L’Accademia di Belle Arti di Bologna, chiamata anche Accademia Clementina, è un’istituzione di alta formazione artistica e culturale di livello universitario, con sede in via delle Belle Arti 54 a Bologna e con un distaccamento a Ravenna. L’Accademia di Belle Arti di Bologna, una delle più antiche in Italia, è un luogo di studio, produzione e conservazione dell’arte, dedicato alla formazione di artisti, designer e professionisti in questo campo.

L’Accademia di Belle Arti di Bologna è regolata dal MIUR, nel settore universitario di alta formazione artistica e musicale, e rilascia diplomi accademici di 1 ° livello (laurea) e 2 ° livello (laurea magistrale). È una delle accademie “storiche” delle belle arti, collocata nel 1804 nel presente sito, un tempo il chiostro di Sant’Ignazio, l’Accademia fu originariamente fondata nel 1710 come Accademia Clementina, da cui ereditò e successivamente implementò la storica nucleo del patrimonio scultoreo di gesso, dipinti, disegni, stampe e documenti che conserva ancora oggi.

Dalle prime quattro classi di insegnamento, una per pittori, una per scultori, una per architetti e una per studiosi d’arte, negli ultimi anni l’Accademia ha ampliato l’offerta formativa con discipline vicine al contemporaneo, rispettando sempre la propria tradizione e mantenendo la specificità di conoscenze tecniche e teoriche.

Ci sono stati così tanti grandi maestri che hanno contribuito a renderlo un’Istituto di istruzione superiore oggi: da Carlo Cignani, primo Principe dell’Accademia, a Donato Creti, da Antonio Basoli a Giacomo de Maria, da Giorgio Morandi a Virgilio Guidi, su a Quinto Ghermandi e Concetto Pozzati per citarne solo alcuni. Il ricco patrimonio plastico, archivistico, pittorico e grafico conservato negli spazi scolastici è ancora oggetto di studio, riordino, catalogazione e ricerca da parte di accademici e studenti dell’Accademia stessa e diventa pubblico e condiviso nelle gallerie e nelle mostre digitali qui presentate.

Storia
Nell’ottobre 1711 papa Clemente XI pose il sigillo sullo statuto dell’Accademia che, fondata due anni fa a Bologna, aveva preso il nome di Clementina in suo onore.

Strutturata sul modello dell’Académie Royal di Parigi e dell’Accademia Romana di San Luca, l’Istituzione è stata ispirata anche dalle precedenti associazioni artistiche bolognesi, dall’Accademia Caraccesiana degli Incamminati, a quella degli Ottenebrati, fino alle libere collaborazioni riunite negli ultimi tempi attorno ad alcuni patroni della città. Non sorprende che una nobile idea di conoscenza artistica basata sui testi e sull’esercizio del disegno sia stata accompagnata dalla riverenza per la magnifica arte bolognese del XVI e XVII secolo nel concetto di insegnamento, la cui attività, iniziata nel gennaio 1710 in Palazzo Fava, continuerà dal 1712 nella sede di Palazzo Poggi.

Qui l’Accademia trovò un posto vicino all’Istituto di Scienze su iniziativa del generale Luigi Ferdinando Marsili che entrambe le istituzioni avevano voluto tenacemente, continuando a sostenerle in seguito. Tutti gli artisti più importanti della città si sono riuniti attorno al progetto culturale – il cui architetto principale era Gian Pietro Zanotti: tra gli altri Carlo Cignani, Marcantonio Franceschini, Giuseppe Mazza, Donato Creti, Giuseppe Maria Crespi a cui presto verranno aggiunti Ferdinando Bibiena.

I migliori artisti bolognesi, tra cui Angelo e poi Domenico Piò, Vittorio Bigari, Felice Torelli, Francesco Tadolini, Ubaldo e Gaetano, contribuiranno gradualmente all’attività dell’Accademia sia nel campo didattico che nella tutela del patrimonio storico. Gandolfi, Jacopo Alessandro Calvi fino all’architetto Angelo Venturoli, l’incisore Francesco Rosaspina, il pittore paesaggista Vincenzo Martinelli, lo scultore Giacomo Rossi che segnò gli ultimi anni della Clementina, al tramonto dopo la soppressione del 1796.

