testimoniano la vivacità delle arti figurative nel 19 ° secolo e presentano un panorama originale delle tradizioni e degli stili di vita del recente passato.