Dalle ceneri della vecchia Accademia sorse immediatamente un organismo più moderno, l’Accademia Nazionale, istituita nel 1802 come parte della riforma generale degli studi desiderati dal regime napoleonico. Se nella sfera pittorica continuano a prevalere i modelli tradizionali, si affermano altre discipline grazie alla qualità dei Maestri, come la Scultura di Giacomo De Maria e Cincinnato Baruzzi, o alla modernità degli obiettivi, come gli Ornati, i cui l’insegnamento avrà grande seguito anche in virtù della variegata e profonda cultura di Antonio Basoli.

Con il variare delle condizioni politiche, il nome dell’Accademia cambierà più volte nel tempo (Reale, Pontificia, Regia), ma la sua struttura didattico-istituzionale rimarrà pressoché invariata fino al XX secolo, anche se le funzioni di conservazione e restauro passeranno a la Pinacoteca (autonoma dal 1882) e poi alla Soprintendenza. Da segnalare tra gli insegnanti il ​​toscano Antonio Puccinelli, un raro caso di apertura extracomunitaria che alimenta la vocazione locale della pittura bolognese sulla cultura Macchiaiola.

La svolta fondamentale fu segnata nel XX secolo dalla Riforma Gentile del 1923 che libera le accademie dai compiti formativi inferiori, collocandole al più alto livello di educazione artistica. Nel nuovo sistema, la cattedra delle tecniche di incisione andrà a Giorgio Morandi che lo conserverà per oltre un quarto di secolo, coltivando studenti che continueranno il suo insegnamento, come Paolo Manaresi e Luciano De Vita. Quasi nello stesso periodo Virgilio Guidi succederà alla cattedra di Pittura di Augusto Majani, tra i quali gli allievi Pompilio Mandelli e Ilario Rossi saranno a loro volta insegnanti dell’Accademia. Mentre Giovanni Romagnoli è menzionato nell’insegnamento della Decorazione, nella scultura di Ercole Drei modella una generazione di artisti che vede emergere Luciano Minguzzi e Quinto Ghermandi.

Come altre accademie d’arte statali in Italia, l’Accademia di Bologna è diventata un’istituzione autonoma che rilascia la laurea ai sensi della legge n. 508 del 21 dicembre 1999, e rientra nel Ministero dell’Istruzione, dell’Università e Ricerca, il Ministero italiano dell’educazione e della ricerca.

Nel dicembre 2008 gli studenti dell’Accademia lo hanno occupato per una settimana; un calco in gesso del XVIII secolo fu rotto.

La nuova Accademia Clementina
L’Accademia Clementina fu fondata nel 1931 come società istruita. Condivide i locali dell’Accademia e ha tre classi di appartenenza: membri onorari; membri “effettivi”, che sono il personale docente dell’Accademia; e membri corrispondenti. Pubblica una rivista, l’Accademia Clementina. Atti e Memorie.

L’edificio
L’Accademia di Belle Arti di Bologna si trova nel cuore dell’area universitaria. Insieme alla Pinacoteca Nazionale, occupa il complesso della Chiesa di Sant’Ignazio e del Noviziato dei Gesuiti, eretto da Alfonso Torreggiani tra il 1728-1735. L’Accademia fu ricostruita in epoca napoleonica e, dopo aver abbandonato la sede Clementina di Palazzo Poggi, fu trasferita in questo edificio conventuale, opportunamente adattato (la Chiesa di Sant’Ignazio fu trasformata nell’Aula Magna dell’Accademia; la cupola fu ridotta nel 1805). Successivamente fu aggiunta l’ala Collamarini, mentre l’annessione della moderna sede del Liceo artistico (ala Irnerio) è recente.

Negli ultimi anni sono state fatte nuove estensioni, nel lavoro di riqualificazione dello spazio complessivo dell’Accademia di Belle Arti: nel 1997 con il rinnovamento del seminterrato, nuovi spazi espositivi comuni dell’Accademia e della Pinacoteca, chiamati “Sale delle Belle Arti”, furono aggiunti, accanto ai quali fu aperto il Museo dell’Accademia; insieme alla sala Arcangeli, utilizzata per conferenze e conferenze, furono costruite la sala Guidi e la galleria adiacente, adibite a spazi didattici e espositivi; nel 2001 l’ex teatro è stato trasformato in una sala polivalente come “Pavilion De Vita”.

Nel complesso dell’Accademia di Belle Arti ci sono le aule per attività teoriche e laboratori. L’Aula Magna viene utilizzata per lezioni teoriche, conferenze e proiezioni video. I laboratori di pittura, scultura e incisione sono distribuiti al piano terra, l’anatomia e la decorazione si trovano al primo piano, nelle diverse ali dell’edificio; i laboratori di scenografia si trovano nel teatro.

Entrata

Entrando dalla porta principale dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, viene presentata una vista emblematica: un lungo corridoio allestito con pannelli fissati alle pareti e imponenti sculture che accolgono i visitatori in questo luogo di lunga tradizione artistica. Le opere d’arte che popolano questo spazio sono calchi in gesso, copie tratte da statue antiche e moderne la cui funzione è sempre stata quella di servire da modello per gli studenti che praticano l’arte del disegno. La raccolta di questo patrimonio inizia nel 1714 grazie al generale Marsili, una figura importante per la fondazione dell’Accademia, che voleva dotare la nuova scuola del materiale didattico più aggiornato. Il fondo in gesso plastico cresce nel corso dei secoli grazie a ulteriori donazioni, creando un gipsothèque che raccoglie copie di opere dei più grandi scultori,

Scultura
Attraversando la soglia dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, il corridoio d’ingresso presenta uno sguardo che rappresenta la storia e la tradizione artistica di questa istituzione. Infatti, lo spazio conserva un corpus importante e maestoso di opere scultoree allestite intorno al 1860, al fine di offrire una vista prospettica affascinante ed emblematica. Nella parte iniziale del corridoio, in particolare, colpiscono i numerosi bassorilievi incastonati nelle pareti raggruppati in forme geometriche. Si tratta di calchi in gesso dei pannelli quattrocenteschi dei tre portali della Basilica di San Petronio a Bologna che furono eseguiti tra il 1810 e il 1820. Gli originali risalgono al ‘300 e al’ 400 d.C. compreso il gruppo della Porta Magna realizzato di Jacopo della Quercia, noto scultore senese.

Sofocle (Copia) (Primi decenni del XIX secolo)
La scultura a sinistra rappresenta Sofocle. L’opera sembra essere di buona fattura ed è attribuibile ai primi decenni del diciannovesimo secolo. È un calco in gesso di una copia in marmo, forse del periodo augustea, da un originale in bronzo di Leochares collocato nel Teatro di Dioniso ad Atene (328-326 a.C.).
Germanico (copia) (metà del XVIII secolo)
Quest’opera, chiamata germanica, è un calco in gesso di un originale di età augustea, proveniente da un tipo del 450 a.C. che probabilmente raffigura Augusto come un giovane Hermes. L’esempio bolognese, della metà del XVIII secolo, arrivò a Bologna per volere di Benedetto XIV e derivò dal controstampo di una copia dell’Accademia di Francia.

Sollievo
Come per le sculture a tutto tondo, questi calchi servivano anche da modelli per gli studenti che praticavano il disegno, mantenendo comunque questa funzione educativa. Di recente sono stati utilizzati anche come riferimento fondamentale per il restauro dei pannelli originali della porta della Basilica di Piazza Maggiore. Una targa sulla parete sinistra del corridoio testimonia l’ulteriore valore decorativo di questi pannelli, posti all’ingresso dell’Accademia per stupire il visitatore e mostrare la bellezza dell’arte: “Chi ammira gli stampi in gesso, meravigliandosi della forza e l’intelligenza dell’arte, conserva le prove dell’esistenza della Basilica Petroniana, attraverso le mura di ingresso anziché attraverso i libri “. Un curioso aneddoto viene raccontato su questi bassorilievi. Sig. Pietro Onofri, un uomo che lavora come bidello all’Accademia,

Nelle due pareti laterali del corridoio, le diverse sezioni di tutte le porte sono chiaramente visibili sebbene disposte in ordine casuale. Tra tutte le piastrelle, quelle realizzate da Jacopo Della Quercia per Porta Magna, sono riconoscibili i soggetti rappresentati. Gli stipiti del portale sono composti da dieci pannelli in bassorilievo raffiguranti le Storie della Genesi, di cui sei visibili nella linea centrale del lato sinistro. Le scene del Nuovo Testamento, collocate nell’architrave di Porta Magna, sono posizionate sotto i pannelli ad arco sulla parete destra. I profeti nell’arco di mezzo sono invece riferibili all’opera di Antonio Minello e Antonio da Ostiglia, ad eccezione del Mosé al centro che sembra essere stato realizzato da Amico Aspertini.

I pannelli rappresentano alcuni episodi significativi delle storie della genesi, tra cui la creazione di Adamo, la creazione di Eva, il peccato originale, l’espulsione dal paradiso terrestre, l’opera dei progenitori, il sacrificio di Caino e Abele, l’uccisione di Abele , l’uscita dall’arca di Noè, il timore reverenziale di Noè e il sacrificio di Isacco.

Related Post

La creazione di Eva. Nel Paradiso, menzionato solo con una roccia scheggiata e due alberelli sullo sfondo, Dio crea Eva, con un gesto di benedizione che la fa risorgere dalla costola di Adamo addormentato. Il peccato originale. La scena rappresenta il momento in cui Eva cattura il frutto proibito dall’albero su cui viene lanciato il tentatore Serpente. Adam assiste in modo condiscendente. L’espulsione dal paradiso. La scena si ispira alla vitalità dell’espulsione di Masaccio: Jacopo della Quercia copia la posa della vigilia di Venere Pudica, mentre sviluppa ulteriormente il conflitto tra Adamo e Angelo. Il lavoro dei progenitori. Le notazioni ambientali sono molto scarse, date solo dal terreno su cui Adamo lavora la terra con difficoltà, mentre Eva, con i suoi figli Caino e Abele ai suoi piedi, è intenzionata a girare.

Le scene del Nuovo Testamento si trovano nell’architrave storico. Per Natività, Adorazione dei Magi, Presentazione al Tempio, Massacro degli Innocenti e Fuga in Egitto.

I pannelli rimanenti, realizzati da altri artisti per i tre portali, rappresentano ulteriori scene del Vecchio e del Nuovo Testamento e singoli personaggi, tra cui gli angeli che portano i simboli della passione e dei diciotto profeti. L’Ultima Cena, situata nell’architrave del portale giusto. Il battesimo di Cristo scolpito in un pannello del portale destro. Tre pannelli del portale sinistro rappresentano Jacob’s Fight with the Angel, Isaac benedice Jacob, la sepoltura di Rachel. Angeli e profeti rappresentati nelle tre serie di archi del portale centrale.

Aula Magna
Sede prestigiosa di incontri ed eventi istituzionali, l’Aula Magna era in origine la Chiesa dedicata a Sant’Ignazio, parte del complesso del noviziato gesuita, oggi sede sia dell’Accademia che della Galleria Nazionale. Costruito nel XVIII secolo da Alfonso Torreggiani, svela la sua funzione originale nella cupola, nelle colonne e nelle due grandi pale d’altare, ispirate alla vita di Sant’Ignazio di Loyola, posta sopra il “coretto”. Lo spazio della sala, sottolineato da calchi in gesso di sculture classiche, ospita alle pareti i dipinti che rimandano direttamente alla storia dell’istituzione: la Fama, oggi diventa il logo istituzionale dell’Accademia e dell’Impresa dell’Accademia Clementina.

In evidenza funziona

Fama (1696-1710) di Marcantonio Franceschini
Scelto come logo istituzionale dell’Accademia di Belle Arti, raffigura l’Allegoria della fama. L’autore era un noto artista bolognese e vice principe dell’Accademia Clementina. L’opera è ciò che resta della scenografia effimera realizzata per il funerale di Carlo Cignani, primo principe dell’Accademia e maestro di Franceschini. Il suo ritratto è incorporato nella banderuola.
Impresa dell’Accademia Clementina (1722) di Giuseppe Orsoni
La composizione contiene il motto dell’Accademia Clementina, fondata nel 1710 con l’approvazione di Papa Clemente XI, da cui prende il nome. Rappresenta anche il simbolo che riunisce gli strumenti delle tre arti: pennello, bussola e scalpello.
Visione di Sant’Ignazio di Loyola (1732) di Giacomo Pavia
Le due pale d’altare sono le uniche opere che risalgono al periodo religioso dell’edificio. Entrambi rappresentano Sant’Ignazio, fondatore dell’ordine dei Gesuiti.
Sant’Ignazio attaccato (1726) da Felice Torelli
Roma intangible (1888) di Antonio Muzzi
Stimato professore dell’Accademia, Antonio Muzzi rappresenta bene lo sviluppo della pittura di storia a Bologna alla fine del XIX secolo. Nel dipinto, Roma veste gli abiti della popolare Regina Margherita, ispiratrice di Umberto Carducci “Eternal Feminine Regale”, che incarna l’ideologia dell’Italia umbertina.

Scultura

Galata Morente (copia)
Tra i calchi in gesso posti lungo le pareti dell’Aula Magna si riconoscono diverse figure di statue classiche.
Laocoonte (copia) (metà del XVIII secolo)
Entrando nella sala incontriamo immediatamente Laocoonte. L’opera è un calco in gesso dell’originale in marmo risalente al I secolo d.C. L’originale è stato realizzato da Hagesandros, Athenadoros e Polydoros, scultori di Rodi, conservati nei Musei Vaticani. Rispetto all’originale riassemblato, nel cast mancano le figure del bambino.
Santa Susanna (copia) (1757) di Francois Duquesnoy
Fauno Barberini (Copia) (inizi del XIX secolo)
Apollo del Belvedere (copia)
L’Apollo del Belvedere, raffigura il dio greco, padre di tutte le arti, e rappresenta uno dei modelli più utilizzati per gli studi sul corpo umano. Questo cast è stato realizzato da una copia in marmo del periodo Adriano dell’originale in bronzo probabilmente di Leochares. Una curiosa nota sul modo di trasporto di questi calchi: il mantello Apollo raggiungerà Bologna nell’Accademia solo un anno dopo l’arrivo del blocco principale, come evidenziato da una lettera del 20 aprile 1715.
The slavery (Copy) (1888) di Diego Sarti
Sileno con Bacco bambino (Copia) (Inizio del XVIII secolo)
David (copia) (1900) di Michelangelo
Arria e Peto (copia) (metà del XVIII secolo)
Dying Slave (Copia) (1850) di Michelangelo
The Dying Slave è una copia in gesso del marmo originale realizzato da Michelangelo nel 1513, conservato al Louvre di Parigi. L’opera ricorda l’antica statua, in particolare ellenistica. La figura è abbandonata in una posa languida, con i lacci incrociati sul petto, appena rimossi da una mano, mentre il braccio sinistro è piegato verso l’alto per sostenere la testa che cade.
Rebel Slave (Copia) di Michelangelo
Un’altra copia fatta da una scultura di Michelangelo è lo Schiavo Ribelle, ritratto mentre cerca di liberarsi dai legami che gli imprigionano le mani, torcendo e girando il busto e la testa. Entrambe le sculture risalgono al secondo progetto per la tomba di Giulio II, quella concordata con gli eredi Della Rovere nel maggio 1513.
Coretti Aula Magna
Un’altra sezione importante della collezione di sculture è stata recentemente istituita negli spazi del coro, che è diventato un luogo espositivo. Il percorso riorganizza e mostra alla città la preziosa collezione di statue, busti, calchi in gesso, bassorilievi con opere che vanno dal Bernini al Canova, dalla scultura neoclassica bolognese del 18 ° secolo ai maestri del 20 ° secolo come Drei, Minguzzi, Ghermandi.

Sala Clementina
Questo spazio è oggi la sala dei professori, dove si svolgono esami e incontri con gli studenti. In origine era probabilmente l’abside della chiesa di Sant’Ignazio, come si può vedere dalla presenza delle colonne che suggeriscono la continuazione ideale dell’Aula Magna. La Sala Clementina deve il suo nome alla presenza del busto di Papa Clemente XI. Le pareti di questa sala espongono la maggior parte dei dipinti della collezione con una vasta selezione di ritratti dal XVII al XX secolo, che rappresentano professori dell’Accademia o personalità di alto rango. Alcune di queste opere sono state donate dagli artisti premiati con il titolo di Accademici d’Onore o da personaggi noti della città. Tutti questi dipinti sono una testimonianza visibile delle personalità italiane e straniere che hanno preso parte alla storia dell’Accademia.

L’Aula Clementina, ora utilizzata come Sala del professore e come luogo istituzionale, ospita gran parte della galleria fotografica allestita sulle pareti e diverse sculture tra cui un gruppo di calchi in gesso. Quando l’Accademia fu spostata nella sua posizione attuale, questa sala fu ridecorata nello stile neoclassico tipico dei primi del 1800. All’interno del patrimonio scultoreo conservato qui, la presenza di alcune sculture che ricordano uno stile mesopotamico ed egiziano attira la curiosità.

Si tratta di copie di esemplari scultorei risalenti alla fine del VI secolo a.C., trovati nel tempio del Golgoi a Cipro da Luigi Palma di Cesnola, tra il 1866 e il 1876, oggi parte della collezione del Metropolitan Museum di New York. Lo stesso museo americano donò questi calchi all’Accademia di Bologna, che arrivò nella sua sede il 22 febbraio 1904.

In evidenza funziona

Ritratto di Petronio Fancelli (1785-1790)
Ritratto di Giacomo Rossi (1824)
Autoritratto (1770)
Autoritratto (1772)
Ritratto di Ludovico A. Muratori (1800)
Ritratto di Vincenzo Martinelli (1809)
Ritratto del professor Bortolotti (1822-1886)
Ritratto del cardinale Carlo Oppizzoni (1805)
Ritratto di padre Francesco (1864)
Ritratto maschile (1801-1900)
Autoritratto di Antonio Puccinelli (1861)
Ritratto di gentiluomo (1800-1900)
Ritratto dell’incisore Rosaspina (1828)
Il ritratto dell’incisore Rosaspina fu realizzato nel 1828, anno in cui l’autore, George Hayte, fu nominato Accademico d’Onore grazie al suggerimento dello stesso Rosaspina.
Ritratto dell’Imperatore Francesco I d’Austria (1871)
Ritratto di Ettore Panzacchi (1894)
Questo dipinto ha un significato speciale all’interno della galleria, dal momento che il personaggio raffigurato, Ettore Panzacchi, fu il primo professore di Storia e critica d’arte all’Accademia, tra il 1872 e il 1895. Panzacchi era anche conosciuto come scrittore e critico. Si trasferisce all’Università di Bologna per insegnare Estetica e Storia dell’arte moderna rimanendo Direttore e Presidente dell’Accademia fino alla sua morte.
Ritratto di Valentino Solmi (1859)
Calliope (1854)
Ritratto di un uomo con sciarpa bianca (1900 – 1999)
Ritratto di Silvio Gordini (1928)
Testa di vecchio (1795)
Autoritratto di Gaetano Minossi (1786)
Ritratto di un uomo con cappello e orecchini (1846-1888)
Autoritratto di Tullo Moy (1856-1894)

Paesaggio arcadico (1787) di Daniel Dupré
I dipinti di Daniel Duprè e Guy Head confermano il rapporto con il mondo artistico europeo che è sempre stato coltivato dall’Accademia Clementina.
Erminia scrive il nome di Tancredi (1787) di Guy Head
I dipinti di Daniel Duprè e Guy Head confermano il rapporto con il mondo artistico europeo che è sempre stato coltivato dall’Accademia Clementina.
Lout eating grapes (1798) di Giuseppe Soleri Brancaleoni
San Petronio (1800) del pittore del XVIII secolo
Il sacrificio di Alcesti (1781) di Johann Heinrich Tischbein
San Girolamo (1812-1879) di Fausto Muzzi
Prometeo anima l’uomo alla presenza di Minerva (Allegoria della scultura 1775-1803) di Jacopo Alessandro Calvi detto Sordino

Scultura

Statua di un sacerdote con una colomba (Copia) (Fine del XIX – inizi del XX secolo)
Statua di Ercole (Copia) (Fine del XIX – inizi del XX secolo)
Statua Maschile (copia) (fine del XIX – inizio del XX secolo)
La presenza di queste opere testimonia un cambiamento nel gusto dell’élite artistica, non più interessata solo all’antichità classica ed ellenistica ma aperta alle suggestioni dell’arte primitiva.

Sala Curlandese
Questa sala, adiacente alla Sala Clementina, è un luogo per incontri istituzionali. Il nome si riferisce al monumento realizzato da Antonio Venturoli e Giacomo De Maria dedicato al principe baltico Pietro Biron, duca di Curlandia e Semigallia, nominato come Accademico d’Onore durante il suo tour in Italia. Nel 1787 il duca decide di istituire il Premio Curlandese, assegnato fino alla metà del secolo scorso, dando un migliaio di ducati d’oro. Il premio è stato aggiunto agli altri esistenti: Marsili – Aldrovandi e Fiori. I premi annuali, assegnati alla fine dell’anno, sono stati l’aspetto più stimolante della vita accademica, soprattutto per i giovani studenti. Questa sala raccoglie ventiquattro piccole tele monocromatiche, vincitrici del Premio Marsili per la sezione School of Figure tra il 1728 e il 1803. Questi piccoli dipinti, tutti monocromatici e realizzati con alta qualità pittorica, rappresentano temi scelti dalla commissione, sia mitologici che storici. Nella sala ci sono anche tre disegni ad acquerello che rappresentano prospettive e scenografie, un esempio dell’insegnamento altissimo della School of Architecture.

Nettuno su una conchiglia trainata da una coppia di delfini (1728) di Felice Ronchi
Alessandro Magno regala Campaspe ad Apelle (1728) di Felice Ronchi
Unction of Davide (1730) di Gaetano Mannini
Adorazione dei Magi (1733) di Giuseppe Maria Varotti
Armida salì sul carro dopo la distruzione del suo palazzo (1732) di Antonio Melani
Espulsione di Agar e Ismaele (1751) di Francesco Antonio Chiozzi
Mercurio in volo con la testa di Argo (1752) di Antonio Raffi
Sansone catturato dai Filistei (1754) da Antonio Raffi
Sansone gira la mola (1754) di Giacomo Zampa
Fetonte e il carro del sole (1756) di Giacomo Zampa
Morte di Marco Giunio Bruto (1755) di Giacomo Zampa
Rinaldo previene il suicidio di Armida (1757) di Pietro Vighi
Adamo dà il nome agli animali (1758) di Angelo Bigari
Sacrificio di Noè (1758) di Jacopo Alessandro Calvi detto Sordino
Mosè uccide un egiziano che ha oltraggiato un ebreo (1760) di Ubaldo Bonvicini
Argante e Clorinda di fronte al tiranno Aladino di Gerusalemme (1761) di Ubaldo Bonvicini
Mosè difende le figlie di Jetro nel pozzo di Madian (1760) da Giorgio Martina
Scoperta del corpo di Lucrezia (1761) di Pirtro Francesco Pancaldi
Lucio Giunio Bruto assiste la decapitazione di due figli (1762) di Girolamo Cassiano Contoli
Sansone accecato dai Filistei (1765) di Angelo Michele Gottarelli
Flagellazione di Cristo (1779) di Carlo Prinetti
Venere nella fucina di Vulcano (1780) di Antonio Fabri
Perseo mostra ad Atlante la testa della medusa (1794) di Giovanni Masi
Stupro di Proserpina (1803) di Luigi Basiletti
Magnifico atrio (1700) di Francesco Orlandi
Magnifico atrio a pianta centrale (1700) di Francesco Orlandi
Progetto della cattedrale di Montepulciano (1911) di Edoardo Stefano Collamarini

Corridoio principale
Avanzando nel corridoio, la parte centrale si ritrova circondato da un notevole gruppo di sculture. La disposizione di questo spazio risale al 1860 e oggi presenta alcuni esempi significativi di produzione scultorea nel corso dei secoli, tra cui il Discobolo di Mirone, la Pietà di Michelangelo e il maestoso Oceano di Giambologna.

Arianna (copia) (metà del XVIII secolo)
Una delle prime sculture incontrate a sinistra rappresenta il corpo di Cleopatra, identificato anche come Arianna. Questo è il calco in gesso di una copia romana in marmo del tardo periodo Adriano, realizzato da un originale del 150 a.C. La postura appare fortemente reclinata rispetto all’originale.
Il Discobolo (Copia) (inizio del XIX secolo)
Il calco in gesso del famoso Discobolo di Mirone, creato dall’artista intorno al 460 a.C., è databile all’inizio del XIX secolo. Riproduce una copia romana in marmo conservata oggi nei Musei Vaticani.
Pietà vaticana (Copia)
Tra le opere più significative del patrimonio scultoreo troviamo il calco in gesso della “Pietà Vaticana”, una scultura in marmo eseguita da Michelangelo Buonarroti alla fine del XV secolo.
Santa Bibiana (Copia) (1857) di Gianlorenzo Bernini
Niobe con la figlia più piccola (copia) (metà del XVIII secolo)
Ocean (1800) di Giambologna
Al centro del corridoio appare Oceano, è un calco in gesso dell’opera di Giambologna, uno scultore fiammingo attivo in Italia, famoso anche per la fontana di Nettuno in Piazza Maggiore a Bologna. Il cast è stato donato all’Accademia dal maestro di scultura toscano Salvino Salvini e l’originale è nel Giardino di Boboli a Firenze.

Ala Collamarini
Ai piedi di Oceano, lo sguardo si apre verso i corridoi laterali e l’attenzione va immediatamente alla Nike di Samotracia, che appare al centro dell’ala Collamarini. Lungo le pareti sono collocati pannelli in gesso e marmo, realizzati da studenti romani e toscani che frequentano la scuola d’arte di Bologna, alternati a piastrelle di terracotta, fingendo di essere in bronzo, che rappresentano le opere vincitrici del premio Marsili-Aldrovandi.

Scultura
Nike di Samotracia (Copia) (Fine del 19 ° – inizio del 20 ° secolo)
La sagoma emblematica della Nike di Samotracia spicca alla fine del corridoio. È un calco in gesso della famosa scultura ora conservata nel Museo del Louvre. L’originale risale al 200 a.C. e proviene dall’isola di Samotracia. Questo cast può essere attribuito alla fine del XIX e all’inizio del XX secolo.

Ufficio amministrativo
L’ala dell’Accademia, dove oggi si trovano gli uffici amministrativi, conserva alcuni altri dipinti collocati nella direzione e nella presidenza. Tra questi i due particolari lavori Teschi accatastati e il tavolino inedito Ritratto di Anna Beatrice d’Asburgo-Este dopo la morte. L’ampio corridoio ospita anche l’intero patrimonio di libri della biblioteca storica, ricco di preziosi volumi tra cui: la collezione di stampe delle antichità romane di Giovan Battista Piranesi, i volumi dell’Enciclopedia di Denis Diderot e Jean-Baptiste Le Rond d ‘ Alambert e i principali trattati italiani e stranieri di ornato, prospettiva e architettura – da Andrea Palladio a Vignola, Ottavio Scamozzi, Andrea Pozzo o Ferdinando Bibiena.

Share
Tags: BItaly